SENTENZA N. 84
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 36 della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale), dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie), degli artt. 2, comma 5, e 3, commi 3 e 4, della legge della Regione Siciliana 27 dicembre 2021, n. 35 (Variazione al bilancio della Regione per il triennio 2021-2023), e dell’art. 13, comma 22, della legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 21 giugno 2021, il 31 gennaio, il 28 febbraio e il 26 luglio 2022, depositati in cancelleria il 30 giugno 2021, il 1° febbraio, il 3 marzo e il 26 luglio 2022, iscritti, rispettivamente al n. 33 del registro ricorsi 2021, e ai numeri 8, 19 e 48 del registro ricorsi 2022 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2021 e numeri 9, 13 e 38, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visti gli atti di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2023 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi l’avvocato dello Stato Emanuele Feola per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Gianluigi Maurizio Amico per la Regione Siciliana relativamente ai ricorsi iscritti ai numeri 33 del 2021, 8 e 19 del 2022;
deliberato nella camera di consiglio dell’8 marzo 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2021 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36 della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale).
L’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, rubricato «Norme in materia di stabilizzazione e fuoriuscita personale ASU», al comma 1, stabilisce che il regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dall’art. 1, commi da 292 a 296, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023) si applica ai lavoratori inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma l, della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale).
1.1.– Il ricorrente promuove questioni di legittimità costituzionale della disposizione in quanto, nel prevedere che il regime delle assunzioni a tempo indeterminato stabilito dall’art. l, commi da 292 a 296, della legge n. 178 del 2020 sia applicato ai lavoratori inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma l, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «ordinamento civile».
Difatti, mentre la normativa statale richiamata (commi 292 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020) si riferirebbe esclusivamente ai lavoratori socialmente utili (LSU) e ai lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità (LPU) già titolari di un rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica, la norma regionale si rivolgerebbe a una platea di soggetti più ampia (tutti quelli inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014) il cui impiego da parte della Regione e dei comuni avverrebbe in base a convenzioni e protocolli e non in virtù di un contratto di lavoro con l’ente. Ciò comporterebbe una differenza dei soggetti destinatari delle misure di stabilizzazione previste dalla norma regionale rispetto a quelli individuati dalla legge statale.
Osserva altresì il ricorrente che la disposizione impugnata esulerebbe dalla materia «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione», riservata alla competenza legislativa esclusiva della Regione Siciliana dall’art. 14, comma 1, lettera q), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, dato che l’assunzione a tempo indeterminato dei soggetti in questione avverrebbe presso enti diversi dalla Regione, i comuni, la cui organizzazione sarebbe regolata dalla legislazione statale.
1.2.– L’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 violerebbe poi l’art. 81, terzo comma, Cost. La disposizione in esame, al comma 2, dispone che i lavoratori siano stabilizzati dagli enti utilizzatori secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento e, al comma 6, stabilisce che «[p]er le assunzioni di cui al presente articolo, a decorrere dalla data di assunzione, è riconosciuto su base annua un contributo per ciascun soggetto stabilizzato, parametrato all’importo dell’assegno di utilizzazione in ASU corrisposto alla data di assunzione, maggiorato per tenere conto del maggior costo sostenuto per l’assunzione a tempo indeterminato con contratto a tempo parziale, entro il limite dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 7».
Le spese inerenti a tali stabilizzazioni sarebbero dunque finanziate da risorse regionali, in relazione alle quali, tuttavia, verrebbero predeterminati limiti finanziari inidonei a garantirne l’integrale copertura.
L’introduzione del limite predetto impedirebbe la copertura di tutti gli oneri inerenti alla stabilizzazione dei lavoratori e determinerebbe una spesa a carico dei bilanci degli enti locali – presso i quali si manifesterebbe il consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale – priva di copertura, e quindi in contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost.
1.3.– Inoltre, il comma 7 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), con riguardo alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», in relazione all’art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e terzo comma, Cost., con riguardo alla materia «coordinamento della finanza pubblica».
La disposizione impugnata autorizza, per l’assunzione dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità, «la spesa di 10.000 migliaia di euro per l’esercizio finanziario 2021 e la spesa annua di euro 54.159.248,56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023 (Missione 20, Programma 3), comprensiva delle somme occorrenti per l’eventuale prosecuzione delle attività socialmente utili dei medesimi soggetti di cui al comma 1, disposta nel rispetto della normativa vigente, nonché di quelle occorrenti per le finalità di cui al comma 10, da iscrivere in un apposito Fondo del dipartimento del bilancio e tesoro. Agli oneri di cui al presente comma per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023 si provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all’articolo 6 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni (Missione 18, Programma 1, capitolo 191301). A decorrere dall’esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell’articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni».
Tale disposizione, pur richiamando l’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, tuttavia se ne discosterebbe. Quest’ultimo dispone infatti che «[l]e leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l’onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell’onere annuo alla legge di bilancio».
Nel caso di specie si tratterebbe di spese a carattere continuativo (spese di personale) il cui onere annuale dovrebbe essere quindi quantificato per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione dalla legge regionale, la quale dovrebbe altresì determinare, trattandosi di spese obbligatorie, anche l’onere a regime.
La normativa regionale impugnata, al contrario, non prevederebbe idonea copertura per tali spese e non quantificherebbe l’onere a regime per gli anni successivi al triennio considerato nel bilancio di previsione. Per tale motivo, essa sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo e terzo comma, Cost.
1.4.– Infine, la disposizione regionale si porrebbe in contrasto anche con il principio di uguaglianza previsto dall’art. 3 Cost., determinando una irragionevole disparità di trattamento dei destinatari della disposizione impugnata sia nei confronti delle altre categorie di personale precario, sia nei confronti dei destinatari di altre analoghe forme di sostegno al reddito, nei cui riguardi la procedura prevista dalla normativa regionale non troverebbe applicazione.
2.– La Regione si è costituita in giudizio ritenendo non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021.
2.1.– In riferimento alla dedotta lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione alla materia «ordinamento civile», con riguardo all’asserita estensione del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dall’art. 1, commi da 292 a 296, della legge n. 178 del 2020, la Regione Siciliana afferma che la disposizione impugnata non amplierebbe la categoria dei destinatari delle procedure e delle deroghe di cui alla legge n. 178 del 2020. Entrambe le normative, statale e regionale, sarebbero finalizzate alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144), e all’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 26 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in materia di interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno), nonché dei lavoratori già rientranti nel regime dell’abrogato art. 7 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196), e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità. Destinatario della norma statale sarebbe anche il personale impegnato nelle attività socialmente utili (ASU) o di pubblica utilità non assunto con contratto, come si evincerebbe dal comma 292, lettera a), dell’art. 1 della citata legge n. 178 del 2020, che, nello stabilire condizioni e modalità per l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori, prevede, tra l’altro, in alternativa al possesso dei requisiti di anzianità, lo «svolgimento delle attività socialmente utili o di pubblica utilità per il medesimo periodo di tempo».
La norma regionale non opererebbe, quindi, alcuna estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della legge statale, in quanto i soggetti da stabilizzare sarebbero i lavoratori impegnati nello svolgimento delle attività socialmente utili o di pubblica utilità inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma l, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 4, comma 8, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, nella legge 30 ottobre 2013, n. 125. Tale elenco comprenderebbe, infatti, i «lavoratori di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, come recepito dall’articolo 4 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24, che alla data del 31 dicembre 2013 siano titolari di contratto a tempo determinato o utilizzati in attività socialmente utili, secondo le disposizioni recate dall’articolo 4, comma 9-bis e successive modifiche e integrazioni, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125».
Quanto previsto dalla norma regionale con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della normativa statale in essa richiamata sarebbe, quindi, conforme alla previsione di cui al primo periodo del comma 292 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, senza alcuna discrasia nel novero dei soggetti destinatari delle misure di stabilizzazione previste dalla legge regionale rispetto a quelli individuati dalla legge statale.
La stabilizzazione di rapporti precari non sarebbe, pertanto, in contrasto con i profili relativi all’ordinamento civile stabiliti dalla normativa statale di riferimento, per cui la dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. sarebbe non fondata.
2.2.– Parimenti non fondata sarebbe, ad avviso della Regione, la questione di legittimità costituzionale promossa in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.
L’art. 36, comma 7, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 non sarebbe lesivo della normativa statale che disciplina la copertura finanziaria, in quanto, nel caso in esame, si sarebbe in presenza di un contributo finanziario regionale per agevolare le finalità del d.lgs. n. 468 del 1997 e del d.lgs. n. 81 del 2000 e segnatamente di «una dote finanziaria regionale» integrativa delle disponibilità finanziarie degli enti utilizzatori del personale LSU e LPU, onerati della loro stabilizzazione occupazionale.
2.3.– La disposizione impugnata, al comma 7, inoltre, quantificherebbe l’onere annuale per la stabilizzazione dei lavoratori precari autorizzandone la spesa e, a decorrere dall’esercizio finanziario 2024, quantificherebbe l’onere a regime a fronte di spese a carattere continuativo, conformemente a quanto previsto dal comma l dell’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011. Conseguentemente, afferma la difesa regionale, non sussisterebbero i profili di illegittimità costituzionale denunciati nel ricorso.
2.4.– Con riferimento alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 per violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., osserva la difesa regionale che la disposizione impugnata non determinerebbe alcuna disparità di trattamento.
La normativa regionale sarebbe rispettosa delle prescrizioni impartite dall’art. 8 del d.lgs. n. 468 del 1997, disposizione applicabile ai sensi del comma 12 dell’art. 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183), e dal d.lgs. n. 81 del 2000 in materia di stabilizzazione occupazionale per tutti gli enti utilizzatori di personale LSU e LPU.
La Regione Siciliana, anche in considerazione delle raccomandazioni della Corte dei conti al riguardo, avrebbe stipulato periodicamente convenzioni con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, prevedendo formali programmi di stabilizzazione dei soggetti impegnati nei lavori socialmente utili e convenzioni annualmente rinnovate, previa definizione, anche in base ai risultati raggiunti, degli obiettivi di stabilizzazione dei soggetti interessati. La finalità del legislatore regionale sarebbe quella di consentire che gli enti utilizzatori adottino procedure idonee a favorire la fuoriuscita dal bacino del precariato dei soggetti di cui trattasi, non modificando né abrogando le precedenti disposizioni legislative regionali di cui all’art. 4 della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del personale precario) e all’art. 11 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), subordinando la stabilizzazione alla verifica dell’effettivo fabbisogno e delle risorse finanziarie disponibili, in linea con quanto previsto per la stabilizzazione dei soggetti impegnati nei lavori socialmente utili finanziati con fondi a carico del Fondo sociale occupazione formazione, di cui all’art. 78 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)» e alle convenzioni stipulate con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Sulla base del richiamato quadro normativo, tutti gli enti utilizzatori sarebbero comunque tenuti ad adottare il programma di fuoriuscita di cui al d.lgs. n. 81 del 2000 e alla legge della Regione Siciliana 26 novembre 2000, n. 24 (Disposizioni per l’inserimento lavorativo dei soggetti utilizzati nei lavori socialmente utili. Norme urgenti in materia di lavoro ed istituzione del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili) ovvero ad avviare le procedure per il conseguente aggiornamento, con delibera dell’organo esecutivo, nonché ad avviare, per gli esuberi, le procedure di mobilità di cui all’art. 11, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017.
3.– Con ricorso iscritto al n. 8 del registro ricorsi 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie) che modifica l’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021. Tale disposizione prevede: «Al comma 7 dell’articolo 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole “e la spesa annua di euro 54.159.248.56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023” sono sostituite dalle parole “e la spesa di euro 26.360.878,68 per l’esercizio finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l’esercizio finanziario 2023”; b) le parole “per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023” sono sostituite dalle parole “per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per l’anno 2021”».
Ad avviso del ricorrente la novella legislativa non rimuoverebbe le censure di illegittimità costituzionale articolate nel precedente ricorso n. 33 del 2021, avente ad oggetto il testo originario del citato art. 36, che vengono espressamente riprodotte nel ricorso in esame. Ciò in quanto le modifiche introdotte dall’art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 si limiterebbero a rideterminare l’autorizzazione finanziaria – peraltro senza superare i vizi di copertura e di quantificazione dell’onere a regime – per gli interventi previsti nell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021.
L’Avvocatura generale dello Stato ritiene che anche questa disposizione ecceda dalle competenze legislative regionali stabilite nello statuto della Regione Siciliana – in particolare, di quelle di cui al comma 1, lettera q), dell’art. 14 – e si ponga in contrasto con gli artt. 3, 81, terzo comma, e 117, commi secondo, lettere e) e l), e terzo, Cost.
3.1.– Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana affermando che le censure promosse dal ricorrente non sarebbero fondate in quanto l’art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 introdurrebbe una modifica normativa volta a ricondurre gli importi delle autorizzazioni di spesa di cui all’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 agli stanziamenti iscritti nel bilancio di previsione e quindi si tratterebbe di un’operazione meramente contabile, necessaria per allineare gli importi autorizzati da ciascuna norma della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 agli stanziamenti legati al ripristino del concorso alla finanza pubblica, come richiesto dal Ministero dell’economia e delle finanze. Conferma per il ricorso iscritto al n. 8 reg. ric. 2022 le stesse difese già svolte con riferimento all’impugnativa di cui al ricorso iscritto al n. 33 reg. ric. 2021.
4.– Con ulteriore ricorso iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 2, comma 5, e 3, commi 3 e 4, della legge della Regione Siciliana 27 dicembre 2021, n. 35 (Variazione al bilancio della Regione per il triennio 2021-2023), i quali prevedono rimodulazioni della spesa prevista dall’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato del personale precario.
Preliminarmente l’Avvocatura generale dello Stato ribadisce le doglianze già espresse nei confronti dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 con i precedenti ricorsi.
Sostiene che la finalità dell’art. 36 sarebbe quella di estendere il regime di assunzioni a tempo indeterminato previsto per i LSU del cosiddetto bacino storico, ai sensi dell’art. 1, commi da 292 a 296, della legge n. 178 del 2020, ai lavoratori inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014. La normativa statale di cui sopra prevederebbe le assunzioni a tempo indeterminato di soggetti che abbiano già rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale o contratti di collaborazione coordinata e continuativa (forma di lavoro flessibile) instaurati direttamente con i comuni che possono procedere alla loro stabilizzazione. I lavoratori del cosiddetto bacino ASU, invece, non avrebbero un rapporto di lavoro diretto con i comuni, ma sarebbero utilizzati dagli stessi in virtù di protocolli o convenzioni con la Regione. Essi percepirebbero una indennità mensile avente natura di sostegno al reddito e non una remunerazione commisurata al lavoro svolto e, anche per tale motivo, non sarebbero assimilabili e comparabili agli LSU del cosiddetto bacino storico.
La disposizione, inoltre, sconfinerebbe nella riserva di legge statale in quanto le predette assunzioni a tempo indeterminato comporterebbero per i comuni il consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale, cui tuttavia non sarebbe correlata alcuna certezza in ordine alla integrale copertura con le risorse regionali.
Difatti, l’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, al comma 2, prevederebbe il concorso della Regione alla copertura degli oneri derivanti dalla stabilizzazione dei predetti soggetti con risorse proprie entro determinati limiti di spesa.
La stabilizzazione determinerebbe un incremento degli oneri complessivi in quanto i soggetti che attualmente beneficiano dell’assegno di sostegno al reddito erogato per dodici mensilità, verrebbero ad acquisire lo status di lavoratore dipendente, il quale comporta la corresponsione del trattamento economico fondamentale (ivi compresa la tredicesima mensilità) e di quello accessorio contrattualmente previsto, cui si aggiungerebbero gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro. Da ciò discenderebbe anche l’insorgenza di criticità in ordine all’equilibrio di bilancio, che i comuni sono tenuti a rispettare in base alla vigente legislazione statale in materia di finanza pubblica, con l’ulteriore violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.
Con riguardo alla copertura degli oneri a regime, inoltre, il ricorrente lamenta il contrasto con quanto previsto dall’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 e, per il suo tramite, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. con riguardo alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», nonché del terzo comma dell’art. 117 Cost., con riguardo alla materia «coordinamento della finanza pubblica». Gli oneri derivanti dalla disposizione impugnata, in quanto afferenti al trattamento economico del personale ASU, avrebbero natura obbligatoria oltre che carattere strutturale e permanente e, pertanto, necessiterebbero di una copertura finanziaria certa e consolidata.
Infine, la disposizione regionale in argomento si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 3 Cost., in materia di uguaglianza e parità di trattamento. Ad avviso del ricorrente essa determinerebbe disparità sia rispetto al personale precario, sia rispetto ai destinatari di altre forme di sostegno al reddito che non possono essere assunti con la procedura agevolata, prevista dalla disposizione impugnata, di cui all’art. 20 del decreto legislativo 25 luglio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».
4.1.– L’art. 2, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 prevede una riduzione delle risorse stanziate per l’esercizio finanziario 2021 nel Fondo per la stabilizzazione e fuoriuscita del personale ASU e, contestualmente, incrementa le risorse per gli esercizi finanziari 2022 e 2023 a copertura degli oneri conseguenti alla proroga fino al 31 dicembre 2023 dell’utilizzazione dei lavoratori inseriti nell’elenco ex art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014.
Sostiene il ricorrente che le violazioni già dedotte nei confronti dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 sarebbero valide anche per la disposizione in esame. Quest’ultima, difatti, modificando l’autorizzazione di spesa per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023 e intervenendo in via generale, in materia di enti locali (assoggettati alla disciplina normativa statale di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali»), nonché in materia di personale non regionale, prevedendone la stabilizzazione e le assunzioni a tempo indeterminato nell’ambito degli organici degli enti locali, eccederebbe la competenza legislativa riservata alla Regione e, pertanto, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. La competenza legislativa nelle predette materie sarebbe, infatti, riservata esclusivamente allo Stato e sarebbe regolamentata, rispettivamente, dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), dal d.lgs. n. 75 del 2017 (art. 20), e dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» (art. 33, comma 2), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58.
4.2.– Quanto all’impugnativa dell’art. 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021, sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri che tali disposizioni consentirebbero di prorogare fino al 31 dicembre 2023 la possibilità di utilizzare il personale (non meglio individuato) titolare di contratto a tempo determinato o utilizzato in attività socialmente utili disponendone la relativa copertura finanziaria.
Le disposizioni non indicherebbero quale effettivamente sia il personale interessato dalla proroga e conseguentemente non sarebbe possibile verificare la congruità degli oneri e la relativa copertura finanziaria. Viene citata, al riguardo, la giurisprudenza costituzionale secondo cui ogni disposizione che comporti conseguenze finanziarie, positive o negative, deve essere corredata da un’apposita istruttoria in merito agli effetti previsti e alla loro compatibilità con le risorse disponibili.
Non presentando elementi idonei a verificare la correttezza della copertura finanziaria, le disposizioni impugnate violerebbero l’art. 81 Cost. e sarebbero in contrasto con gli artt. 14 e 17 dello statuto regionale, che disciplinano la potestà legislativa della Regione Siciliana.
4.3.– Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, la quale chiede che siano dichiarate inammissibili o non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.
La difesa regionale ribadisce tutte le considerazioni già esposte negli scritti difensivi depositati nei giudizi afferenti ai ricorsi iscritti al n. 33 reg. ric. 2021 e al n. 8 reg. ric. 2022, insistendo nelle medesime considerazioni anche con riferimento alle censure proposte nei confronti dell’art. 2, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021.
Ad avviso della difesa regionale le censure dedotte dal ricorrente non sarebbero fondate, in quanto le disposizioni impugnate individuerebbero il personale destinatario della proroga disposta dal comma 3 dell’art. 3, rendendo quindi possibile verificare la congruità della relativa copertura finanziaria.
Inoltre, il comma 9 dell’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014 ha istituito, «presso il Dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative, un Fondo straordinario da ripartire sulla base dei criteri stabiliti con decreto dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro, previa delibera della Giunta regionale, tenendo anche conto, fermo restando la dotazione complessiva delle risorse, del contributo già concesso per ogni singolo lavoratore alla data del 31 dicembre 2013». Ciò, al fine di «compensare gli effetti degli squilibri finanziari sul complesso delle spese del personale delle pubbliche amministrazioni […] derivanti dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 6». Il comma 6 dell’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014 ha, a sua volta, abrogato «le norme recanti misure in favore dei lavoratori appartenenti al regime transitorio dei lavori socialmente utili ed in particolare: l’articolo 2 della legge regionale n. 24/2000; l’articolo 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21; l’articolo 2, comma 3, della legge regionale 31 dicembre 2007, n. 27; l’articolo 12, comma 6, della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85; gli articoli 4 e 8 della legge regionale 14 aprile 2006, n. 16; l’articolo 41, comma 1, della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15; l’articolo 23, comma 14, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19; l’articolo 12 della legge regionale 29 dicembre 2009, n. 13 e successive modifiche ed integrazioni e l’articolo 34, comma 2, della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33». L’onere relativo a tale personale avrebbe quindi trovato riscontro, negli anni, a valere sulla Missione 15 Programma 3 – capitolo 313319 «Fondo straordinario per la salvaguardia degli equilibri di bilancio destinato a compensare gli squilibri finanziari derivati dall’abrogazione delle norme recanti misure in favore dei lavoratori socialmente utili, nonché per le misure di stabilizzazione di cui all’art. 3 della L.R. 27/2016».
Tale onere, come previsto dal comma 4 dell’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021, troverebbe quindi la relativa copertura finanziaria «nell’ambito dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 21 dell’articolo 3 della legge regionale n. 27/2016 e successive modificazioni (Missione 20, programma 3, capitolo 215754)».
5.– Infine, con ricorso iscritto al n. 48 reg. ric. 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, tra gli altri, l’art. 13, comma 22, della legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024), il quale modifica il comma 4 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021.
La disposizione impugnata consente ai soggetti che hanno optato per la fuoriuscita – ancorché senza formale atto di dimissioni – dall’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, e che non abbiano percepito l’indennità all’uopo prevista, di essere riammessi nel citato elenco.
Tale reinserimento consentirebbe ai predetti soggetti di beneficiare delle misure previste dall’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, disposizione già impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con precedenti ricorsi, sia nella parte in cui dispone la stabilizzazione del personale ASU, sia nella parte relativa alla quantificazione e alle modalità di copertura delle spese a carico della finanza pubblica.
L’art. 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, nell’apportare un’ulteriore modifica al citato art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, si porrebbe in contrasto – per le medesime ragioni già indicate nei ricorsi iscritti al n. 33 reg. ric. 2021 e al n. 8 reg. ric. 2022 – con gli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, nonché – per il tramite delle norme interposte di cui agli artt. 19 della legge 30 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, che disciplinano le modalità di quantificazione degli oneri di spesa e le relative modalità di copertura – con l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, e con l’art. 119, primo comma, Cost., nella parte in cui ribadisce l’obbligo per tutti gli enti territoriali, ivi compresi quelli ad autonomia speciale, di osservare il principio dell’equilibrio di bilancio e i vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
5.1.– La Regione, con riguardo al ricorso iscritto al n. 48 reg. ric. 2022 (che impugna l’art. 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022), non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Riservata a separate pronunce la decisione delle altre impugnative promosse con il ricorso n. 48 del registro ricorsi 2022, vanno esaminate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, 2, comma 5, 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 e 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 promosse con i ricorsi in epigrafe.
2.– Con ricorso iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2021 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 in riferimento agli artt. 3, per contrasto con il «principio di uguaglianza», 81, terzo comma, per violazione del principio di «copertura delle spese», 117, secondo comma, lettera e), con riguardo alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», anche in relazione all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, 117, commi secondo, lettera l), con riguardo alla materia «ordinamento civile», e terzo, con riguardo alla materia «coordinamento della finanza pubblica» Cost. e in riferimento all’art. 14, comma 1, lettera q), dello statuto reg. Siciliana.
2.1.– Il ricorrente sostiene che l’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, prevedendo che il regime delle assunzioni a tempo indeterminato di cui all’art. l, commi da 292 a 296, della legge n. 178 del 2020 sia applicato ai lavoratori inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma l, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Ciò in quanto, mentre la normativa statale richiamata si riferirebbe esclusivamente ai lavoratori socialmente utili (LSU) e ai lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità (LPU) già titolari di un rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica, la norma regionale si rivolgerebbe a una platea di soggetti più ampia (tutti quelli inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014), il cui impiego da parte della Regione e dei comuni avverrebbe in base a convenzioni e protocolli e non in virtù di un contratto di lavoro stipulato con l’ente utilizzatore. Tale estensione determinerebbe una difformità rispetto alla normativa statale, in tal modo incidendo sulla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile».
La disposizione impugnata esulerebbe, infatti, dalla materia «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione», riservata alla competenza legislativa esclusiva della Regione Siciliana dall’art. 14, comma 1, lettera q), dello statuto reg. Siciliana, considerato che l’assunzione a tempo indeterminato dei soggetti in questione avverrebbe presso enti diversi dalla Regione, i comuni, la cui organizzazione è regolata dalla legislazione statale.
2.2.– L’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 violerebbe poi l’art. 81, terzo comma, Cost. in quanto le spese inerenti alle stabilizzazioni di cui trattasi sarebbero finanziate da risorse regionali, in relazione alle quali, tuttavia, verrebbero predeterminati limiti finanziari inidonei a garantirne l’integrale copertura. Ciò determinerebbe una spesa a carico dei bilanci degli enti locali – presso i quali si manifesterebbe il consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale – priva di copertura.
2.3.– Il ricorrente lamenta, altresì, che la previsione contenuta nel comma 7 della disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, commi secondo, lettera e), con riguardo alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», in relazione all’art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, e terzo, Cost., con riguardo alla materia «coordinamento della finanza pubblica». La disposizione impugnata, difatti, pur richiamando l’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, tuttavia se ne discosterebbe in quanto omette di quantificare l’onere annuale per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e quello a regime per gli interventi di stabilizzazione perseguiti, che comportano spese a carattere continuativo (spese di personale).
2.4.– Infine, il ricorrente ritiene che la disposizione regionale si porrebbe in contrasto anche con il principio di uguaglianza previsto dall’art. 3 Cost., in quanto determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento tra i destinatari della disposizione impugnata e le altre categorie di personale precario e quelli di altre analoghe forme di sostegno al reddito, nei cui riguardi la procedura prevista dalla normativa regionale impugnata non troverebbe applicazione.
3.– Con ricorso iscritto al n. 8 reg. ric. 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, che modifica l’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, in riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettere e) e l), e terzo, Cost., nonché all’art. 14, comma 1, lettera q), dello statuto reg. Siciliana.
La disposizione impugnata è intervenuta sul comma 7 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, disponendo: «Al comma 7 dell’articolo 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole “e la spesa annua di euro 54.159.248.56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023” sono sostituite dalle parole “e la spesa di euro 26.360.878,68 per l’esercizio finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l’esercizio finanziario 2023”; b) le parole “per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023” sono sostituite dalle parole “per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per l’anno 2021”».
Ad avviso del ricorrente la novella legislativa non rimuoverebbe le censure di illegittimità costituzionale articolate nel precedente ricorso, avente ad oggetto il testo originario del citato art. 36 che vengono espressamente riprodotte nel ricorso in esame. Le modifiche introdotte dall’art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 si limiterebbero, infatti, a rideterminare l’autorizzazione finanziaria – senza peraltro superare i dedotti vizi di copertura e di quantificazione dell’onere a regime – per gli interventi previsti nell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021.
4.– Con ulteriore ricorso (reg. ric. n. 19 del 2022) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 2, comma 5, e 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 in riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettere e) ed l), e terzo, Cost., nonché agli artt. 14, comma 1, lettera q), e 17 dello statuto speciale.
4.1.– L’art. 2, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 prevede una rimodulazione dell’autorizzazione finanziaria di cui all’art. 36, comma 7, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021. In particolare, esso dispone: «per le finalità di cui all’art. 36 della legge regionale n. 9/2021 e successive modifiche, l’autorizzazione di spesa di cui al comma 7 della medesima legge è ridotta per l’esercizio finanziario 2021 di 1.000 migliaia di euro ed è incrementata per gli esercizi finanziari 2022 e 2023 rispettivamente di euro 27.798.369,88 e di euro 10.412.140,55 (Missione 20, Programma 3 capitolo 215785)».
Ad avviso del ricorrente tale disposizione, prevedendo una diversa modulazione negli anni 2021-2023 dell’autorizzazione finanziaria disposta dall’impugnato art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, senza rimuovere i vizi già censurati nei precedenti ricorsi, sarebbe anch’essa in contrasto con i parametri richiamati. L’Avvocatura generale dello Stato ribadisce quindi tutte le censure già dedotte nei precedenti ricorsi nei confronti dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021.
4.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche l’art. 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021. Tali disposizioni consentirebbero di prorogare fino al 31 dicembre 2023 i contratti a tempo determinato o utilizzato in attività socialmente utili (i cui titolari potrebbero in tal modo beneficiare delle misure previste dall’art. 36 della legge n. 9 del 2021). La formulazione di dette norme non consentirebbe di individuare il personale effettivamente interessato dalla proroga e, conseguentemente, non renderebbe possibile verificare né l’entità dei correlati oneri, né la congruità della relativa copertura finanziaria. Le predette disposizioni violerebbero il principio dell’obbligo di copertura delle spese di cui all’art. 81, terzo comma, Cost.
5.– Infine, con ricorso iscritto al n. 48 reg. ric. 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, che modifica il comma 4 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, terzo comma, con riguardo alla materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione agli artt. 19 della legge n. 196 del 2009 e 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, e all’art. 119, primo comma, Cost.
La disposizione in esame prevede che i soggetti fuoriusciti dall’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, pur avendo esercitato tale scelta «ancorché senza formale atto di dimissioni» e che non abbiano percepito l’indennità all’uopo prevista, possono a domanda esservi riammessi. Tale reinserimento consentirebbe a detti soggetti di beneficiare delle misure previste dall’art. 36 della legge n. 9 del 2021.
L’art. 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, nell’apportare un’ulteriore modifica al citato art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 già oggetto di impugnazione, si porrebbe in contrasto, per le ragioni già esposte, con gli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, nonché – per il tramite delle norme interposte di cui agli artt. 19 della legge n. 196 del 2009 e 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, che disciplinano le modalità di quantificazione degli oneri di spesa e le relative modalità di copertura – con l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, e con l’art. 119, primo comma, Cost., nella parte in cui ribadisce l’obbligo per tutti gli enti territoriali, ivi compresi quelli ad autonomia speciale, di osservare il principio dell’equilibrio di bilancio e i vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
6.– I ricorsi in esame hanno ad oggetto l’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 nonché gli artt. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, 2, comma 5, e 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 e 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, disposizioni che hanno direttamente modificato il citato art. 36 o che presentano una stretta connessione con esso. I parametri costituzionali evocati, sotto profili comuni e con argomentazioni sovrapponibili, sono in parte coincidenti. Ponendo, pertanto, analoghe questioni di legittimità costituzionale, i quattro giudizi vanno riuniti e decisi con un’unica pronuncia.
7.– L’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, come di seguito specificato, è stato dapprima modificato dalla legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 e, successivamente, dalla legge reg. Siciliana n. 35 del 2021.
Il comma 1 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, nella originaria versione, dispone che: «A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai lavoratori inseriti nell’elenco di cui all’articolo 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014 n. 5, si applicano le disposizioni di cui ai commi da 292 a 296 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178».
Il comma 2, rimasto immutato dopo le citate novelle legislative, prevede che: «I soggetti di cui al comma 1 possono essere stabilizzati dagli enti utilizzatori a tempo indeterminato anche con contratti di lavoro a tempo parziale, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal CCNL di riferimento. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il dipartimento regionale del lavoro dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative provvede all’assegnazione dei soggetti di cui al comma 1 che svolgono attività socialmente utili in virtù di protocolli o convenzioni».
Il comma 3 dell’art. 36, anch’esso immutato dopo le novelle legislative, stabilisce: «I soggetti inseriti nell’elenco di cui al comma 1 possono optare, in alternativa alla partecipazione alle attività socialmente utili per il triennio 2021-2023, per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un’indennità onnicomprensiva d’importo corrispondente a cinque anni dell’assegno di utilizzazione in ASU. La suddetta indennità è erogata per un periodo non superiore agli anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilità e per un massimo di cinque anni, ed è corrisposta in rate annuali. Ai fini dell’applicazione del presente comma, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative provvede ad effettuare una ricognizione del personale presente nell’elenco di cui all’articolo 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014».
Il comma 4 dell’art. 36 nella versione originaria stabiliva: «I soggetti che abbiano optato per la fuoriuscita dall’elenco di cui all’articolo 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014 ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27 e successive modificazioni, che non abbiano percepito l’indennità all’uopo prevista, possono a domanda, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, richiedere di essere riammessi nel citato elenco di cui all’articolo 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014». A seguito della modifica introdotta dall’art. 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, la disposizione, coordinata con il dettato precedente prevede che: «4. I soggetti che abbiano optato per la fuoriuscita ancorché senza formale atto di dimissioni dall’elenco di cui all’articolo 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014 ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27 e successive modificazioni, che non abbiano percepito l’indennità all’uopo prevista, possono a domanda, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, richiedere di essere riammessi nel citato elenco di cui all’articolo 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014».
Il comma 5 dell’art. 36, immutato dopo le modifiche introdotte con le successive leggi regionali, stabilisce: «Il termine di cui al comma 2 dell’articolo 15 della legge regionale 16 ottobre 2019, n. 17, come modificato dal comma 4 dell’articolo 4 della legge regionale 12 maggio 2020, n. 9, è prorogato al 31 ottobre 2021».
Il comma 6 dell’art. 36, anch’esso invariato, prevede: «Per le assunzioni di cui al presente articolo, a decorrere dalla data di assunzione, è riconosciuto su base annua un contributo per ciascun soggetto stabilizzato, parametrato all’importo dell’assegno di utilizzazione in ASU corrisposto alla data di assunzione, maggiorato per tenere conto del maggior costo sostenuto per l’assunzione a tempo indeterminato con contratto a tempo parziale, entro il limite dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 7».
Il comma 7 dell’art. 36, nella versione originaria, prevedeva al primo periodo: «Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di 10.000 migliaia di euro per l’esercizio finanziario 2021 e la spesa annua di euro 54.159.248,56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023 (Missione 20, Programma 3), comprensiva delle somme occorrenti per l’eventuale prosecuzione delle attività socialmente utili dei medesimi soggetti di cui al comma 1, disposta nel rispetto della normativa vigente, nonché di quelle occorrenti per le finalità di cui al comma 10, da iscrivere in un apposito Fondo del dipartimento del bilancio e tesoro». La disposizione è stata modificata dapprima dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 (di cui al reg. ric. n. 8 del 2022) il quale prevede che «1. Al comma 7 dell’articolo 36 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole “e la spesa annua di euro 54.159.248.56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023” sono sostituite dalle parole “e la spesa di euro 26.360.878,68 per l’esercizio finanziario 2022 e di euro 43.747.108,01 per l’esercizio finanziario 2023”».
Ulteriore modifica è intervenuta ad opera dell’art. 2, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 (reg. ric. n. 19 del 2022), il quale prevede: «Per le finalità di cui all’articolo 36 della legge regionale n. 9/2021 e successive modifiche, l’autorizzazione di spesa di cui al comma 7 della medesima legge è ridotta per l’esercizio finanziario 2021 di 1.000 migliaia di euro ed è incrementata per gli esercizi finanziari 2022 e 2023 rispettivamente di euro 27.798.369,88 e di euro 10.412.140,55 (Missione 20, Programma 3, capitolo 215785)».
Il secondo periodo del comma 7 dell’art. 36, nella versione originaria prevedeva: «[a]gli oneri di cui al presente comma per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023 si provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all’articolo 6 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni (Missione 18, Programma 1, capitolo 191301)». La disposizione è stata ulteriormente modificata dall’art. 4, comma 1, lettera b), della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021 (reg. ric. n. 8 del 2022) il quale dispone che: «b) le parole “per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023” sono sostituite dalle parole “per la quota parte di 10.000 migliaia di euro pei l’anno 2021”».
Il terzo periodo del comma 7 dell’art. 36 prevede che: «[a] decorrere dall’esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell’articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni».
Il comma 8 dell’art. 36 dispone: «Per l’anno 2021, la quota parte del contributo di cui al comma 6 parametrato all’assegno di utilizzazione in ASU è assicurata a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 4, della legge regionale 22 febbraio 2019, n. 1».
Il comma 9 dell’art. 36 prevede che: «Con decreto del Ragioniere generale, su proposta del dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative, previa delibera della Giunta regionale, sono operate le conseguenti variazioni di bilancio».
Il comma 10 dell’art. 36 stabilisce: «Al fine di favorire la piena efficacia dell’impianto regolatorio di cui al comma 1, è altresì incentivata la fuoriuscita dei soggetti attualmente impegnati in attività socialmente utili che hanno maturato i requisiti minimi previsti dalla normativa nazionale per il pensionamento. Per tale finalità, il dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative è autorizzato ad erogare, a domanda, la differenza tra quanto erogato dall’INPS a titolo di assegno sociale e quanto previsto dall’assegno di sussidio per A.S.U. sino alla maturazione dei requisiti minimi previsti dalla normativa vigente per l’accesso al trattamento di quiescenza».
Il comma 11 dell’art. 36 prevede che: «Gli enti che abbiano già provveduto alla trasformazione dei contratti dei soggetti già impegnati in attività socialmente utili sono autorizzati ad avviare le procedure di stabilizzazione».
8.– Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021, e 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), per violazione della competenza legislativa esclusiva riservata allo Stato in materia di «ordinamento civile», e all’art. 14, comma 1, lettera q), dello statuto reg. Siciliana, sono fondate.
L’art. 36 stabilisce che a tutti i lavoratori inseriti nell’elenco regionale di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014 «si applicano le disposizioni di cui ai commi 292-296 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178»; esso prevede, inoltre, misure indennitarie per favorire l’uscita dei lavoratori da detto elenco, misure finalizzate a favorirne il rientro per coloro che ne erano volontariamente fuoriusciti e interventi di sostegno al reddito.
La disposizione impugnata produce, in primo luogo, un ampliamento dell’ambito soggettivo delle misure di stabilizzazione di personale previste dal legislatore statale; infatti, la normativa statale richiamata si riferisce esclusivamente ai lavoratori socialmente utili e ai lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità già titolari di un contratto di lavoro con l’amministrazione pubblica, la normativa regionale riguarda una platea di soggetti più ampia (tutti quelli inseriti nell’elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014), il cui impiego da parte della Regione e dei comuni avviene anche in base a convenzioni e protocolli, non soltanto, quindi, in virtù di un contratto di lavoro. Perfino è previsto che i soggetti che avevano optato per la fuoriuscita dall’elenco di cui all’articolo 30 «ancorché senza formale atto di dimissioni», soggetti quindi privi di qualsiasi tipo di contratto, possono, a domanda, chiedere di esservi riammessi al fine della loro stabilizzazione.
Tale estensione della disciplina statale determina il contrasto della norma regionale con quella statale e, di conseguenza, la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (sentenze n. 255 del 2022, n. 146, n. 138 e n. 10 del 2019). Questa Corte ha infatti affermato che «“[l]a materia dell’ordinamento civile, riservata in via esclusiva al legislatore statale, investe la disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici e ricomprende tutte le disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro (ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017, n. 257 del 2016, n. 180 del 2015, n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014)” (sentenza n. 257 del 2020)» (sentenza n. 25 del 2021).
In particolare, con riguardo alla disciplina dei rapporti di lavoro pubblico e alla loro contrattualizzazione, è stato affermato che «i principi fissati dalla legge statale in materia “costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale […]”» (sentenza n. 154 del 2019; nello stesso senso, sentenze n. 232 e n. 81 del 2019, n. 234 del 2017, n. 225 e n. 77 del 2013). Ciò comporta che le regioni non possono alterare le regole che disciplinano tali rapporti privati (ex multis, sentenze n. 190 del 2022 e n. 282 del 2004).
9.– Le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti degli artt. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, 2, comma 5, 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 e 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 sono fondate in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost. con riguardo al principio dell’obbligo di copertura della spesa.
La stabilizzazione prevista dall’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 comporta, infatti, oneri obbligatori per la retribuzione del personale assunto con contratto a tempo indeterminato che si riflettono sull’iscrizione in bilancio delle relative spese per l’intera durata del rapporto lavorativo dei soggetti interessati. Una previsione di risorse finanziarie limitate nel tempo costituisce una lesione dell’equilibrio strutturale del bilancio nel medio e lungo periodo degli enti utilizzatori.
Peraltro, la copertura delle spese del personale a tempo indeterminato è una delle fattispecie tipiche e indefettibili di spesa obbligatoria continuativa e pluriennale in ragione del collegamento con la vita lavorativa del dipendente.
Oltre all’assunzione a tempo indeterminato dei predetti lavoratori l’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e le novelle legislative regionali che incidono su di esso prevedono anche plurimi interventi non chiaramente definiti, né con riferimento al novero dei soggetti coinvolti, né con riguardo alla determinazione dell’entità delle risorse necessarie alla loro concreta attuazione e alla relativa disponibilità nel bilancio.
In particolare, il comma 3 dell’impugnato art. 36 consente ai soggetti inseriti nell’elenco di cui al comma 1 del medesimo articolo di optare, in alternativa alla partecipazione alle attività socialmente utili per il triennio 2021-2023, per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione, in rate annuali, di un’indennità onnicomprensiva d’importo corrispondente a cinque anni dell’assegno di utilizzazione in ASU per un periodo non superiore agli anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilità e per un massimo di cinque anni. In relazione a tale finalità l’art. 3 demanda al Dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative di effettuare una ricognizione del personale presente nel più volte citato elenco di cui all’art. 30, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014; ciò comporta che l’entità del personale coinvolto al momento dell’entrata in vigore della legge regionale impugnata non è determinata.
Analoga indeterminatezza dei soggetti e della spesa si rinviene nel comma 4 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, ove è previsto che i soggetti che abbiano optato per la fuoriuscita dall’elenco di cui all’art. 30 e che non abbiano percepito l’indennità all’uopo prevista, possono, a domanda, chiedere di esservi riammessi al fine della loro stabilizzazione. A ciò si aggiunge la previsione introdotta dall’art. 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, che modificando il comma 4 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, introduce tale possibilità anche per i soggetti fuoriusciti «ancorché senza formale atto di dimissioni», con ciò confermando l’incertezza sul numero dei soggetti interessati.
Infine, il comma 10 dell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 prevede che, al fine di incentivare la fuoriuscita dei soggetti attualmente impegnati in attività socialmente utili che abbiano maturato i requisiti minimi previsti dalla normativa nazionale per il pensionamento, il Dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative eroghi, a domanda, la differenza tra quanto pagato dall’INPS a titolo di assegno sociale e quanto previsto dall’assegno di sussidio per attività socialmente utili sino alla maturazione dei requisiti minimi previsti dalla normativa vigente per l’accesso al trattamento di quiescenza. Anche questa previsione, per come è strutturata, non consente di conoscere previamente quanti beneficeranno dell’erogazione in questione e neppure di quantificare il costo complessivo dell’operazione.
Appare chiaro che il numero dei soggetti interessati dalle plurime misure previste nell’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, come modificato, risulta indefinito o, perlomeno, non esattamente conosciuto dall’amministrazione regionale; tale indeterminatezza si ripercuote, inevitabilmente, sugli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione e sulla relativa copertura. Ciò comporta la violazione del principio dell’obbligo di copertura della spesa di cui all’art. 81, terzo comma Cost., tanto più se si considera che si tratta di spese obbligatorie a carattere pluriennale, che andranno a gravare sulla già difficile situazione finanziaria degli enti territoriali.
Questa Corte è costante nell’affermare che devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime quelle leggi in cui «“l’individuazione degli interventi e la relativa copertura finanziaria è stata effettuata dal legislatore regionale modo generico e risulta priva di quella chiarezza finanziaria minima richiesta dalla costante giurisprudenza di questa Corte in riferimento all’art. 81 Cost.” (ex multis, sentenza n. 227 del 2019). In proposito, deve essere ribadito che l’equilibrio finanziario “presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse: nel sindacato di costituzionalità copertura finanziaria ed equilibrio ‘integrano una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l’antinomia [con le disposizioni impugnate] coinvolga direttamente il precetto costituzionale’ […]” (sentenza n. 274 del 2017)» (sentenza n. 155 del 2022).
L’art. 81, terzo comma, Cost., per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, «impone che, ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (ex multis, sentenze n. 155 del 2022, n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). È stato, difatti, chiarito che «copertura economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della stessa medaglia, dal momento che l’equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse» (sentenza n. 274 del 2017).
In conclusione, le disposizioni regionali in esame sono costituzionalmente illegittime per violazione del principio dell’obbligo di copertura della spesa sancito dall’art. 81, terzo comma, Cost.
10.– Le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti degli artt. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, 2, comma 5, 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 e 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 sono fondate anche in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con riguardo alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», in relazione all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011.
L’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 impone al legislatore regionale, con riferimento alle spese obbligatorie e a carattere continuativo, di quantificare «l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione» e di indicarne l’onere a regime.
Nel caso di specie, le disposizioni impugnate violano l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. per contrasto con la norma interposta di cui all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, in quanto gli interventi in esse previsti non sono sostenuti da alcun riscontro in ordine all’onere a regime che va a gravare sul bilancio della Regione e, soprattutto, non contengono alcuna valutazione in ordine agli oneri a regime a carico dei bilanci degli enti locali su cui ricadono prevalentemente tali oneri.
Difatti, le assunzioni a tempo indeterminato in argomento comportano inevitabilmente un effetto incrementale permanente delle corrispondenti spese di personale determinando un onere economico particolarmente elevato per gli enti utilizzatori. A fronte di tale onere non risulta disposta una copertura finanziaria integrale in quanto il contributo previsto, ancorché maggiorato per far fronte al trattamento economico fondamentale e accessorio, è concesso entro il limite dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 7 dell’impugnato art. 36 – più volte modificato con le successive leggi regionali oggetto anch’esse del presente giudizio – inidoneo per la copertura delle spese a regime per quanto già detto.
11.– Le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti degli artt. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 29 del 2021, 2, comma 5, 3, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 35 del 2021 e 13, comma 22, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, sono altresì fondate in riferimento all’art. 97, primo comma, Cost.
Come già evidenziato, le disposizioni impugnate presentano i caratteri della incompletezza e indeterminatezza anche sotto il profilo della dimensione finanziaria degli interventi ivi previsti e della relativa copertura, incidendo negativamente sull’equilibrio di bilancio degli enti utilizzatori e, di conseguenza, sugli equilibri complessivi della finanza pubblica e sulla sostenibilità del debito pubblico, violando in tal modo l’art. 97, primo comma, Cost.
La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche è inscindibilmente connesso all’esigenza di garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (sentenza n. 82 del 2015).
In tal senso si sono espresse anche le pronunce di questa Corte specificamente inerenti alle autonomie speciali (sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 353 del 2004), nelle quali è stato affermato che i principi recati dalla legislazione statale si applicano anche nei loro confronti poiché «funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e a garantire l’unità economica della Repubblica (sentenza n. 82 del 2015), dato che la finanza delle Regioni a Statuto speciale è parte della finanza pubblica allargata (sentenze n. 80 del 2017)» (sentenza n. 231 del 2017).
Le regioni sono quindi tenute, oltre che a indicare la copertura finanziaria delle leggi che prevedano nuovi o maggiori oneri, anche a utilizzare le metodologie di copertura specificamente previste a tutela dell’unità economica e finanziaria della Repubblica.
La mancata previsione di adeguata copertura finanziaria degli interventi di carattere pluriennale – previsti dall’art. 36 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e dalle successive leggi regionali che lo hanno modificato, che determinano una spesa obbligatoria e continuativa a carico dei bilanci degli enti utilizzatori pregiudicandone gli equilibri – viola pertanto l’art. 97, primo comma, Cost. che pone il «principio di equilibrio di bilancio delle amministrazioni pubbliche».
12.– Restano assorbite le ulteriori censure.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre impugnative promosse con il ricorso iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2022;
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 36 della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 29 (Modifiche alla legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Disposizioni varie);
3) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, comma 5, e 3, commi 3 e 4, della legge della Regione Siciliana 27 dicembre 2021, n. 35 (Variazione al bilancio della Regione per il triennio 2021-2023);
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 22, della legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 marzo 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA