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Sanatoria edilizia, doppia conformità va applicata anche nelle Regioni a statuto speciale

Corte Costituzionale, Sentenza n.125 del 15/07/2024

Il requisito della doppia conformità urbanistico-edilizia trova applicazione anche alle Regioni a statuto speciale, a tutela dell’uniformità delle condizioni per ricondurre a legittimità gli abusi edilizi.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 125 del 15 luglio 2024, con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio), per contrasto con il requisito della cosiddetta "doppia conformità", sancito dall’art. 36 del T.U. in materia edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001).

Questa decisione riafferma che per ottenere un permesso di costruire in sanatoria, l'intervento deve essere conforme alla normativa urbanistica ed edilizia sia nel momento della realizzazione che al momento della presentazione della domanda. L’articolo impugnato permetteva una discrezionalità che non era in linea con il requisito di "doppia conformità", il quale è cruciale per assicurare che gli abusi edilizi siano regolati uniformemente in tutto il territorio nazionale.

Questa uniformità è particolarmente significativa alla luce delle recenti semplificazioni introdotte con il Decreto salva-casa (decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69), che ha mantenuto l'importanza del controllo dello Stato sulla corretta applicazione delle norme urbanistiche ed edilizie. La sentenza chiarisce che, nonostante le semplificazioni, lo Stato ha il compito di determinare i contesti in cui la "doppia conformità" deve essere obbligatoriamente rispettata per la validazione dei permessi in sanatoria.

La decisione della Corte costituzionale enfatizza la necessità di un approccio omogeneo nella regolamentazione degli abusi edilizi, stabilendo che il requisito di "doppia conformità" deve essere applicato indistintamente sia alle regioni a statuto ordinario che a quelle a statuto speciale. Questo è fondamentale per garantire che tutte le regioni, indipendentemente dalla loro specificità legislativa, siano soggette agli stessi standard per il trattamento degli abusi edilizi, promuovendo così un’equa gestione del territorio a livello nazionale.

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SENTENZA N. 125

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio), promosso dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, nel procedimento vertente tra F. F. e R. N. e il Comune di Stenico e altri, con ordinanza del 22 novembre 2023, iscritta al n. 13 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di intervento della Provincia autonoma di Trento;

udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2024 il Giudice relatore Marco D’Alberti;

deliberato nella camera di consiglio del 18 giugno 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 22 novembre 2023, iscritta al n. 13 del registro ordinanze 2024, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio), in riferimento all’art. 3 della Costituzione e agli artt. 4 e 8 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

La disposizione censurata consente il rilascio della concessione edilizia in sanatoria «quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente».

2.– Il rimettente descrive la fattispecie oggetto del giudizio a quo nei seguenti termini.

2.1.– F. F. e R. N. impugnavano dinanzi al TRGA di Trento un permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune di Stenico ai sensi dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, denunciando, con i primi due motivi di ricorso, la carenza dell’istruttoria per incompleta rappresentazione dello stato dei luoghi, nonché il mancato rispetto della normativa in materia di distanze.

Con un terzo motivo di ricorso, i ricorrenti contestavano la violazione dell’art. 135 della legge prov. Trento n. 1 del 2008, in quanto il permesso assentito avrebbe sanato un intervento contrastante con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della realizzazione dell’intervento stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria (artt. 21 e 23 del piano di fabbrica e art. 18.1 del piano urbanistico comunale).

2.2.– Dopo aver rigettato, anche in esito all’esperimento di apposita istruttoria, i primi due motivi di ricorso (sentenza non definitiva del 13 novembre 2023, n. 177), il giudice rimettente ha ritenuto che la cognizione del terzo e ultimo motivo presupponesse l’accertamento incidentale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, per contrasto con il requisito della “doppia conformità” sancito dall’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)».

2.2.1.– In punto di rilevanza, l’ordinanza di rimessione evidenzia che il permesso di costruire in sanatoria è stato «chiesto e rilasciato» sulla base della disposizione censurata: d’altra parte, secondo il giudice rimettente, non sarebbe controverso, nel caso in esame, che si tratti di opere sanabili solo ai sensi dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, «mancando il requisito della c.d. “doppia conformità”». Inoltre, il TRGA sottolinea che, nel terzo motivo di ricorso, i ricorrenti avrebbero contestato proprio «l’applicazione del meccanismo di sanatoria» previsto dalla disposizione censurata.

2.2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale che, pur avendo ricondotto la disciplina del cosiddetto accertamento della conformità urbanistica alla materia del «governo del territorio», ha chiarito che «spetta al legislatore statale la scelta sull’an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo il legislatore regionale intervenire solo per quanto riguarda l’articolazione e la specificazione di tali disposizioni» (sentenza n. 232 del 2017).

In ragione di ciò, secondo il TRGA, l’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, si porrebbe in contrasto sia con l’art. 3 Cost., «sotto il duplice profilo della violazione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza», sia con il «combinato disposto degli articoli 4 e 8 dello Statuto di autonomia della Regione Trentino - Alto Adige/Südtirol, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670»: lo statuto reg. Trentino-Alto Adige, infatti, subordinerebbe la potestà legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe anche il requisito della cosiddetta “doppia conformità”.

3.– È intervenuta in giudizio la Provincia autonoma di Trento, la quale ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili e non fondate.

3.1.– La Provincia, innanzitutto, ha eccepito l’inammissibilità della questione per contraddittorietà e difetto di motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza.

Quanto al difetto di rilevanza, ad avviso della Provincia autonoma, il giudice rimettente non avrebbe chiarito se le difformità agli strumenti urbanistici contestate dai ricorrenti fossero da riferirsi «al momento attuale o al momento della realizzazione dell’intervento», né se tra questi due diversi momenti sia effettivamente mutata la disciplina urbanistica di riferimento: pertanto, non sarebbe stata dimostrata l’esistenza del «presupposto di fatto che integra la fattispecie» regolata dalla disposizione censurata.

In punto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, è stato invece eccepito che il TRGA rimettente avrebbe richiamato la giurisprudenza costituzionale riguardante interventi legislativi di regioni a statuto ordinario e non già di regioni a statuto speciale.

3.2.– Nel merito, la Provincia evidenzia che la disposizione censurata sarebbe da ricondursi alla propria competenza legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, numero 5, statuto reg. Trentino-Alto Adige). Tale competenza primaria, secondo l’interveniente, «implica necessariamente la possibilità […] di prevedere discipline differenziate volte ad adeguare gli istituti dell’ordinamento statale alla realtà del contesto provinciale nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» (sono citate le sentenze di questa Corte n. 196 del 2004 e n. 418 del 1995).

In ragione di ciò, attraverso l’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, si sarebbero disciplinate le ipotesi di abusi edilizi caratterizzati da una minore gravità, in quanto contrastanti con la disciplina urbanistica solo al momento della realizzazione dell’opera, assicurando comunque l’efficacia deterrente delle sanzioni pecuniarie (per cui si prevede una maggiorazione del venti per cento).

Ad avviso della Provincia, la disposizione censurata, consentendo la conservazione dell’opera abusiva conforme, «sul presupposto che la stessa non comporta un’alterazione dell’ordinato assetto del territorio risultante dalla pianificazione attuale, non dovrebbe essere vista come un’interpretazione estensiva della disciplina contenuta attualmente nell’articolo 36 del t.u. edilizia fino a farvi rientrare ipotesi nelle quali non sussiste la doppia conformità, bensì come la disciplina di una fattispecie diversa che, coerentemente con i principi del sistema, legittima solo per il futuro (a differenza della concessione in sanatoria che sana ora per allora) e solo con effetti amministrativi, la presenza di opere che, una volta demolite, potrebbero essere ricostruite in modo identico».

D’altra parte, secondo l’interveniente, sarebbe solo la «ben maggiore gravità del problema dell’abusivismo edilizio in altre regioni d’Italia (fino a 50,4 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate)» ad aver reso necessario prevedere a livello statale «strumenti di contrasto e prevenzione particolarmente severi», tra i quali l’introduzione del «requisito della doppia conformità e la connessa presunzione assoluta di illegittimità della pianificazione urbanistica sanante». Ma in un contesto, quale quello provinciale, ove l’abusivismo edilizio avrebbe conservato dimensioni «contenute», sarebbe ragionevole e opportuno il «mantenimento di un regime di sanatoria solo amministrativa, in aggiunta al meccanismo della sanatoria basato sul presupposto della doppia conformità urbanistica».

In ragione di tutto ciò, l’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, assicurerebbe il ragionevole contemperamento tra i diversi interessi in gioco, nel rispetto dei principi di idoneità, necessità e proporzionalità.

Considerato in diritto

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe (r. o. n. 13 del 2024), il TRGA di Trento ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost. e agli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, là dove prevede che la concessione in sanatoria possa essere rilasciata «quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente».

Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata, consentendo il rilascio della concessione in sanatoria anche in assenza della conformità alle norme urbanistiche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento edilizio (cosiddetta “doppia conformità”), violerebbe l’art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della lesione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza, e gli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige, nella parte in cui subordinano l’esercizio della potestà legislativa delle Province autonome di Trento e di Bolzano in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe il requisito della cosiddetta “doppia conformità” prescritto dall’art. 36 t.u. edilizia.

2.– La difesa provinciale ha eccepito l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, per difetto di motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza.

Le eccezioni non sono fondate.

2.1.– Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «la valutazione del giudice a quo sulla rilevanza supera il vaglio di ammissibilità allorché “il rimettente illustri in modo non implausibile ‘le ragioni che giustificano l’applicazione della disposizione censurata e determinano la pregiudizialità della questione sollevata rispetto alla definizione del processo principale’ (ex plurimis, sentenza n. 105 del 2018)” (sentenza n. 85 del 2020)» (sentenza n. 151 del 2023).

Nel caso in esame, la motivazione del giudice rimettente sulla rilevanza della questione supera ampiamente un simile controllo di non implausibilità.

Come emerge dall’ordinanza di rimessione, infatti, i ricorrenti hanno contestato – nel terzo e ultimo motivo di ricorso – la violazione, da parte del provvedimento impugnato, della disposizione provinciale censurata, lamentando il contrasto tra la concessione in sanatoria e alcune previsioni della disciplina urbanistica comunale. Pertanto, la disposizione in esame, oltre ad aver costituito il presupposto per il rilascio della concessione in sanatoria, è stata oggetto anche di una specifica censura da parte dei ricorrenti, i quali ne hanno contestato l’applicazione da parte dell’amministrazione: il che appare sufficiente a dimostrare la sicura rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della definizione del giudizio a quo.

2.2.– Quanto all’asserito difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, va evidenziato che – contrariamente a quanto sostenuto dalla Provincia interveniente – l’ordinanza di rimessione ha fatto adeguato riferimento ai principali orientamenti della giurisprudenza costituzionale relativi al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, richiamando anche quelle pronunce che si sono occupate di legislazioni in sanatoria adottate da regioni a statuto speciale (sentenza n. 232 del 2017).

3.– Nel merito, le questioni sono fondate per violazione degli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige.

3.1.– Questa Corte ha da tempo ritenuto necessario, ai fini della “regolarizzazione” delle opere realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, «l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni “durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza” (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 77 del 2021, n. 68 del 2018 e n. 232 del 2017), con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio» (così, da ultimo, sentenza n. 93 del 2023).

In questa prospettiva, si è chiarito che il principio della cosiddetta “doppia conformità”, «nel delimitare presupposti e limiti della sanatoria, riveste importanza cruciale nella disciplina edilizia e, in quanto riconducibile alle norme fondamentali di riforma economico-sociale», vincola anche la potestà legislativa di regioni ad autonomia speciale a cui sia riconosciuta, a livello statutario, una competenza primaria in materia urbanistica (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso, sentenza n. 232 del 2017).

3.2. La Provincia autonoma di Trento è titolare di una competenza legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, numero 5, statuto reg. Trentino-Alto Adige), la quale deve essere esercitata – ai sensi dell’art. 4 del medesimo statuto – in armonia con «i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» e nel rispetto «delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (si veda la sentenza n. 231 del 1993).

3.3.– L’art. 135 della legge prov. Trento n. 1 del 2008 ha introdotto – oltre a una disposizione sull’accertamento di conformità coerente con l’art. 36 t.u. edilizia (art. 135, comma 1) – anche una disciplina che, diversamente da quanto previsto a livello statale, consente di rilasciare concessioni edilizie in sanatoria per opere conformi «al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate» (art. 135, comma 7). In sostanza, nel territorio provinciale è stata ammessa – in via generalizzata – la possibilità di regolarizzare, sul piano amministrativo, opere che, al momento della loro realizzazione, si ponevano in contrasto con gli strumenti urbanistici a quel tempo vigenti, dietro pagamento di una sanzione pecuniaria maggiorata del 20 per cento.

Una simile disciplina, venendo a derogare al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, si pone in evidente contrasto con una norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, quale è quella contenuta nell’art. 36 t.u. edilizia, che, al comma 1, consente il rilascio della concessione in sanatoria «se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».

Tale disposizione mira ad assicurare sull’intero territorio nazionale l’uniformità dei requisiti e delle condizioni in base alle quali possono essere ricondotti a legittimità gli abusi edilizi: ciò, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia e, quindi, indipendentemente dalla concreta estensione del fenomeno dell’abusivismo nei singoli contesti territoriali. Pertanto, non può assumere alcun rilievo, ai fini della concreta applicazione del requisito della cosiddetta “doppia conformità”, il fatto che, nel territorio provinciale, l’abusivismo edilizio sarebbe di dimensioni «contenute», soprattutto se comparato con altre realtà regionali.

3.4.– Né infine incide sulla questione in esame la sopravvenuta vigenza dell’art. 1 del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica), la cui conversione, peraltro, è ancora pendente. Anche a non voler considerare, infatti, che tale intervento non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità, è assorbente il rilievo che il giudice rimettente deduce la violazione di una norma fondamentale della materia che condiziona la disposizione della legge provinciale in esame, rispetto alla quale il d.l. menzionato è sopravvenuto, sicché esso non si applica alla fattispecie sottoposta all’attenzione del rimettente, che quindi non ne deve fare applicazione.

Va ribadito, in ogni caso, che spetta allo Stato – sia in sede di definizione dei principi fondamentali della materia «governo del territorio», sia in sede di adozione delle norme fondamentali di riforma economico-sociale – il compito di stabilire, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia su tutto il territorio nazionale, i casi in cui il requisito della cosiddetta “doppia conformità” debba trovare necessaria applicazione ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, nonché i casi in cui possano ammettersi limitazioni alla sua concreta operatività.

Ne consegue che a tale disciplina statale dovranno conformarsi tanto le regioni a statuto ordinario, quanto le regioni a statuto speciale nell’esercizio delle rispettive competenze legislative: il che non avviene in relazione alla disposizione provinciale censurata, la quale deroga in via generalizzata al requisito della cosiddetta “doppia conformità”.

Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008 per contrasto con gli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige.

4.– Sono assorbite le questioni sollevate in riferimento all’art. 3 Cost.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Marco D'ALBERTI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2024

Il Cancelliere

F.to: Valeria EMMA

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