Può una legge regionale fissare un periodo massimo di durata per gli affitti turistici brevi relativi alle prime case?
La Corte costituzionale, con la sentenza n.94 depositata il 24 maggio 2024, risponde affermativamente.
Il caso di specie. riguarda l'articolo 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d'Aosta del 18 luglio 2023, n. 11, secondo cui le "camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d'uso ad abitazione permanente o principale" non possono essere affittate per più di 180 giorni all'anno.
La Consulta chiarisce che questa disposizione non si occupa della durata dei contratti di locazione turistica breve, e, quindi, non incide sulla materia dell’ordinamento civile, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., al legislatore statale.
La Regione, infatti, ha configurato come mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, da abitazione principale (prima casa) ad abitazione temporanea (seconda casa), l’impiego di parti dello stesso (le “camere arredate”) a fini di locazione turistica breve per un tempo superiore a centottanta giorni annui, ritenendolo corrispondente a un uso “non puramente occasionale e momentaneo”, in linea con gli artt. 73 e 74 della legge urbanistica regionale.
La conclusione della Corte, quindi, è che la normativa regionale non viola le prerogative statali in materia di ordine civile, come delineato dall'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Così facendo, la Corte stabilisce che l'imposizione di un limite massimo alla durata degli affitti brevi, nelle prime case, non è incostituzionale e non pregiudica i contratti tra privati, che “restano disciplinati dalle previsioni del codice civile a norma dell’art. 53 del d.l. n. 50 del 2017, come convertito”.
SENTENZA N. 94
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d’Aosta 18 luglio 2023, n. 11 (Disciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 2 ottobre 2023, depositato in cancelleria il 5 ottobre 2023, iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2023.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
udita nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2024 la Giudice relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi;
uditi l’avvocato dello Stato Roberta Guizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
deliberato nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 5 ottobre 2023 (reg. ric. n. 30 del 2023), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d’Aosta 18 luglio 2023, n. 11 (Disciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione e all’art. 2, primo comma, lettere g) e q), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).
1.1.– Il ricorrente premette che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, nell’esercizio della competenza legislativa primaria in materia di urbanistica e turismo (riconosciutale dall’art. 2, primo comma, lettere g e q, dello statuto speciale), con la legge reg. Valle D’Aosta n. 11 del 2023 ha disciplinato gli adempimenti amministrativi relativi alle locazioni per finalità turistiche. In particolare, al fine di consentire la verifica della corretta applicazione dell’imposta di soggiorno e di assicurare l’effettivo svolgimento dell’attività di vigilanza e controllo, ha stabilito l’obbligo – in capo al locatore – di rendere una dichiarazione sostitutiva, attestante – tra l’altro – i periodi di esercizio dell’attività di locazione turistica.
La difesa statale precisa che la dichiarazione relativa alla durata dell’attività locativa – e la conseguente fissazione, compiuta dall’impugnato art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, in centottanta giorni annui della complessiva durata massima di tale attività – è richiesta, però, solo nel caso di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), numero 1), della medesima legge regionale: vale a dire quando la locazione abbia a oggetto camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale, ai sensi della legge urbanistica regionale (legge della Regione Valle d’Aosta 6 aprile 1998, n. 11, recante «Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta»).
La richiamata previsione, ad avviso del Governo, con il predeterminare il periodo massimo annuo di esercizio dell’attività locatizia, realizzerebbe un’indebita compressione delle facoltà proprietarie e quindi dell’autonomia privata, così esorbitando dalle competenze legislative regionali primarie in materia di urbanistica e turismo, attribuite alla Regione dallo statuto speciale.
La disciplina dei contratti di locazione turistica, come quella di tutti i contratti, sarebbe, infatti, da ricondursi alla materia dell’ordinamento civile, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Quest’ultimo, peraltro, l’avrebbe in effetti esercitata: dapprima escludendo che a tali contratti si applichino alcune disposizioni relative alle locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo (di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo»), in quanto non coerenti con la specifica funzione economico-sociale dei medesimi; poi rinviando alle «disposizioni del codice civile in tema di locazione» mediante l’art. 53 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio).
Né tale conclusione potrebbe essere contraddetta dalla circostanza che la disposizione, ora impugnata in parte qua, andrebbe a introdurre meri adempimenti amministrativi funzionali all’attività di vigilanza e controllo sulle locazioni turistiche, come riconosciuto nella sentenza n. 84 del 2019 di questa Corte: adempimenti che, come tali, dovrebbero ricondursi alla competenza legislativa regionale primaria in materia di turismo. Anche alla luce di quanto affermato dalla appena richiamata sentenza, la difesa statale ritiene che, nel caso della disposizione valdostana ora impugnata, la predeterminazione del periodo massimo di locazione nulla abbia a che vedere con un adempimento amministrativo analogo a quello allora oggetto di scrutinio, necessario per l’identificazione della locazione a fini turistici ed esterno al contratto, ma, all’opposto, investa la regolamentazione stessa della locazione, incidendo quindi sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale riservata alla uniforme disciplina privatistica.
2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si è costituita in giudizio e ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile e comunque non fondato.
2.1.– In primo luogo, la difesa regionale ritiene la questione inammissibile per genericità delle censure, in quanto non sarebbe stata fornita un’adeguata motivazione a sostegno del preteso travalicamento delle competenze assegnate alla Regione dallo statuto speciale in materia di urbanistica e di turismo.
Il ricorso sarebbe, poi, inammissibile anche sotto un altro profilo e cioè per errata o comunque incompleta individuazione delle norme ritenute lesive del riparto costituzionale delle competenze. Secondo la difesa regionale, infatti, la lesione paventata dal Governo discenderebbe anzitutto dall’art. 2, comma 1, lettera a), numero 1), della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023, non impugnato, là dove sono posti limiti alla locazione turistica degli immobili con destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale, che può riguardare solo «camere arredate» e a condizione che l’utilizzo dell’immobile ad abitazione principale o permanente risulti «prevalente». Di tale previsione la disposizione regionale impugnata – e cioè l’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo – costituirebbe mera attuazione, individuando in centottanta giorni all’anno il periodo massimo di destinazione delle camere arredate a locazione turistica compatibile con la destinazione ad abitazione principale dell’immobile.
Dall’indicata ragione di inammissibilità ne discenderebbe un’altra, inerente al difetto di interesse a ricorrere avverso il citato art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023. La difesa regionale osserva, a tal proposito, che, quand’anche la questione promossa dal Governo venisse accolta, in ogni caso permarrebbe il vincolo di utilizzo prevalente dell’immobile al fine di abitazione principale di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), numero 1), della medesima legge regionale: vincolo al quale sarebbe subordinata la stessa possibilità di considerare l’immobile destinato ad abitazione permanente o principale come alloggio a uso turistico. Con la conseguenza che, anche nel caso in cui la disposizione impugnata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, l’interprete potrebbe utilizzare un criterio analogo, se non identico, a quello da essa previsto.
2.2.– Quanto al merito, la difesa regionale ritiene che il ricorso muova da un erroneo presupposto interpretativo.
Lungi dall’incidere sulla disciplina dei contratti di locazione turistica e dal comprimere le facoltà proprietarie e l’autonomia privata, così da invadere la sfera di competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile, la disposizione regionale contestata costituirebbe, infatti, esercizio della potestà legislativa primaria regionale nella materia «urbanistica [e] piani regolatori per zone di particolare importanza turistica», di cui all’art. 2, lettera g), dello statuto speciale. Essa, infatti, si limiterebbe a individuare il presupposto al cui ricorrere l’immobile con destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale può conservare la suddetta destinazione anche in caso di utilizzo per una diversa finalità.
Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che, nel caso di superamento del limite dei centottanta giorni di destinazione delle camere arredate ad attività di locazione turistica breve, non si determinerebbe alcun divieto di locare a uso turistico l’immobile, né vi sarebbe alcuna incidenza sulla validità ed efficacia del contratto di locazione. L’unico effetto dell’indicato superamento del limite sarebbe costituito dal mutamento della destinazione d’uso dell’immobile stesso, da abitazione permanente o principale ad abitazione temporanea, ai sensi dell’art. 73, comma 2, lettera d[-]bis), della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 1998, con le relative conseguenze sia a livello di vigilanza e controlli ed eventualmente di perdita di benefici collegati all’abitazione principale o prevalente, sia ai fini del monitoraggio e della programmazione e pianificazione regionale e comunale.
3.– La Confederazione italiana della proprietà edilizia (Confedilizia) ha depositato, in qualità di amicus curiae, un’opinione scritta, ammessa con decreto presidenziale del 12 gennaio 2024.
Confedilizia segnala che alle locazioni a uso abitativo di carattere e finalità turistica neppure la legge statale si spinge a imporre limiti di durata, incidendo sulla libera contrattazione tra le parti. La legge regionale scrutinata, invece, stabilendo un termine di durata alle locazioni turistiche brevi, violerebbe la riserva allo Stato della disciplina dei rapporti tra privati, in contrasto con la garanzia di cui all’art. 41 Cost., e con il principio di libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni enunciato nell’art. 120 Cost.
4.– All’udienza pubblica, le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate negli atti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023, nella parte in cui fissa in centottanta giorni annui la durata massima della locazione degli alloggi a uso turistico, come definiti dall’art. 2, comma 1, lettera a), numero 1), della medesima legge regionale, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e all’art. 2, primo comma, lettere g) e q), dello statuto speciale.
Più precisamente, il ricorrente ritiene che il legislatore regionale – prevedendo, fra gli adempimenti amministrativi relativi alle locazioni per finalità turistiche, l’obbligo del locatore di attestare, fra l’altro, i periodi di esercizio dell’attività di locazione – abbia fissato la complessiva durata massima di tale attività in centottanta giorni annui. Ciò con esclusivo riferimento all’ipotesi in cui la locazione abbia a oggetto «camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale» (art. 2, comma 1, lettera a, numero 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023), ai sensi della legge urbanistica regionale (legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 1998).
Con la disposizione impugnata, il legislatore valdostano avrebbe travalicato le proprie competenze legislative in materia di urbanistica e turismo, di cui all’art. 2, primo comma, lettere g) e q), dello statuto speciale. La disposizione regionale impugnata sarebbe, infatti, indebitamente intervenuta sulla durata massima della locazione, incidendo sulla libertà negoziale, come pure avrebbe compresso in modo indebito le facoltà proprietarie, sotto forma di limitazione del godimento dell’immobile adibito ad abitazione principale, in violazione della sfera di competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
2.– In via preliminare, occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa regionale.
2.1.– Quest’ultima eccepisce, in primo luogo, la genericità delle censure promosse dal ricorrente, il quale non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni per cui la disposizione regionale impugnata – là dove definisce i presupposti qualitativi e quantitativi affinché un alloggio con destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale possa rimanere tale anche se adibito a locazioni turistiche di breve durata – oltrepasserebbe il perimetro della competenza legislativa regionale primaria in materia di urbanistica, intervenendo sulla materia dei contratti.
2.1.1.– L’eccezione non è fondata.
È ormai costante la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, nei giudizi in via principale, è «necessario […] che la motivazione addotta a supporto delle censure, per quanto sintetica, raggiunga quella “soglia minima di chiarezza e di completezza” (sentenza n. 64 del 2016), che consenta a questa Corte di esaminare il merito dell’impugnativa proposta (tra le molte, sentenze n. 123 del 2022, n. 195 e n. 29 del 2021, n. 273 e n. 194 del 2020, n. 201 e n. 83 del 2018)» (sentenza n. 114 del 2023).
Nella specie, tale soglia risulta superata. Dal tenore letterale del ricorso, pur formulato in maniera sintetica, si desume, infatti, che il ricorrente muove dall’assunto che la «predeterminazione del periodo massimo di locazione», stabilita dalla disposizione regionale impugnata, «investe la regolamentazione stessa della locazione, incidendo quindi sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale riservata alla uniforme disciplina privatistica» e, pertanto, ne desume l’indebita invasione nella materia dell’ordinamento civile, «ambito che l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato».
2.2.– Un ulteriore motivo di inammissibilità del ricorso, dedotto dalla resistente, attiene alla asseritamente non corretta, e comunque non completa, individuazione delle norme oggetto del giudizio, ritenute lesive della sfera di competenza statale. Tale lesione, infatti, discenderebbe non tanto e non solo dalla disposizione regionale impugnata (l’art. 4, comma 1, lettera f, ultimo periodo, della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023), quanto dal precedente art. 2, comma 1, lettera a), numero 1) – non oggetto di censure –, nella parte in cui, nell’individuare gli «alloggi a uso turistico», prescrive che, quando la locazione turistica breve riguarda «camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale», il predetto uso deve risultare «prevalente». La disposizione regionale impugnata si limiterebbe a dare applicazione al concetto di “prevalenza”, precisando che la destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale non muta solo in caso di locazione di camere arredate all’interno dell’unità immobiliare per un periodo compreso in centottanta giorni all’anno.
2.2.1.– Anche tale eccezione si rivela priva di fondamento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è motivo di inammissibilità del ricorso promosso in via principale l’erronea individuazione della disposizione in ordine alla quale sono formulate le censure di illegittimità costituzionale (di recente, sentenza n. 48 del 2023) e da cui si assume derivino le lesioni denunciate. Nella specie tale ragione di inammissibilità non sussiste.
L’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, legge reg. Valle D’Aosta n. 11 del 2023 è – infatti – impugnato proprio nella parte in cui definisce in centottanta giorni la durata complessiva massima dei periodi in cui il locatore può esercitare l’attività di locazione turistica breve, nell’ipotesi in cui quest’ultima abbia a oggetto gli alloggi turistici individuati dall’art. 2, comma 1, lettera a), numero 1), della medesima legge regionale: vale a dire, le «camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale», per cui «risulti prevalente il predetto uso». Quest’ultima previsione, pertanto, pur contribuendo a integrare il contenuto della disposizione impugnata mediante l’individuazione della tipologia di alloggi cui si riferisce il limite temporale allo svolgimento dell’attività di locazione turistica breve, risulta tuttavia estranea alla questione di legittimità costituzionale promossa con il ricorso indicato in epigrafe: questione che, come affermato dal ricorrente, verte specificamente sulla «predeterminazione del periodo massimo di locazione», operata dall’impugnato art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, ritenuta lesiva della libertà negoziale e della «sfera contrattuale riservata alla uniforme disciplina privatistica».
2.3.– Parimenti va rigettata l’ulteriore eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa regionale per difetto di interesse a ricorrere avverso l’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge regionale n. 11 del 2023.
Una volta accertato, infatti, che il ricorrente lamenta la lesione della sfera di competenza legislativa esclusiva statale in materia contrattuale derivante dalla predeterminazione, da parte del legislatore regionale, del periodo massimo di locazione turistica consentito (centottanta giorni annui), risulta evidente la sussistenza dell’interesse a impugnare la disposizione che espressamente stabilisce il predetto limite.
3.– Nel merito, la questione non è fondata.
3.1.– Al fine di cogliere l’esatta portata della disposizione impugnata e individuare la materia cui ricondurre la disciplina in essa contenuta, occorre, in via preliminare, ricostruire il quadro normativo di riferimento in cui essa si inserisce. Ciò in linea con il costante indirizzo di questa Corte, secondo cui «nell’individuazione della materia cui ascrivere una determinata norma, […] occorre considerarne ratio, finalità e contenuti, tralasciando aspetti marginali ed effetti riflessi (ex plurimis, sentenza n. 193 del 2022)» (sentenza n. 267 del 2022).
3.1.1.– La disposizione impugnata si inserisce nel contesto della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023, che reca la «[d]isciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche» e cioè in materia di «locazion[i] per finalità turistiche, esercitat[e] anche in forma di impresa, di durata pari anche a un solo giorno di pernottamento e comunque non superiore a trenta giorni consecutivi, di alloggi a uso turistico» (art. 1).
Obiettivo generale della legge regionale in esame – come risulta dalla relazione illustrativa – è l’identificazione dei citati adempimenti in una forma «chiara e semplice», così da «consentire contezza del fenomeno della locazione per finalità turistiche e l’esatto dimensionamento degli arrivi e delle presenze relativi a tale tipologia di ospitalità», al fine di «sviluppare politiche in materia di turismo sempre più mirate» e in grado di rispondere alla molteplicità di esigenze correlate alla crescita di un «fenomeno turistico nuovo», quale è quello della «locazione per finalità turistiche di camere, appartamenti o case arredati a ospiti che scelgono tale soluzione di ricettività, dietro pagamento di un corrispettivo […] anche tramite offerte su portali telematici specializzati».
3.1.2.– Si tratta del cosiddetto home sharing, diffusosi in particolare grazie alla creazione di piattaforme on line, volte a mettere in contatto – come si sottolinea nella già citata relazione illustrativa al disegno di legge regionale – privati (proprietari) che dispongono di spazi abitativi sottoutilizzati da concedere in locazione con altri privati in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi e che non intendono ricorrere al circuito delle strutture ricettive tradizionali. La conseguente «trasformazione della dimora, permanente (prima casa) e soprattutto secondaria (seconda casa), in una struttura turistico-ricettiva estemporanea» ha generato, alla luce dei molteplici interessi coinvolti, problematiche giuridiche di varia natura (negoziali, fiscali, urbanistiche, turistiche, di tutela della concorrenza e di corretta gestione e trasparenza dei dati), sollecitando numerosi interventi regolatori, di provenienza statale, regionale e finanche europea, in ragione delle diverse competenze normative chiamate in causa.
Il legislatore statale inizialmente si era limitato a escludere l’applicabilità alle locazioni con finalità meramente turistiche di alcune delle disposizioni generali relative alle locazioni degli immobili a uso abitativo, dettate dalla legge n. 431 del 1998, in quanto non compatibili con la specifica causa. Solo successivamente disposizioni statali hanno individuato nella disciplina del codice civile in tema di locazione la relativa regolamentazione (art. 53 del d.lgs. n. 79 del 2011). Alcuni anni più tardi – al principale scopo di delinearne il regime fiscale e i relativi adempimenti (come si evince dalla stessa rubrica dell’art. 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96) – si è poi provveduto a definire le locazioni turistiche brevi alla stregua di «contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni […] stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare». Ulteriori adempimenti e limiti sono stati introdotti, ancor più di recente, con disposizioni specifiche, ancora per finalità fiscali (come ad esempio nel caso dell’art. 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023»); come pure a tutela della sicurezza (si veda, in particolare, l’art. 109, regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante «Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza», la cui applicabilità alle locazioni di appartamenti ad uso abitativo per le permanenze turistiche brevi è stata confermata dalla circolare del Ministero dell’interno 26 giugno 2015, n. 4023); fino ad arrivare alle previsioni contenute nell’art. 13-ter del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 15 dicembre 2023, n. 191, adottate «[a]l fine di assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale e la sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità».
Nella medesima linea di tutela della trasparenza del mercato si pone il recentissimo regolamento (UE) 2024/1028 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine e di modifica del regolamento (UE) 2018/1724, approvato sulla base della proposta formulata dalla Commissione dell’Unione europea il 7 novembre 2022. Tale regolamento segna l’introduzione di un quadro normativo omogeneo e armonizzato per gli Stati membri dell’Unione europea, in materia di generazione e di condivisione dei dati inerenti ai citati servizi, al fine di migliorarne l’accesso da parte delle autorità pubbliche e garantirne la qualità, consentendo a queste ultime di valutare correttamente l’impatto dei medesimi servizi sui propri territori e di elaborare le relative politiche in modo efficace e proporzionato. Ciò in vista dello scopo ultimo di assicurare una prestazione corretta, inequivocabile e trasparente di servizi di locazione di alloggi a breve termine nel mercato interno, nel quadro di un ecosistema del turismo equilibrato.
Come la stessa formulazione delle disposizioni più recenti del legislatore statale ed europeo in tema di locazioni turistiche brevi lascia trasparire, anche per il legislatore regionale è previsto uno spazio di intervento, che viene in rilievo con particolare riferimento all’ambito del turismo, nonché a quello del governo del territorio e dell’urbanistica.
Con riguardo al primo ambito, proprio in relazione alle locazioni turistiche brevi, questa Corte ha avuto già occasione di affermare che «gli aspetti turistici anche di queste ultime ricadono nella competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 80 del 2012)» (sentenza n. 84 del 2019) e comprendono tutti gli adempimenti amministrativi, purché precedenti ed esterni al contratto in quanto tale (come, ad esempio, quello, introdotto dalla disposizione regionale lombarda allora scrutinata, relativo ad un codice identificativo di riferimento delle singole unità ricettive), che siano utili al fine di «creare una mappa del rilevante nuovo fenomeno della concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà a prescindere dallo svolgimento di un’attività imprenditoriale, e ciò al fine precipuo di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche» (ancora sentenza n. 84 del 2019).
Ancora più evidente è l’incidenza della forte crescita delle locazioni turistiche brevi sulla competenza legislativa regionale concorrente in materia di governo del territorio. È, infatti, un dato di esperienza che dalla moltiplicazione delle stesse e dal connesso aumento dei flussi turistici possa derivare la trasformazione urbanistica di interi quartieri e centri, con ricadute di rilievo anche sulla gestione dei servizi pubblici locali, la cui disciplina è peraltro riservata alla competenza legislativa regionale. Ne consegue che rientra nella competenza del legislatore regionale intervenire sulla destinazione d’uso degli immobili – in linea con i principi fondamentali fissati dal legislatore statale all’art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)» – considerato che essa «connota l’immobile sotto l’aspetto funzionale, condiziona il carico urbanistico, legato al fabbisogno di strutture e di spazi pubblici, e incide sull’ordinata pianificazione del territorio» (sentenza n. 124 del 2021; in senso analogo, sentenze n. 2 del 2021 e n. 247 del 2020).
3.1.3.– È in questo quadro che va intesa la portata dell’impugnato art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023.
Tale previsione si colloca nell’ambito della disciplina degli adempimenti amministrativi inerenti alle locazioni turistiche brevi, che l’art. 1 espressamente dichiara essere stata adottata nell’esercizio della competenza legislativa regionale primaria in materia di urbanistica e di turismo e «in armonia con la legislazione eurounitaria e statale in materia di locazioni a uso abitativo», come peraltro confermato dalla relazione illustrativa nonché dal recepimento della definizione di locazione turistica breve di cui all’art. 4 del d.l. n. 50 del 2017, come convertito.
In particolare, il disposto dell’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della citata legge regionale rientra nella generale previsione dell’obbligo del locatore di trasmettere al comune, nel cui territorio è ubicato l’alloggio a uso turistico, una dichiarazione sostitutiva contenente una serie di dati (fra cui, ad esempio, l’indirizzo e gli estremi catastali, il numero di camere o vani destinati a finalità turistiche e dei relativi posti letto). La specifica parte della disposizione oggetto di censura è quella in cui, nel richiedere fra tali dati anche l’indicazione del periodo di esercizio dell’attività locatizia, si fissa in centottanta giorni all’anno la durata massima di tale attività, limitatamente – però – all’ipotesi in cui la medesima abbia a oggetto «camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale» (art. 2, comma 1, lettera a, numero 1, della medesima legge regionale). Queste ultime rientrano, infatti, fra gli «alloggi a uso turistico» solo «a condizione che risulti prevalente il predetto uso».
Tale previsione si collega, a sua volta, all’art. 3 della medesima legge regionale, ove viene dettata espressamente la «[d]isciplina urbanistica» delle locazioni turistiche brevi, precisando che non costituisce mutamento di destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 74 della legge urbanistica regionale (legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 1998), l’attività di locazione per finalità turistiche, purché «esercitata nel rispetto delle disposizioni della presente legge». D’altro canto, la legge urbanistica regionale cui il citato art. 3 rinvia, dopo aver precisato che la destinazione d’uso corrisponde all’«uso cui l’immobile o parte di esso è destinato, sotto il profilo delle attività da svolgere nell’immobile stesso» (art. 73, comma 1), dispone che «[s]i ha mutamento della destinazione d’uso quando l’immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenenti ad una categoria di destinazioni, fra quelle elencate all’art. 73, comma 2, diversa da quella in atto» (art. 74, comma 1). E, fra le varie categorie di destinazione d’uso, distingue quella «ad abitazione permanente o principale» (art. 73, comma 2, lettera d), da quella «ad abitazione temporanea» (art. 73, comma 2, lettera d[-]bis).
Risulta, pertanto, evidente che il legislatore regionale – nell’esercizio della competenza legislativa primaria in materia di urbanistica a esso affidata dall’art. 2, primo comma, lettera g), dello statuto speciale – ha inteso dare applicazione e concretizzazione a quanto già stabilito nella legge urbanistica regionale, ravvisando un mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, da abitazione principale ad abitazione temporanea, nell’ipotesi di locazioni turistiche brevi di parti dello stesso (le «camere arredate») per un tempo superiore a centottanta giorni annui, ritenute dare luogo a un uso «non puramente occasionale e momentaneo» (così l’art. 74, comma 1, della legge urbanistica regionale). Ciò, peraltro, anche in linea con i compiti, propri della Regione e degli enti locali, di «continuo monitoraggio» e «permanente conoscenza del territorio e delle sue trasformazioni» (art. 9, comma 4, della citata legge urbanistica regionale), in specie con riferimento ai casi di «sovraccarico ambientale prodotto dai flussi turistici nelle aree che esercitano maggior attrazione e presentano nel contempo particolare sensibilità» (lettera f), nonché di «distribuzione delle presenze turistiche nel territorio» (lettera m), nell’ottica del rispetto di tutte le misure previste nel piano territoriale paesaggistico. Coerentemente, in caso di violazione di tale prescrizione, sono previste specifiche conseguenze di natura amministrativa, quali l’irrogazione della sanzione contemplata dall’art. 9 della medesima legge reg. Valle d’Aosta n. 11 del 2023, oltre all’esclusione del particolare regime di agevolazione, in materia edilizia, previsto per le abitazioni principali.
Resta da aggiungere che, ai fini del mutamento di destinazione d’uso dell’immobile in cui siano collocate le camere arredate oggetto della locazione turistica breve, il legislatore regionale avrebbe potuto scegliere un differente criterio di concretizzazione, magari non limitato al mero fattore temporale. Ma non è oggetto del ricorso la compatibilità della soluzione adottata sul punto dal legislatore con le ragioni di tutela del diritto di proprietà, di cui all’art. 42 Cost.
In definitiva, alla luce della disciplina regionale in esame considerata nel suo complesso, è certo che il superamento dei centottanta giorni non determina alcun effetto sui contratti di locazione turistica breve, che conservano la loro piena validità ed efficacia e restano disciplinati dalle previsioni del codice civile a norma dell’art. 53 del d.l. n. 50 del 2017, come convertito. Né, in questo quadro, può considerarsi in alcun modo rilevante in senso difforme l’espressione letterale utilizzata dal legislatore regionale «[i]n ogni caso, la durata complessiva dei predetti periodi non può superare i centottanta giorni all’anno»: tale disposizione, semplicemente, fissa il limite temporale oltre il quale l’immobile oggetto del contratto si ritiene, in armonia con le previsioni della legge regionale urbanistica, destinato ad un utilizzo diverso rispetto a quello originario, legittimando interventi di natura amministrativa che, senza pregiudizio per la validità e l’efficacia dei contratti stipulati tra i privati, rientrano pienamente nelle competenze regionali.
La disposizione regionale impugnata, in sostanza, lungi dall’incidere sulla disciplina della durata dei contratti di locazione turistica breve e quindi sulla materia dell’ordinamento civile, come sostenuto dal ricorrente, si pone al crocevia delle materie dell’urbanistica e del turismo, assegnate alla competenza legislativa primaria della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dall’art. 2, primo comma, lettere g) e q), dello statuto speciale, come affermato in modo esplicito nell’art. 1 della citata legge regionale n. 11 del 2023.
Essa, dunque, si inserisce coerentemente nel quadro di previsioni regionali il cui esclusivo orizzonte – che coincide con la sfera di competenza – è quello di governare le trasformazioni urbanistiche connesse alla moltiplicazione delle locazioni turistiche brevi, in un’ottica di tutela del territorio e di realizzazione di una sua ordinata pianificazione (sentenza n. 124 del 2021), che si coniuga con quell’attività di «promozione, vigilanza e controllo sull’esercizio delle attività turistiche» che questa Corte ha già riconosciuto appartenere alla competenza legislativa residuale regionale (sentenza n. 84 del 2019).
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d’Aosta 18 luglio 2023, n. 11 (Disciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione e all’art. 2, primo comma, lettere g) e q), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2024
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA