ORDINANZA N. 11
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, e 76, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), promosso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Siracusa, nel procedimento penale a carico di L. C., con ordinanza del 24 novembre 2022, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2023, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 9 gennaio 2024.
Udito nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2024 il Giudice relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2024.
Ritenuto che, con ordinanza del 24 novembre 2022, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 2023, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Siracusa ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, e 76, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), in riferimento agli artt. 3, 15, 21, 25 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
che il rimettente riferisce di essere chiamato a pronunciarsi, in sede cautelare, sulla richiesta di sequestro in via preventiva del telefono cellulare di L. C., indagato per il delitto di cui all’art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011 perché, in data 15 febbraio 2021, avrebbe trasgredito all’avviso orale del Questore di Siracusa (notificato in data 12 gennaio 2021) con cui gli veniva fatto divieto di possedere o utilizzare «qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente», in applicazione di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 159 del 2011;
che, prosegue il rimettente, le questioni sarebbero rilevanti perché la pronuncia sulla domanda cautelare richiede una valutazione sul fumusrelativo al delitto previsto dalle norme censurate;
che le questioni sarebbero non manifestamente infondate alla luce della costante interpretazione che, dell’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011, ha dato la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l’avviso orale rafforzato del questore, allorché vieta il possesso e l’utilizzo di «qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente», include anche il telefono cellulare (è richiamata, sul punto, Corte di cassazione, sezione feriale, sentenza 1° settembre-1° ottobre 2009, n. 38514);
che, così interpretate, le disposizioni censurate confliggerebbero con plurimi parametri costituzionali e convenzionali;
che, innanzi tutto, sarebbe leso l’art. 15 Cost., perché le forme di corrispondenza e di comunicazione che esso tutela non potrebbero non includere oggi quelle veicolate, in forma telematica, attraverso l’uso del telefono cellulare, e la loro limitazione, nel caso di specie, non avverrebbe nel rispetto della riserva di giurisdizione prevista da tale articolo, dal momento che a valutare i presupposti per l’applicazione della misura è un’autorità amministrativa;
che ad essere violato sarebbe anche l’art. 21 Cost., perché le disposizioni censurate comprometterebbero gravemente la libertà di manifestazione del pensiero nella sfera della partecipazione alla vita pubblica, con riguardo alla libertà di informare, di essere informati (o di ricevere informazioni) e di informarsi (o di ricercare informazioni);
che il divieto di possesso e utilizzo del telefono cellulare conseguente all’emissione dell’avviso orale rafforzato si porrebbe in contrasto anche con l’art. 3 Cost., per il fatto di determinare «l’isolamento dell’individuo e la difficoltà di reinserimento sociale dei soggetti più svantaggiati»;
che sarebbe parimenti menomato il principio di tassatività in materia penale, garantito dall’art. 25 Cost., perché il divieto emanato dall’autorità amministrativa non indicherebbe il periodo di vigenza dello stesso, esponendo il soggetto passivo al rischio di incorrere nel reato per un tempo non determinato;
che il medesimo divieto si rivelerebbe, da ultimo, non proporzionato rispetto agli ambiti e alle finalità di cui agli artt. 8 e 10 CEDU, evocati per il tramite dell’art. 117, primo comma, Cost., che tutelano rispettivamente il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di espressione, in quanto il notevole sacrificio subito dall’individuo – che si veda sanzionato penalmente per la violazione di un precetto dell’autorità amministrativa – non risulterebbe adeguatamente correlato al bene che si intenderebbe proteggere, quello della sicurezza pubblica, che non parrebbe effettivamente leso dal possesso di un telefono cellulare.
Considerato che, con la sentenza n. 2 del 2023, depositata il 12 gennaio 2023 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il successivo 18 gennaio, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 15 Cost., dell’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011 nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore può vietare, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo;
che, pertanto, per effetto della suddetta dichiarazione di illegittimità costituzionale, è venuta meno la norma ricavabile, secondo l’interpretazione invalsa nel diritto vivente, dall’art. 3, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011, che vieta il possesso e l’utilizzo del telefono cellulare a chi sia destinatario di un avviso orale rafforzato del questore;
che, di conseguenza, l’inosservanza del medesimo divieto non integra più il reato di cui all’art. 76, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 159 del 2011, anch’esso oggetto di censure;
che, quindi, le questioni di legittimità costituzionale sollevate nel presente giudizio risultano essere prive di oggetto, circostanza che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, determina la loro manifesta inammissibilità (ex multis, ordinanze n. 213 e n. 86 del 2023, n. 204 e n. 102 del 2022, n. 206 del 2021 e n. 125 del 2020).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, e 76, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 15, 21, 25 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Siracusa, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2024
Il Cancelliere
F.to: Igor DI BERNARDINI
La versione anonimizzata è conforme, nel testo, all'originale