SENTENZA N. 99
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Molise 4 agosto 2022, n. 13 (Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato in cancelleria il 3 ottobre 2022, iscritto al n. 62 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione Molise;
udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2023 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi l’avvocato dello Stato Emanuele Feola per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Matteo Carmine Iacovelli e Claudia Angiolini per la Regione Molise;
deliberato nella camera di consiglio del 5 aprile 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 3 ottobre 2022 (reg. ric. n. 62 del 2022), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Molise 4 agosto 2022, n. 13 (Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234), in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 120, secondo comma, della Costituzione.
L’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022 dispone che «1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 1, comma 268, lettera b) e c), della legge 30 dicembre 2021 n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) e successive modificazioni, gli enti del Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una ricognizione dei fabbisogni del personale, anche nel periodo pandemico, ed applicano il CCNL dell’ambito sanitario aggiornando, anche in deroga, il piano triennale di fabbisogno del personale, applicando le previsioni di legge anche al personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio, e che abbia maturato o che maturerà alla data del 31 dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge n. 234/2021»; l’art. 2 disciplina invece l’entrata in vigore della legge regionale.
Premette il ricorrente che, in tema di stabilizzazione del personale sanitario, il legislatore statale è intervenuto con l’art. 1, comma 268, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), ai sensi del quale «[a]l fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19», gli enti del Servizio sanitario nazionale, nei limiti di spesa consentiti dall’art. 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, possono:
– assumere a tempo indeterminato «in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni», il personale del «ruolo sanitario» e del «ruolo sociosanitario», che sia stato reclutato a «tempo determinato» mediante procedure concorsuali e che abbiano maturato «al 30 giugno 2022» almeno diciotto mesi di servizio (anche non continuativi), di cui almeno sei nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022 (lettera b del comma 268);
– avviare, sempre in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare nell’assolvimento delle funzioni relative ai servizi appaltati all’esterno e successivamente reinternalizzati, prevedendo la valorizzazione anche attraverso una riserva di posti non superiore al cinquanta per cento di quelli disponibili, del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie, che abbia garantito assistenza ai pazienti in tutto il periodo compreso tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 e con almeno tre anni di servizio (lettera c del comma 268).
1.1.– Afferma anzitutto la difesa erariale che la legge regionale impugnata, laddove prevede l’assunzione a tempo indeterminato di personale contrattualizzato «a qualunque titolo», anche in deroga ai piani triennali dei fabbisogni, a favore di personale appartenente non solo ai ruoli sanitari e socio-sanitari, ma anche al ruolo tecnico-amministrativo, nonché in deroga ai requisiti di anzianità previsti dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile.
In proposito, il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda che, in una recente pronuncia su una normativa analoga della Regione Siciliana, questa Corte avrebbe affermato che la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» ricorre con riferimento agli interventi legislativi che dettano misure relative ai rapporti lavorativi già in essere, mentre rientrano nella competenza legislativa residuale regionale i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale (è citata la sentenza n. 194 del 2020). Con questa pronuncia è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della disciplina regionale allora scrutinata, perché, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, aveva inciso sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto e aveva determinato, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero quello di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione (è citata la sentenza di questa Corte n. 51 del 2012). Sarebbe dunque precluso al legislatore regionale di introdurre forme di stabilizzazione del personale precario non sussumibili in quelle stabilite a livello nazionale dallo Stato.
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri le disposizioni regionali impugnate sarebbero altresì lesive dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché le norme sulla stabilizzazione del personale sanitario (art. 1, comma 268, lettere b e c, della legge n. 234 del 2021) rappresenterebbero principi fissati dal legislatore statale nella materia «coordinamento della finanza pubblica».
Viene in proposito richiamata la giurisprudenza costituzionale che avrebbe ricondotto le norme che stabiliscono vincoli e limiti al reclutamento del personale alla competenza statale di fissare principi di contenimento della spesa pubblica, nell’esercizio della competenza concorrente «coordinamento della finanza pubblica» di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost. (sono citate le sentenze n. 251 del 2020 e n. 1 del 2018). La normativa impugnata violerebbe anche l’art. 81, terzo comma, Cost., poiché avrebbe dovuto prevedere espressamente i mezzi finanziari per far fronte agli oneri derivanti dalla medesima legge regionale, ovvero indicare specifici elementi idonei a dimostrare una eventuale invarianza della spesa per il bilancio regionale (è citata ancora la sentenza n. 251 del 2020).
Osserva poi il ricorrente che l’art. 117, terzo comma, Cost. sarebbe violato anche in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», poiché le disposizioni impugnate, nel prevedere nuove assunzioni del personale, si porrebbero in contrasto con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabiliti con il piano di rientro, di cui all’accordo sottoscritto il 27 marzo 2007 fra il Presidente della Regione Molise e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, recepito con la delibera della Giunta regionale 30 marzo 2007, n. 362. A fronte della mancata conclusione della procedura di rientro nei termini previsti, la Regione sarebbe ancora impegnata e vincolata all’osservanza delle misure previste dai programmi operativi succedutisi nel tempo, da ultimo adottati con il «quadro economico e programmatico complessivo per il triennio 2022-2024».
1.2.– Il ricorrente deduce analoga lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. da parte dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, là dove prevede la possibilità di avviare procedure selettive del personale in deroga alle condizioni stabilite dall’art. 1, comma 268, lettera c), della legge n. 234 del 2021, ossia in deroga ai piani triennali dei fabbisogni, estendendo tali procedure anche al personale tecnico-amministrativo, senza rispettare i requisiti di anzianità di servizio stabiliti dal legislatore statale.
1.3.– L’Avvocatura generale dello Stato, infine, ritiene che le disposizioni impugnate si pongano in contrasto con i poteri che la Costituzione attribuisce al commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, violando così anche l’art. 120, secondo comma, Cost.
Rappresenta il ricorrente che, con d.P.C.m. del 5 agosto 2021, sarebbe stato nominato un commissario ad acta, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Molise, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, in legge 29 novembre 2007, n. 222. Il richiamato d.P.C.m. attribuirebbe al predetto commissario la competenza di attuare le azioni e gli interventi concernenti la riduzione della spesa per il personale, in coerenza con l’effettivo fabbisogno e in applicazione della vigente normativa in materia.
La difesa erariale sostiene altresì che il divieto di interferenza con le funzioni commissariali si tradurrebbe in un «effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale» (è citata la sentenza di questa Corte n. 106 del 2017, che richiama la sentenza n. 51 del 2013), posto che l’illegittimità costituzionale sussisterebbe anche a fronte di una interferenza «meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro» (sono citate le sentenze di questa Corte n. 14 del 2017 e n. 110 del 2014).
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Molise sostenendo la non fondatezza del ricorso indicato in epigrafe, per le seguenti ragioni.
2.1.– Afferma anzitutto la difesa regionale che la norma interposta evocata dal ricorrente debba interpretarsi nel senso di consentire che «la valorizzazione [del personale sanitario] possa estendersi anche ad altre categorie di personale, indipendentemente dal titolo di assunzione (contratti di lavoro subordinato o contratto di altra natura), dal profilo (sanitario, socio-sanitario o altro), dalle percentuali di posti disponibili e dal termine entro cui effettuare il procedimento». Tale ricostruzione ermeneutica sarebbe coerente con quanto riportato nel dossier del 25 gennaio 2022 sulla legge di bilancio 2022, volume II, art. 1, commi da 217 a 526, del Servizio studi del Senato della Repubblica e del Servizio studi, Dipartimento bilancio, della Camera dei deputati, in cui emergerebbe che «[n]on appare chiaro se quest’ultima norma faccia espresso riferimento alle medesime categorie di personale e al medesimo requisito di anzianità di servizio contemplati dalla norma precedente […]. La norma non chiarisce se le prove selettive siano riservate al personale in oggetto e la congruità di tale previsione, tenendo anche conto che la stessa non pone limiti percentuali rispetto al totale dei posti disponibili» (è citato il dossier, pagg. 558 e seguenti).
L’interpretazione della norma statale interposta fornita dal legislatore molisano sarebbe altresì conforme al dettato costituzionale, che non ammetterebbe discriminazioni tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, posto che il lavoro è tutelato «in tutte le sue forme ed applicazioni» (art. 35 Cost.), senza distinzioni, ai sensi dell’art. 3 Cost.
In punto di fatto, sostiene la Regione che durante i primi mesi dell’emergenza pandemica l’Azienda sanitaria regionale del Molise avrebbe assunto personale di operatore socio-sanitario (OSS) e infermieristico con contratti a partita IVA, mentre solo in un secondo momento avrebbe utilizzato la «tipologia di contratto di lavoro a tempo determinato». In conseguenza di tale scelta, il personale inizialmente assunto in Molise in ragione dell’emergenza sanitaria da COVID-19 non avrebbe potuto maturare il requisito dei diciotto mesi di anzianità entro il 30 giugno 2022, così come richiesto dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021, ma solo entro il 31 dicembre 2022.
In applicazione della normativa statale evocata a parametro interposto, pertanto, il personale assunto originariamente dalla Regione Molise sarebbe illegittimamente discriminato, rispetto a quello assunto in tutto il resto d’Italia, pur avendo svolto identiche prestazioni rispetto ai lavoratori reclutati con contratto a tempo determinato.
2.2.– Rappresenta poi la difesa regionale che, qualora questa Corte dovesse escludere la possibilità di interpretare la norma statale nel senso e nei termini di cui alla legge regionale impugnata, dovrebbe autorimettere questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021, là dove interpretato nel senso di escludere dalla stabilizzazione i lavoratori con contratto diverso da quello di lavoro subordinato – «previamente selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio» – appartenenti al profilo anche tecnico e amministrativo e che abbiano maturato la richiesta anzianità fino al termine del 31 dicembre 2022, in riferimento agli artt. 3 e 35 Cost.
In punto di rilevanza, la Regione Molise ritiene che la prospettata questione incidentale sulla norma statale assuma carattere pregiudiziale e strumentale per definire il ricorso in via principale, posto che una eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma interposta farebbe «venire meno il parametro intermedio cui è ancorata l’impugnazione della Presidenza del Consiglio, con la conseguenza che la legge regionale del Molise n. 13 del 2022 risult[erebbe] legittima».
In punto di non manifesta infondatezza, la difesa regionale rappresenta che la norma statale discriminerebbe irragionevolmente sia fra lavoratori subordinati e lavoratori con altra tipologia contrattuale, sia tra profili professionali (sanitari e socio-sanitari, da un lato, e tecnico-amministrativi, dall’altro); nonché tra lavoratori che abbiano prestato servizio ad una certa data e lavoratori che abbiano maturato l’anzianità in mesi successivi, nonostante tutti abbiano contribuito, con il loro lavoro, al contenimento della fase pandemica e pertanto tutti risultino equamente meritevoli di valorizzazione, in accordo al senso e alla ratio della stessa norma statale censurata (id est, consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio durante l’emergenza da COVID-19).
L’irragionevole discriminazione si tradurrebbe dunque, in una violazione dell’art. 3 Cost., il quale sancisce l’uguaglianza dei cittadini «senza distinzioni, tra l’altro, di “condizioni personali e sociali”», nonché dell’art. 35, primo comma, Cost., ai sensi del quale «[l]a Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni».
3.– Con memoria depositata nei termini, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito le censure formulate nel ricorso, soffermandosi in particolare sull’incremento della spesa pubblica determinata dalla legge regionale impugnata e sulla mancata quantificazione degli oneri finanziari da essa derivanti. Tali norme – sia nella parte in cui disciplinano la stabilizzazione del personale precario, sia nella parte in cui consentono l’espletamento di procedure selettive per il reclutamento di dipendenti da destinare ai “servizi reinternalizzati” – oltre a determinare la lesione degli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., pregiudicherebbero la stessa attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari approvato dalla stessa Regione Molise, interferendo altresì con i poteri del commissario ad acta, dal che la lesione anche dell’art. 120 Cost.
4.– Anche la Regione resistente ha depositato memoria nei termini, osservando che – per effetto dell’art. 4, comma 9-quinquiesdecies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 14 – il legislatore statale avrebbe allungato i termini per il conseguimento dei requisiti di cui alla lettera b) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, portandoli al 31 dicembre 2024, rispetto all’originaria scadenza del 30 giugno 2022. Tale sopravvenienza normativa farebbe venire meno la censura governativa relativa alla deroga ai termini per il conseguimento dell’anzianità.
Quanto alle censure sulla carenza di quantificazione finanziaria e sull’interferenza con le attribuzioni del commissario ad acta, la difesa regionale rappresenta che la disposizione impugnata non avrebbe carattere precettivo, ma sarebbe meramente programmatica, poiché non suscettibile di immediata attuazione. La disposizione regionale, sostiene la Regione, recherebbe una norma che «consente agli Enti del Servizio sanitario regionale di dare attuazione all’art. 1, comma 268, lettere b) e c) della legge 30 dicembre 2021, n. 234, unicamente previa la ricognizione dei fabbisogni del personale anche aggiornando, eventualmente in deroga, il piano triennale di fabbisogno del personale, ma pur sempre ferma restando la capacità di spesa», sulla quale inciderebbero comunque le decisioni del commissario ad acta. Così ricostruita, la norma regionale non avrebbe alcuna capacità di determinare un effetto peggiorativo della spesa sanitaria, tale da violare i principi evocati dal ricorrente in materia di contabilità pubblica.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge reg. Molise n. 13 del 2022, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 120, secondo comma, Cost.
L’art. 1 della predetta legge regionale dispone che «1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 1, comma 268, lettera b) e c), della legge 30 dicembre 2021 n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) e successive modificazioni, gli enti del Servizio sanitario regionale procedono preliminarmente, entro il 31 dicembre 2022, ad una ricognizione dei fabbisogni del personale, anche nel periodo pandemico, ed applicano il CCNL dell’ambito sanitario aggiornando, anche in deroga, il piano triennale di fabbisogno del personale, applicando le previsioni di legge anche al personale contrattualizzato a qualunque titolo del ruolo sanitario, tecnico ed amministrativo, selezionato attraverso prove selettive per titoli e/o colloquio, e che abbia maturato o che maturerà alla data del 31 dicembre 2022 i 18 mesi previsti dalla legge n. 234/2021»; l’art. 2 disciplina invece l’entrata in vigore della legge regionale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri muove nei confronti dell’art. 1 della legge regionale in esame quattro specifiche censure, contestandolo nella parte in cui prevede, ai fini dell’attuazione della procedura di stabilizzazione prevista dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021: i) la possibilità di derogare al piano triennale dei fabbisogni del personale; ii) la possibilità di stabilizzare personale contrattualizzato con qualunque forma di contratto flessibile; iii) l’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione anche al personale dei ruoli tecnico e amministrativo; iv) l’estensione al 31 dicembre 2022 della finestra temporale utile ai fini della maturazione dei diciotto mesi di servizio (prevista, nel testo originario della normativa statale, al 30 giugno 2022).
Per tali motivi la legge regionale impugnata, derogando ai criteri previsti dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021 – da considerarsi come disposizione interposta – si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile, in quanto la normativa molisana impugnata introdurrebbe una forma di stabilizzazione avulsa dal citato quadro normativo statale. La medesima disposizione regionale sarebbe altresì in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché la normativa statale in materia di stabilizzazione del personale sanitario (art. 1, comma 268, lettere b e c, della legge n. 234 del 2021) esprimerebbe al contempo principi fissati dal legislatore statale nella materia «coordinamento della finanza pubblica». Tale disposizione regionale determinerebbe altresì la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., poiché avrebbe dovuto prevedere espressamente i mezzi finanziari per far fronte agli oneri derivanti dalla medesima legge regionale.
Osserva poi il ricorrente che l’art. 117, terzo comma, Cost. sarebbe violato anche in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, in quanto le disposizioni regionali impugnate, nel prevedere nuove assunzioni del personale, si porrebbero in contrasto con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabiliti dal piano di rientro, di cui all’accordo sottoscritto il 27 marzo 2007 fra il Presidente della Regione Molise e i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, recepito con la delibera della Giunta regionale 30 marzo 2007, n. 362.
Il suddetto piano di rientro non si è concluso nei termini previsti e la Regione sarebbe ancora vincolata alla sua osservanza nonché all’adozione delle misure di contenimento della spesa, ai sensi del vigente «Quadro economico e programmatico complessivo per il triennio 2022-2024».
L’Avvocatura generale dello Stato, inoltre, deduce la lesione dell’art. 120, secondo comma, Cost., poiché le norme regionali impugnate interferirebbero con i poteri che la Costituzione attribuisce al commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari.
Il ricorrente, infine, lamenta la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. da parte dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, anche là dove prevede la possibilità di avviare procedure selettive del personale, in deroga alle condizioni stabilite dall’art. 1, comma 268, lettera c), della legge n. 234 del 2021, ossia in deroga ai piani triennali dei fabbisogni, estendendo tali procedure anche al personale tecnico-amministrativo, senza rispettare i requisiti di anzianità di servizio stabiliti dal legislatore statale.
2.– Preliminarmente all’esame del merito deve circoscriversi il thema decidendum in quanto, benché il ricorso impugni l’intera legge reg. Molise n. 13 del 2022, le censure si appuntano esclusivamente sull’art. 1, nella parte in cui deroga alle disposizioni statali che dettano i criteri per la stabilizzazione del personale e per l’avvio di procedure selettive riservate. Pertanto, l’esame di questa Corte deve limitarsi alla parte dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, là dove deroga alle condizioni stabilite dalle lettere b) e c) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, che rimettono a ciascuna regione il compito di definire i «criteri di priorità» da seguire per realizzare la procedura di stabilizzazione ivi prevista.
3.– Sempre in via preliminare va precisato che la disposizione statale interposta (art. 1, comma 268, lettera b, della legge n. 234 del 2021) è stata ripetutamente modificata dopo il promovimento delle odierne questioni e che nel presente giudizio rilevano le sole modifiche concernenti i profili di denunciato contrasto tra la disposizione regionale impugnata e quella interposta (in questo senso, sentenza n. 76 del 2023).
Il legislatore statale è intervenuto sulla disposizione di cui alla lettera b) del citato comma 268, dapprima con l’art. 20-ter del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2022, n. 25, sostituendo l’originaria formula (utilizzata per individuare i destinatari della procedura di stabilizzazione) «il personale del ruolo sanitario e gli operatori socio-sanitari» con la seguente: «il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario».
Successivamente, è intervenuto con l’art. 1, comma 528, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), sostituendo le parole «che abbiano maturato al 30 giugno 2022» con quelle «che abbiano maturato al 31 dicembre 2023», consentendo quindi che il requisito dei diciotto mesi di servizio fosse maturato entro quest’ultima data.
A seguito delle anzidette modifiche, la disposizione statale interposta – limitatamente alla lettera b) del comma 268 – prevede che, «[a]l fine di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19, gli enti del Servizio sanitario nazionale, nei limiti di spesa consentiti per il personale degli enti medesimi […]: […] b) ferma restando l’applicazione dell’articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2024 possono assumere a tempo indeterminato, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni del personale, il personale del ruolo sanitario e del ruolo sociosanitario, anche qualora non più in servizio, che siano stati reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali, ivi incluse le selezioni di cui all’articolo 2-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e che abbiano maturato al 31 dicembre 2023 alle dipendenze di un ente del Servizio sanitario nazionale almeno diciotto mesi di servizio, anche non continuativi, di cui almeno sei mesi nel periodo intercorrente tra il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022, secondo criteri di priorità definiti da ciascuna regione. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto mediante procedure diverse da quelle sopra indicate si provvede previo espletamento di prove selettive».
Infine, è intervenuto l’art. 4 del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 14, che ha apportato significative innovazioni sulla disciplina statale interposta in quanto rivolte ad estendere l’ambito di applicazione della stabilizzazione.
Più precisamente, il suo comma 9-quinquiesdecies ha ulteriormente allungato i termini per conseguire i requisiti ai fini della stabilizzazione, portandoli al 31 dicembre 2024, «[a]llo scopo di fronteggiare la grave carenza di personale e superare il precariato, nonché per garantire continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per il personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale […]».
Inoltre, il successivo comma 9-septiesdecies, pur senza modificare la norma statale interposta (art. 1, comma 268, lettera b, della legge n. 234 del 2021), ha esteso l’applicabilità di quest’ultima, «previo espletamento di apposita procedura selettiva e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni del personale, al personale dirigenziale e non dirigenziale sanitario, socio-sanitario e amministrativo reclutato dagli enti del Servizio sanitario nazionale, anche con contratti di lavoro flessibile, anche qualora non più in servizio, nei limiti di spesa di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60».
4.– Ai fini dell’esame del merito, è necessaria una breve ricostruzione del contesto normativo di riferimento. La disposizione statale di cui alla lettera b) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, nel limitare le stabilizzazioni solo ai lavoratori precedentemente reclutati mediante contratti a tempo determinato, introduce un limite in materia di ordinamento civile, in conformità a quanto stabilito dall’art. 20, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», il quale consente, sino al 31 dicembre 2023, l’assunzione a tempo indeterminato del personale non dirigenziale, che possegga i seguenti requisiti: a) risulti in servizio, anche per un solo giorno, successivamente alla data del 28 agosto 2015, con contratto di lavoro a tempo determinato presso l’amministrazione che deve procedere all’assunzione; b) sia stato assunto a tempo determinato attingendo a una graduatoria, a tempo determinato o indeterminato, riferita a una procedura concorsuale – ordinaria, per esami o per titoli, ovvero anche prevista in una normativa di legge – in relazione alle medesime attività svolte intese come mansioni dell’area o categoria professionale di appartenenza, procedura anche espletata da amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione; c) abbia maturato, al 31 dicembre 2022, alle dipendenze della stessa amministrazione che procede all’assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.
Questa Corte, nel decidere una questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017, ha già avuto modo di chiarire che «[d]alle procedure di “stabilizzazione” previste dall’art. 20 sono esclusi, per effetto della norma di chiusura contenuta nel censurato comma 9, ultimo periodo, del medesimo articolo, i lavoratori utilizzati mediante contratti di somministrazione di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Tale esclusione, però, non è irragionevole, in riferimento all’art. 3 Cost. La prescrizione, contenuta nella disposizione censurata, dell’instaurazione di un rapporto di lavoro a seguito di concorso pubblico, prevista con riferimento alla fattispecie del contratto a termine, non è ipotizzabile anche per la parallela fattispecie del contratto di somministrazione a tempo determinato, poiché quest’ultimo non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro diretto tra lavoratore somministrato ed ente utilizzatore» (sentenza n. 250 del 2021).
La disciplina sulla stabilizzazione del personale della pubblica amministrazione introduce, dunque, una deroga temporanea al principio del pubblico concorso.
Trattandosi di disposizioni derogatorie al predetto principio, questa Corte ha chiarito che esse comportano «“un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma generale e quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria: un giudizio che […] appartiene primariamente al legislatore” (sentenza n. 140 del 2009). Tale giudizio è, pertanto, suscettibile di censure di legittimità costituzionale solo nei casi di manifesta irragionevolezza» (sentenza n. 207 del 2017).
L’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021, nel delimitare la possibilità di stabilizzare solo i lavoratori preliminarmente reclutati con contratto a tempo determinato (e che abbiano superato un concorso), non comporta una irragionevole disparità di trattamento, poiché difetta la condizione di sostanziale identità delle situazioni messe a confronto. Nella fattispecie dei lavoratori assunti con contratti di lavoro a tempo determinato, infatti, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di lavoratori reclutati con altre forme contrattuali flessibili, il lavoratore viene inserito, mediante procedure selettive, nell’organizzazione dell’ente.
La scelta operata dal legislatore statale con la lettera b) del comma 268 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021 – di introdurre una procedura di stabilizzazione in deroga alla regola del pubblico concorso – rispetta le condizioni stabilite dalla norma di cui al comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 e pertanto supera il vaglio di non manifesta irragionevolezza.
5.– Ciò chiarito, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, limitatamente ai profili sopra indicati, sono fondate per violazione dell’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021.
5.1.– Quanto all’ambito materiale inciso, esso deve essere individuato tenendo conto dello specifico contenuto delle norme impugnate della disposizione regionale in esame, le quali – come detto – attengono alla possibilità di derogare al piano triennale dei fabbisogni del personale (a fronte della coerenza con siffatto piano che si desume dalla norma interposta), all’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione della procedura di stabilizzazione (tale da ricomprendere anche il personale del ruolo tecnico e amministrativo e previamente reclutato con qualunque forma contrattuale) e, infine, all’estensione al 31 dicembre 2022 della finestra temporale utile ai fini della maturazione dei diciotto mesi di servizio (prevista nel testo originario della normativa statale al 30 giugno 2022).
In proposito, questa Corte ha rilevato che «deve ritenersi integrata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., quando la disciplina regionale, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, incide sulla regolamentazione del rapporto precario già in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto, e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione (sentenza n. 51 del 2012)» (sentenza n. 194 del 2020). È stata dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali che intervenivano su rapporti di lavoro a tempo determinato già in essere e incidevano sul profilo della durata, trasformandoli in nuovi rapporti a tempo indeterminato per effetto della norma censurata (ex plurimis, sentenza n. 195 del 2021).
Si tratta, più in generale, di limiti introdotti dal legislatore statale al fine di porre un argine al rischio di un’indiscriminata stabilizzazione di personale cosiddetto precario dei ruoli sanitario e socio-sanitario, in modo da contemperare l’indiscutibile necessità di «rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19» con l’esigenza di contenere la spesa per il personale delle strutture del servizio sanitario regionale, nel rispetto altresì del già richiamato principio in materia di pubblico concorso.
Il punto di equilibrio fra queste opposte esigenze è stato individuato dal legislatore statale tramite la fissazione di quattro criteri: 1) la coerenza con il piano triennale dei fabbisogni del personale; 2) un limite formale (solo lavoratori precedentemente reclutati con contratti a tempo determinato); 3) un limite soggettivo (i ruoli sanitario e socio-sanitario); e 4) un limite temporale (quest’ultimo, peraltro, oggetto di successive modifiche) (in questo senso, sentenza n. 76 del 2023).
Ci si trova, dunque, di fronte a norme che intervengono in ambiti di competenza legislativa esclusiva statale (ordinamento civile) e concorrente (coordinamento della finanza pubblica), in quanto quelle recate dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021 sono previsioni che intervengono nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile» e sono rivolte al contempo a contenere la spesa pubblica per il personale dei ruoli anzidetti entro limiti ragionevoli, in quanto tali espressive di principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica».
Per questa ragione, il legislatore regionale non può incidere sugli anzidetti profili, essendogli consentito soltanto di dare attuazione alla procedura prevista dalla normativa statale nel rispetto dei limiti ivi indicati.
Deve essere pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, nella parte in cui prevede che la procedura di stabilizzazione ivi delineata possa avvenire «anche in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale «contrattualizzato a qualunque titolo», anziché reclutato «con contratti a tempo determinato»; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, e quindi limitatamente alle parole «tecnico ed amministrativo»; e, infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
Del resto, le disposizioni regionali impugnate non hanno trovato attuazione, posto che le uniche stabilizzazioni intervenute medio tempore nella Regione rispettano i criteri stabiliti dall’art. 1, comma 268, lettera b), della legge n. 234 del 2021. La Regione può quindi provvedere alla stabilizzazione del personale tenendo conto della sopravvenuta normativa statale.
6.– Sono altresì fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022 promosse in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 1, comma 268, lettera c), della legge n. 234 del 2021.
La legge regionale in esame all’art. 1 prevede di avviare procedure selettive in deroga a quanto stabilito dalla norma statale interposta di cui alla lettera c) del comma 268, precisamente, al piano triennale di fabbisogno del personale, ai termini per calcolare l’anzianità nonché ai ruoli cui riservare le menzionate procedure selettive.
Come già ricordato (punto 5.1.), i criteri introdotti dal legislatore statale per avviare procedure selettive riservate al personale sanitario e socio-sanitario sono volti a contemperare l’indiscutibile necessità di «rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali anche per il recupero delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale che ha prestato servizio anche durante l’emergenza da COVID-19» con l’altrettanto pressante esigenza di contenere la spesa per il personale delle strutture del servizio sanitario regionale, nel rispetto dei principi posti in materia di pubblico concorso.
Il legislatore regionale, nell’avviare procedure selettive riservate deve, dunque, attenersi ai criteri stabiliti dallo Stato nell’esercizio della competenza legislativa a dettare principi di coordinamento della finanza pubblica.
Pertanto, l’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022 è costituzionalmente illegittimo: nella parte in cui prevede di avviare le procedure selettive riservate, «in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, quindi limitatamente alle parole «tecnico e amministrativo»; infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
7.– Restano assorbite le ulteriori censure proposte nei confronti della medesima disposizione regionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Molise 4 agosto 2022, n. 13 (Stabilizzazione del personale sanitario precario, in attuazione della legge 30 dicembre 2021, n. 234), nella parte in cui prevede che la procedura di stabilizzazione ivi delineata possa avvenire «anche in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale anche al personale «contrattualizzato a qualunque titolo», anziché del personale che sia stato reclutato «con contratti a tempo determinato», diverso da quello sanitario e socio-sanitario, e quindi limitatamente alle parole «tecnico ed amministrativo»; infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Molise n. 13 del 2022, nella parte in cui prevede di avviare procedure selettive riservate, «in deroga», anziché «in coerenza» con il piano triennale di fabbisogno del personale; nella parte in cui consente la stabilizzazione di personale diverso da quello sanitario e socio-sanitario, quindi limitatamente alle parole «tecnico e amministrativo»; infine, nella parte in cui prevede che i diciotto mesi di servizio debbano essere maturati alla data del 31 dicembre 2022, anziché nel diverso termine previsto dalla normativa statale vigente ratione temporis.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2023.
Il Cancelliere
F.to: Igor DI BERNARDINI