Corte Costituzionale, Sentenza n.9 del 26/01/2024

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

SENTENZA N. 9

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), nel testo vigente rationetemporis; dell’art. 4, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2019, n. 30 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021) e dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale), promosso dalla Corte dei conti, Sezioni riunite per la Regione Siciliana, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana, per l’esercizio finanziario 2020, con ordinanza del 7 febbraio 2023, iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Procura generale della Corte dei conti;

udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023 il Giudice relatore Angelo Buscema;

deliberato nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 7 febbraio 2023, iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2023 la Corte dei conti, Sezioni riunite per la Regione Siciliana, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario 2020, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), nel testo vigente rationetemporis; dell’art. 4, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2019, n. 30 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021) e dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale), in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera e), e 119, primo comma, della Costituzione, in combinato con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost. L’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 è stato censurato altresì in riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., in relazione all’art. 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

Le Sezioni riunite per la Regione Siciliana premettono che, in sede di giudizio di parificazione, nell’accertare l’esatta quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel Conto del bilancio 2020 in relazione al disavanzo finanziario da recuperare, sarebbe emerso che l’applicazione delle disposizioni in esame, differenti e più favorevoli alla Regione rispetto alla disciplina generale dettata dall’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, avrebbe determinato un sensibile miglioramento dei conti della Regione.

In particolare, l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nel testo vigente rationetemporis, rubricato «Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario», avrebbe individuato un percorso di ripiano di alcune quote del complessivo disavanzo finanziario registrato alla data del 31 dicembre 2018 (quelle concernenti il disavanzo della gestione 2018 e le quote di disavanzo non recuperate entro il termine dello stesso esercizio) in deroga al modello generale e uniforme di disciplina previsto dalla legislazione statale per le regioni.

L’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019, rubricato «Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2018», avrebbe introdotto disposizioni applicative dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, quantificando le quote oggetto di stanziamento e di ripiano annuale in deroga al predetto art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, rubricato «Abrogazioni e modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 e alla legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1», avrebbe disposto, a esercizio finanziario ormai concluso, variazioni di bilancio con effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi di spesa iscritti nel Conto del bilancio 2020 sottoposto al giudizio di parificazione, quantificando i relativi importi in base a quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 e dall’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019.

Il giudice rimettente si sofferma preliminarmente sulla legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione di legittimità costituzionale nel corso del giudizio di parificazione, ai sensi dell’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale) e dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

Anzitutto, il rimettente sottolinea che il giudizio di parificazione si svolge con le formalità della giurisdizione contenziosa, prevede la partecipazione del procuratore generale in contraddittorio con i rappresentanti dell’amministrazione e si conclude con una pronuncia adottata in esito a pubblica udienza.

Il Collegio rimettente segnala come il giudizio di parificazione, allo stato della legislazione vigente, sia l’unica possibilità offerta dall’ordinamento per sottoporre a scrutinio di legittimità costituzionale disposizioni legislative che, incidendo sui singoli capitoli, modificano l’articolazione del bilancio e ne possono alterare gli equilibri complessivi.

Il rimettente richiama quindi la costante giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la legittimazione a promuovere, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto, questioni di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 81 Cost., avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell’articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unità elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali (sono citate le sentenze n. 121 del 1966, n. 181 del 2015, n. 89 del 2017, n. 196 del 2018, n. 138 e n. 146 del 2019, n. 112 e n. 244 del 2020, n. 215 e n. 235 del 2021 e n. 253 del 2022).

Il giudice a quo esperisce il tentativo di interpretare in modo costituzionalmente orientato le disposizioni censurate, sostenendo, tuttavia, che il chiaro tenore letterale dei precetti normativi della cui legittimità dubita non consentirebbe un’interpretazione compatibile con il quadro costituzionale di riferimento. Da un lato, infatti, l’esistenza di una speciale normativa sul ripiano del disavanzo della Regione Siciliana, quale quella posta dalle disposizioni oggetto di scrutinio, si porrebbe in deroga al regime ordinario individuato dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, che, nell’esegesi della giurisprudenza costituzionale, è stato considerato espressione dell’esigenza di armonizzare i bilanci pubblici sotto lo specifico profilo della disciplina del disavanzo di amministrazione e dell’uniformità dei tempi del suo ripiano, ai fini del perseguimento del precetto costituzionale dell’equilibrio di bilancio; dall’altro lato, gli stanziamenti definitivi di spesa del Conto del bilancio 2020, relativi al disavanzo finanziario oggetto di rendicontazione, conseguirebbero a variazioni di bilancio inequivocabilmente avvenute ad esercizio concluso, in violazione del principio costituzionale dell’annualità del bilancio, di cui all’art. 81, quarto comma, Cost.

In punto di rilevanza il giudice a quo sostiene che le questioni di legittimità costituzionale assumono rilievo ai fini della definizione del giudizio di parificazione, in quanto l’esito del giudizio di legittimità costituzionale condizionerebbe il giudizio finale sul rendiconto generale in esame. Qualora le norme sospettate di illegittimità costituzionale dovessero essere espunte dall’ordinamento, difatti, la quota di disavanzo da recuperare iscritta nel bilancio dell’esercizio 2020 sarebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata, con l’immediata conseguenza della compromissione del risultato di amministrazione di fine esercizio e con potenziale travolgimento dell’intera programmazione e della correlata rendicontazione (sul punto sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 184 del 2022, n. 235 del 2021, n. 49 del 2018 e n. 184 del 2016).

Ad avviso del rimettente, l’eventuale illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate determinerebbe effetti, oltre che sui saldi del rendiconto 2020, anche sui bilanci degli esercizi futuri progettati sui saldi di detto rendiconto, in quanto ogni bilancio è geneticamente collegato alle risultanze dell’esercizio precedente, dalle quali prende le mosse per la determinazione delle proprie (viene sul punto richiamata la sentenza di questa Corte n. 49 del 2018).

Con riguardo all’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante anche per le variazioni che tali disposizioni consentirebbero ad esercizio finanziario ormai concluso, con effetti retroattivi sull’articolazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2020, ai fini della verifica del superamento dell’ampiezza dello spazio finanziario per la copertura di nuove spese attraverso l’applicazione di quote del risultato di amministrazione (sul punto viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 215 del 2021).

La rimozione dall’ordinamento giuridico dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 determinerebbe l’illegittimità degli stanziamenti relativi al disavanzo da recuperare iscritti nel Conto del bilancio 2020, nonché la violazione dei limiti posti dall’art. 1, commi 897 e 898, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) e dai paragrafi 9.2.15 e 9.2.16 dell’Allegato n. 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011 in tema di limiti all’applicazione del disavanzo per gli enti deficitari.

1.1.– Il giudice rimettente dubita innanzitutto della legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, dell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», in relazione all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, richiamato come norma interposta.

Il procedimento di produzione delle fonti del diritto, e dunque anche quelle di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana, non potrebbe che essere conforme alle disposizioni costituzionali in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici», la quale non sarebbe soggetta a deroghe territoriali, neppure nell’ambito delle autonomie speciali.

Il giudice rimettente sottolinea l’indefettibilità del principio di armonizzazione che sarebbe ontologicamente collegato alla necessità di realizzare l’uniformità dei linguaggi e l’omogeneità dell’espressione finanziaria e contabile di tutti gli enti operanti nel sistema della finanza pubblica allargata, senza le quali non sarebbe possibile il consolidamento dei conti pubblici e il perseguimento degli obiettivi afferenti alla programmazione economico-finanziaria, al coordinamento della finanza pubblica, al federalismo fiscale, al rispetto delle regole comunitarie e alla prevenzione delle irregolarità in grado di pregiudicare gli equilibri dei bilanci (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 168 del 2022, n. 184 del 2016 e n. 80 del 2017).

L’uniformità dell’espressione finanziaria e contabile sottesa alla struttura matematica dei bilanci pubblici sarebbe stata ribadita proprio in riferimento alle norme che introducono vincoli precisi alle modalità di rientro dal disavanzo, limitando l’autonoma determinazione dell’ente territoriale sulla capacità di spesa.

Il rimettente dubita della legittimità del plesso normativo introdotto dall’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, dall’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e dall’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, il quale devierebbe dal modello uniforme delineato dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, norma interposta rispetto all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., declinando sul territorio della Regione Siciliana regole diverse e di maggior favore per la Regione stessa.

Osserva il giudice a quo che tra le materie di competenza legislativa esclusiva e concorrente di cui agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, non rientrerebbe la contabilità e la disciplina del bilancio, né sembrerebbe sussistere alcuna corrispondenza tra le disposizioni censurate e una specifica competenza statutaria cui dare attuazione attraverso atti di concreta gestione del bilancio ed erogazione delle spese in esso stanziate.

Inoltre, ad avviso del giudice a quo, la materia del ripiano del disavanzo non rientrerebbe neppure negli oggetti individuati tra gli ambiti dello strumento pattizio, in quanto la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) ha attratto l’armonizzazione dei bilanci pubblici alle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Evidenzia, altresì, il rimettente che lo strumento dell’accordo tra Stato e Regione Siciliana, come delineato dall’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 158 del 2019, si distanzierebbe dal modello prefigurato dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), nella misura in cui, nel condizionare il percorso di rientro decennale dal disavanzo, si impernierebbe sulla sola riduzione strutturale della spesa, prescindendo dagli aspetti qualificanti della disciplina posta dall’indicato art. 27, volta a ridisegnare il concorso delle autonomie speciali al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà, al patto di stabilità interno e all’assolvimento degli obblighi discendenti dall’ordinamento comunitario, al ricorrere di precise condizioni e presupposti, da tenere in debita considerazione nella redazione delle norme di attuazione.

Il rimettente si sofferma altresì sul richiamo che la disposizione censurata fa dell’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione) nel contesto dell’inciso iniziale («[a]nche al fine di tenere conto di quanto previsto dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012»). Il contenuto precettivo dell’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 158 del 2019, ad avviso del giudice a quo, travalicherebbe l’ambito segnato dall’art. 9 della legge n. 243 del 2012 in riferimento alla possibilità di intervenire con norme di attuazione, ove si consideri che l’effetto immediato e diretto del meccanismo concertato (ossia, la conclusione di un accordo tra Stato e Regione Siciliana) consisterebbe in una dilazione dei termini di rientro dal disavanzo attraverso un piano di recupero più favorevole rispetto a quello previsto dal modello generale e uniforme dell’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011.

1.2.– Il giudice rimettente dubita altresì della legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, dell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, nonché degli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.

Riferisce, infatti, il giudice rimettente che gli stanziamenti obbligatori di spesa, «da quantificare in euro 1.634.375.715,41, si presentano, all’evidenza, diversi e più consistenti rispetto agli stanziamenti registrati nel Conto del bilancio oggetto del presente giudizio di parificazione, pari a euro 461.889.971,86 per effetto della disciplina sostanziale di ripiano decennale seguita dalla Regione siciliana nell’applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 e dell’art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019. [G]li importi degli stanziamenti definitivi iscritti nei capitoli di spesa del Conto del bilancio a titolo di Disavanzo finanziario, pari complessivamente a euro 461.889.971,86, costituiscono l’esito finale di interventi normativi intervenuti nel corso del 2021 sull’articolazione del bilancio risultante alla data del 31 dicembre 2020, con effetti retroattivi a partire dal 29 dicembre 2020 (art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge regionale n. 9 del 2021). In base alle disposizioni vigenti al momento della chiusura dell’esercizio, infatti, l’ammontare dei pertinenti stanziamenti di spesa era pari a euro 45.506.780,72».

Riferisce ulteriormente il rimettente che i predetti stanziamenti sono superiori anche a quelli che – pari a euro 1.328.793.634,70 – avrebbero dovuto trovare allocazione nel Conto del bilancio del 2020, per effetto del ripiano triennale previsto dall’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 158 del 2019, vigente rationetemporis. Il disavanzo iscritto in bilancio influenza l’ampiezza dello spazio finanziario per la copertura di nuove spese a mezzo dell’applicazione di quote del risultato di amministrazione per il loro finanziamento attraverso l’impiego di quote accantonate, vincolate e destinate del risultato di amministrazione complessivamente corrispondenti all’importo di euro 694.700.914,92, in parte preponderante (nello specifico, per euro 690.671.572,65) a mezzo di variazioni di bilancio delle previsioni di entrata e di spesa disposte direttamente con provvedimenti di natura amministrativa, alcuni dei quali adottati anche successivamente.

Sarebbero violati anche gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost., in quanto la speciale disciplina di adeguamento dell’ordinamento regionale siciliano per il rientro dal disavanzo avrebbe impedito che le quote del disavanzo di amministrazione 2018 (nella specie, il disavanzo ante armonizzazione e da extradeficit, per euro 916.746.242,27) fossero ripianate secondo le modalità stabilite in via generale dall’art. 42, comma 12, primo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011.

Sul tema dell’allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo il rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale costantemente volta a censurare diverse soluzioni normative atte a prescriverne il riassorbimento in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario (sono citate le sentenze n. 168 del 2022, n. 246 e n. 235 del 2021, n. 115 del 2020 e n. 18 del 2019, n. 10 e n. 107 del 2016).

1.3.– Inoltre, l’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost., in relazione all’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011.

Il richiamato art. 51, nel prevedere in generale che «[n]el corso dell’esercizio, il bilancio di previsione può essere oggetto di variazioni autorizzate con legge» (comma 1), tuttavia dispone che «[n]essuna variazione al bilancio può essere approvata dopo il 30 novembre dell’anno a cui il bilancio stesso si riferisce», fatte salve le eccezioni espressamente indicate dalla medesima disposizione (comma 6). Tale disposizione costituirebbe espressione del principio contabile generale di annualità del bilancio, enunciato altresì nell’Allegato 1 al d.lgs. n. 118 del 2011 e nella legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), Allegato 1, principio n. 1.

Sostiene il rimettente che, ai sensi del principio di annualità, le decisioni legislative inerenti al bilancio, che provvedono in ordine all’allocazione delle risorse finanziarie e alle conseguenti autorizzazioni cui è subordinata la gestione degli stanziamenti, dovrebbero essere elaborate su un orizzonte temporale almeno triennale e riferirsi ai distinti periodi di gestione compresi nel bilancio di previsione, che, coincidenti con l’anno solare, dovrebbero presentarsi come correnti o successivi, ma mai scaduti, in quanto ciò produrrebbe il sostanziale svuotamento della funzione di programmazione propria del bilancio di previsione.

Evidenzia il rimettente che la ratio alla base della norma che impone di iscrivere l’importo del disavanzo di amministrazione quale primo tra gli stanziamenti di spesa del bilancio (art. 39, comma 7, lettera c, del d.lgs. n. 118 del 2011) sarebbe strettamente correlata alla funzione di programmazione del documento finanziario previsionale, in quanto la misura degli obblighi di rientro dal deficit determinerebbe effetti di compressione sulla dimensione generale delle spese da autorizzare così individuando anche lo spazio finanziario utile all’impiego del risultato di amministrazione per il finanziamento di nuove spese nell’esercizio.

Ad avviso del rimettente, il postulato dell’annualità del bilancio conterrebbe naturaliter il principio di immodificabilità dello stato del bilancio dopo la chiusura dell’esercizio finanziario cui si riferisce (31 dicembre), cosicché detto principio dovrebbe ritenersi violato non solo nell’ipotesi in cui l’alterazione degli stanziamenti di bilancio avvenga con norme successive che operino variazioni dirette su un esercizio finanziario ormai concluso, ma anche qualora norme successive dispongano l’abrogazione di variazioni già effettuate entro l’esercizio di riferimento, disponendone l’effetto a una data antecedente all’esercizio ormai concluso.

La disposizione censurata, disponendo in merito all’allocazione delle spese con effettivi retroattivi sul bilancio dell’esercizio 2020 ormai chiuso, avrebbe alterato i risultati finali del Conto del bilancio confluiti nel documento consuntivo, in violazione del principio dell’annualità discendente dall’art. 81, quarto comma, Cost. e dall’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011, che costituisce parametro interposto.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio chiedendo che le censure sollevate dal giudice rimettente nei confronti dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 siano dichiarate non fondate.

Sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri che il d.lgs. n. 158 del 2019, dettando norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana, avrebbe natura di fonte di rango primario a competenza «riservata e separata» rispetto a quella esercitabile dalle leggi ordinarie statali e regionali. Inoltre, l’art. 1, comma 2, della legge di delega n. 42 del 2009 prevede che nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano «si applicano, in conformità con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27» della medesima legge di delega.

Ricorda la difesa statale che, in armonia con quanto disposto dalla predetta legge n. 42 del 2009, l’art. 79 del d.lgs. n. 118 del 2011 stabilisce che «[l]a decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni speciali e province autonome, sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42».

Da ciò conseguirebbe che i principi di armonizzazione dei bilanci pubblici, come disciplinati dal d.lgs. n. 118 del 2011, sarebbero applicabili alle autonomie territoriali soltanto mediante le norme di attuazione degli statuti speciali (sul punto viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 178 del 2012) e che il citato d.lgs. n. 118 del 2011 – pur rappresentando estensione agli enti territoriali della legislazione statale a garanzia dell’omogeneità della disciplina contabile pubblica che ha trovato fondamento nell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. –, non precluderebbe peculiari articolazioni del bilancio della regione o provincia autonoma fondate sull’esigenza di scandire la programmazione economico-finanziaria nelle procedure contabili (sul punto viene citata la sentenza di questa Corte n. 80 del 2017).

Sostiene inoltre la difesa statale che la norma costituzionale invocata attribuisce la materia dell’armonizzazione dei bilanci pubblici alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, quindi non potrebbe ritenersi violata la riserva di legge statale, dal momento che il censurato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 è disposizione legislativa di fonte statale e strumento di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana. Per tale motivo, sarebbero non fondate le censure sollevate dal giudice rimettente in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Osserva ulteriormente l’Avvocatura generale che il censurato art. 7 sarebbe stato modificato dai decreti legislativi 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli) e 9 giugno 2022, n. 87 (Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 e successive modifiche ed integrazioni, concernente norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), proprio per consentire la definizione dell’accordo Stato-Regione Siciliana (raggiunto in data 14 gennaio 2021) sul ripiano decennale del disavanzo necessario per far fronte agli effetti negativi correlati all’emergenza epidemiologica da COVID-19, fermo restando l’impegno della Regione, «in attuazione dei principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di responsabilità intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione», a garantire il «rispetto di specifici parametri di virtuosità, quali la riduzione strutturale della spesa corrente, con effetti a decorrere dall’esercizio finanziario 2021».

3.– È intervenuto il giudizio il Procuratore generale della Corte dei conti, il quale, per sostenere l’ammissibilità del suo intervento, rammenta il diritto degli organi dello Stato e delle regioni a intervenire nei procedimenti innanzi a questa Corte (art. 20, secondo comma, della legge n. 87 del 1953), secondo la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

L’interveniente richiama altresì la giurisprudenza costituzionale sui giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, che ha affermato l’ammissibilità dell’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti (sono citate le sentenze di questa Corte n. 184 e n. 90 del 2022), e sottolinea che l’esito del giudizio di legittimità potrebbe incidere sul potere del PM contabile di agire in giudizio per la tutela degli interessi dell’intera collettività alla corretta gestione delle risorse pubbliche e, in particolare, sul potere di impugnare la decisione di parificazione del rendiconto generale regionale. Aggiunge inoltre che, se le Norme integrative consentono l’intervento nel giudizio costituzionale di soggetti terzi, a fortiori ciò dovrebbe essere consentito per le parti originarie nel giudizio a quo.

In ordine alla rilevanza nel giudizio a quo e alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, il Procuratore generale richiama, condividendole, le osservazioni formulate dal rimettente. Sussisterebbero, infatti, tutti i lamentati vulnera agli artt. 117, secondo comma, lettera e), 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, in combinato con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost.

4.– Con atto depositato in data 2 dicembre 2023 il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto di rinviare la causa a nuovo ruolo al fine di consentire il perfezionamento dell’approvazione della norma di attuazione finalizzata all’abrogazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2023 la Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2020, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 nel testo vigente rationetemporis(in seguito modificato dagli artt. 1, comma 1, e 2, comma 1, lettere a e b, del decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8, recante «Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli», e integrato dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 9 giugno 2022, n. 87, recante «Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 e successive modifiche ed integrazioni, concernente norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»), in riferimento agli artt. 3, 5, 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera e) – quest’ultimo in relazione all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 –, 119 e 120 della Costituzione; dell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera e), e 119, primo comma, Cost., in combinato con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost.; l’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 è stato censurato, altresì, in riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., in relazione all’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nel testo vigente rationetemporis, rubricato «Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario», avrebbe individuato un percorso di ripiano di alcune quote del complessivo disavanzo finanziario registrato alla data del 31 dicembre 2018 (quelle concernenti il disavanzo della gestione 2018 e le quote di disavanzo non recuperate entro il termine dello stesso esercizio) diverso da quello previsto dal modello generale e uniforme di disciplina posto dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019, rubricato «Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2018», avrebbe introdotto disposizioni applicative dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, quantificando le quote oggetto di stanziamento e di ripiano annuale in deroga all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, rubricato «Abrogazioni e modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 e alla legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1», avrebbe disposto, a esercizio finanziario ormai concluso, variazioni di bilancio con effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi di spesa iscritti nel Conto del bilancio 2020 sottoposto al giudizio di parificazione, quantificando i relativi importi in base a quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 e dall’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019.

1.1.– Il giudice rimettente solleva dubbi di legittimità costituzionale delle disposizioni in esame sotto diversi profili.

Il primo profilo riguarda la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», che viene evocato in relazione all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 quale norma interposta, con riguardo alle regole fondamentali di disciplina del recupero del disavanzo di amministrazione.

Le disposizioni censurate, ad avviso del rimettente, si porrebbero in contrasto con l’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, che troverebbe applicazione nei confronti di tutte le regioni, compresa la Regione Siciliana.

Il meccanismo concertato per il ripiano del disavanzo pregresso previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 produrrebbe, quale effetto immediato e diretto, una dilazione dei termini di rientro dal disavanzo attraverso un piano di recupero differente e più favorevole per la Regione Siciliana rispetto a quello previsto dal modello generale e uniforme di cui all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011.

Ciò arrecherebbe un vulnus all’armonizzazione dei bilanci, ontologicamente collegata alla necessità di realizzare l’uniformità dei linguaggi e l’omogeneità dell’espressione finanziaria e contabile di tutti gli enti operanti nel sistema della finanza pubblica allargata, con ciò determinando l’impossibilità di realizzare il consolidamento dei conti pubblici e il perseguimento di obiettivi, quali la programmazione economico-finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica, la gestione del federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole comunitarie e la prevenzione di irregolarità idonee a pregiudicare gli equilibri dei bilanci.

L’esigenza di uniformità dell’espressione finanziaria e contabile sottesa alla struttura dei bilanci pubblici sarebbe ancor più avvertita proprio in riferimento alle norme che introducono vincoli precisi alle modalità di rientro dal disavanzo.

Osserva, inoltre, il giudice a quo che, tra le materie attribuite dagli artt. 14 e 17 dello statuto di autonomia alla competenza legislativa esclusiva e concorrente della Regione Siciliana, non rientrerebbero la contabilità e la disciplina del bilancio e neppure sembrerebbe sussistere alcuna corrispondenza tra le competenze statutarie e l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019.

Ad avviso del rimettente la materia del ripiano del disavanzo, tra l’altro, non rientrerebbe neppure tra gli oggetti che possono essere disciplinati attraverso lo strumento pattizio, in quanto l’armonizzazione dei bilanci pubblici è stata attratta dalla legge cost. n. 1 del 2012 nella sfera della competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Evidenzia infine il giudice a quo che lo strumento dell’accordo tra lo Stato e la Regione Siciliana, delineato dall’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 158 del 2019, si distanzierebbe dal modello prefigurato dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009; quello previsto da quest’ultimo avrebbe come finalità il raggiungimento di obiettivi che riguardano la finanza allargata – e in particolare il concorso delle autonomie speciali al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà, al patto di stabilità interno e all’assolvimento degli obblighi discendenti dall’ordinamento comunitario – mentre quello di cui al censurato art. 7 prefigurerebbe una situazione favorevole per la Regione, ma contrastante con gli obiettivi di finanza pubblica.

1.2.– Sotto altro profilo, il giudice rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, dell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 anche in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., con riguardo alla lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, nonché degli interdipendenti principi di copertura della spesa, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.

Sarebbero, inoltre, violati gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost., in quanto la speciale disciplina per il rientro dal disavanzo della Regione Siciliana avrebbe introdotto un irragionevole trattamento di maggior favore discostandosi dall’uniforme paradigma statale che declina l’unità finanziaria ed economica della Repubblica sottesa alla disciplina della finanza pubblica.

Le disposizioni censurate, difformi dalla disciplina stabilita in via generale dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 in materia di rientro dal disavanzo finirebbero per determinare – ad avviso del giudice a quo – un ampliamento della spesa privo di copertura paralizzando qualsiasi ragionevole progetto di risanamento del bilancio deficitario dell’ente, con ripercussioni sugli equilibri complessivi di finanza pubblica.

Il rimettente si sofferma sulle problematiche che deriverebbero dall’allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo, richiamando le pronunce di questa Corte che in più occasioni ha censurato le diverse soluzioni normative atte a prescriverne il riassorbimento in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario.

1.3.– L’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 sarebbe, infine, costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost., in relazione all’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011.

Evidenzia il rimettente che l’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011, nel prevedere in generale che «[n]el corso dell’esercizio, il bilancio di previsione può essere oggetto di variazioni autorizzate con legge» (comma 1), tuttavia dispone che «[n]essuna variazione al bilancio può essere approvata dopo il 30 novembre dell’anno a cui il bilancio stesso si riferisce», fatte salve le eccezioni espressamente indicate dalla medesima disposizione (comma 6).

Tale normativa sarebbe espressione del principio di annualità del bilancio di cui all’art. 81, quarto comma, Cost., enunciato altresì nell’Allegato 1 al d.lgs. n. 118 del 2011 e nella legge n. 196 del 2009, Allegato 1, principio n. 1.

Sostiene il giudice a quo che, ai sensi del predetto principio, le scelte legislative inerenti al bilancio – che provvedono in ordine all’allocazione delle risorse finanziarie e alle conseguenti autorizzazioni cui è subordinata la gestione degli stanziamenti – dovrebbero essere elaborate su un orizzonte temporale almeno triennale; per ogni anno solare dovrebbero presentarsi come correnti o successive, in quanto altrimenti si produrrebbe un sostanziale svuotamento della funzione di programmazione che ontologicamente sarebbe propria del bilancio di previsione.

Ricorda il rimettente che la ratio alla base della norma che impone di iscrivere l’importo del disavanzo di amministrazione quale primo tra gli stanziamenti di spesa del bilancio (art. 39, comma 7, lettera c, del d.lgs. n. 118 del 2011) sarebbe strettamente correlata alla funzione di programmazione del documento finanziario previsionale in quanto la misura degli obblighi di rientro dal deficit determinerebbe effetti di compressione della dimensione generale delle spese da autorizzare, delimitando lo spazio finanziario utile all’impiego del risultato di amministrazione per il finanziamento di nuove spese nell’esercizio.

Il postulato dell’annualità del bilancio presupporrebbe la non modificabilità dello stato del bilancio dopo la chiusura dell’esercizio finanziario cui si riferisce (31 dicembre), cosicché detto principio dovrebbe ritenersi violato non solo nell’ipotesi in cui l’alterazione degli stanziamenti di bilancio, a quella data, avvenga con norme successive che operino variazioni dirette su un esercizio finanziario ormai concluso, ma anche quando sia disposta, con effetto retroattivo, l’abrogazione di variazioni già effettuate nell’esercizio di riferimento.

Nella fattispecie in esame, la disposizione censurata, disponendo variazioni nell’allocazione delle spese con effetto retroattivo sul bilancio dell’esercizio 2020 ormai concluso, altererebbe le risultanze finali del Conto del bilancio confluite nel rendiconto, in violazione del principio di annualità del bilancio discendente dall’art. 81, quarto comma, Cost. e dall’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011, quale parametro interposto.

2.– In via preliminare, va ribadita la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale prospettate nell’ambito del giudizio di parificazione (ex plurimis, sentenze n. 184 del 2022 e n. 196 del 2018).

3.– Le censure sollevate rilevano ai fini della definizione del giudizio di parificazione del rendiconto 2020 della Regione Siciliana in quanto, nel caso in cui le disposizioni in esame fossero dichiarate costituzionalmente illegittime, occorrerebbe rideterminare la quota di disavanzo da recuperare iscritta nel bilancio dell’esercizio 2020, altrimenti gravemente sottostimata, per evitare la compromissione del risultato di amministrazione e il potenziale travolgimento dell’intera programmazione e della correlata rendicontazione (sentenze n. 184 del 2022, n. 235 del 2021, n. 49 del 2018 e n. 184 del 2016).

Inoltre, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate avrebbe ripercussioni, oltre che sui saldi del rendiconto 2020, anche sui bilanci degli esercizi futuri, in quanto ogni bilancio è geneticamente collegato alle risultanze dell’esercizio precedente, dalle quali prende le mosse per le proprie determinazioni (sentenza n. 49 del 2018).

Con riguardo all’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, la questione è rilevante anche tenuto conto che, dopo la conclusione dell’esercizio finanziario, detta disposizione incide retroattivamente sull’articolazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2020. La declaratoria di illegittimità costituzionale della predetta normativa comporterebbe la necessità di rideterminare gli stanziamenti iscritti nel Conto del bilancio 2020 relativi al disavanzo da recuperare.

4.– Neppure, come sostenuto dal giudice a quo, è possibile addivenire a una interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate a fronte della chiarezza del dato letterale; ciò in quanto esse prevedono una normativa differente sul ripiano del disavanzo per la Regione Siciliana in contrasto con il regime ordinario individuato dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, espressione dell’armonizzazione dei bilanci pubblici ai fini del perseguimento del precetto costituzionale dell’equilibrio di bilancio, il quale prevede che «12. L’eventuale disavanzo di amministrazione accertato ai sensi del comma 1, a seguito dell’approvazione del rendiconto, al netto del debito autorizzato e non contratto di cui all’art. 40, comma 1, è applicato al primo esercizio del bilancio di previsione dell’esercizio in corso di gestione. La mancata variazione di bilancio che, in corso di gestione, applica il disavanzo al bilancio è equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione. Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio […]».

Le disposizioni censurate determinano un ampliamento della capacità di spesa non consentita e, inoltre, gli stanziamenti definitivi del Conto del bilancio 2020 relativi al disavanzo finanziario, oggetto di rendicontazione, conseguono a variazioni di bilancio disposte ad esercizio concluso, in violazione del principio costituzionale dell’annualità.

5.– Sempre in via preliminare, deve dichiararsi l’inammissibilità dell’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti in quanto non può ritenersi, nel caso specifico, titolare di un interesse qualificato, idoneo a legittimarne l'intervento nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, secondo quanto stabilito dall'art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ordinanza allegata alla sentenza n. 1 del 2024).

6.– Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nel testo vigente rationetemporis, sollevate dal giudice a quo in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., sotto il profilo della lesione del principio dell’obbligo di copertura della spesa e dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, sono fondate.

6.1.– Il d.lgs. n. 158 del 2019 reca una normativa di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli. In particolare, l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 (Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario), applicabile rationetemporis, stabilisce che «1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, non potranno essere ripianate oltre il limite massimo di dieci esercizi. In ogni caso l’applicazione del presente comma non può avere effetto sulla gestione dei pagamenti. 2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1 è ridotto a tre anni qualora, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo, la Regione e lo Stato non sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di responsabilità intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosità, quali la riduzione strutturale della spesa corrente, già con effetti a decorrere dall’esercizio finanziario 2020. La Regione si impegna, altresì, a concordare con lo Stato appositi interventi di riforma per le finalità di cui al presente comma».

6.2.– Questa Corte ha già affermato che le norme di attuazione dello statuto speciale «si basano su un potere attribuito dalla norma costituzionale in via permanente e stabile (sentenza n. 212 del 1984; v. anche sentenza n. 160 del 1985), la cui competenza ha “carattere riservato e separato rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica” (sentenza n. 213 del 1998; n. 137 del 1998; n. 85 del 1990; n. 160 del 1985; n. 212 del 1984; n. 237 del 1983; e n. 180 del 1980) […]. È insito nelle norme di attuazione il compito di assicurare un collegamento e di coordinare l’organizzazione degli uffici, delle attività e delle funzioni trasferite alla Regione e di quelle rimaste allo Stato, in modo che vi sia una armonizzazione dei contenuti e degli obiettivi particolari delle autonomie speciali con l’organizzazione dello Stato nell’unità dell’ordinamento giuridico (sentenze n. 213 del 1998; n. 212 del 1984; n. 136 del 1969; n. 30 del 1968)» (sentenza n. 353 del 2001).

Si tratta di fonti a competenza “riservata e separata”, rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica (sentenze n. 213 e n. 137 del 1998, n. 85 del 1990, n. 160 del 1985), idonee a introdurre una disciplina innovativa nel rispetto dei principi costituzionali e del «limite della corrispondenza alle norme e alla finalità di attuazione dello statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale» (sentenza n. 316 del 2004), in modo da comporre un ordinamento giuridico armonico, compatibile con l’autonomia speciale e coerente con il principio di unitarietà della Repubblica.

I decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali presentano caratteristiche peculiari rispetto a quelli ordinari, in quanto emanati dal Governo in assenza della legge di delega preventiva del Parlamento; non sono sottoposti al parere parlamentare; necessitano del consenso della Commissione paritetica Stato-Regione, prevista da ciascuno statuto speciale, cui partecipano membri designati in misura uniforme dal Governo e dalla Regione. I presupposti del decreto legislativo di attuazione sono la Costituzione e lo statuto speciale, ed è a tali fonti che si fa riferimento soprattutto per individuare l’oggetto delle disposizioni di attuazione.

6.2.1.– Il raffronto del contenuto del d.lgs. n. 158 del 2019 con la fonte statutaria qui in rilievo evidenzia, invece, che la disciplina introdotta per dare attuazione allo statuto speciale nella sostanza non reca alcun riferimento preciso a ciò che è disciplinato dagli artt. 14 e 17 dello statuto medesimo, i quali non includono tra le materie assegnate alla potestà legislativa esclusiva e concorrente della Regione quelle della contabilità e della disciplina del bilancio.

Proprio in considerazione della speciale procedura prevista per l’adozione delle norme di attuazione degli statuti speciali assume, dunque, particolare rilievo la questione incidentale promossa dalla Corte dei conti nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana, per fugare zone d’ombra nel controllo di legittimità costituzionale (sentenze n. 138 del 2019 e n. 196 del 2018). Nell’ambito del giudizio di parificazione può avvenire, come nel caso di specie, la verifica della conformità a Costituzione delle norme di attuazione dello statuto speciale che incidono sugli equilibri finanziari del bilancio regionale e sugli equilibri del complesso delle amministrazioni pubbliche.

6.3.– Il riaccertamento straordinario, a cui fa riferimento il titolo della disposizione censurata, è stato introdotto dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011 per far emergere il disavanzo occulto provocato dal mancato aggiornamento delle situazioni creditorie e debitorie pregresse, il quale, senza un’appropriata copertura, mina l’equilibrio del bilancio, sia in prospettiva annuale che pluriennale (sentenza n. 6 del 2017).

La previsione contenuta nel censurato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, che consente il ripiano delle quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, entro il termine massimo di dieci anni, viola l’obbligo di provvedere alla copertura della spesa previsto dall’art. 81, terzo comma, Cost.; ciò permette di ampliare la capacità della regione di effettuare nuove spese, provocando un ulteriore squilibrio dei conti pregiudizievole per la finanza pubblica allargata con conseguente necessità di ulteriori manovre finanziarie restrittive che possono gravare più pesantemente sulle fasce deboli della popolazione.

È stato chiarito che l’obbligo di copertura finanziaria rappresenta un presupposto indispensabile per un bilancio in equilibrio «dal momento che l’equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse» (sentenza n. 84 del 2023, che richiama la sentenza n. 274 del 2017).

6.3.1.– L’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione vigente rationetemporis, comporta, inoltre, da un lato l’elusione dell’obbligo di incrementare la quota annuale del disavanzo pregresso non ripianato nei precedenti esercizi con un indebito «trascinamento nel tempo» del disavanzo stesso (sentenza n. 246 del 2021) e, dall’altro lato, riduce l’importo delle quote periodiche del disavanzo da recuperare, delineando una modalità di recupero del disavanzo in violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., sotto il profilo dell’equilibrio del bilancio e dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (sentenza n. 268 del 2022).

La disposizione censurata, difatti, nel prevedere una disciplina per il recupero del disavanzo valevole solo per la Regione Siciliana, diverge dal dettato dell’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, regola generale prevista dal legislatore statale per il recupero del disavanzo a tutela dell’equilibrio del bilancio del singolo ente e del complessivo equilibrio della finanza pubblica, non derogabile in sede di Commissione paritetica per la realizzazione del contingente interesse regionale.

Questa Corte è costante nell’affermare che il riassorbimento del disavanzo in periodi che vanno ben oltre il ciclo di bilancio ordinario comporta una lesione a tempo indeterminato dei precetti costituzionali evocati che finisce per disincentivare il buon andamento dei servizi e scoraggiare le buone pratiche ispirate a una oculata e proficua spendita delle risorse della collettività (sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019). Pertanto, «la disciplina temporale del rientro dal disavanzo non può che correlarsi allo specifico esercizio nel quale ciascuna componente di tale aggregato si è prodotta, così da consentire che, pur nella continuità degli esercizi, questa venga recuperata nel periodo massimo consentito» (sentenza n. 168 del 2022).

Per i suesposti motivi, l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 8 del 2021, è costituzionalmente illegittimo per violazione del principio dell’equilibrio del bilancio di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost.

6.4.– L’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale in riferimento ai predetti parametri costituzionali consente di ritenere assorbite le censure sollevate nei confronti dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 in riferimento agli altri parametri evocati dal giudice rimettente.

7.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 sollevate in riferimento agli artt. 81 e 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost. sono fondate.

7.1.– L’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 stabilisce che: «2. A parziale modifica del piano di rientro di cui all’articolo l della legge regionale 30 settembre 2015, n. 21 e successive modifiche ed integrazioni, il saldo finanziario negativo di euro 7.313.398.073,97, di cui al comma 1, è ripianato come segue: a) per euro 1.338.315.181,92: a1) in 16 quote costanti di euro 57.131.972,20 a decorrere dall’esercizio finanziario 2019 relative al residuo al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell’esercizio 2014 di cui alla delibera di Giunta n. 229 del 14 settembre 2015 da ripianare ai sensi del comma 886 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145; a2) in 10 quote costanti di euro 42.420.362,67 a decorrere dall’esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell’esercizio 2014 di cui alla delibera di Giunta n. 229 del 14 settembre 2015 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli. b) per euro 4.761.245.284,17: b1) in 26 quote costanti di euro 164.180.871,87 a decorrere dall’esercizio finanziario 2019 relative al residuo al 31 dicembre 2018 del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da ripianare ai sensi dell’articolo 3, comma 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modifiche ed integrazioni; b2) in 10 quote costanti di euro 49.254.261,56 a decorrere dall’esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli; c) per euro 187.218.858,42 in 30 quote costanti di euro 6.240.628,61 a decorrere dall’esercizio finanziario 2019 relative al disavanzo derivante dalla gestione dell’esercizio 2017 da ripianare ai sensi del comma 874 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145; d) per euro 1.026.618.749,46 in 10 quote costanti di euro 102.661.874,95 a decorrere dall’esercizio 2019 relative al disavanzo derivante dalla gestione dell’esercizio 2018 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli».

L’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 prevede, dunque, la modifica del piano di rientro dal disavanzo pregresso già approvato con la legge della Regione Siciliana 30 settembre 2015, n. 21 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione per il triennio 2015-2017. Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2015 e al bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017. Disposizioni varie) per ripianare il saldo finanziario negativo pari a euro 7.313.398.073,97, che rappresenta l’ammontare residuo del disavanzo dell’esercizio finanziario 2014 non ancora recuperato al 31 dicembre 2018 e di quello determinato dal riaccertamento straordinario dei residui alla data del 1° gennaio 2015, secondo una ripartizione in quote costanti su un arco temporale che varia da un minimo di dieci ad un massimo di trenta anni.

La dilatazione dei tempi di recupero del deficit e la correlata riduzione dell’ammontare delle quote come originariamente determinate e accantonate e/o vincolate nel risultato di amministrazione, comporta, quale diretta conseguenza, un notevole ampliamento della capacità di spesa della Regione Siciliana, la quale è incentivata ad effettuare nuove spese senza prevedere una idonea copertura, piuttosto che coprire il disavanzo precedente, provocando un peggioramento del già precario equilibrio finanziario.

7.2.– L’equilibrio dei singoli bilanci rappresenta un presupposto della sana gestione finanziaria e del corretto esercizio dell’autonomia degli enti territoriali nonché del dovere di concorrere alla realizzazione degli obiettivi posti in sede nazionale e in ambito eurounitario e sovranazionale (in tal senso, sentenza n. 4 del 2020). Si tratta di un principio che non può essere derogato neppure in favore delle regioni a statuto speciale, le quali partecipano insieme agli altri enti territoriali alla finanza pubblica allargata (sentenza n. 165 del 2023).

Il legislatore regionale siciliano non tiene conto, tra l’altro, che il recupero del disavanzo in dieci annualità, invece che nelle consuete tre previste dalla regola generale di cui all’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, sarebbe stato subordinato dal più volte citato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 alla sottoscrizione di un accordo tra la regione e lo Stato per l’adozione di specifici impegni per l’effettivo rientro dal disavanzo; accordo che al momento dell’adozione della disposizione censurata non era tuttavia intervenuto.

La disposizione censurata, anziché prevedere misure di contenimento della spesa, dispone modalità di recupero del disavanzo che consentono addirittura di ampliarla senza adeguata copertura, in tal modo compromettendo il già difficile assetto della finanza regionale, con conseguenze sui contribuenti presenti e futuri, gravati dall’esigenza di un maggiore prelievo fiscale necessario a ripristinare il turbato equilibrio.

7.3.– In presenza di difficoltà nel risanamento dell’ente strutturalmente deficitario, il recupero del disavanzo non può essere ulteriormente procrastinato, dovendosi, per converso, porre in essere azioni indispensabili ad incentivare il buon andamento dei servizi e pratiche di amministrazione ispirate a una oculata e proficua spendita delle risorse della collettività (in tal senso, sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019), anche per evitare gravose “eredità” per i futuri amministrati (ancora sentenza n. 235 del 2021).

L’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 dispiega altresì effetti negativi sull’equilibrio della finanza pubblica allargata in quanto i conti della Regione Siciliana confluiscono nelle risultanze dei conti nazionali, con ciò ostacolando la realizzazione degli obiettivi macroeconomici nazionali e di quelli concordati in sede eurounitaria e sovranazionale.

La previsione contenuta nell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 si pone, dunque, in contrasto con la norma di attuazione dello statuto regionale e con regola generale prevista per il recupero del disavanzo dall’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, violando così gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., sotto il profilo del principio dell’obbligo di copertura della spesa, dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio.

7.4.– Gli ulteriori profili di censura sono assorbiti.

8.– Le censure sollevate nei confronti dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., nonché in riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., in relazione all’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011, sono fondate.

8.1.– L’art. 110, ai commi 3, 6 e 9, prevede, che: «3. Alla Tabella B di cui all’articolo 2 della legge regionale n. 33/2020 le variazioni di euro -92.545.554,15, euro -213.435.133,43, euro -6.240.628,61 ed euro -102.661.874,95 (Missione 0, Programma 0, capitoli 000004, 000006, 000014 e 000015) sono abrogate. […] 6. L’articolo 8 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 è abrogato. […] 9. Le abrogazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 producono effetti con decorrenza dal 29 dicembre 2020. L’abrogazione di cui al comma 6 produce effetti con decorrenza dal 31 dicembre 2020».

8.1.1.– Le disposizioni censurate dispongono variazioni retroattive sulle poste attive e passive del bilancio, già assoggettate a parificazione per l’esercizio antecedente, che lasciano ex post prive di copertura le obbligazioni assunte in corso di quell’esercizio.

Detta assenza di copertura provoca uno sbilanciamento economico-finanziario nelle risultanze degli esercizi successivi, ivi compreso quello sottoposto al giudizio di parifica, determinando – per le motivazioni già esposte con riguardo all’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 e all’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 – il contrasto con il principio che sancisce l’obbligo di copertura della spesa e con il principio di equilibrio di bilancio di cui agli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost.

8.2.– L’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 contrasta, altresì, con l’art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011, norma interposta dell’art. 81, quarto comma, Cost. con riguardo ai principi di annualità e di continuità del bilancio.

8.2.1.– La norma interposta invocata dal rimettente stabilisce difatti che «[n]essuna variazione al bilancio può essere approvata dopo il 30 novembre dell’anno a cui il bilancio stesso si riferisce», fatte salve le eccezioni espressamente indicate al comma 6 della medesima disposizione.

Il predetto paradigma è una specificazione del principio dell’equilibrio tendenziale contenuto nell’art. 81 Cost. in quanto «collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato» (ex plurimis, sentenza n. 181 del 2015), consentendo di connettere in modo strutturale e pluriennale i bilanci preventivi e successivi assicurandone certezza e stabilità. Detta connessione comporta la necessità di rispettare la sequenza temporale degli adempimenti legislativi e amministrativi afferenti al bilancio preventivo e consuntivo poiché una sana gestione finanziaria non può non tener conto della corretta determinazione della situazione economico-finanziaria da cui prende le mosse, la quale si proietta sugli esercizi successivi, coinvolgendo le relative gestioni e l’equilibrio dei bilanci (sentenza n. 165 del 2023).

8.3.– In definitiva, l’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, è costituzionalmente illegittimo per l’incidenza postuma che esso determina sulla situazione economico-finanziaria della Regione Siciliana relativamente a un esercizio ormai concluso, privando di certezza i termini di riferimento per la costruzione delle previsioni dei successivi bilanci e del loro equilibrio (sentenze n. 165 del 2023 e n. 89 del 2017).

8.4.– Restano assorbite le ulteriori censure.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2019, n. 30 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021);

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2023.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2024

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472