Pubblicato il

Protezione internazionale, legittimo l'esame di integrazione civica

Corte di Giustizia UE, Sentenza n.C-158/23 del 04/02/2025

Un beneficiario di protezione internazionale può essere obbligato a superare un esame di integrazione civica?

E quali limiti esistono sulle sanzioni in caso di mancato superamento?

La questione è affrontata dalla Corte di Giustizia europea, nella sentenza del 4 febbraio 2025 nella causa C-158/23 riguardante un giovane eritreo nei Paesi Bassi.

La normativa di riferimento

Il quadro normativo europeo si basa sulla Direttiva 2011/95/UE, che disciplina i diritti dei beneficiari di protezione internazionale. Gli Stati membri possono imporre programmi di integrazione civica, inclusi esami, purché ciò avvenga nel rispetto di condizioni specifiche.

Inoltre, le sanzioni economiche devono essere proporzionate e applicate solo in casi eccezionali, come nel caso di un’accertata e persistente mancanza di volontà d'integrazione.

La vicenda in esame

Nel caso di specie, un giovane eritreo era stato obbligato a frequentare un programma di integrazione civica con un termine iniziale di tre anni, poi prorogato di un anno. Tuttavia, non ha completato il programma e non ha superato gli esami. Per questo, le autorità olandesi gli hanno inflitto un’ammenda di 500 euro e imposto il rimborso di un prestito di 10.000 euro utilizzato per finanziare il programma.

La Corte di Giustizia ha confermato che, pur essendo legittimo richiedere la partecipazione a corsi e il superamento di un esame, il sistema sanzionatorio olandese presentava problemi di proporzionalità. Le sanzioni automatiche, come l’ammenda fissa fino a 1.250 euro e il rimborso totale del prestito, erano considerate eccessive e sproporzionate.

Gli Stati membri devono, infatti, valutare le circostanze personali del beneficiario: età, livello di istruzione, salute e situazione finanziaria. Le sanzioni possono essere applicate solo se il beneficiario dimostra una persistente mancanza di impegno verso l'integrazione.

Conclusioni

La sentenza segna un punto fermo: gli Stati membri possono imporre esami di integrazione civica, ma devono evitare sanzioni automatiche o sproporzionate. Nel caso del giovane eritreo, la sanzione non era giustificata, perché non vi era una chiara e persistente riluttanza all'integrazione.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 febbraio 2025

« Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 34 – Accesso agli strumenti di integrazione – Obbligo di superare un esame di integrazione civica a pena di un’ammenda – Persona che beneficia di protezione internazionale e che non ha superato un siffatto esame entro i termini – Obbligo di pagare un’ammenda – Obbligo di farsi carico di tutte le spese dei corsi e degli esami di integrazione civica – Possibilità di ottenere un prestito al fine di finanziare tali spese »

Nella causa C-158/23 [Keren],

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 15 marzo 2023, pervenuta in cancelleria il 15 marzo 2023, nel procedimento

T.G.

contro

Minister van Sociale Zaken en Werkgelegenheid,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, T. von Danwitz, vicepresidente, K. Jürimäe, C. Lycourgos, I. Jarukaitis, A. Kumin e N. Jääskinen e M. Gavalec, presidenti di sezione, E. Regan (relatore), I. Ziemele e Z. Csehi, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: A. Lamote, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 febbraio 2024,

considerate le osservazioni presentate:

–        per T.G., da E.E.M. Bezem, advocate, e S. Rafi, esperta;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, H.S. Gijzen e C. Schillemans, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Azéma, J. Hottiaux e S. Noë, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 6 giugno 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 34 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra T.G. e il Minister van Sociale Zaken en Werkgelegenheid (Ministro degli Affari Sociali e del Lavoro, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «Ministro») in merito a una decisione con cui quest’ultimo, da un lato, ha inflitto un’ammenda di importo pari a EUR 500 a T.G., per il motivo che quest’ultimo non aveva superato entro il termine impartito l’esame di integrazione civica previsto dal diritto dei Paesi Bassi per i beneficiari di protezione internazionale e, dall’altro lato, ha ordinato a T.G. di rimborsare il prestito dell’importo di EUR 10 000 che gli era stato concesso dalle autorità pubbliche dei Paesi Bassi al fine di consentirgli di finanziare le spese del programma di integrazione civica.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [United Nations Treaty Series, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata integrata e modificata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»).

4        L’articolo 34 della convenzione di Ginevra, intitolato «Naturalizzazione», prevede quanto segue:

«Gli Stati contraenti facilitano, entro i limiti del possibile, l’assimilazione e la naturalizzazione dei rifugiati. Essi si sforzano in particolare di accelerare la procedura di naturalizzazione e di ridurre, per quanto possibile, le tasse e le spese della procedura».

 Diritto dellUnione

 La direttiva 2003/109/CE

5        L’articolo 5 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), intitolato «Condizioni per acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo», al paragrafo 2 così dispone:

«Gli Stati membri possono esigere che i cittadini di paesi terzi soddisfino le condizioni di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale».

 Direttiva 2011/95

6        I considerando 12, 41 e 47 della direttiva 2011/95 recitano:

«(12)      Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri.

(...)

(41)      Affinché i beneficiari di protezione internazionale possano far valere effettivamente i diritti e i benefici sanciti dalla presente direttiva, è necessario tenere conto delle loro particolari esigenze e degli specifici problemi di integrazione cui devono far fronte. Tale considerazione di norma non dovrebbe tradursi in un trattamento più favorevole di quello concesso dagli Stati membri ai propri cittadini, ferma restando la facoltà degli stessi di introdurre o mantenere norme più favorevoli.

(...)

(47)      I programmi di integrazione rivolti ai beneficiari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria dovrebbero tenere conto, per quanto possibile, delle particolari esigenze e delle specificità della situazione degli interessati, ivi inclusa ove opportuno, l’offerta di una formazione linguistica e di informazioni sui diritti e sugli obblighi individuali connessi allo status di protezione riconosciuto nello Stato membro in questione».

7        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Obiettivo», così dispone:

«La presente direttiva stabilisce norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta».

8        Il Capo VII della citata direttiva, intitolato «Contenuto della protezione internazionale», contiene gli articoli da 20 a 35.

9        L’articolo 20 della medesima, intitolato «Disposizioni generali», al suo paragrafo 3 così dispone:

«Nell’attuare il presente capo, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta di esseri umani, le persone con disturbi psichici e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologia, fisica o sessuale».

10      Ai sensi dell’articolo 24 della direttiva 2011/95, intitolato «Permesso di soggiorno»:

«1.      Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di rifugiato, quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione internazionale, un permesso di soggiorno valido per un periodo di almeno tre anni e rinnovabile, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico e fatto salvo l’articolo 21, paragrafo 3.

Fatto salvo l’articolo 23, paragrafo 1, il permesso di soggiorno da rilasciare ai familiari dei beneficiari dello status di rifugiato può essere valido per un periodo inferiore a tre anni e rinnovabile.

2.      Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria e ai loro familiari, quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione internazionale, un permesso di soggiorno rinnovabile che deve essere valido per un periodo di almeno un anno e, in caso di rinnovo, per un periodo di almeno due anni, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico».

11      L’articolo 34 di tale direttiva, intitolato «Accesso agli strumenti di integrazione», così recita:

«Al fine di facilitare l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nella società, gli Stati membri garantiscono l’accesso ai programmi d’integrazione che considerano adeguati, in modo da tenere conto delle esigenze particolari dei beneficiari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, o creano i presupposti che garantiscono l’accesso a tali programmi».

 Il diritto dei Paesi Bassi

12      La Wet houdende algemene regels van bestuursrecht (algemene wet bestuursrecht) [legge recante le norme generali del diritto amministrativo (legge generale in materia di diritto amministrativo)], del 4 giugno 1992 (Stb. 1992, n. 315), nella versione applicabile al procedimento principale, prevede, al suo articolo 3:4, quanto segue:

«1.      L’organo amministrativo soppesa gli interessi direttamente coinvolti nella decisione, nei limiti in cui non vi sia una restrizione derivante da una norma di legge o dalla natura della facoltà da esercitare.

2.      Gli effetti negativi della decisione per uno o più interessati non devono essere sproporzionati rispetto agli obiettivi da essa perseguiti».

13      L’articolo 5:46 di tale legge generale, nella versione applicabile al procedimento principale, al suo paragrafo 2 prevede quanto segue:

«A meno che l’importo della sanzione amministrativa non sia fissato da una disposizione di legge, l’organo amministrativo adegua l’ammenda alla gravità della contravvenzione e alla misura in cui quest’ultima può essere addebitata all’autore della violazione. A tal fine, l’organo amministrativo terrà conto, ove opportuno, delle circostanze in cui è stata commessa la contravvenzione. (...)».

14      La Wet inburgering (legge sull’integrazione civica), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’integrazione civica»), prevede, all’articolo 3:

«È tenuto all’obbligo di integrazione civica lo straniero che ottiene un soggiorno regolare, ai sensi dell’articolo 8, lettere a) e c), della Wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet (Vreemdelingenwet 2000) [legge recante revisione completa della legge sugli stranieri (legge del 2000 relativa agli stranieri)], del 23 novembre 2000 (Stb. 2000, n. 495), e che:

a.      soggiorni nei Paesi Bassi con una finalità diversa dal soggiorno temporaneo,

b.      sia un ministro del culto».

15      L’articolo 6 della legge sull’integrazione civica è del seguente tenore:

«1.      Il Ministro esonera dall’obbligo di integrazione civica la persona che vi è tenuta se quest’ultima dimostra che, a causa di una disabilità psichica o fisica o di una menomazione mentale, è permanentemente incapace di superare l’esame di integrazione civica.

2.      Il Ministro esonera una persona soggetta all’obbligo di integrazione civica dalle parti del test di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), se, sulla base degli sforzi dimostrati dalla persona soggetta a tale obbligo, risulta che essa non può ragionevolmente svolgere tali parti».

16      Ai sensi dell’articolo 7 di tale legge:

«1.      La persona soggetta all’obbligo di integrazione civica è tenuta a:

a.      superare l’esame di integrazione civica, o

b.      presentare un diploma, un certificato o un altro documento ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c).

2.      L’esame di integrazione civica comprende le seguenti parti:

(...)

b.      l’esame delle competenze orali e scritte in neerlandese corrispondenti almeno al livello A 2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue [(QCER)], e

c.      l’esame di conoscenza della società olandese.

(...)

4.      Il Ministro propone le parti dell’esame di integrazione civica di cui al paragrafo 2, lettere b) e c)».

17      L’articolo 7b di detta legge così dispone:

«1.      La persona soggetta all’obbligo di integrazione civica è tenuta a superare, entro tre anni, le parti dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c).

2.      Il periodo di tre anni di cui al paragrafo 1 inizia a decorrere dal momento in cui il cittadino straniero deve adempiere all’obbligo di integrazione civica.

3.      Il Ministro prolunga il periodo di tre anni di cui al paragrafo 1:

a.      se la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica dimostra che non può esserle addebitato di non aver superato entro il termine tali parti dell’esame di integrazione civica, o

b.      un termine massimo di due anni non rinnovabile, se un corso di alfabetizzazione è o è stato seguito prima della scadenza di tale termine».

18      L’articolo 16 della medesima legge dispone quanto segue:

«1.      Il Ministro concede, su richiesta, un prestito alla persona soggetta all’obbligo di integrazione civica se sono soddisfatte le norme, da stabilire mediante o in virtù di un provvedimento amministrativo generale, per quanto riguarda le condizioni e le modalità di concessione del prestito e la partecipazione, presso un istituto che eroga corsi, a un corso di formazione per l’esame di integrazione civica o per un diploma, certificato o altro documento di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c).

2.      Il diritto di beneficiare di un prestito non esiste, o non esiste più, se la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica:

(...)

b.      non ha ottemperato a tale obbligo sei anni dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 7b, paragrafo 1, o del termine prorogato in applicazione dell’articolo 7b, paragrafo 3, o delle norme stabilite da o in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, parte introduttiva e lettera a).

3.      L’importo del prestito viene versato all’istituto che eroga i corsi e al centro d’esame designato dalla persona soggetta all’obbligo di integrazione civica.

4.      La persona soggetta all’obbligo di integrazione civica o la persona precedentemente soggetta a tale obbligo rimborsa il prestito, più gli interessi calcolati in base alle norme che saranno stabilite da o in virtù di un provvedimento amministrativo generale.

(...)».

19      L’articolo 31, paragrafo 1, della legge sull’integrazione civica prevede quanto segue:

«Il Ministro infligge un’ammenda alla persona soggetta all’obbligo di integrazione civica che non abbia superato le parti dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), entro il termine di cui all’articolo 7b, paragrafo 1, o entro il termine prorogato ai sensi dell’articolo 7b, paragrafo 3, o delle norme stabilite ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, parte introduttiva e lettera a). (...)».

20      L’articolo 32 di tale legge così prevede:

«Nella decisione che infligge l’ammenda di cui all’articolo 31, paragrafo 1, il Ministro fissa un nuovo termine massimo di due anni entro il quale la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica è tenuta, dopo la notifica della decisione che infligge l’ammenda, a superare le parti dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c)».

21      L’articolo 33 di tale legge prevede quanto segue:

«1.      Il Ministro infligge un’ammenda alla persona soggetta all’obbligo di integrazione civica che non abbia superato le parti dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), entro il termine stabilito dall’articolo 32. L’articolo 32 si applica mutatis mutandis.

2.      Se la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica non supera, entro il termine di cui all’articolo 32, le parti dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), il Ministro infligge a tale persona un’ammenda ogni due anni».

22      Il Besluit inburgering (decreto sull’integrazione civica), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto sull’integrazione civica»), prevede, all’articolo 2.8a:

«1.      Il Ministro concede, su richiesta, un’esenzione dall’obbligo di integrazione civica, se ritiene che una persona soggetta a tale obbligo abbia, in modo dimostrabile, completato in modo sufficiente il programma di integrazione civica. (...)».

23      L’articolo 4.1a del decreto sull’integrazione civica così recita:

«1.      Fatte salve le disposizioni dell’articolo 16, paragrafo 2, della legge [sull’integrazione civica], un prestito per un importo massimo di EUR 10 000 può essere concesso alla persona tenuta all’obbligo di integrazione civica per coprire le spese al fine di:

a.      seguire un corso di formazione alle parti, menzionate all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), di tale legge, dell’esame di integrazione civica o dell’esame di Stato di lingua neerlandese come seconda lingua I o II, come previsto all’articolo 7.3.1, paragrafo 1, lettera c), della Wet houdende bepalingen met betrekking tot de educatie en het beroepsonderwijs (Wet Educatie en beroepsonderwijs) [legge recante disposizioni relative all’istruzione e alla formazione professionale (legge sull’istruzione e sulla formazione professionale)], del 31 ottobre 1995 (Stb. 1995, n. 501);

b.      superare l’esame di Stato di cui alla lettera a) o l’esame di integrazione civica; oppure

c.      seguire un corso di alfabetizzazione.

2.      L’importo del prestito è determinato sulla base del reddito di riferimento, da calcolare ai sensi dell’articolo 8, paragrafi 1, 2, 3 e 5, dell’Algemene wet inkomensafhankelijke regelingen [legge generale sui regimi di sostegno alle spese], del 23 giugno 2005 (Stb. 2005, 345), della persona soggetta all’obbligo di integrazione civica e del suo partner, come indicato all’articolo 3 di questa legge generale.

3.      Il paragrafo 2 non si applica a una persona soggetta all’obbligo di integrazione civica di cui al paragrafo 1, che risiede legalmente in base a:

a.      un permesso di soggiorno a tempo determinato per motivi di asilo; o

(...)

4.      Il prestito per frequentare un corso è concesso solo se la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica frequenta un corso presso un istituto fornitore di corsi in possesso di un certificato di cui all’articolo 9, paragrafo 1, della legge [sull’integrazione civica] o di un label di cui all’articolo 12a, paragrafo 1, della stessa legge».

24      L’articolo 4.2 del decreto sull’integrazione civica recita come segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni dell’articolo 16, paragrafo 1, seconda frase, della legge [sull’integrazione civica], la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica ha diritto al beneficio del prestito durante il periodo di cui [all’articolo] 7b, paragrafo 1, di tale legge, durante il periodo esteso di cui [all’articolo] 7b, paragrafo 3, (...) della citata legge e durante il periodo indicato nella decisione che impone l’ammenda, di cui agli articoli 29 e 32 della medesima legge».

25      L’articolo 4.6 di detto decreto prevede quanto segue:

«1.      Il periodo di rimborso è di massimo dieci anni. (...)».

26      L’articolo 4.9 di detto decreto dispone quanto segue:

«Se il debitore non è in grado di pagare la rata mensile determinata conformemente all’articolo 4.8, egli può presentare una domanda al Ministro al fine di determinare la sua capacità finanziaria per il restante periodo di rimborso».

27      Secondo l’articolo 4.13 dello stesso decreto:

«1.      Il debito, su richiesta della persona soggetta all’obbligo di integrazione civica, può essere rimesso, in tutto o in parte, dal Ministro in casi da definire con regolamento emanato dal Ministro stesso. (...)

3.      La remissione integrale del debito è concessa d’ufficio ai cittadini stranieri di cui all’articolo 4.1a, paragrafo 3, che sono tenuti all’obbligo di integrazione civica a partire dal 1º gennaio 2013 o dopo tale data, se:

a.      il percorso che ha portato alla dichiarazione di partecipazione di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della legge [sull’integrazione civica] è stato portato a termine e le parti dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), di tale legge sono state superate;

b.      un’esenzione dall’obbligo di integrazione civica è applicabile in forza dell’articolo 5 della legge [sull’integrazione civica]; oppure

c.      è concessa una dispensa dall’obbligo di integrazione civica, come previsto all’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della legge [sull’integrazione civica].

4.      La remissione del debito di cui al paragrafo 3 è concessa solo se la circostanza di cui alle lettere a), b) o c) di quest’ultimo si è verificata nel corso del termine di cui all’articolo 7a, paragrafo 1, della legge [sull’integrazione civica] o del termine di cui all’articolo 7b, paragrafo 1, di tale legge, o del termine prorogato in applicazione dell’articolo 7a, paragrafo 3, di detta legge o dell’articolo 7b, paragrafo 3, di quest’ultima, o da o in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, parte introduttiva e lettera a), della medesima legge».

28      Il Regeling inburgering (regolamento sull’integrazione civica), nella versione applicabile alla controversia nel procedimento principale, prevede, all’articolo 3.1:

«Le spese di esame di cui all’articolo 3.3, paragrafo 1, del decreto sull’integrazione civica ammontano a:

a.      EUR 50 per ciascuna parte dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 3.9, paragrafo 2, lettere da a) a c), di tale decreto;

b.      EUR 60 per la parte dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 3.9, paragrafo 2, lettera d), di quest’ultimo;

c.      EUR 40 per la parte dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 3.9, paragrafo 3, lettera a), del citato decreto;

d.            EUR 40 per la parte dell’esame di integrazione civica di cui all’articolo 3.9, paragrafo 3, lettera b), del medesimo decreto. (...)».

29      Le Beleidsregel boetevaststelling inburgering (orientamenti in materia di determinazione delle ammende nel contesto dell’integrazione civica), nella versione applicabile al procedimento principale, al loro articolo 1 prevedono quanto segue:

«Ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda di cui all’articolo 34, parte introduttiva e lettere c) e d), della [legge sull’integrazione civica], si tiene conto di quanto segue:

a.      il numero di ore durante le quali la persona tenuta all’obbligo di integrazione civica ha partecipato ad un corso di integrazione civica o a un corso di lingua neerlandese come seconda lingua presso un istituto avente il label Blik op Werk;

b.      il numero di volte in cui la persona soggetta all’obbligo di integrazione civica ha superato gli aspetti dell’esame di integrazione civica o dell’esame di Stato di lingua neerlandese come seconda lingua;

c.      il numero di parti dell’esame di integrazione civica o dell’esame di Stato di lingua neerlandese come seconda lingua che la persona tenuta all’obbligo di integrazione civica ha superato.

2.      L’importo dell’ammenda è determinato sulla base della tabella delle ammende riportata nell’allegato dei presenti orientamenti».

30      La tabella prevista all’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato a tali orientamenti mira a determinare l’importo dell’ammenda in funzione del numero di ore, seguite dall’interessato, di corsi di integrazione civica o di corsi di lingua neerlandese come seconda lingua e del numero di volte in cui egli ha svolto parti dell’esame di integrazione civica o dell’esame di Stato di lingua neerlandese come seconda lingua. Questa disposizione afferma anche quanto segue:

«Una persona che ha partecipato per almeno 300 ore a un corso di integrazione civica o a un corso di lingua neerlandese come seconda lingua e che ha sostenuto almeno due volte le parti non superate dell’esame di integrazione civica o dell’esame di Stato in lingua neerlandese come seconda lingua può ottenere una proroga del periodo di integrazione civica in base all’articolo 2.4c, paragrafo 1, del regolamento sull’integrazione civica per il superamento del periodo di integrazione civica per il quale non può essere ritenuto responsabile. In tal caso, non viene applicata alcuna ammenda».

31      In forza di tale articolo 1, paragrafo 2, l’importo dell’ammenda stabilita sulla base di tale tabella è ridotto in funzione del superamento delle parti dell’esame di integrazione civica o dell’esame di Stato di lingua neerlandese come seconda lingua nel modo seguente:

«1 parte dell’esame superato:      riduzione del 20% dell’ammenda;

2 parti dell’esame superate:      riduzione del 40% dell’ammenda;

3 parti dell’esame superate:      riduzione del 60% dell’ammenda;

4 o più parti dell’esame superate:      80% di riduzione dell’ammenda».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

32      Il ricorrente nel procedimento principale, di nazionalità eritrea, è arrivato nei Paesi Bassi all’età di 17 anni e successivamente è stato riconosciuto come beneficiario di protezione internazionale. L’8 gennaio 2016, quando il ricorrente in via principale aveva raggiunto l’età di 18 anni, il Ministro lo ha informato che, a partire dal 1º febbraio successivo, egli era tenuto all’obbligo di integrazione civica in forza della legge sull’integrazione civica, il che significava che egli doveva superare, in linea di principio entro tre anni, tutte le parti dell’esame di integrazione civica. Il Ministro ha prorogato tale termine a più riprese, da ultimo fino al 1º febbraio 2020, con la motivazione che il ricorrente nel procedimento principale aveva soggiornato stabilmente in un centro di accoglienza per richiedenti asilo e aveva seguito una formazione. Successivamente, il ricorrente nel procedimento principale si è iscritto a una serie di corsi ed esami di integrazione civica. Tuttavia, non ha partecipato ad alcuni corsi ed esami e non ha superato quelli in cui era presente.

33      Con decisione del 31 marzo 2020, il Ministro ha inflitto un’ammenda di EUR 500 al ricorrente in via principale e gli ha imposto di rimborsare integralmente il prestito che aveva contratto con il Dienst Uitvoering Onderwijs (Servizio di esecuzione dell’istruzione, Paesi Bassi), il quale ammontava a EUR 10 000, in quanto non aveva completato il programma di integrazione civica entro il periodo prescritto.

34      Con decisione del 25 febbraio 2021, il Ministro ha dichiarato infondato il reclamo presentato dal ricorrente principale contro la sua decisione del 31 marzo 2020.

35      Con sentenza del 4 novembre 2021, il rechtbank (Tribunale di primo grado, Paesi Bassi), davanti al quale è stata presentata la causa, ha dichiarato infondato il ricorso presentato dal ricorrente principale contro tale decisione del 25 febbraio 2021. Tale giudice ha ritenuto, infatti, che la legislazione nazionale oggetto del procedimento principale non violasse l’articolo 34 della direttiva 2011/95, in quanto stabiliva un sistema che offriva possibilità di proroga, esenzioni e deroghe che consentivano di adottare un approccio su misura, se necessario. Il prestito concesso potrebbe, inoltre, essere rimborsato in base alla capacità finanziaria della persona interessata. Il principio di proporzionalità non sarebbe stato violato, poiché il Ministro avrebbe preso in considerazione tutte le circostanze invocate e le avrebbe ponderate. Secondo detto giudice, il Ministro avrebbe tenuto sufficientemente conto della situazione personale del ricorrente nel procedimento principale, estendendo il termine per l’integrazione civica da tre a quattro anni e riducendo l’importo della multa inflitta. Infine, lo stesso giudice ha dichiarato, con rinvio alla sentenza del 4 giugno 2015, P e S (C-579/13, EU:C:2015:369), che l’importo di tale ammenda non era troppo elevato e che il Ministro non doveva rinunciare ad infliggere detta ammenda o ad avvalersi dell’obbligo di rimborso del prestito.

36      Il 2 dicembre 2021, vale a dire un anno e dieci mesi dopo la scadenza del termine per l’integrazione civica, il ricorrente principale è stato dispensato dall’obbligo di integrazione civica in quanto fino a quel momento, a parere del Ministro, aveva compiuto sufficienti sforzi per completare il corso di integrazione civica. Questa dispensa non pregiudica tuttavia il suo obbligo di pagare l’ammenda e di rimborsare il prestito.

37      Il ricorrente nel procedimento principale ha presentato un appello al Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), che è il giudice del rinvio, contro la sentenza del 4 novembre 2021.

38      Nella sua impugnazione, il ricorrente nel procedimento principale sostiene che l’articolo 34 della direttiva 2011/95 è stato recepito in modo errato nel diritto dei Paesi Bassi. Da questo articolo deriverebbe, infatti, un diritto positivo all’integrazione, mentre l’ammenda elevata e l’obbligo di rimborsare il prestito previsto dalla legge olandese ostacolerebbero, al contrario, tale integrazione. I costi elevati che implica questo diritto costituirebbero anche un ostacolo all’accesso ai programmi di integrazione. Inoltre, nell’ambito di tale diritto non si terrebbe sufficientemente conto delle esigenze specifiche e delle particolari difficoltà di integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. Per questi motivi in particolare, il Ministro avrebbe dovuto astenersi dall’imporre un’ammenda e dal richiedere il rimborso del prestito nel caso in questione.

39      Secondo il Ministro, la direttiva 2011/95 non preclude il programma di integrazione civica previsto dalla normativa olandese, poiché il ricorrente nel procedimento principale avrebbe avuto l’opportunità di partecipare ai programmi di integrazione, come richiesto dall’articolo 34 di tale direttiva. Risulterebbe, inoltre, dalla sentenza del 4 giugno 2015, P e S (C-579/13, EU:C:2015:369), che un’ammenda, quale incentivo a compiere il programma di integrazione civica, è accettabile e che l’ammenda inflitta al ricorrente nel procedimento principale è adeguata e necessaria. Non sarebbe irragionevole che il ricorrente nel procedimento principale debba rimborsare il prestito per intero. Per sua natura, un prestito dovrebbe essere rimborsato integralmente e il ricorrente nel procedimento principale sarebbe stato dispensato dall’obbligo di integrazione civica solo ben dopo la scadenza del termine impartito.

40      Alla luce dei motivi sollevati, il giudice nazionale si chiede se l’articolo 34 della direttiva 2011/95 osti all’imposizione di un obbligo di integrazione civica ai beneficiari di protezione internazionale, che comporta l’obbligo di superare, a pena di ammenda, i relativi esami, in linea di principio, entro un periodo di tre anni, e il fatto che i costi dei programmi di integrazione siano a carico delle persone soggette a tale obbligo.

41      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obbligo di integrazione civica, il giudice del rinvio osserva che la Corte ha certamente considerato, al punto 48 della sentenza del 4 giugno 2015, P e S (C-579/13, EU:C:2015:369), che l’obbligo di superare un esame di integrazione civica permette di assicurare l’acquisizione, da parte dei cittadini di paesi terzi interessati, di conoscenze che risultano incontestabilmente utili per stabilire legami con lo Stato membro ospitante e che tale obbligo, accompagnato da un’ammenda, può contribuire alla realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/109. Tuttavia, il giudice del rinvio esita a trasporre tali insegnamenti nel procedimento principale, dato che l’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva concede agli Stati membri la facoltà di imporre un obbligo di integrazione, mentre una siffatta facoltà non è prevista dalla direttiva 2011/95. Un’altra differenza tra questi due testi è che quest’ultima direttiva riguarda persone che hanno bisogno di protezione, ma che non desiderano necessariamente stabilirsi in modo permanente nello Stato membro ospitante.

42      Inoltre, il giudice del rinvio osserva, da un lato, che dal punto 95 della sentenza del 24 giugno 2015, T. (C-373/13, EU:C:2015:413) sembra discendere che gli Stati membri non dispongono di alcun potere discrezionale per concedere o rifiutare i vantaggi sostanziali garantiti dalla direttiva 2011/95, tra i quali figura il diritto di accesso ai programmi di integrazione. Tuttavia, si pone la questione se l’obbligo di integrazione costituisca una restrizione di tale diritto o se si limiti a garantire che le persone interessate si integrino effettivamente.

43      Dall’altro lato, questo giudice sottolinea che, nella sua proposta di regolamento per sostituire la direttiva 2011/95 [Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2016, recante norme sull’attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone ammissibili alla protezione sussidiaria, e il contenuto della protezione riconosciuta, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo [COM(2016) 466 final], la Commissione europea ha introdotto una disposizione che afferma espressamente che «[g]li Stati membri possono rendere obbligatoria la partecipazione alle misure di integrazione». Si porrebbe quindi la questione se se ne debba dedurre che un siffatto obbligo non è ancora previsto dalla direttiva 2011/95 o se tale proposta si limiti a sancire una facoltà già esistente.

44      Nel caso in cui si possa imporre un obbligo di integrazione civica, il giudice del rinvio ritiene che, in linea di principio, il Ministro abbia il diritto di corredare tale obbligo di un’ammenda, purché quest’ultima sia proporzionata.

45      In secondo luogo, per quanto riguarda i costi dei programmi di integrazione, il giudice del rinvio ritiene che imporre il pagamento integrale di tali costi ai beneficiari di protezione internazionale sia contrario all’articolo 34 della direttiva 2011/95, tenuto conto dell’importo elevato di detti costi e della capacità finanziaria generalmente limitata di tali beneficiari. La possibilità di richiedere un prestito per finanziare gli stessi costi non farebbe alcuna differenza. Sebbene si possa sostenere che i beneficiari di protezione internazionale hanno essi stessi il controllo sull’esecuzione, entro il termine, dei programmi interessati e quindi sull’obbligo di rimborsare il prestito, resta il fatto che tale articolo 34 imporrebbe agli Stati membri di garantire l’accesso ai programmi di integrazione per tutti i beneficiari di protezione internazionale. Il giudice del rinvio aggiunge che il fatto che gli interessati possano accedere a un piano di pagamento non appare rilevante, dato che l’obbligo di rimborso di un debito gravoso continua a esistere per un periodo fino a dieci anni, il che può ostacolare un’integrazione effettiva nello Stato membro ospitante.

46      In terzo luogo, si pone la questione se l’importo delle ammende e del prestito pregiudichi la realizzazione dell’obiettivo e dell’effetto utile dell’articolo 34 della direttiva 2011/95. A questo proposito, il giudice del rinvio sottolinea che l’organo amministrativo e, se del caso, il giudice nazionale sono tenuti a ridurre l’ammenda qualora ciò sia necessario al fine di renderla proporzionata. Tuttavia, il prestito, che potrebbe essere concesso fino ad un importo di EUR 10 000, potrebbe, insieme all’ammenda, essere considerato superiore a quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito dall’articolo 34, ossia facilitare l’integrazione. Sebbene la disposizione delle modalità di rimborso in cui si tiene conto della capacità finanziaria della persona interessata possa attenuare questo aspetto, la presa in considerazione di questa capacità finanziaria potrebbe anche costituire un incentivo negativo per la persona interessata a lavorare, a scapito della sua integrazione.

47      In tali circostanze, il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 34 della direttiva [2011/95] debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui all’articolo 7b [della legge sull’integrazione civica], in base alla quale ai beneficiari di protezione internazionale viene imposto l’obbligo di superare un esame di integrazione civica, a pena di un’ammenda.

2)      Se l’articolo 34 della direttiva [2011/95] debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che presuppone che lo stesso beneficiario di protezione internazionale si faccia personalmente carico di tutti i costi del programma di integrazione.

3)      Se per rispondere alla seconda questione assuma rilevanza la circostanza che i beneficiari di protezione internazionale possono ricevere un prestito statale per pagare le spese dei programmi di integrazione civica e che essi vengono liberati dall’obbligo di rimborsare detto prestito qualora superino nei termini l’esame di integrazione oppure siano stati tempestivamente esentati o dispensati dall’obbligo di integrazione civica.

4)      Qualora l’articolo 34 della direttiva [2011/95] consenta di imporre ai beneficiari di protezione internazionale un obbligo di superare un esame di integrazione a pena di un’ammenda e consenta che essi sopportino integralmente i costi dei programmi di integrazione civica, se l’ammontare del prestito da rimborsare, eventualmente sommato all’ammenda, pregiudichi o meno la realizzazione dell’obiettivo e l’effetto utile dell’articolo 34 della direttiva [2011/95]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

48      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 34 della direttiva 2011/95 debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro, in forza della quale i beneficiari di protezione internazionale hanno l’obbligo di superare, a pena di ammenda, un esame di integrazione civica.

49      Come dichiarato dalla Corte, i beneficiari di protezione internazionale, fintantoché possiedono tale status, devono beneficiare dei diritti loro garantiti dalla direttiva 2011/95, tra i quali figura il diritto all’accesso ai programmi di integrazione previsto all’articolo 34 di tale direttiva (v., per analogia, sentenza del 24 giugno 2015, T., C-373/13, EU:C:2015:413, punti 95 e 97).

50      Al fine di stabilire se l’articolo 34 della direttiva 2011/95 osti a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, occorre tener conto del tenore letterale di quest’ultimo, del contesto in cui esso si inserisce e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fa parte (v., per analogia, sentenza del 12 settembre 2024, Sagrario, C-63/23, EU:C:2024:739, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

51      Per quanto riguarda, anzitutto, i termini utilizzati dall’articolo 34 della direttiva 2011/95, ne consegue che, al fine di facilitare l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nella società, gli Stati membri garantiscono loro l’accesso ai programmi di integrazione che ritengono appropriati per tenere conto delle esigenze specifiche dei beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, o creano i presupposti che garantiscono l’accesso a tali programmi.

52      Di conseguenza, se da un lato tale articolo impone agli Stati membri di garantire ai beneficiari di protezione internazionale l’accesso ai programmi di integrazione che essi ritengono appropriati per tenere conto delle loro esigenze specifiche, dall’altro la sua formulazione non consente di stabilire se uno Stato membro possa rendere obbligatoria la partecipazione a un programma di integrazione, o addirittura il superamento, a pena di ammenda, del relativo esame.

53      Inoltre, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 34 della direttiva 2011/95, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, quest’ultima ha lo scopo di stabilire norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati e per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.

54      Tale contenuto della protezione internazionale è oggetto del capo VII della direttiva 2011/95, che comprende un certo numero di diritti e vantaggi, tra i quali figurano, oltre all’accesso ai programmi di integrazione di cui a tale articolo 34, in particolare l’accesso alle informazioni (articolo 22 della direttiva 2011/95), l’accesso all’occupazione (articolo 26 di tale direttiva), l’accesso all’istruzione (articolo 27 di detta direttiva), l’accesso alle procedure di riconoscimento delle qualifiche (articolo 28 della medesima direttiva), l’assistenza sociale (articolo 29 della direttiva 2011/95), l’assistenza sanitaria (articolo 30 di tale direttiva), l’accesso all’alloggio (articolo 32 di detta direttiva) e la libertà di circolazione all’interno dello Stato membro (articolo 33 della medesima direttiva).

55      Orbene, sebbene tali altri diritti e vantaggi contribuiscano parimenti a garantire un’integrazione effettiva del beneficiario di protezione internazionale nella società dello Stato membro ospitante, è pacifico che il loro esercizio è, di per sé, agevolato, se non addirittura, in sostanza, condizionato, dal fatto che l’interessato ha potuto acquisire, grazie ai programmi di integrazione di cui al suddetto articolo 34, le conoscenze, in particolare linguistiche, necessarie.

56      L’acquisizione di tali conoscenze e, pertanto, la partecipazione a tali programmi dei beneficiari di protezione internazionale che non possiedono ancora dette conoscenze costituiscono quindi uno strumento importante al contempo per garantire l’integrazione di tali persone nella società dello Stato membro ospitante e per consentire loro di esercitare effettivamente i diritti e i vantaggi previsti dalla direttiva 2011/95.

57      Occorre tuttavia rilevare che risulta in particolare dai considerando 41 e 47 della direttiva 2011/95, alla luce dei quali deve essere letto l’articolo 34 di quest’ultima, che è necessario tener conto delle esigenze specifiche dei beneficiari di protezione internazionale e delle particolari difficoltà di integrazione cui sono confrontati e che occorre, per quanto possibile, tener conto di tali esigenze specifiche e delle caratteristiche della loro situazione nei programmi di integrazione loro proposti, compresi, se del caso, i corsi di lingua.

58      Inoltre, come risulta dalla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni  Piano d’azione per l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi [COM(2016) 377 final, pag. 4], le esigenze individuali di integrazione possono variare a seconda, in particolare, della durata prevedibile del soggiorno della persona interessata.

59      A questo proposito, dall’articolo 24 della direttiva 2011/95 si evince che, in linea di principio, la durata del permesso di soggiorno che lo Stato membro ospitante è tenuto a rilasciare ai beneficiari dello status di rifugiato, da un lato, e ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria, dall’altro, è, rispettivamente, di almeno tre anni, rinnovabili, e di almeno un anno, rinnovabile. Le persone che beneficiano dell’uno o dell’altro di tale status possono quindi rimanere nel territorio dello Stato membro ospitante per un periodo sufficientemente lungo affinché il legislatore dell’Unione voglia garantire un’integrazione effettiva di queste ultime nella società dello Stato membro ospitante. Ciò vale, in particolare, quando tali beneficiari sono stabiliti o sono destinati a stabilirsi stabilmente all’interno dell’Unione europea.

60      In tale contesto, occorre altresì ricordare che l’articolo 34 della convenzione di Ginevra, nel rispetto del quale va interpretato l’articolo 34 della direttiva 2011/95 [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C-391/16, C-77/17 e C-78/17, EU:C:2019:403, punto 74], dispone che gli Stati contraenti faciliteranno, per quanto possibile, l’assimilazione e la naturalizzazione dei rifugiati, e l’integrazione di questi ultimi sarà quindi vista, in tale contesto, come una tappa logica verso la loro eventuale naturalizzazione da parte dello Stato membro ospitante.

61      Infine, per quanto riguarda l’obiettivo perseguito dall’articolo 34 della direttiva 2011/95 e, più in generale, da tale direttiva stessa, risulta dalla formulazione di tale articolo che esso è volto a facilitare l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nella società dello Stato membro ospitante, mentre tale direttiva è volta, come risulta dal considerando 12 della stessa, a garantire l’applicazione di criteri comuni per l’identificazione delle persone bisognose di protezione internazionale e un livello minimo di prestazioni per tali persone in tutti gli Stati membri. Gli Stati membri non possono, pertanto, recepire l’articolo 34 in modo da compromettere questi obiettivi.

62      Dall’interpretazione contestuale e teleologica dell’articolo 34 della direttiva 2011/95, accolta ai punti da 53 a 61 della presente sentenza, risulta che, sebbene gli Stati membri dispongano di un margine di discrezionalità per decidere il contenuto dei programmi di integrazione, di cui a tale articolo, nonché le modalità pratiche di organizzazione di tali programmi e gli obblighi che possono essere posti a carico dei partecipanti in tale ambito, tale margine discrezionale non deve essere utilizzato in un modo che pregiudichi gli obiettivi menzionati al punto 61 della presente sentenza o l’effetto utile di tale direttiva o che violi il principio di proporzionalità. Conformemente a tale principio, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, i mezzi predisposti dalla normativa nazionale che recepisce detto articolo 34 devono essere idonei a consentire di realizzare gli obiettivi perseguiti dal medesimo articolo e non devono eccedere quanto è necessario per conseguirli (v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C-153/14, EU:C:2015:453, punti 50 e 51).

63      Pertanto, gli Stati membri sono tenuti a garantire che il contenuto dei programmi di integrazione, di cui all’articolo 34 della direttiva 2011/95, nonché le modalità pratiche di organizzazione di tali programmi e gli obblighi che possono essere posti a carico dei partecipanti in tale contesto non ostacolino in modo sproporzionato l’accesso effettivo da parte dei beneficiari di protezione internazionale a detti programmi o l’esercizio effettivo da parte di tali persone degli altri diritti e vantaggi che esse traggono da tale direttiva, nel qual caso gli obiettivi di quest’ultima e del suo articolo 34 sarebbero compromessi.

64      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la prima questione.

65      Per quanto riguarda l’obbligo di cui trattasi nel procedimento principale, è incontestabile che, come rilevato ai punti 55 e 56 della presente sentenza, l’acquisizione di conoscenze tanto della lingua quanto della società dello Stato membro ospitante favorisce l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nella società dello Stato membro ospitante, garantendo la comunicazione tra tali beneficiari e i cittadini nazionali e favorendo l’interazione e lo sviluppo di rapporti sociali tra questi ultimi. Non si può neppure contestare che l’acquisizione della conoscenza della lingua dello Stato membro ospitante rende meno difficile l’esercizio da parte di dette persone dei diritti e dei vantaggi che esse traggono dalla direttiva 2011/95, in particolare l’accesso al mercato del lavoro e alla formazione professionale (v., per analogia, sentenze del 4 giugno 2015, P e S, C-579/13, EU:C:2015:369, punto 47, nonché del 9 luglio 2015, K e A, C-153/14, EU:C:2015:453, punto 53).

66      In tale prospettiva, nei limiti in cui la partecipazione dei beneficiari di protezione internazionale, che non hanno ancora tali conoscenze, ai programmi di integrazione e il superamento di un esame di integrazione civica consentono di garantire l’acquisizione da parte di tali beneficiari delle conoscenze che sono incontestabilmente utili per favorire la loro integrazione nella società dello Stato membro ospitante e l’esercizio dei diritti e dei vantaggi conferiti dalla direttiva 2011/95, si deve ritenere che una normativa nazionale che prevede l’obbligo di seguire siffatti programmi e di superare il relativo esame sia compatibile con l’articolo 34 di tale direttiva, purché rispetti le condizioni ricordate ai punti 62 e 63 della presente sentenza.

67      Orbene, una siffatta normativa pregiudicherebbe il diritto conferito ai beneficiari di protezione internazionale dall’articolo 34 della direttiva 2011/95 e non sarebbe idonea a consentire di realizzare l’obiettivo perseguito da tale articolo se non tenesse conto, per quanto riguarda il contenuto dei programmi di integrazione nonché delle modalità pratiche di organizzazione di tali programmi e degli obblighi che possono essere posti a carico dei partecipanti in tale contesto, delle circostanze specifiche che caratterizzano la loro situazione, in particolare per quanto riguarda il livello delle conoscenze che possono essere richieste per superare l’esame di integrazione civica e l’accessibilità ai corsi e al materiale necessario per preparare tale esame.

68      Infatti, l’importanza della presa in considerazione, da parte degli Stati membri, delle esigenze specifiche e della situazione personale dei beneficiari di protezione internazionale, così come delle particolari difficoltà di integrazione cui questi ultimi devono far fronte, deriva dai termini stessi dell’articolo 34 della direttiva 2011/95, nonché dai considerando 41 e 47 di quest’ultima, i quali sottolineano che una siffatta valutazione individualizzata è necessaria al fine di rendere effettivo l’esercizio, da parte degli interessati, dei diritti e dei vantaggi che essi traggono da tale direttiva e, in tal modo, di facilitare un’integrazione rapida e riuscita di tali persone.

69      La necessità di prendere in considerazione, in tale contesto, le circostanze personali e molto variabili dei beneficiari di protezione internazionale si impone a maggior ragione alla luce della particolare vulnerabilità di questi ultimi, il che giustifica proprio la concessione di tale protezione. Inoltre, l’articolo 20, paragrafo 3, della direttiva 2011/95 prevede che, nell’attuare il capo VII della medesima, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta di esseri umani, le persone con disturbi psichici e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologia, fisica o sessuale.

70      Pertanto, le misure di integrazione di cui all’articolo 34 della direttiva 2011/95 devono avere lo scopo non già di penalizzare i beneficiari di protezione internazionale che incontrano difficoltà ad acquisire le conoscenze destinate ad essere trasmesse mediante i programmi di integrazione, bensì di facilitare l’integrazione di tali beneficiari nella società degli Stati membri, in funzione delle loro capacità individuali.

71      In particolare, circostanze individuali particolari, quali l’età, il livello di istruzione, la situazione finanziaria o lo stato di salute della persona interessata, devono essere prese in considerazione, anche al fine di dispensarla dall’obbligo di superare un esame come quello di cui trattasi nel procedimento principale, qualora, a causa di tali circostanze, tale persona non sia in grado di presentarsi a tale esame o di superarlo. Pertanto, nel caso in cui fallisca detto esame a causa di tali circostanze, il beneficiario di protezione internazionale dovrebbe essere in grado di fornire la prova degli sforzi ragionevoli da lui compiuti per superare lo stesso esame.

72      Inoltre, ogni beneficiario di protezione internazionale dovrebbe essere dispensato dall’obbligo di superare tale esame nel caso in cui sia in grado di dimostrare, alla luce delle condizioni di vita e delle circostanze che caratterizzano il suo soggiorno nello Stato membro ospitante, di essere già effettivamente integrato nella società di quest’ultimo.

73      Del resto, le conoscenze necessarie per superare un siffatto esame dovrebbero essere fissate a un livello elementare, senza eccedere quanto necessario per favorire l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale nella società dello Stato membro ospitante. Pertanto, occorre tener conto della situazione particolare di tali persone, in particolare quando non si sono ancora stabilite in modo permanente in tale Stato membro.

74      In ogni caso, il mancato superamento di tale esame non può essere sistematicamente sanzionato con un’ammenda. Tale sanzione può essere imposta solo in casi eccezionali, come quelli che dimostrano, sulla base di fattori oggettivi, una comprovata e persistente mancanza di volontà di integrazione da parte del beneficiario interessato. Inoltre, una siffatta ammenda non può, in ogni caso, essere di importo talmente elevato da far gravare sul beneficiario interessato un onere finanziario irragionevole, tenuto conto della sua situazione personale e familiare.

75      Nel caso di specie, l’ammenda prevista dalla normativa olandese di cui trattasi nel procedimento principale si applica sistematicamente e può raggiungere EUR 1 250. Orbene, una misura del genere risulta manifestamente sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito da tale normativa.

76      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 34 della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che obbliga i beneficiari di protezione internazionale a superare un esame di integrazione civica, a condizione che:

–        l’attuazione di tale obbligo consenta di tenere realmente conto delle esigenze specifiche e delle caratteristiche della situazione di tali beneficiari, nonché delle particolari difficoltà di integrazione cui sono confrontati;

–        le conoscenze necessarie per superare tale esame siano fissate ad un livello adeguato, senza eccedere quanto necessario per favorire l’integrazione dei beneficiari nella società dello Stato membro ospitante, e

–        ogni beneficiario di protezione internazionale sia dispensato dall’obbligo di superare tale esame nel caso in cui sia in grado di dimostrare, alla luce delle condizioni di vita e delle circostanze che caratterizzano il suo soggiorno nello Stato membro ospitante, di essere già effettivamente integrato nella società di quest’ultimo.

Per contro, tale articolo 34 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il fatto di non aver superato un siffatto esame sia sistematicamente sanzionato con un’ammenda, così come a che tale ammenda possa essere di importo tale da costituire un onere finanziario irragionevole per la persona interessata, tenuto conto della sua situazione personale e familiare.

 Sulle questioni dalla seconda alla quarta

77      Con le sue questioni dalla seconda alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 34 della direttiva 2011/95 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale i beneficiari di protezione internazionale sopportano essi stessi l’integralità delle spese dei corsi e degli esami di integrazione civica. Esso chiede altresì se il fatto che tali beneficiari possano ottenere un prestito dalle pubbliche amministrazioni al fine di pagare tali spese e che sia loro concessa una remissione del debito per tale prestito nel caso in cui superino l’esame di integrazione civica entro il periodo stabilito o nel caso in cui vengano esonerati o dispensati dall’obbligo di integrazione civica entro questo periodo abbia un impatto in questo senso.

78      In via preliminare, occorre osservare che la formulazione dell’articolo 34 della direttiva 2011/95 impone agli Stati membri di garantire l’accesso ai programmi di integrazione che essi ritengono appropriati o di creare le condizioni preliminari che garantiscano l’accesso a tali programmi, senza escludere espressamente la possibilità, per tali Stati, di far sopportare ai beneficiari della protezione internazionale le relative spese.

79      Tuttavia, come risulta dai punti 62 e 63 della presente sentenza, gli Stati membri, pur godendo di un margine di discrezionalità, sono tenuti a garantire che il contenuto di tali programmi nonché le modalità pratiche di organizzazione degli stessi e gli obblighi che possono essere posti a carico dei partecipanti in tale contesto non ostacolino in modo sproporzionato l’accesso effettivo da parte di tali beneficiari a detti programmi o l’esercizio effettivo da parte di tali persone degli altri diritti e vantaggi che esse traggono da tale direttiva.

80      A tal riguardo, occorre considerare che, tenuto conto delle esigenze specifiche dei beneficiari di protezione internazionale, delle caratteristiche della loro situazione nonché della loro particolare vulnerabilità, il principio di proporzionalità e l’effetto utile del diritto di accesso ai programmi di integrazione previsto all’articolo 34 della direttiva 2011/95 ostano a che gli Stati membri facciano sopportare a tali beneficiari le spese relative alle misure di integrazione rese obbligatorie. Siffatte misure dovrebbero quindi, in linea di principio, essere gratuite. Ciò premesso, né il principio di proporzionalità, né l’effetto utile di tale articolo 34 ostano a che gli Stati membri impongano, se del caso, ai beneficiari di protezione internazionale che dispongano di mezzi finanziari sufficienti un contributo finanziario che non sia irragionevole.

81      Orbene, nel caso di specie, dagli elementi di cui dispone la Corte risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale impone, in linea di principio, a tutti i beneficiari di protezione internazionale di sostenere la totalità delle spese dei dispositivi di integrazione, le quali possono essere molto elevate.

82      È vero che i beneficiari di protezione internazionale possono chiedere un prestito dell’importo massimo di EUR 10 000 al fine di sostenere le spese del programma di integrazione civica, poiché tale prestito non deve essere rimborsato se superano tutte le parti degli esami di tale programma entro il termine previsto o se sono esentati o dispensati, entro tale termine, dall’obbligo di integrazione civica. D’altra parte, se non hanno adempiuto a tale obbligo o lo hanno adempiuto tardivamente, questi beneficiari devono rimborsare il suddetto prestito, in linea di principio, integralmente entro un periodo massimo di dieci anni, fermo restando, tuttavia, che, in casi particolari, è possibile una remissione totale o parziale del debito a determinate condizioni.

83      Inoltre, la capacità finanziaria del debitore può essere presa in considerazione nel determinare l’importo delle rate da rimborsare ogni mese. In caso di incapacità contributiva, il ministro può fissare l’importo da restituire a EUR 0 mensili. L’eventuale debito residuo dopo dieci anni viene rimesso, ad eccezione degli arretrati.

84      Sebbene dalle considerazioni esposte ai punti 82 e 83 della presente sentenza risulti che la possibilità di contrarre un prestito al fine di sostenere le spese del programma di integrazione civica è concepita in un modo che implica una certa presa in considerazione della capacità finanziaria individuale del beneficiario di protezione internazionale, ciò non toglie che, contrariamente alle considerazioni esposte al punto 80 della presente sentenza, tale beneficiario resta, in linea di principio, obbligato a sopportare le spese, potenzialmente molto elevate, di tale programma, a meno che non superi l’esame di integrazione civica entro i termini oppure sia esonerato o dispensato dall’obbligo di rimborsare il prestito contratto. Inoltre, fintantoché gli incombe l’obbligo di superare l’esame di integrazione civica, un’incertezza circonda necessariamente al contempo l’importo totale del prestito che detto beneficiario dovrà alla fine rimborsare e la durata del periodo durante il quale quest’ultimo resterà indebitato presso le autorità pubbliche, il quale può essere molto lungo.

85      In circostanze simili, il fatto di far sopportare, in linea di principio, al beneficiario di protezione internazionale la totalità delle spese dei corsi e degli esami del programma di integrazione civica compromette l’obiettivo consistente nel garantire l’integrazione effettiva di tale beneficiario nella società dello Stato membro ospitante facendo gravare su di esso un onere irragionevole che ostacola non solo l’accesso effettivo di detto beneficiario al programma di integrazione civica, ma anche l’esercizio da parte dello stesso beneficiario degli altri diritti e vantaggi che gli derivano dalla direttiva 2011/95.

86      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla seconda alla quarta dichiarando che l’articolo 34 della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale i beneficiari di protezione internazionale sopportano essi stessi l’integralità delle spese dei corsi e degli esami di integrazione civica. Il fatto che tali beneficiari possano ottenere un prestito dalle pubbliche amministrazioni al fine di pagare tali spese, e che sia loro concessa una remissione del debito per tale prestito nel caso in cui superino l’esame di integrazione civica entro il periodo stabilito o nel caso in cui vengano esonerati o dispensati dall’obbligo di integrazione civica entro questo periodo, non è idoneo a rimediare all’incompatibilità di tale normativa con detto articolo 34.

 Sulle spese

87      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 34 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta,

dev’essere interpretato nel senso che:

esso non osta ad una normativa nazionale che obbliga i beneficiari di protezione internazionale a superare un esame di integrazione civica, a condizione che:

–        l’attuazione di tale obbligo consenta di tenere realmente conto delle esigenze specifiche e delle caratteristiche della situazione di tali beneficiari, nonché delle particolari difficoltà di integrazione cui devono far fronte;

–        le conoscenze necessarie per superare tale esame siano fissate ad un livello adeguato, senza eccedere quanto necessario per favorire l’integrazione dei beneficiari nella società dello Stato membro ospitante;

–        ogni beneficiario di protezione internazionale sia dispensato dall’obbligo di superare tale esame nel caso in cui sia in grado di dimostrare, alla luce delle condizioni di vita e delle circostanze che caratterizzano il suo soggiorno nello Stato membro ospitante, di essere già effettivamente integrato nella società di quest’ultimo.

Per contro, tale articolo 34 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il mancato superamento di un siffatto esame sia sistematicamente sanzionato con un’ammenda, così come a che detta ammenda possa essere di importo tale da costituire un onere finanziario irragionevole per la persona interessata, tenuto conto della sua situazione personale e familiare.

2)      L’articolo 34 della direttiva 2011/95

dev’essere interpretato nel senso che:

–        esso osta a una normativa nazionale in forza della quale i beneficiari di protezione internazionale sopportano essi stessi l’integralità delle spese dei corsi e degli esami di integrazione civica;

–        il fatto che tali beneficiari possano ottenere un prestito dalle pubbliche amministrazioni al fine di pagare tali spese, e che sia loro concessa una remissione del debito per tale prestito nel caso in cui superino l’esame di integrazione civica entro il periodo stabilito o nel caso in cui vengano esonerati o dispensati dall’obbligo di integrazione civica entro questo periodo, non è idoneo a rimediare all’incompatibilità di tale normativa con detto articolo 34.

Firme


*   Lingua processuale: il neerlandese.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472