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Mutui ipotecari, ammissibile la class action sulla trasparenza del tasso minimo

Corte di Giustizia UE, Sentenza n.C-450/22 del 04/07/2024

La Corte di giustizia europea ha recentemente pronunciato una sentenza significativa riguardante i mutui ipotecari e la possibilità di esaminare le clausole "di tasso minimo" tramite un'azione collettiva. Questa decisione è stata resa il 4 luglio 2024 nella causa C-450/22, focalizzandosi sulle dinamiche di trasparenza in contesti bancari su larga scala.

La questione centrale del caso origina dalla situazione in Spagna, dove un vasto numero di consumatori ha messo in discussione la validità delle clausole che stabiliscono un limite inferiore al tasso di interesse variabile, indipendentemente dalle fluttuazioni del tasso di riferimento come l'Euribor. La contestazione si appoggia sulla direttiva sulle clausole abusive (Direttiva 93/13/CEE del Consiglio).

In risposta a ciò, l'Associazione spagnola degli utenti delle banche (ADICAE) ha intrapreso un'azione collettiva contro oltre un centinaio di istituti finanziari, con l'obiettivo di eliminare l'uso di tali clausole e recuperare i pagamenti effettuati dai consumatori a causa di queste.

Dopo alcuni risultati sfavorevoli nelle corti inferiori, il caso è stato elevato alla Corte suprema spagnola, che ha espresso perplessità riguardo alla possibilità di eseguire un'efficace verifica della trasparenza in un contesto così esteso, con un gran numero di parti coinvolte.

Nonostante le complicazioni logistiche, la Corte di giustizia ha ribadito che la direttiva non esclude la verifica della trasparenza in azioni collettive, e che tale verifica deve essere adattata per affrontare le sfide specifiche di queste situazioni, concentrandosi sulle pratiche standard adottate dagli enti finanziari nei confronti del consumatore medio.

La Corte ha inoltre osservato che la diversità dei consumatori coinvolti rende essenziale il ricorso al profilo del consumatore medio, la cui percezione generale è fondamentale per il controllo di trasparenza. Inoltre, ha sottolineato che l'omogeneità delle clausole "di tasso minimo" attraverso contratti differenti supporta la validità dell'azione collettiva, indipendentemente dalla variazione temporale o normativa sotto cui sono stati stipulati i contratti.

Concludendo, la Corte suprema spagnola dovrà ora determinare se le variazioni nei tassi di interesse e le decisioni precedenti abbiano influenzato l'attenzione e l'informazione disponibile al consumatore medio al momento della firma dei contratti di mutuo. Questa verifica è cruciale per stabilire l'effettiva trasparenza delle clausole e per garantire la tutela dei diritti dei consumatori nel settore dei mutui ipotecari.

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Corte di giustizia dell'Unione europea

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

4 luglio 2024

«Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Contratti di mutuo ipotecario – Clausole che limitano la variazione dei tassi di interesse – Clausole dette “di tasso minimo” – Azione collettiva inibitoria dell’utilizzo di tali clausole e diretta alla restituzione delle somme pagate a tale titolo, che coinvolge un numero rilevante di professionisti e di consumatori – Chiarezza e comprensibilità di dette clausole – Nozione di “consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto”»

Nella causa C-450/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con decisione del 29 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 6 luglio 2022, nel procedimento

Caixabank SA, subentrata nei diritti della Bankia SA e del Banco Mare Nostrum SA,

Caixa Ontinyent SA,

Banco Santander SA, subentrato nei diritti del Banco Popular Español SA e del Banco Pastor SA,

Targobank SA,

Credifimo SAU,

Caja Rural de Teruel SCC,

Caja Rural de Navarra SCC,

Cajasiete Caja Rural SCC,

Caja Rural de Jaén, Barcelona e Madrid SCC,

Caja Laboral Popular SCC (Kutxa),

Caja Rural de Asturias SCC,

Arquia Bank SA, già Caja de Arquitectos SCC,

Nueva Caja Rural de Aragón SCC,

Caja Rural de Granada SCC,

Caja Rural del Sur SCC,

Caja Rural de Albacete, Ciudad Real e Cuenca SCC (Globalcaja),

Caja Rural Central SCC,

Caja Rural de Extremadura SCC,

Caja Rural de Zamora SCC,

Unicaja Banco SA, subentrato nei diritti della Liberbank SA e del Banco Castilla-La Mancha SA,

Banco Sabadell SA,

Banca March SA,

Ibercaja Banco SA,

Banca Pueyo SA

contro

Asociación de Usuarios de Bancos, Cajas de Ahorros y Seguros de España (Adicae),

M.A.G.G.,

M.R.E.M.,

A.B.C.,

Óptica Claravisión SL,

A.T.M.,

F.A.C.,

A.P.O.,

P.S.C.,

J.V.M.B., in qualità di successore di C.M.R.,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei (relatrice), J.-C. Bonichot, S. Rodin e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 settembre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Caixabank SA, subentrata nei diritti della Bankia SA e del Banco Mare Nostrum SA, da J. Gutiérrez de Cabiedes Hidalgo de Caviedes e E. Valencia Ortega, abogados;

–        per il Banco Santander SA, subentrato nei diritti del Banco Popular Español SA e del Banco Pastor SA, da J.M. Rodríguez Cárcamo e A.M. Rodríguez Conde, abogados;

–        per la Targobank SA, da D. Machado Rubiño e J. Pérez de la Cruz Oña, abogados;

–        per la Caja Rural de Teruel SCC, da J. López Torres, abogado;

–        per la Caja Rural de Navarra SCC, da J. Izquierdo Jiménez e M. Robles Cháfer, abogados, nonché da M. Sánchez-Puelles González-Carvajal, procurador;

–        per la Caja Rural de Jaén, Barcelona y Madrid SCC, da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Caja Rural de Asturias SCC, da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Arquia Bank SA, da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Nueva Caja Rural de Aragón SCC, da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Caja Rural de Granada SCC, da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Caja Rural del Sur SCC, da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Caja Rural de Albacete, Ciudad Real y Cuenca SCC (Globalcaja), da R. Monsalve del Castillo, I. Moreno-Tapia Rivas e E. Portillo Cabrera, abogados, nonché da M. Moreno de Barreda Rovira, procuradora;

–        per la Caja Rural Central SCC, la Caja Rural de Extremadura SCC e la Caja Rural de Zamora SCC, da J. López Torres, abogado;

–        per l’Unicaja Banco SA, subentrato nei diritti della Liberbank SA e del Banco Castilla-La Mancha SA, da M.Á. Cepero Aránguez e C. Vendrell Cervantes, abogados;

–        per il Banco Sabadell SA, da G. Serrano Fenollosa, R. Vallina Hoset e M. Varela Suárez, abogados;

–        per l’Ibercaja Banco SA, da S. Centeno Huerta e C. González Silvestre, abogadas;

–        per l’Asociación de Usuarios de Bancos, Cajas de Ahorros y Seguros de España (Adicae), da V. Cremades Erades, K. Fábregas Márquez e J.F. Llanos Acuña, abogados, nonché da M. del M. Villa Molina, procuradora;

–        per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz e A. Pérez-Zurita Gutiérrez, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e S. Zyrek, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da P. Barros da Costa, A. Cunha e L. Medeiros, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz, N. Ruiz García e I. Galindo Martín, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 18 gennaio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Caixabank SA, subentrata nei diritti della Bankia SA e del Banco Mare Nostrum SA, la Caixa Ontinyent SA, il Banco Santander SA, subentrato nei diritti del Banco Popular Español SA e del Banco Pastor SA, la Targobank SA, la Credifimo SAU, la Caja Rural de Teruel SCC, la Caja Rural de Navarra SCC, la Cajasiete Caja Rural SCC, la Caja Rural de Jaén, Barcelona y Madrid SCC, la Caja Laboral Popular SCC (Kutxa), la Caja Rural de Asturias SCC, la Arquia Bank SA, già Caja de Arquitectos SCC, la Nueva Caja Rural de Aragón SCC, la Caja Rural de Granada SCC, la Caja Rural del Sur SCC, la Caja Rural de Albacete, Ciudad Real y Cuenca SCC (Globalcaja), la Caja Rural Central SCC, la Caja Rural de Extremadura SCC, la Caja Rural de Zamora SCC, l’Unicaja Banco SA, subentrato nei diritti della Liberbank SA e del Banco Castilla-La Mancha SA, il Banco Sabadell SA, la Banca March SA, l’Ibercaja Banco SA e la Banca Pueyo SA e, dall’altro, l’Asociación de Usuarios de Bancos, Cajas de Ahorros y Seguros de España (Adicae), un’associazione spagnola degli utenti delle banche, delle casse di risparmio e delle compagnie assicurative, M.A.G.G., M.R.E.M., A.B.C., Óptica Claravisión SL, A.T.M., F.A.C., A.P.O., P.S.C. e J.V.M.B., in qualità di successore di C.M.R., in merito alla cessazione dell’utilizzo di una clausola contenuta nelle condizioni generali dei contratti di mutuo ipotecario conclusi da tali enti creditizi e alla restituzione delle somme pagate a tale titolo da questi utenti.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il ventitreesimo considerando della direttiva 93/13 enuncia quanto segue:

«considerando che le persone o le organizzazioni che in base alla legge di uno Stato membro hanno un interesse legittimo a tutelare il consumatore devono avere la possibilità di avviare un procedimento in merito alle clausole contrattuali redatte in vista di una loro inserzione generalizzata nei contratti stipulati con consumatori e in particolare in merito alle clausole abusive, davanti ad un’autorità giudiziaria od un organo amministrativo competente a decidere dei reclami od a iniziare adeguate azioni giudiziarie; che tale facoltà non implica peraltro un controllo preventivo delle condizioni generali adottate in un particolare settore economico».

4        Conformemente all’articolo 2 di tale direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

b)      “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale».

5        Ai sensi dell’articolo 4, della direttiva in parola:

«1.      Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

2.      La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

6        L’articolo 5 della stessa direttiva dispone quanto segue:

«Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. Questa regola di interpretazione non è applicabile nell’ambito delle procedure previste all’articolo 7, paragrafo 2».

7        Ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 93/13:

«1.      Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2.      I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole.

3.      Nel rispetto della legislazione nazionale, i ricorsi menzionati al paragrafo 2 possono essere diretti, separatamente o in comune, contro più professionisti dello stesso settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l’inserzione delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili».

 Diritto spagnolo

 Legge n. 7/1998

8        La Ley 7/1998 sobre condiciones generales de la contratación (legge 7/1998, relativa alle condizioni generali di contratto), del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998, pag. 12304), come modificata, all’articolo 12 prevede quanto segue:

«1.      È possibile proporre azioni inibitorie e di restituzione contro l’utilizzo o la raccomandazione di utilizzo di condizioni generali contrarie alle disposizioni della presente normativa o ad altre norme imperative o proibitive.

2.      L’azione inibitoria mira a ottenere una sentenza che ordini al convenuto di eliminare dalle proprie condizioni generali di contratto quelle ritenute nulle e di astenersi dall’utilizzarle in futuro, determinando e specificando, a seconda delle circostanze, il contenuto del contratto che deve essere considerato valido e vincolante.

A un’azione inibitoria può essere correlata, in via accessoria, un’azione di restituzione delle somme eventualmente versate in forza di tali condizioni generali, così come un’azione per il risarcimento dei danni causati dall’applicazione di tali condizioni.

(…)».

9        Conformemente all’articolo 17 di tale legge:

«1.      L’azione inibitoria è possibile contro qualsiasi professionista che utilizzi condizioni generali ritenute nulle.

(...)

4.      Le azioni previste nei paragrafi precedenti possono essere dirette congiuntamente contro più professionisti operanti nello stesso settore economico o contro le loro associazioni che utilizzano o raccomandano l’utilizzo di condizioni generali identiche che sono ritenute nulle».

 Regio decreto legislativo 1/2007

10      Il Real Decreto Legislativo 1/2007 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (regio decreto legislativo 1/2007, recante approvazione del testo consolidato della legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti e di altre leggi complementari), del 16 novembre 2007 (BOE n. 287, del 30 novembre 2007, pag. 49181), come modificato, all’articolo 53 prevede quanto segue:

«L’azione inibitoria è volta ad ottenere la condanna del convenuto alla cessazione del suo comportamento e ad evitare che tale comportamento si riproduca in futuro. Inoltre, l’azione può essere esercitata per inibire qualsiasi comportamento che risulti cessato al momento della proposizione dell’azione, qualora esistano indizi sufficienti secondo cui tale comportamento possa riprodursi a breve termine.

Ai fini delle disposizioni del presente capo, qualunque raccomandazione in favore dell’inserzione di clausole abusive è parimenti considerata un comportamento contrario alla normativa in materia di clausole abusive.

Qualsiasi azione inibitoria può essere cumulata, a condizione che sia proposta domanda di nullità e di annullamento, con un’azione per inadempimento di obbligazioni, di risoluzione o di rescissione del contratto e di restituzione di somme eventualmente versate in base a prassi, clausole o condizioni generali di contratto giudicate abusive e non trasparenti, nonché all’azione di risarcimento dei danni causati dall’applicazione di tali clausole o pratiche. Il giudice che conosce dell’azione principale, vale a dire l’azione inibitoria prevista dalla normativa processuale, conosce anche di tale azione accessoria cumulata».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      Il 15 novembre 2010 l’Adicae ha adito lo Juzgado de lo Mercantil n. 11 de Madrid (Tribunale di commercio n. 11 di Madrid, Spagna) con un’azione collettiva inibitoria nei confronti di 44 enti creditizi, riguardante una clausola cosiddetta «di tasso minimo» contenuta nelle condizioni generali di contratto di mutuo ipotecario, utilizzate da tali enti creditizi, che prevedeva una soglia minima al di sotto della quale il tasso d’interesse variabile non poteva diminuire (in prosieguo: la «clausola di tasso minimo»), e diretta ad ottenere la restituzione delle somme pagate sulla base di tale clausola dai consumatori interessati. Tale azione è stata successivamente estesa, in due occasioni, di modo che, in definitiva, sono stati convenuti in giudizio 101 enti creditizi. A seguito della trasmissione nei media spagnoli di tre inviti a comparire, 820 consumatori sono comparsi individualmente nel procedimento principale a sostegno delle conclusioni dell’Adicae.

12      Lo Juzgado de lo Mercantil n. 11 de Madrid (Tribunale di commercio n. 11 di Madrid) ha accolto detta azione per 98 dei 101 enti creditizi dinanzi ad esso convenuti. Nei confronti di tali enti, detto giudice ha constatato la nullità della clausola di tasso minimo, ha ordinato la cessazione dell’utilizzo di tale clausola e ha dichiarato la continuità dei contratti di mutuo ipotecario di cui trattasi. Esso ha altresì obbligato detti enti a rimborsare le somme indebitamente percepite in applicazione di detta clausola a decorrere dal 9 maggio 2013, data di pubblicazione della sentenza n. 241/2013 del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con la quale quest’ultimo ha deciso che la dichiarazione di nullità di una clausola di tasso minimo produceva effetti ex nunc.

13      L’Audiencia Provincial de Madrid (Corte provinciale di Madrid, Spagna) ha respinto quasi tutti gli appelli proposti dagli enti condannati in primo grado.

14      Tale giudice ha precisato i criteri secondo i quali il controllo del carattere trasparente di una clausola di tasso minimo doveva essere effettuato nell’ambito di un’azione collettiva e ha quindi dichiarato che, in sede di esame dei modelli standard di contratti di mutuo ipotecario utilizzati da enti creditizi, occorreva verificare se tali enti si fossero comportati in modo da occultare o dissimulare l’«effetto economico-patrimoniale» di una siffatta clausola. Un simile occultamento o dissimulazione si verifica, secondo detto giudice, qualora detti enti non presentino e non collochino tale clausola sullo stesso piano d’importanza di altre clausole alle quali il consumatore medio presta generalmente attenzione, considerando quest’ultimo che tali altre clausole, relative all’indice di riferimento, al differenziale da aggiungere a tale indice o alla durata del rimborso di cui trattasi, determinano i costi del contratto concluso.

15      L’Audiencia Provincial de Madrid (Corte provinciale di Madrid) ha altresì individuato taluni comportamenti degli enti creditizi interessati che attestavano una tale intenzione di occultamento o dissimulazione. Rientrano in tali comportamenti, secondo detto giudice, la presentazione, da parte di tali enti, della clausola di tasso minimo come collegata a nozioni che non hanno alcun rapporto con il prezzo del contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi o con circostanze idonee a provocare una diminuzione di tale prezzo, creando così l’impressione che l’effetto “pavimento” della fluttuazione del tasso d’interesse di riferimento sia soggetto a determinate condizioni o esigenze che renderanno difficile l’applicazione di una siffatta clausola di tasso minimo, la presentazione della clausola di tasso minimo alla metà o alla fine di lunghi paragrafi che riguardano anzitutto altri punti e nei quali una siffatta clausola è menzionata solo brevemente, senza essere messa in evidenza, di modo che l’attenzione del consumatore medio ne sia sviata, o ancora la presentazione congiunta di tale clausola e delle clausole di limitazione all’aumento del tasso di interesse variabile (clausole dette «clausole di tetto massimo»), affinché l’attenzione di tale consumatore si concentri sull’assicurazione apparente di poter beneficiare di un massimale contro l’ipotetico aumento dell’indice di riferimento e sia quindi sviata dalla rilevanza del tasso minimo stipulato.

16      Gli enti creditizi rimasti soccombenti in appello hanno quindi adito il Tribunal Supremo (Corte suprema), che è il giudice del rinvio, con ricorsi straordinari per vizio di procedura e con ricorsi per cassazione avverso la sentenza pronunciata in appello.

17      Tale giudice fa valere che il procedimento principale solleva due problematiche giuridiche di pari importanza. La prima verte sulla questione se un’azione collettiva costituisca un mezzo procedurale adeguato affinché sia esaminato il carattere trasparente di clausole di tasso minimo, esame che richiederebbe, secondo la giurisprudenza della Corte, una valutazione concreta di tutte le circostanze che accompagnano la conclusione di un contratto nonché delle informazioni precontrattuali fornite al consumatore interessato. Una questione del genere risulterebbe tanto più pertinente quando, al pari della situazione di cui trattasi nel procedimento principale, l’azione collettiva intentata non riguarda un unico ente creditizio, ma riguarda tutti gli enti creditizi del sistema bancario di un paese il cui unico denominatore comune consiste nell’utilizzo, nei loro contratti di mutuo ipotecario a tasso variabile, di clausole di tasso minimo con contenuto più o meno variabile.

18      Il giudice del rinvio richiama la propria giurisprudenza al riguardo e precisa, in particolare, di aver effettuato un controllo della trasparenza delle clausole di tasso minimo nell’ambito di un’azione collettiva, in particolare nella causa che ha dato luogo alla sentenza 241/2013 del 9 maggio 2013, utilizzando come criterio di riferimento la percezione del consumatore medio e tenendo conto delle caratteristiche dei modelli standardizzati di «contratti di massa» di cui trattasi. Tuttavia, tale giudice indica che, in tali casi, l’azione collettiva intentata era diretta contro un solo ente creditizio o contro un numero molto limitato di enti creditizi, cosicché era più facile standardizzare le prassi e le clausole di cui trattasi.

19      Per contro, il giudice del rinvio precisa che, nel caso di specie, secondo le statistiche del Banco de España (Banca di Spagna), sono interessati milioni di contratti di mutuo ipotecario, i quali darebbero luogo a una molteplicità di formulazioni e configurazioni delle clausole di tasso minimo. Inoltre, tale giudice indica che queste clausole sono state legittimamente utilizzate nel periodo compreso tra il mese di dicembre del 1989 e il mese di giugno del 2019, cosicché esse sono state assoggettate a normative successive, mentre la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve fare riferimento al momento della conclusione del contratto.

20      Di conseguenza, il giudice del rinvio ritiene che, quando un’azione collettiva è promossa contro un numero considerevole di enti creditizi, riguarda l’utilizzo di clausole di tasso minimo per un periodo molto lungo, conformemente a normative che si sono succedute nel tempo, e non consente di verificare le informazioni precontrattuali fornite in ciascuna fattispecie ai consumatori interessati, sia estremamente difficile procedere ad un controllo della trasparenza di tali clausole, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13.

21      La seconda problematica sollevata dal giudice del rinvio verte sulla difficoltà di caratterizzare il consumatore medio in un caso come quello oggetto del procedimento principale. Detto giudice precisa al riguardo che, sebbene, nella sua giurisprudenza, la Corte si riferisca al consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C-125/18, EU:C:2020:138, punto 51), il livello di attenzione di un consumatore può variare in funzione di diversi fattori, in particolare delle norme nazionali o settoriali in materia di pubblicità o anche degli elementi del linguaggio utilizzati nelle informazioni commerciali fornite.

22      Nel procedimento principale, le clausole di tasso minimo si rivolgevano a diverse categorie specifiche di consumatori, vale a dire, in particolare, consumatori che avevano ripreso mutui ipotecari conclusi da promotori immobiliari, consumatori rientranti in programmi di finanziamento di alloggi sociali o di accesso agli alloggi pubblici secondo determinate fasce di età, o consumatori che hanno avuto accesso ai prestiti a regime speciale a causa della loro professione, cosicché sarebbe difficile applicare la nozione di «consumatore medio» al fine di procedere all’esame del carattere trasparente di tali clausole.

23      In tali circostanze, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva [93/13], nel rinviare alle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto e l’articolo 7, paragrafo 3, della medesima direttiva, nel fare riferimento a clausole simili, siano applicabili alla valutazione astratta, ai fini del controllo di trasparenza nell’ambito di un’azione collettiva, di clausole utilizzate da oltre un centinaio di istituti finanziari in milioni di contratti bancari, senza tener conto del livello dell’informazione precontrattuale fornita sull’onere giuridico ed economico della clausola, né delle altre circostanze ricorrenti in ciascun caso al momento della stipula.

2)      Se sia compatibile con gli articoli 4, paragrafo 2, e 7, paragrafo 3, della direttiva [93/13] la possibilità di effettuare un controllo astratto di trasparenza dal punto di vista del consumatore medio qualora varie offerte di contratti siano rivolte a diversi gruppi specifici di consumatori, o in presenza di numerosi enti che predispongono le clausole, operanti in settori di attività molto vari dal punto di vista economico e geografico, per un periodo molto lungo nel corso del quale la conoscenza di tali clausole da parte del pubblico si è andata evolvendo».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

24      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che consentono a un giudice nazionale di procedere al controllo della trasparenza di una clausola contrattuale nell’ambito di un’azione collettiva diretta contro numerosi professionisti rientranti nello stesso settore economico, e che riguarda un numero molto elevato di contratti.

25      Si deve anzitutto osservare, in proposito, che, nel sistema di tutela attuato dalla direttiva 93/13, i consumatori possono far valere i loro diritti riconosciuti da tale direttiva sia mediante un’azione individuale sia mediante un’azione collettiva.

26      Parallelamente al diritto soggettivo di un consumatore di adire un giudice per l’esame dell’abusività di una clausola di un contratto di cui è parte, il meccanismo di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13 consente agli Stati membri di promuovere un controllo sulle clausole abusive contenute in contratti tipo mediante azioni inibitorie avviate nell’interesse pubblico da associazioni per la tutela dei consumatori (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba, C-381/14 e C-385/14, EU:C:2016:252, punto 21).

27      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13, siffatte azioni collettive possono essere dirette, nel rispetto della legislazione nazionale, separatamente o congiuntamente, contro più professionisti dello stesso settore economico o loro associazioni che utilizzano o raccomandano l’impiego delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili.

28      Se è vero che i diritti riconosciuti dalla direttiva 93/13 possono quindi essere esercitati mediante un’azione individuale o un’azione collettiva, tali azioni hanno, nell’ambito di tale direttiva, obiettivi ed effetti giuridici diversi (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba, C-381/14 e C-385/14, EU:C:2016:252, punto 30).

29      Pertanto, per quanto riguarda le azioni individuali, la situazione di disuguaglianza esistente tra un consumatore e il professionista interessato, sulla quale si basa il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13, richiede un intervento positivo del giudice nazionale che è tenuto a valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale tenendo conto, come richiesto dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, della natura dei beni o dei servizi oggetto del contratto di cui trattasi e facendo riferimento, al momento della conclusione di tale contratto, a tutte le circostanze che accompagnano tale conclusione, nonché a tutte le altre clausole di detto contratto, o di un altro contratto da cui esso dipende (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba, C-381/14 e C-385/14, EU:C:2016:252, punti da 21 a 24 e giurisprudenza ivi citata).

30      Per contro, come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la presa in considerazione di tutte le circostanze concrete che accompagnano la conclusione di un contratto, che caratterizza le azioni individuali, non pregiudica l’applicazione dell’articolo 7 di tale direttiva e non deve, pertanto, ostare all’esercizio di un’azione collettiva.

31      La Corte ha dichiarato al riguardo che la natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni inibitorie proposte dalle persone o dalle organizzazioni aventi un interesse legittimo a tutelare i consumatori di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13, nonché l’indipendenza di tali azioni nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto, implicano che dette azioni possano essere esercitate anche qualora le clausole di cui si chiede l’inibitoria non siano state utilizzate in contratti determinati (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba, C-381/14 e C-385/14, EU:C:2016:252, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

32      Per quanto riguarda, in particolare, il rapporto tra le azioni individuali e le azioni collettive, occorre ricordare che, in assenza di armonizzazione nella direttiva 93/13 degli strumenti procedurali disciplinanti tale rapporto, spetta a ciascun ordinamento giuridico interno stabilire siffatte norme, in forza dell’autonomia processuale degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba, C-381/14 e C-385/14, EU:C:2016:252, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Tali norme non possono quindi pregiudicare l’esercizio effettivo della possibilità di scegliere, offerta ai consumatori nella direttiva 93/13, di far valere i loro diritti mediante un’azione individuale o mediante un’azione collettiva, facendosi rappresentare da un’organizzazione avente un interesse legittimo a tutelarli.

33      Nel caso di specie, si deve osservare che il giudice del rinvio si interroga sulla misura in cui un’azione collettiva costituisce un meccanismo giurisdizionale appropriato che consente di far procedere al controllo della trasparenza di una clausola di tasso minimo contenuta in contratti di mutuo ipotecario, qualora tale azione sia diretta contro numerosi professionisti che hanno concluso numerosi contratti di questo tipo per un lungo periodo.

34      Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di «trasparenza» nel contesto della direttiva 93/13, occorre ricordare che il requisito di trasparenza delle clausole contrattuali costituisce una regola generale applicabile alla redazione delle clausole utilizzate nei contratti conclusi con i consumatori. In proposito, l’articolo 5 di detta direttiva stabilisce che, nel caso dei contratti di cui tutte le clausole o talune clausole sono proposte al consumatore per iscritto, tali clausole «devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile».

35      La portata di tale obbligo di redazione chiara e comprensibile, che traduce il requisito di trasparenza gravante sui professionisti, non dipende dal tipo di azione, individuale o collettiva, mediante la quale un consumatore o un’organizzazione che abbia un interesse legittimo a tutelarlo intendono far valere i diritti riconosciuti dalla direttiva 93/13.

36      Pertanto, la giurisprudenza derivante da azioni individuali e relativa al requisito di trasparenza è trasponibile alle azioni collettive. Occorre ricordare al riguardo che, secondo tale giurisprudenza, tale requisito non può essere limitato al solo carattere comprensibile sul piano formale e grammaticale di una clausola, ma deve, al contrario, essere inteso in modo estensivo, in quanto il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 si basa sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda, in particolare, il livello di informazione [v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2023, Caixabank (Commissione di apertura del mutuo), C-565/21, EU:C:2023:212, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

37      Detto requisito di trasparenza impone quindi non solo che una clausola sia intellegibile per il consumatore interessato sui piani formale e grammaticale, ma anche che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto di tale clausola e di valutare così, sulla base di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una siffatta clausola sui suoi obblighi finanziari (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C-776/19 a C-782/19, EU:C:2021:470, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

38      Da quanto precede risulta che, nel sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13, il controllo giurisdizionale del carattere trasparente delle clausole contrattuali non può essere limitato alle sole clausole oggetto di azioni individuali. Nessuna disposizione di tale direttiva consente infatti di ritenere che tale controllo sia escluso per quanto riguarda le clausole oggetto di azioni collettive, fatto salvo, tuttavia, il rispetto delle condizioni previste all’articolo 7, paragrafo 3, di detta direttiva, vale a dire che, qualora essa sia intentata contro più professionisti, un’azione collettiva sia diretta contro professionisti di uno stesso settore economico, da un lato, che utilizzano o raccomandano l’impiego delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili, dall’altro.

39      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esame del carattere trasparente di una clausola contrattuale che spetta al giudice nazionale effettuare nell’ambito di un’azione collettiva, si deve osservare che, per sua stessa natura, tale esame non può riguardare circostanze proprie di situazioni individuali, ma verte su prassi standardizzate di professionisti.

40      Pertanto, l’obbligo del giudice nazionale di verificare, nell’ambito di un’azione individuale, se siano stati portati a conoscenza del consumatore tutti gli elementi idonei ad incidere sull’impegno del consumatore interessato, tenendo conto delle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto di cui trattasi e prendendo in considerazione la comunicazione, prima della conclusione di tale contratto, delle informazioni relative alle condizioni contrattuali e alle conseguenze di tale conclusione, [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C-395/21, EU:C:2023:14, punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata], deve essere adattato alle particolarità delle azioni collettive, in particolare tenuto conto della natura preventiva di queste ultime e della loro indipendenza rispetto a qualsiasi conflitto individuale concreto, ricordate al punto 31 della presente sentenza.

41      Pertanto, nell’ambito di un’azione collettiva, spetta al giudice nazionale, nel valutare il carattere trasparente di una clausola contrattuale, quale una clausola di tasso minimo, esaminare, in funzione della natura dei beni o dei servizi oggetto dei contratti di cui trattasi, se il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia in grado, al momento della conclusione del contratto, di comprendere il funzionamento di tale clausola e di valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di quest’ultima. A tal fine, detto giudice deve tener conto dell’insieme delle pratiche contrattuali e precontrattuali standard seguite da ciascun professionista interessato, tra le quali figurano, in particolare, la redazione di detta clausola e il posizionamento di quest’ultima nei contratti tipo utilizzati da ciascun professionista, la pubblicità che è stata fatta dei tipi di contratti oggetto dell’azione collettiva, la diffusione delle offerte precontrattuali generalizzate rivolte ai consumatori nonché ogni altra circostanza che detto giudice ritenga rilevante al fine di esercitare il suo controllo per quanto concerne ciascuno dei convenuti.

42      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la questione se la complessità di una causa, a causa del numero molto elevato dei convenuti, dei contratti conclusi nel corso di un lungo periodo e delle molteplici formulazioni delle clausole interessate, possa impedire la realizzazione di un controllo della trasparenza di tali clausole, occorre anzitutto osservare che, come rilevato al punto 38 della presente sentenza, l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 subordina l’esercizio di un’azione collettiva nei confronti di più professionisti a due condizioni, vale a dire che una siffatta azione sia diretta contro professionisti di uno stesso settore economico, da un lato, e che questi ultimi utilizzino o raccomandino l’utilizzo delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili, dall’altro.

43      Per quanto riguarda la prima di tali condizioni, è pacifico nel caso di specie che i convenuti nel procedimento principale appartengono allo stesso settore economico, vale a dire quello degli enti creditizi. La circostanza che l’azione intentata nel procedimento principale sia diretta contro un numero considerevole di enti creditizi non costituisce un criterio pertinente al fine di valutare l’obbligo che incombe al giudice nazionale di esaminare la trasparenza di clausole contrattuali simili, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13, in quanto, come risulta da tale disposizione, un’azione collettiva può essere diretta, separatamente o congiuntamente, contro più professionisti del medesimo settore. Infatti, la complessità di una causa non può pregiudicare l’effettività dei diritti soggettivi riconosciuti dalla direttiva 93/13 ai consumatori che non possono essere messi in discussione dalle sfide di ordine organizzativo sollevate da una causa.

44      Per quanto riguarda la seconda di dette condizioni, occorre constatare che spetta al giudice nazionale determinare, nel rispetto del suo diritto interno, se tra le clausole contrattuali oggetto di un’azione collettiva esista un grado di somiglianza sufficiente a consentire l’esercizio di tale azione. In proposito, dalla formulazione stessa dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 risulta che non è necessario che tali clausole siano identiche. Inoltre, una siffatta somiglianza non può essere esclusa per il solo fatto che i contratti in cui esse figurano sono stati conclusi in momenti diversi o in vigenza di normative diverse, a pena di svuotare l’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva 93/13 di gran parte del suo contenuto e di pregiudicare così l’effetto utile di tale disposizione.

45      Nel caso di specie, fatte salve le verifiche che spetterà al giudice del rinvio effettuare, risulta che le clausole di tasso minimo utilizzate nei contratti di mutuo ipotecario di cui trattasi contengono, in sostanza, l’indicazione di un tasso minimo al di sotto del quale il tasso d’interesse variabile non può diminuire, allorché il loro meccanismo di funzionamento è, in linea di principio, sempre lo stesso. Di conseguenza, tali clausole sembrano poter essere qualificate come «simili», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13.

46      Alla luce di tutto quanto precede, si deve rispondere alla prima questione che l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi consentono a un giudice nazionale di procedere al controllo della trasparenza di una clausola contrattuale nell’ambito di un’azione collettiva diretta contro numerosi professionisti dello stesso settore economico e riguardante un numero molto elevato di contratti, purché tali contratti contengano la medesima clausola o clausole simili.

 Sulla seconda questione

47      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 consentano a un giudice nazionale, investito di un’azione collettiva diretta contro numerosi professionisti del medesimo settore economico e avente ad oggetto un numero molto elevato di contratti, di procedere al controllo della trasparenza di una clausola contrattuale, basandosi sulla percezione del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, qualora tali contratti si rivolgano a categorie specifiche di consumatori e tale clausola sia stata utilizzata per un periodo molto lungo nel corso del quale il grado di conoscenza di quest’ultima si è evoluto.

48      Al riguardo occorre rilevare che, come risulta da una giurisprudenza costante e come ricordato al punto 37 della presente sentenza, la trasparenza di una clausola contrattuale e la misura in cui tale clausola consente di comprenderne il funzionamento e di valutarne le conseguenze economiche, potenzialmente significative, sono esaminati prendendo in considerazione la percezione del consumatore medio, definito come normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto [v., in tal senso, in particolare, sentenze del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C-186/16, EU:C:2017:703, punto 51, e del 20 aprile 2023, Ocidental – Companhia Portuguesa de Seguros de Vida, C-263/22, EU:C:2023:311, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].

49      Analogamente alla nozione generica di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, che ha carattere oggettivo e prescinde dalle conoscenze concrete che l’interessato può avere o dalle informazioni di cui egli realmente dispone (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, Pouvin e Dijoux, C-590/17, EU:C:2019:232, punto 24 e giurisprudenza ivi citata), l’utilizzo di un criterio di riferimento astratto per il controllo della trasparenza di una clausola contrattuale consente di evitare di far dipendere tale controllo dal ricorrere di un complesso insieme di fattori soggettivi che è difficile, se non impossibile, dimostrare.

50      Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 83 delle sue conclusioni, dal momento che, nell’ambito di un’azione individuale, le conoscenze specifiche che si ritiene abbia un consumatore non sono tali da giustificare un qualsiasi scostamento dal livello di conoscenze del consumatore medio, le caratteristiche individuali di diverse categorie di consumatori non possono, a maggior ragione, essere prese in considerazione nell’ambito di un’azione collettiva.

51      Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che, a causa del numero considerevole di professionisti che hanno concluso contratti di mutuo ipotecario, della loro ripartizione geografica su tutto il territorio nazionale nonché del lungo periodo di utilizzo delle clausole di tasso minimo durante il quale si sono succedute diverse normative, l’azione collettiva di cui al procedimento principale riguarda categorie specifiche di consumatori difficili da raggruppare, ossia, in particolare, consumatori che hanno ripreso prestiti conclusi da promotori immobiliari, consumatori rientranti in programmi di finanziamento di alloggi sociali o di accesso agli alloggi pubblici secondo determinate fasce di età o ancora consumatori che hanno avuto accesso ai prestiti a regime speciale a causa della loro professione.

52      Orbene, si deve osservare che è proprio l’eterogeneità del pubblico interessato, a causa della quale è impossibile esaminare la percezione individuale di tutti gli individui che compongono tale pubblico, a rendere necessario il ricorso alla finzione giuridica del consumatore medio, consistente nel considerare quest’ultimo come una sola ed unica entità astratta la cui percezione globale è rilevante ai fini del suo esame.

53      Di conseguenza, nell’ambito della sua analisi della trasparenza delle clausole di tasso minimo al momento della conclusione dei contratti di mutuo ipotecario di cui trattasi, spetterà al giudice del rinvio basarsi sulla percezione del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, e ciò indipendentemente dalle differenze esistenti tra ciascun consumatore individuale cui si rivolgono i contratti in questione, in particolare per quanto riguarda il grado di conoscenza della clausola di tasso minimo, il livello di reddito, l’età o l’attività professionale. La circostanza che tali contratti si rivolgano a categorie specifiche di consumatori non è tale da condurre ad una conclusione diversa. Infatti, al fine di esaminare la trasparenza di clausole che figurano nelle condizioni generali di tutti questi contratti e il cui funzionamento è sostanzialmente identico, consistenti nel limitare la diminuzione del tasso d’interesse variabile al di sotto di una certa soglia, un giudice nazionale non può basarsi sulla percezione né di un consumatore meno avveduto del consumatore medio, né su quella di un consumatore più avveduto di quest’ultimo [v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2023, mBank (Registro polacco delle clausole illecite), C-139/22, EU:C:2023:692, punto 66].

54      Tuttavia, non si può escludere a priori che, a causa dell’intervento di un evento oggettivo o di un fatto notorio, quali una modifica della normativa applicabile o un’evoluzione giurisprudenziale ampiamente diffusa e dibattuta, il giudice del rinvio ritenga che la percezione globale del consumatore medio riguardo alla clausola di tasso minimo, durante il periodo di riferimento, si sia modificata e abbia consentito a quest’ultimo di prendere coscienza delle conseguenze economiche, potenzialmente significative, derivanti da tale clausola.

55      In una fattispecie del genere, la direttiva 93/13 non osta a che si tenga conto dell’evoluzione, durante tale periodo, della percezione del consumatore medio, laddove il livello di informazione e di attenzione di quest’ultimo può quindi dipendere dal momento della conclusione dei contratti di mutuo ipotecario. Tuttavia, il giudice del rinvio deve applicare tale possibilità sulla base di elementi concreti e oggettivi che dimostrino l’esistenza di una siffatta modifica, che il mero decorso del tempo non è sufficiente a presumere.

56      Nel caso di specie, come risulta dalle discussioni svoltesi all’udienza dinanzi alla Corte, detto evento oggettivo o detto fatto notorio potrebbero consistere nel crollo dei tassi di interesse, caratteristico degli anni 2000, che ha comportato l’applicazione delle clausole di tasso minimo e quindi la presa di coscienza dei consumatori degli effetti economici di tali clausole o nella pronuncia della sentenza n. 241/2013 del Tribunal Supremo (Corte suprema), del 9 maggio 2013, che ha constatato la mancanza di trasparenza di dette clausole. Spetterà al giudice del rinvio verificare se, ai fini del controllo della trasparenza delle stesse clausole, tale crollo dei tassi di interesse o la pronuncia di tale sentenza abbiano potuto determinare un cambiamento, nel corso del tempo, del livello di attenzione e di informazione del consumatore medio al momento della conclusione di un contratto di mutuo ipotecario.

57      Alla luce di tutto quanto precede, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che consentono a un giudice nazionale, investito di un’azione collettiva diretta contro numerosi professionisti del medesimo settore economico e avente ad oggetto un numero molto elevato di contratti, di procedere al controllo della trasparenza di una clausola contrattuale basandosi sulla percezione del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, quando tali contratti si rivolgono a categorie specifiche di consumatori e tale clausola è stata utilizzata per un periodo molto lungo. Tuttavia, se, durante tale periodo, la percezione globale del consumatore medio riguardo a detta clausola è stata modificata dall’intervento di un evento oggettivo o di un fatto notorio, la direttiva 93/13 non osta a che il giudice nazionale proceda a tale controllo tenendo conto dell’evoluzione della percezione di tale consumatore, fermo restando che la percezione pertinente è quella esistente al momento della conclusione di un contratto di mutuo ipotecario.

 Sulle spese

58      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

devono essere interpretati nel senso che:

consentono a un giudice nazionale di procedere al controllo della trasparenza di una clausola contrattuale nell’ambito di un’azione collettiva diretta contro numerosi professionisti dello stesso settore economico e riguardante un numero molto elevato di contratti, purché tali contratti contengano la medesima clausola o clausole simili.

2)      L’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che:

consentono a un giudice nazionale, investito di un’azione collettiva diretta contro numerosi professionisti del medesimo settore economico e avente ad oggetto un numero molto elevato di contratti, di procedere al controllo della trasparenza di una clausola contrattuale basandosi sulla percezione del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, quando tali contratti si rivolgono a categorie specifiche di consumatori e tale clausola è stata utilizzata per un periodo molto lungo. Tuttavia, se, durante tale periodo, la percezione globale del consumatore medio riguardo a detta clausola è stata modificata dall’intervento di un evento oggettivo o di un fatto notorio, la direttiva 93/13 non osta a che il giudice nazionale proceda a tale controllo tenendo conto dell’evoluzione della percezione di tale consumatore, fermo restando che la percezione pertinente è quella esistente al momento della conclusione di un contratto di mutuo ipotecario.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.

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