SENTENZA N. 92
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 6, 21, 57, 58 e 68, della legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato e depositato in cancelleria il 26 luglio 2022, iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2023 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi l’avvocato dello Stato Emanuele Feola per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giuseppa Mistretta per la Regione Siciliana;
deliberato nella camera di consiglio dell’8 marzo 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato e depositato il 26 luglio 2022 e iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’intera legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024) e di numerose sue disposizioni, tra le quali l’art. 13, commi 6, 21, 57, 58 e 68, in riferimento, complessivamente, agli artt. 81, terzo comma, 97, secondo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119, primo comma, della Costituzione, e all’art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.
2.– Con il primo motivo di ricorso, è impugnato l’art. 13, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
2.1.– La disposizione impugnata prevede che l’art. 23 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, trova «applicazione» al personale regionale collocato in quiescenza «anche per il tramite di Irfis FinSicilia S.p.A., che provvede all’erogazione delle relative risorse nell’ambito delle disponibilità dei fondi di propria spettanza, previa stipula di convenzione con il Dipartimento della Funzione pubblica».
2.2.– Secondo il ricorrente, una simile previsione, nel consentire «ope legis» a una società partecipata in via totalitaria dalla Regione (la Irfis FinSicilia spa), di erogare ai dipendenti regionali in quiescenza l’anticipo di una quota del trattamento di fine servizio, contrasterebbe con la disciplina statale che, all’art. 23 del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, ha inteso regolare in maniera uniforme le condizioni giuridiche ed economiche per l’accesso, da parte di tutti i dipendenti pubblici, a finanziamenti agevolati in funzione di anticipo di tale trattamento, prevedendo, tra l’altro, la preventiva e necessaria adesione, da parte degli istituti bancari e finanziari, ad uno specifico accordo quadro. Tale accordo, invece, non opererebbe con riguardo ad Irfis FinSicilia spa, essendo prevista la stipula di una specifica convenzione con il Dipartimento della funzione pubblica della Regione Siciliana.
2.3.– Viene pertanto denunciata, in virtù del contrasto con le sopramenzionate norme statali, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per lesione delle competenze legislative statali in materia di ordinamento civile.
3.– Con il secondo motivo di ricorso, è censurato l’art. 13, comma 21, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
3.1.– La disposizione impugnata autorizza i comuni siciliani ad avviare, coerentemente ai piani di fabbisogno, «procedure di reclutamento» per l’assunzione a tempo indeterminato degli assistenti sociali, nell’ambito delle quali sia possibile valorizzare, «con apposito punteggio», anche l’«esperienza professionale maturata con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di collaborazione coordinata e continuativa ovvero con contratto di collaborazione autonoma libero professionale ovvero con altre forme contrattuali di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione».
3.2.– Ad avviso del ricorrente, la previsione regionale si sovrapporrebbe e derogherebbe alla normativa statale stabilita dall’art. 1, comma 801, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), nonché dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), dall’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» e dall’art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58.
3.3.– Ne discenderebbe, secondo l’Avvocatura dello Stato, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per lesione delle competenze legislative statali in materia di ordinamento civile. D’altra parte, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata non troverebbe alcuna giustificazione nello statuto di autonomia della Regione Siciliana, posto che, nel caso di specie, verrebbe in considerazione il personale in servizio degli enti locali e non già il personale della Regione.
3.4.– Con riguardo alla medesima disposizione viene altresì denunciata la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., per assenza di un’adeguata copertura finanziaria, non avendo la Regione né quantificato l’onere finanziario di tali assunzioni, né indicato i mezzi per farvi fronte.
4.– Con il terzo motivo di ricorso, è censurato l’art. 13, comma 57, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
4.1.– La disposizione impugnata ha modificato l’art. 60, comma 1, della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale), prevedendo che le assunzioni a tempo indeterminato del personale precario dei consorzi di bonifica possano avvenire nei limiti del cinquanta per cento dei posti resisi vacanti al 31 dicembre 2021, in luogo dell’originario riferimento ai posti resisi vacanti alla data del 31 dicembre 2020.
4.2.– Ad avviso del ricorrente, una simile previsione violerebbe l’art. 81, terzo comma, Cost., per assenza di un’adeguata copertura finanziaria a partire dal 2023. La Regione, infatti, non avrebbe quantificato l’onere finanziario di tali stabilizzazioni, né avrebbe indicato i mezzi per farvi fronte, se non in relazione all’esercizio finanziario 2022.
5.– Con il quarto motivo di ricorso, è censurato l’art. 13, comma 58, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, che riconosce l’Istituto zootecnico sperimentale per la Sicilia quale ente di ricerca della Regione.
5.1.– Il ricorrente denuncia che la Regione Siciliana avrebbe provveduto alla copertura finanziaria dagli oneri discendenti dalla disposizione impugnata solo in relazione all’esercizio finanziario 2022, a fronte di spese a carattere obbligatorio e continuativo, le quali, invece, avrebbero richiesto la relativa quantificazione e copertura per tutti gli esercizi considerati dal bilancio di previsione triennale.
5.2.– Viene pertanto denunciata la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., come declinato dall’art. 38, comma 1, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
6.– Con il quinto motivo di ricorso, è infine denunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 68, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
6.1.– La disposizione impugnata consta di due lettere (a e b). La lettera a) ha modificato l’art. 12, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, stabilendo l’assunzione di trecento unità di personale dirigenziale a tempo determinato, in luogo delle trecento unità di personale non dirigenziale originariamente previste dalla disposizione modificata, al fine di potenziare gli uffici della pubblica amministrazione regionale e locale e garantire la definizione e l’attuazione degli interventi previsti dalla politica di coesione europea, nonché dai fondi strutturali. La lettera b) ha modificato l’art. 12, comma 4, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, sopprimendo il limite del venti per cento per l’assegnazione di tale personale regionale in distacco presso i comuni e gli altri enti locali, limite che era stato originariamente previsto dalla disposizione modificata; inoltre, la medesima lettera b) ha reso obbligatorio, e non più facoltativo, il distacco di tale personale regionale in favore dei comuni e degli altri enti locali, senza oneri a loro carico, in relazione al fabbisogno di personale, ai progetti da realizzare e agli obiettivi da raggiungere.
6.2.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata presenterebbe «profili di incostituzionalità in relazione all’articolo 81, terzo comma (copertura finanziaria), all’articolo 97, secondo comma (buon andamento e imparzialità dell’amministrazione), all’articolo 117, secondo comma, lett. l) e terzo comma (ordinamento civile e determinazione dei princìpi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato), all’articolo 119, primo comma (principi di coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione, e all’art. 14 del R.D.Lgs. 15.5.1946, n. 455, convertito nella L. Cost. 26 febbraio 1948, n. 2».
6.3.– In particolare, l’Avvocatura dello Stato sottolinea che la modifica della qualifica del personale da assumere da «non dirigenziale» a «dirigenziale» renderebbe evidente l’incoerenza dell’operato della Regione, la quale, anche nell’ambito di una «scheda progettuale» redatta per l’Agenzia per la coesione territoriale in occasione dell’entrata in vigore dell’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, aveva ribadito la volontà di assumere personale «non dirigenziale».
6.4.– Il ricorrente denuncia altresì che la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con l’impegno alla complessiva riduzione degli uffici di livello dirigenziale che è stato assunto dalla Regione Siciliana nell’ambito dell’«Accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo», sottoscritto in data 14 gennaio 2021 (punto 2, lettere e e j), anche alla luce delle criticità più volte denunciate dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Nonostante l’avvio, a partire dal 2021, di un percorso di progressiva riduzione del numero delle strutture dirigenziali e della stessa dotazione organica della dirigenza regionale, tale intervento normativo consentirebbe, invece, di assumere ulteriori trecento dirigenti a tempo determinato, attraverso la creazione di «posizioni soprannumerarie» rispetto a quelle formalmente previste nella pianta organica: e infatti, secondo l’Avvocatura dello Stato, in relazione al personale dirigenziale da assumere «non esistono le corrispondenti e necessarie strutture di livello dirigenziale».
6.5.– Infine, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con il quadro normativo statale in materia di reclutamento del personale, il quale, anche ai fini del rafforzamento della capacità amministrativa degli enti pubblici per l’attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), consente di effettuare assunzioni a tempo determinato «solamente di personale non dirigenziale, ovvero di conferire incarichi di collaborazione, nei limiti degli importi previsti dalle corrispondenti voci di costo del quadro economico dei progetti». Con specifico riferimento al personale dirigenziale, invece, la disciplina statale ha solo consentito di raddoppiare le percentuali di incarichi dirigenziali conferibili a soggetti esterni ai sensi dall’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente attuativi del PNRR, come stabilito dall’art. 1, comma 15, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia», convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2021, n. 113.
7.– La Regione Siciliana, con atto depositato in data 31 agosto 2022, si è costituita in giudizio, presentando difese in riferimento alle sole questioni promosse nei confronti dell’art. 13, commi 57 e 58, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
7.1.– La difesa regionale ritiene, innanzitutto, che debba essere dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere in relazione all’impugnazione dell’art. 13, comma 57, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 13, comma 65, della legge della Regione Siciliana 10 agosto 2022, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 25 maggio 2022, n. 13 e alla legge regionale 25 maggio 2022, n. 14. Variazioni al Bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2022/2024. Disposizioni varie). Secondo la Regione Siciliana, tale disposizione sopravvenuta, nel reintrodurre l’originario riferimento al 31 dicembre 2020 per l’individuazione dei posti resisi vacanti ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato del personale precario dei consorzi di bonifica, avrebbe fatto venir meno le modifiche introdotte dall’impugnato art. 13, comma 57, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
7.2.– La difesa regionale sostiene altresì che debba essere dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere in relazione all’impugnazione dell’art. 13, comma 58, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 13, comma 98, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2022. Secondo la Regione Siciliana, infatti, tale disposizione sopravvenuta, nell’autorizzare, anche per gli anni 2023 e 2024, la spesa relativa al riconoscimento dell’Istituto zootecnico sperimentale per la Sicilia quale ente di ricerca della Regione, individuandone la relativa copertura, avrebbe determinato il superamento delle censure concernenti la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.
8.– In data 26 novembre 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato atto di rinuncia all’impugnazione dell’art. 13, comma 58, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, che è stato accettato dalla Regione Siciliana con atto depositato il 7 dicembre 2022.
9.– In prossimità dell’udienza, l’Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria illustrativa in cui ha ribadito le censure contenute nel ricorso.
10.– Nel corso dell’udienza pubblica, l’Avvocatura dello Stato ha dichiarato di voler rinunciare all’impugnazione dell’art. 13, comma 57, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022. A tale rinuncia ha aderito l’avvocato della Regione Siciliana nella medesima udienza.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 13, commi 6, 21, 57, 58 e 68, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, in riferimento, complessivamente, agli artt. 81, terzo comma, 97, secondo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119, primo comma, Cost., nonché all’art. 14 dello statuto speciale.
2.– Riservata a separate pronunce la decisione delle altre impugnative promosse con il ricorso indicato, vanno qui esaminate le predette questioni di legittimità costituzionale.
3.– In via preliminare, occorre rilevare che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 13, commi 65 e 98, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2022, in ordine alle questioni aventi ad oggetto l’art. 13, commi 57 e 58, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 è intervenuta la rinuncia al ricorso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, che è stata accettata dalla Regione Siciliana.
Con riferimento alle citate disposizioni, relative rispettivamente alle assunzioni a tempo indeterminato del personale precario dei consorzi di bonifica e al riconoscimento dell’Istituto zootecnico sperimentale per la Sicilia quale ente di ricerca della Regione, va pertanto dichiarata l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 25 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (tra le più recenti, sentenze n. 190, n. 179, n. 123 e n. 114 del 2022; ordinanze n. 142, n. 133 e n. 130 del 2022).
4.– Quanto alle singole questioni di legittimità costituzionale che non sono state oggetto di rinuncia, con il primo motivo di ricorso è impugnato l’art. 13, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
4.1.– Il ricorrente denuncia la violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per contrasto con l’art. 23 del d.l. n. 4 del 2019, come convertito.
La disposizione regionale impugnata, infatti, nel consentire ope legis ad una società interamente partecipata della Regione (la Irfis FinSicilia spa) di erogare ai dipendenti regionali in quiescenza l’anticipo di una quota del trattamento di fine servizio, confliggerebbe con la disciplina statale che, al richiamato art. 23, ha inteso regolare in maniera uniforme le condizioni giuridiche ed economiche per l’erogazione, a tutti i dipendenti pubblici, di finanziamenti agevolati in funzione di anticipazione di tale trattamento.
4.2.– La Regione Siciliana non ha svolto difese in merito alla predetta impugnazione.
4.3.– In via preliminare, occorre considerare che, secondo la giurisprudenza costituzionale, quando viene sottoposta a censura di illegittimità costituzionale una disposizione di un soggetto ad autonomia speciale, «ai fini dell’ammissibilità delle questioni, basta che, dal contesto del ricorso, emerga l’esclusione della possibilità di operare il sindacato di legittimità costituzionale in base allo statuto speciale, tramite una pur non diffusamente argomentata evocazione dei limiti di competenza fissati da quest’ultimo (sentenze n. 130 del 2020, n. 142 del 2015 e n. 288 del 2013). Tali elementi “vanno valutati anche in considerazione della radicalità della prospettazione operata dal Governo” (sentenza n. 153 del 2019; sentenze n. 43 e n. 174 del 2020)» (così, da ultimo, sentenza n. 248 del 2022).
Alla luce di tale indirizzo, deve ritenersi che l’omessa individuazione di specifiche competenze statutarie sia conseguenza della prospettazione radicale del ricorrente. Quest’ultimo contesta la lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile, escludendo il coinvolgimento di sfere di competenza legislativa regionale statutaria. In ragione di ciò, il ricorso deve ritenersi ammissibile.
4.4.– Nel merito, la questione è fondata.
4.5.– Nonostante il processo di progressiva riduzione delle differenze tra la disciplina del lavoro pubblico e quella del lavoro privato, anche in merito ai profili connessi al trattamento di fine rapporto, per i dipendenti pubblici assunti a tempo indeterminato prima del 1° gennaio 2001 il trattamento di fine servizio continua ad essere erogato secondo modalità frazionate e, soprattutto, sulla base di tempistiche posticipate rispetto al momento del collocamento a riposo o alla data di maturazione del diritto all’ottenimento del trattamento economico. Come sottolineato da questa Corte, in ciò risiede una delle principali differenze tra la disciplina del trattamento di fine rapporto disciplinato dall’art. 2120 del codice civile e quella del trattamento di fine servizio, pur nell’ambito della loro considerazione come «una categoria unitaria, connotata da identità di natura, funzione e dalla generale applicazione a qualunque tipo di rapporto di lavoro subordinato e a qualunque ipotesi di cessazione del medesimo (sentenza n. 243 del 1993, punto 5. del Considerato in diritto)» (sentenza n. 159 del 2019).
4.6.– Anche al fine di attenuare la portata delle differenze che ancora sussistono tra la disciplina del trattamento di fine rapporto e quella del trattamento di fine servizio in merito alle tempistiche e modalità di erogazione delle prestazioni dovute, l’art. 23 del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, ha previsto, per tutti i dipendenti pubblici che cessano o sono cessati dal servizio per collocamento a riposo, la possibilità di ottenere, a condizioni economiche vantaggiose, l’immediata anticipazione di una quota del trattamento di fine servizio (nei limiti dell’importo di 45.000 euro).
In base a tale disciplina – che opera anche per i dipendenti regionali in virtù dell’espresso richiamo operato all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 dall’art. 23, comma 1, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito – ogni dipendente pubblico che ne faccia richiesta può accedere, sulla base di un’apposita certificazione fornita dagli enti erogatori del trattamento pensionistico, ad un finanziamento agevolato a tasso fisso, stipulato sotto forma di prestito personale e «garantito dalla cessione pro solvendo, automatica e nel limite dell’importo finanziato, senza alcuna formalità, dei crediti derivanti dal trattamento di fine servizio maturato […]» (art. 23, comma 2). Inoltre, il finanziamento è assistito dall’operatività della garanzia di un fondo statale che copre l’ottanta per cento dell’importo finanziato (art. 23, comma 3).
La concreta operatività delle condizioni giuridiche ed economiche più vantaggiose rispetto a quelle operanti sul mercato è assicurata, ai sensi del citato art. 23, comma 2, dalla necessaria adesione – da parte delle banche e degli intermediari finanziari che intendano erogare tale finanziamento – ad un accordo quadro stipulato tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l’Associazione bancaria italiana. Tale accordo, che è stato recepito con decreto ministeriale del Dipartimento della funzione pubblica del 19 agosto 2020, ha regolato i profili procedurali, la disciplina giuridica e le condizioni economiche del contratto di finanziamento, a partire dal tasso di interesse applicabile (come espressamente previsto dall’art. 23, comma 5).
4.7.– La norma statale ha quindi disciplinato in maniera uniforme le condizioni giuridiche ed economiche di accesso a un finanziamento che, pur traendo origine dalla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, è riconducibile ai contratti di credito previsti dall’art. 122, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), come peraltro espressamente sancito dall’art. 4, comma 1, del d.P.C.m. 22 aprile 2020, n. 51 (Regolamento in materia di anticipo del TFS/TFR, in attuazione dell’articolo 23, comma 7, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26).
L’intervento normativo statale si è reso necessario al fine di assicurare una tutela omogenea in favore di tutti quei dipendenti pubblici che, essendo stati assunti antecedentemente al 1° gennaio 2001, non hanno la possibilità di ottenere la liquidazione del trattamento di fine rapporto secondo le modalità e le tempistiche operanti nel settore privato.
In definitiva, sia il contenuto (cioè la disciplina del contratto di credito), sia le finalità dell’intervento statale costituiscono esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Si tratta, infatti, di un intervento chiaramente giustificato da quella «esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire sul territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati» (tra le altre, sentenze n. 131 del 2013, n. 123 del 2010, n. 295 e n. 160 del 2009; nello stesso senso, sentenza n. 326 del 2008).
4.8.– A fronte di tale disciplina statale, la Regione Siciliana è intervenuta con una norma che – pur affermando di voler dare «applicazione» alla medesima disciplina statale – introduce un regime ad essa chiaramente derogatorio e, per di più, dai confini del tutto incerti.
Nonostante, infatti, l’esplicito rinvio operato dall’art. 13, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 all’intero art. 23 del d.l. n. 4 del 2019, come convertito (là dove si afferma che tali disposizioni «trovano applicazione […] anche per il tramite di Irfis FinSicilia S.p.A.»), non è chiaro il modo in cui la disciplina statale possa «trova[re] applicazione» per i dipendenti della Regione Siciliana attraverso la richiamata società regionale.
Tale società viene ad essere ammessa ope legis tra i soggetti che possono applicare la disciplina statale, senza tuttavia sottostare alle regole procedurali e sostanziali che la disciplina medesima ha previsto a garanzia dei dipendenti pubblici che richiedono il finanziamento. Irfis FinSicilia spa, infatti, in virtù della disposizione impugnata, è stata legittimata dalla legge regionale a erogare i finanziamenti ai sensi della normativa statale, ma prescindendo, tra l’altro, dalla preliminare adesione al sopramenzionato accordo quadro.
In ragione di ciò, in relazione ai finanziamenti erogati da Irfis FinSicilia spa in favore dei dipendenti regionali in quiescenza, non potranno trovare applicazione le garanzie e le condizioni giuridiche ed economiche previste dalla normativa statale e regolate, in maniera puntuale, proprio dall’accordo quadro. La disciplina impugnata, infatti, si limita ad affermare la necessità per la società regionale di stipulare una «convenzione con il Dipartimento regionale della Funzione pubblica», alla quale sarà interamente rimessa la regolazione delle condizioni giuridiche ed economiche del contratto di finanziamento.
La disposizione regionale impugnata si pone, pertanto, in contrasto con l’intera ratio su cui si fonda la disciplina dettata dal legislatore statale che è intervenuto, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di ordinamento civile, a regolare, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, le modalità di anticipazione del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici, non solo statali.
4.9.– Ne discende l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, che ha invaso la competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
5.– Con il secondo motivo di ricorso è censurato l’art. 13, comma 21, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
5.1.– Tale disposizione autorizza i comuni siciliani ad avviare procedure di reclutamento per l’assunzione a tempo indeterminato degli assistenti sociali, per le quali sia consentito valorizzare, con apposito punteggio, la professionalità maturata con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione o con altre forme contrattuali flessibili nella pubblica amministrazione.
5.2.– Ad avviso del ricorrente, la normativa regionale, sovrapponendosi e derogando alla normativa statale in materia (art. 1, comma 801, della legge n. 178 del 2020; d.lgs. n. 165 del 2001; art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017; art. 33, comma 2, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito), violerebbe la competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; né, d’altra parte, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, verrebbero in considerazione, nel caso in esame, competenze legislative esclusive della Regione Siciliana ai sensi dello statuto di autonomia, posto che l’intervento riguarderebbe il «personale in servizio degli enti locali», e non già quello della Regione.
5.3.– Inoltre, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., per assenza di un’adeguata copertura finanziaria, non avendo la Regione né quantificato l’onere finanziario di tali assunzioni, né indicato i mezzi per farvi fronte.
5.4.– La Regione Siciliana non ha svolto difese in merito alla predetta impugnazione.
5.5.– La questione non è fondata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
5.6.– Occorre preliminarmente evidenziare che la disposizione regionale impugnata si inserisce nel solco di una disciplina che, a livello statale, ha recentemente favorito l’assunzione a tempo indeterminato di assistenti sociali a livello locale, con l’obiettivo di «potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, gestiti in forma singola o associata e, contestualmente, i servizi di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147» (art. 1, comma 797, della legge n. 178 del 2020). A questi fini, nella medesima disposizione, sono stati individuati, da parte dello Stato, i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi sociali definiti da un rapporto numerico minimo tra assistenti sociali a tempo indeterminato e popolazione.
Al fine di sostenere economicamente il raggiungimento di tali livelli essenziali, lo Stato ha previsto un contributo per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato dai comuni o dal relativo ambito territoriale (di cui all’art. 8, comma 3, lettera a, della legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali»): tale contributo viene erogato annualmente dallo Stato secondo le modalità disciplinate dall’art. 1, comma 799, della legge n. 178 del 2020. Inoltre, il successivo comma 801 della medesima disposizione ha consentito ai comuni di effettuare assunzioni di assistenti sociali a tempo indeterminato in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale previsti a legislazione vigente, fermo restando il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio.
5.7.– Alla luce di un siffatto quadro normativo (tenuto in chiara considerazione dalla disposizione regionale impugnata, che ha fatto esplicito riferimento alle «finalità previste dai commi 797 e 798 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178»), il legislatore regionale, lungi dal sovrapporsi o derogare – come denunciato dal ricorrente – alla normativa statale, ha regolato le specifiche modalità di svolgimento delle «procedure di reclutamento» di tali assistenti, consentendo ai comuni di valorizzare «con apposito punteggio» anche l’«esperienza professionale maturata con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di collaborazione coordinata e continuativa ovvero con contratto di collaborazione autonoma libero professionale ovvero con altre forme contrattuali di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione».
In ragione di ciò, l’intervento regionale non appare riconducibile alla materia dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., non incidendo su rapporti lavorativi già in essere o, comunque, su profili attinenti alla regolazione giuridica ed economica del rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali. La disposizione impugnata, piuttosto, riguarda le vicende propedeutiche alla costituzione del rapporto di lavoro – quali sono quelle inerenti alle procedure di reclutamento – che esulano dalle competenze statali in materia di ordinamento civile (tra le tante, sentenza n. 195 del 2021).
D’altra parte, non rileva che la disciplina impugnata riguardi le assunzioni di personale da parte dei comuni e non da parte della Regione. Lo statuto speciale, infatti, assegna in via esclusiva alla Regione Siciliana la competenza in materia di «regime degli enti locali» (art. 14, lettera o) e in materia di «ordinamento degli enti locali» (art. 15). Come ha già avuto modo di evidenziare questa Corte, la disciplina regionale riguardante le modalità di assunzione di dipendenti degli enti locali siciliani va ricondotta non già «alla materia dell’ordinamento civile bensì alla competenza esclusiva regionale, segnatamente a quella in materia di “regime degli enti locali” di cui all’art. 14, comma unico, lettera o), dello statuto» (così, da ultimo, sentenza n. 70 del 2022).
5.8.– Non è fondata, pertanto, la censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
5.9.– È invece inammissibile la questione di legittimità costituzionale della disposizione regionale impugnata in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., per carente ricostruzione del quadro normativo statale, posto che il ricorrente non si è confrontato con l’articolata disciplina statale (contenuta all’art. 1, commi 797, 798 e 799, della legge n. 178 del 2020) che regola il meccanismo di finanziamento, a carico dello Stato, delle assunzioni di assistenti sociali a tempo indeterminato da parte dei comuni (sulla carente ricostruzione del quadro normativo come profilo di inammissibilità del ricorso, sentenza n. 84 del 2022).
6.– Con il quinto motivo di ricorso è censurato l’art. 13, comma 68, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
6.1.– Quest’ultima disposizione, alla lettera a), ha modificato l’art. 12, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, prevedendo l’assunzione di trecento unità di personale «dirigenziale» a tempo determinato, in luogo delle trecento unità di personale «non dirigenziale», originariamente previste dalla disposizione modificata. La lettera b) della disposizione impugnata ha invece modificato l’art. 12, comma 4, della medesima legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, sopprimendo il limite del venti per cento per l’assegnazione di tale personale regionale in distacco presso i comuni e gli altri enti locali e, inoltre, rendendo obbligatorio, e non più facoltativo, il distacco medesimo.
6.2.– Secondo il ricorrente, la disposizione impugnata contrasterebbe con gli artt. 81, terzo comma, 97, secondo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119, primo comma, Cost., nonché con l’art. 14 dello statuto speciale.
In particolare, l’aver modificato, nell’arco di pochi mesi, la qualifica del personale da assumere da «non dirigenziale» a «dirigenziale» renderebbe evidente l’incoerenza dell’operato della Regione, la quale, anche nell’ambito di una «scheda progettuale» redatta per l’Agenzia per la coesione territoriale, aveva ribadito l’esigenza di assumere personale «non dirigenziale».
Tale intervento si porrebbe altresì in contrasto con l’impegno alla complessiva riduzione e razionalizzazione degli uffici dirigenziali, che è stato assunto dalla Regione Siciliana nell’ambito dell’accordo per il ripiano decennale di disavanzo (sottoscritto con lo Stato il 14 gennaio 2021). E ciò vieppiù alla luce del fatto che – come sottolineato dall’Avvocatura dello Stato – la modifica verrebbe di fatto a creare «posizioni soprannumerarie» rispetto a quelle formalmente previste nella pianta organica, posto che, in relazione al personale dirigenziale da assumere, «non esistono le corrispondenti e necessarie strutture di livello dirigenziale».
Infine, secondo il ricorrente, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con il quadro normativo statale in materia di reclutamento del personale, il quale non consente di effettuare assunzioni a tempo determinato di personale dirigenziale.
6.3.– La Regione Siciliana non ha svolto difese in merito alla predetta impugnazione.
6.4.– Anche alla luce del senso complessivo del ricorso statale, che evoca questioni e sottolinea profili riconducibili, innanzitutto, al principio di buon andamento dell’amministrazione, questa Corte – avvalendosi del potere di decidere l’ordine delle questioni da affrontare (tra le altre, sentenze n. 45 del 2023, n. 246 del 2020, n. 258 del 2019 e n. 148 del 2018) – ritiene di dovere scrutinare primariamente la censura relativa alla violazione dell’art. 97, secondo comma, Cost.
6.5.– La questione è fondata.
6.6.– La disposizione impugnata ha previsto l’assunzione a tempo determinato di un numero molto elevato di dirigenti, corrispondente a più del trenta per cento della complessiva dotazione organica della dirigenza regionale, che nel 2022 risultava essere pari a 847 unità (come si evince dal decreto del Presidente della Regione Siciliana, 3 marzo 2022, n. 608).
Sebbene sia stato previsto il necessario distacco di tale personale presso i comuni e gli enti locali, i dirigenti assunti – in virtù di un «contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a trentasei mesi» (art. 12, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, modificato dalla disposizione impugnata) – saranno a tutti gli effetti dei dipendenti regionali, poiché il distacco non viene ad alterare l’incardinamento del personale nell’amministrazione regionale; per di più, nel caso di specie, non sono previsti «oneri» a carico degli enti locali (art. 12, comma 4). Inoltre, l’effettiva operatività del distacco è comunque subordinata alla stipula di una «convenzione» tra la Regione e l’ente locale (medesimo art. 12, comma 4). Pertanto, in caso di mancanza di tale atto convenzionale, il personale dirigenziale assunto dovrà necessariamente essere impiegato nell’amministrazione regionale.
In definitiva, si tratta di un intervento che incide in maniera significativa sull’assetto dell’organizzazione e del personale della Regione Siciliana.
6.7.– L’art. 97, secondo comma, Cost., nel prevedere che l’organizzazione degli uffici pubblici debba assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, viene a limitare sia la discrezionalità del legislatore statale, sia quella del legislatore regionale.
La Regione Siciliana, anche nelle materie in cui è titolare di una potestà legislativa esclusiva – quali quelle concernenti l’«ordinamento degli uffici» o lo «stato giuridico ed economico» del personale (art. 14, comma 1, lettere p e q, dello statuto speciale) – è tenuta ad esercitare le relative competenze «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato» e, quindi, a maggior ragione, nel rispetto del principio di buon andamento di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.
6.8.– Questa Corte ha costantemente valorizzato il sicuro contenuto precettivo del principio di buon andamento, il quale costituisce il «cardine della vita amministrativa e quindi condizione dello svolgimento ordinato della vita sociale» (sentenza n. 123 del 1968, richiamata, più di recente, dalla sentenza n. 202 del 2014). Esso «comporta che, così con riguardo alla organizzazione degli uffici come con riguardo al loro funzionamento, la disciplina si debba ispirare ad un criterio di congruenza e di non arbitrarietà rispetto al fine che si vuol perseguire (sentenza n. 160 del 1988)» (sentenza n. 376 del 1993), con conseguente obbligo, in relazione alle scelte discrezionali che riguardano l’assunzione del personale, di prendere «in esame le necessità concrete dell’Amministrazione» (ancora, sentenza n. 123 del 1968).
La giurisprudenza costituzionale ha inoltre da tempo precisato che il contenuto dell’art. 97, primo comma, Cost. (ora art. 97, secondo comma, Cost.) «va […] collegato col successivo, il quale prescrive che nell’ordinamento degli uffici siano determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari»; tali previsioni «sono state considerate dal Costituente come condizioni per assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, ravvisandosi in esse i mezzi per raggiungere una razionale, predeterminata e stabile distribuzione di compiti […]» (sentenza n. 14 del 1962). Pertanto, il contenuto precettivo dell’art. 97 Cost. esclude che possano istituirsi uffici a cui si assegni un proprio personale senza determinarne, ad un tempo, l’ordinamento e specificarne le attribuzioni (ancora sentenza n. 14 del 1962).
6.9.– È tale contenuto precettivo del principio di buon andamento dell’amministrazione a porre in luce l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, la quale, nel modificare l’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, ha previsto l’assunzione di trecento dirigenti in luogo delle trecento unità di personale non dirigenziale originariamente previste dal citato art. 12, confermando, peraltro, il generico riferimento all’esigenza di favorire, attraverso tali assunzioni, «un incremento della capacità di gestione tecnico-amministrativa dei progetti finanziati dalle risorse della politica unitaria di coesione per gli enti territoriali beneficiari […]» (art. 12, comma 4).
Dalla legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, come modificata dalla disposizione impugnata, non si desumono, pertanto, le «necessità concrete dell’Amministrazione» (sentenza n. 123 del 1968) cui i dirigenti da assumere avrebbero dovuto far fronte, né si ricava la sia pur minima definizione dei criteri per individuare le funzioni di tali dirigenti.
A riprova di ciò è dirimente sottolineare che, in relazione alla medesima finalità di generico rafforzamento della capacità amministrativa nella gestione dei fondi europei, la Regione Siciliana, solo pochi mesi prima dell’approvazione della disposizione impugnata, aveva previsto l’assunzione di «personale non dirigenziale in possesso di laurea magistrale o specialistica in materie giuridico-economiche o tecnico-ambientali […]» (art. 12, comma 1, legge reg. Siciliana n. 9 del 2021).
Senza modificare le finalità e il contenuto di tale previsione normativa, invece, solo dopo un anno, la disposizione impugnata ha stabilito di procedere all’assunzione di personale «dirigenziale» attraverso la mera eliminazione dell’avverbio «non». Dunque, senza alcun collegamento con le esigenze funzionali evocate dalla disposizione e senza che risultino le ragioni sottese alla necessità di ricorrere a una diversa, e più elevata, qualifica professionale. Sotto questo profilo, risulta evidente l’incongruenza della scelta operata dal legislatore regionale rispetto al fine che aveva dichiarato di voler perseguire (sentenza n. 376 del 1993).
La violazione del principio di buon andamento si apprezza, infine, anche in ragione del fatto che la Regione Siciliana ha illegittimamente istituito una anomala figura di dirigente a tempo determinato, che non trova alcuna corrispondenza nell’evoluzione del disegno organizzativo della Regione, il quale, come si è detto, è stato invece interessato negli ultimi anni da un processo di progressiva razionalizzazione e riduzione degli uffici dirigenziali, anche in virtù dell’impegno in tal senso assunto dalla Regione medesima nel più volte citato accordo per il ripiano decennale di disavanzo.
6.10.– La disposizione impugnata deve essere quindi dichiarata costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97, secondo comma, Cost.
Sono assorbite le ulteriori censure formulate dal ricorrente in relazione al medesimo art. 13, comma 68, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022.
Poiché la disposizione in esame consta esclusivamente, alla lettera a), dell’eliminazione di una parola contenuta nel comma 1 dell’art. 12 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e, alla lettera b), della sostituzione ed eliminazione di alcune parole contenute nel comma 4 della stessa disposizione, il precetto del medesimo art. 12 rimane in vigore nel testo originario antecedente alle modifiche operate dall’art. 13, comma 68, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022 (sentenza n. 58 del 2006).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, della legge della Regione Siciliana 25 maggio 2022, n. 13 (Legge di stabilità regionale 2022-2024);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 68, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 21, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 81, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 21, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 57 e 58, della legge reg. Siciliana n. 13 del 2022, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 marzo 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Marco D'ALBERTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2023.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA