Quando un minore è coinvolto in un'indagine penale, deve avere la possibilità concreta ed effettiva di essere assistiti da un difensore. Un’assistenza di questo tipo deve essere offerta al più tardi prima del primo interrogatorio da parte della polizia.
Questo è quanto ha stabilito la Corte di giustizia con la sentenza del 5 settembre 2024 nella causa C-603/22.
Il caso di specie riguardava tre minori in Polonia, accusati di essersi introdotti illegalmente in un ex centro vacanze dismesso. Durante il procedimento penale, è emerso che i giovani erano stati interrogati senza la presenza di un difensore e senza che fossero stati informati dei loro diritti, né loro né i loro genitori. I difensori nominati d’ufficio hanno successivamente chiesto che le dichiarazioni raccolte durante questi interrogatori fossero escluse come prove.
La questione è stata sottoposta alla Corte di giustizia per chiarire se le norme polacche fossero compatibili con il diritto dell’Unione, in particolare con la Direttiva 2016/800 che disciplina le garanzie procedurali per i minori indagati o imputati.
La Corte ha ribadito che un minore deve poter contare sull’assistenza concreta ed effettiva di un difensore, anche d’ufficio, prima del primo interrogatorio o, al più tardi, nel corso di esso. Le autorità non possono procedere all'interrogatorio senza questa tutela legale. Inoltre, chi compie 18 anni durante il processo penale non perde automaticamente i diritti conferiti ai minori, compreso il diritto a un difensore, se la situazione lo richiede.
La Corte ha anche sottolineato che i minori devono essere informati dei loro diritti in modo chiaro e accessibile, prima dell'interrogatorio. Un documento standard destinato agli adulti non soddisfa queste esigenze.
Infine, se un minore è stato interrogato in violazione di tali diritti, non è automatico che le prove siano escluse, ma il giudice deve valutare il rispetto delle garanzie e decidere l'ammissibilità delle prove. Se le leggi nazionali risultano incompatibili con il diritto dell’Unione, il giudice dovrà interpretarle o, se necessario, disapplicarle per garantire la piena efficacia del diritto comunitario.
Corte di Giustizia dell'Unione Europea
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
5 settembre 2024
« Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva (UE) 2016/800 – Garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali – Ambito di applicazione – Articolo 2, paragrafo 3 – Persone che erano minori al momento dell’avvio del procedimento penale a loro carico, ma che hanno compiuto 18 anni durante il procedimento – Articolo 4 – Diritto all’informazione – Articolo 6 – Diritto di avvalersi di un difensore – Articolo 18 – Diritto al patrocinio a spese dello Stato – Articolo 19 – Mezzi di ricorso – Ammissibilità delle prove ottenute in violazione dei diritti procedurali »
Nella causa C-603/22,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk, Polonia), con decisione del 26 agosto 2022, pervenuta in cancelleria il 19 settembre 2022, nel procedimento penale a carico di
M.S.
J.W.,
M.P.,
con l’intervento di:
Prokurator Rejonowy w Slupsku,
D.G., in qualità di curatore di M.B. e B.B.,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da K. Jürimäe (relatrice), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,
avvocato generale: T. Capeta
cancelliere: N. Mundhenke, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 novembre 2023,
considerate le osservazioni presentate:
– per il Prokurator Rejonowy w Slupsku, da T. Rutkowska-Szmydynska, Prokurator Regionalny w Gdansku,
– per il governo polacco, da B. Majczyna, J. Sawicka e S. Zyrek, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, da M. Smolek, T. Suchá e J. Vlácil, in qualità di agenti,
– per la Commissione europea, da S. Grünheid, K. Herrmann, J. Hottiaux e M. Wasmeier, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocata generale, presentate all’udienza del 22 febbraio 2024,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 2 e dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, della direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati in procedimenti penali (GU 2016, L 132, pag. 1), dell’articolo 12, paragrafo 2, e dell’articolo 13 della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (GU 2013, L 294, pag. 1), dell’articolo 3 della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativa al diritto all’informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L 142, pag. 1), dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, nonché dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1), nonché dei principi del primato, dell’effetto diretto e dell’effettività del diritto dell’Unione.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di M.S., J.W. e M.P., tre minorenni imputati per essere entrati con effrazione negli edifici di un ex centro vacanze abbandonato, arrecando così pregiudizio a M.B. e B.B., rappresentati dal curatore designato, D.G.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva 2012/13
3 I considerando 19 e 26 della direttiva 2012/13 enunciano quanto segue:
«(19) Le autorità competenti dovrebbero informare prontamente gli indagati o imputati, oralmente o per iscritto, sui diritti essenziali per la salvaguardia dell’equità del procedimento, quali applicabili in base alla legislazione nazionale, come previsto dalla presente direttiva. Per l’esercizio pratico ed effettivo di questi diritti, le informazioni dovrebbero essere fornite tempestivamente nel corso del procedimento e al più tardi anteriormente al primo interrogatorio degli indagati o imputati da parte della polizia o di un’altra autorità competente.
(...)
(26) Allorché forniscono alle persone indagate o imputate le informazioni di cui alla presente direttiva, le autorità competenti dovrebbero prestare particolare attenzione alle persone che non sono in grado di capire il contenuto o il significato delle informazioni stesse in ragione, ad esempio, della loro giovane età o delle loro condizioni mentali o fisiche».
4 L’articolo 2, paragrafo 1, di tale convenzione così dispone:
«La presente direttiva si applica nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».
5 Ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva:
«1. Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti almeno i seguenti diritti processuali, ai sensi del diritto nazionale, onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti:
a) il diritto a un avvocato;
b) le condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio;
c) il diritto di essere informato dell’accusa, a norma dell’articolo 6;
d) il diritto all’interpretazione e alla traduzione;
e) il diritto al silenzio.
2. Gli Stati membri assicurano che le informazioni fornite a norma del paragrafo 1 siano fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità».
6 L’articolo 8 di detta direttiva, intitolato «Verifica e ricorsi», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri provvedono a che, quando le informazioni siano fornite all’indagato o imputato a norma degli articoli da 3 a 6, ciò sia verbalizzato secondo la procedura di documentazione degli atti prevista dal diritto dello Stato membro interessato.
2. Gli Stati membri assicurano che le persone indagate o imputate o i loro avvocati abbiano il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l’eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla presente direttiva o l’eventuale mancata comunicazione delle stesse».
La direttiva 2013/48
7 I considerando 15 e 50 della direttiva 2013/48 enunciano quanto segue:
«(15) Il termine “difensore” si riferisce, nella presente direttiva, a qualsiasi persona che è qualificata e autorizzata conformemente al diritto nazionale, ad esempio mediante abilitazione da parte di un organo preposto, a fornire consulenza e assistenza legali a indagati o imputati.
(...)
(50) Gli Stati membri dovrebbero garantire che nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto ad avvalersi di un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente alla presente direttiva siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento. In tale contesto è opportuno tener conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha stabilito che i diritti della difesa saranno irrimediabilmente pregiudicati quando dichiarazioni incriminanti rese durante un interrogatorio di polizia senza la possibilità di avvalersi di un difensore sono usate ai fini di una condanna. Ciò dovrebbe far salvo l’uso di dichiarazioni per altri scopi consentiti dal diritto nazionale, quali la necessità di eseguire atti investigativi urgenti per evitare la perpetrazione di ulteriori reati o gravi conseguenze negative per chiunque, o legate all’urgente necessità di evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale, qualora la possibilità di avvalersi di un difensore o un ritardo nello svolgimento delle indagini possa pregiudicare irrimediabilmente indagini in corso su un reato grave. Inoltre, ciò dovrebbe far salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove e non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere un sistema in base al quale possono essere prodotte davanti a un giudice tutte le prove esistenti, senza che vi sia una valutazione distinta o preliminare dell’ammissibilità di tali prove».
8 L’articolo 3 della stessa direttiva, intitolato «Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri assicurano che gli indagati e imputati abbiano diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere agli interessati di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo.
2. Gli indagati e gli imputati si avvalgono di un difensore senza indebito ritardo. In ogni caso, gli indagati e gli imputati si avvalgono di un difensore a partire dal primo tra i momenti seguenti:
a) prima che essi siano interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;
b) quando le autorità inquirenti o altre autorità competenti procedono ad atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove conformemente al paragrafo 3, lettera c);
c) senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale;
d) qualora siano stati chiamati a comparire dinanzi a un giudice competente in materia penale, a tempo debito prima che compaiano dinanzi a tale giudice.
3. Il diritto di avvalersi di un difensore comporta quanto segue:
a) gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano diritto di incontrare in privato e di comunicare con il difensore che li assiste, anche prima dell’interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;
b) gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano diritto alla presenza e alla partecipazione effettiva del loro difensore quando sono interrogati. Tale partecipazione avviene secondo le procedure previste dal diritto nazionale, a condizione che tali procedure non pregiudichino l’effettivo esercizio o l’essenza del diritto in questione. Ove un difensore partecipi all’interrogatorio, il fatto che ci sia stata tale partecipazione è verbalizzato utilizzando la procedura di verbalizzazione conformemente al diritto dello Stato membro interessato;
c) gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano almeno diritto alla presenza del proprio difensore ai seguenti atti di indagine o di raccolta delle prove, ove tali atti siano previsti dal diritto nazionale e all’indagato o all’imputato sia richiesto o permesso di essere presente all’atto in questione:
i) ricognizioni di persone;
ii) confronti;
iii) ricostruzioni della scena di un crimine.
(...)
5 In circostanze eccezionali e solo nella fase che precede il processo, gli Stati membri possono derogare temporaneamente all’applicazione del paragrafo 2, lettera c), qualora, a causa della lontananza geografica dell’indagato o imputato, sia impossibile garantire il diritto di avvalersi di un difensore senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale.
6. In circostanze eccezionali e solo nella fase che precede il processo, gli Stati membri possono derogare temporaneamente all’applicazione dei diritti di cui al paragrafo 3 nella misura in cui ciò sia giustificato alla luce delle circostanze particolari del caso, sulla base di uno dei seguenti motivi imperativi:
a) ove vi sia la necessità impellente di evitare gravi conseguenze negative per la vita, la libertà o l’integrità fisica di una persona;
b) ove vi sia la necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale».
9 L’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Mezzi di ricorso», prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati in un procedimento penale, così come le persone ricercate nell’ambito di un procedimento di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dispongano di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla presente direttiva.
2. Fatti salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove, gli Stati membri garantiscono che, nel quadro dei procedimenti penali, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente all’articolo 3, paragrafo 6, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento».
10 Ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva:
«Gli Stati membri garantiscono che, nell’applicazione della presente direttiva, si tenga conto delle particolar[i] esigenze di indagati e imputati vulnerabili».
La direttiva 2016/343
11 I considerando 31 e 44 della direttiva 2016/343 enunciano quanto segue:
«(31) Gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di garantire che, quando gli indagati o imputati ricevono informazioni sui loro diritti a norma dell’articolo 3 della direttiva [2012/13], siano informati anche in merito al diritto di non autoincriminarsi, come applicabile a norma del diritto nazionale conformemente alla presente direttiva.
(...)
(44) Conformemente al principio dell’efficacia del diritto dell’Unione, gli Stati membri devono istituire mezzi di ricorso adeguati ed efficaci in caso di violazione dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione. Un mezzo di ricorso efficace che sia disponibile in caso di violazione dei diritti sanciti dalla presente direttiva dovrebbe avere, per quanto possibile, l’effetto di porre l’indagato o imputato nella posizione in cui questi si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata, così da salvaguardare il diritto a un equo processo e i diritti della difesa».
12 L’articolo 2 di tale direttiva così dispone:
«La presente direttiva si applica alle persone fisiche che sono indagate o imputate in un procedimento penale. Si applica a ogni fase del procedimento penale, dal momento in cui una persona sia indagata o imputata per aver commesso un reato o un presunto reato sino a quando non diventi definitiva la decisione che stabilisce se la persona abbia commesso il reato».
13 L’articolo 7 della medesima direttiva, intitolato «Diritto al silenzio e diritto di non autoincriminarsi», ai paragrafi 1 e 2, prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuto il diritto di restare in silenzio in merito al reato che viene loro contestato.
2. Gli Stati membri assicurano che gli indagati e [gli] imputati godano del diritto di non autoincriminarsi».
14 Ai sensi dell’articolo 10 della stessa direttiva, intitolato «Mezzi di ricorso»:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché gli indagati e [gli] imputati dispongano di un ricorso effettivo in caso di violazione dei diritti conferiti dalla presente direttiva.
2. Fatti salvi le norme e i sistemi nazionali in materia di ammissibilità delle prove, gli Stati membri garantiscono che, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del diritto al silenzio o del diritto di non autoincriminarsi, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento».
La direttiva 2016/800
15 I considerando 1, 11, 16, 18, 19, 22, da 25 a 27 e da 29 a 32 della direttiva 2016/800 così recitano:
«(1) Obiettivo della presente direttiva è stabilire garanzie procedurali affinché i minori indagati o imputati nei procedimenti penali siano in grado di comprendere e seguire il procedimento, esercitare il loro diritto a un equo processo, evitare la recidiva e promuovere il loro reinserimento sociale.
(...)
(11) La presente direttiva, o talune sue disposizioni, dovrebbero applicarsi altresì alle persone indagate o imputate in un procedimento penale e alle persone ricercate che erano minori al momento di essere sottoposte al procedimento ma che sono successivamente diventate maggiorenni, e qualora l’applicazione della presente direttiva sia adeguata alla luce delle circostanze del caso, fra cui la maturità e la vulnerabilità della persona interessata.
(...)
(16) In alcuni Stati membri determinati reati minori, in particolare le infrazioni minori al codice della strada, le violazioni minori dei regolamenti comunali generali e le violazioni minori dell’ordine pubblico, sono considerati reati. In tali situazioni non sarebbe ragionevole esigere che le autorità competenti garantiscano tutti i diritti sanciti dalla presente direttiva. Laddove il diritto di uno Stato membro preveda che la privazione della libertà personale non possa essere imposta per sanzionare i reati minori, la presente direttiva dovrebbe pertanto applicarsi solo ai procedimenti dinanzi a un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale.
(...)
(18) È opportuno che la presente direttiva sia attuata tenendo conto delle disposizioni delle direttive [2012/13] e [2013/48]. La presente direttiva contempla altre garanzie complementari riguardanti l’informazione dei minori e del titolare della responsabilità genitoriale, intese a tener conto delle specifiche esigenze e vulnerabilità del minore.
(19) I minori dovrebbero ricevere informazioni sugli aspetti generali dello svolgimento del procedimento. A tal fine, essi dovrebbero, in particolare, ricevere una breve spiegazione circa le successive fasi del procedimento, nella misura in cui ciò sia possibile alla luce dell’interesse del procedimento penale, nonché riguardo al ruolo delle autorità interessate. Le informazioni da fornire dovrebbero essere subordinate alle circostanze del caso.
(...)
(22) Gli Stati membri dovrebbero informare il titolare della responsabilità genitoriale, per iscritto e/o oralmente, in merito ai diritti procedurali applicabili. Tali informazioni dovrebbero essere fornite in maniera tempestiva e sufficientemente dettagliata da garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti del minore.
(...)
(25) I minori indagati o imputati hanno il diritto di avvalersi di un difensore ai sensi della direttiva [2013/48]. Essendo vulnerabili e non sempre in grado di comprendere e seguire appieno il procedimento penale, i minori dovrebbero essere assistiti da un difensore nelle situazioni previste dalla presente direttiva. In tali situazioni, gli Stati membri dovrebbero predisporre l’assistenza di un difensore per il minore in questione, qualora non vi abbia già provveduto egli stesso o il titolare della responsabilità genitoriale. È opportuno che gli Stati membri forniscano il gratuito patrocinio qualora ciò sia necessario per garantire che il minore riceva effettivamente l’assistenza di un difensore.
(26) L’assistenza di un difensore ai sensi della presente direttiva presuppone che il minore abbia il diritto di avvalersi di un difensore ai sensi della direttiva [2013/48]. Pertanto, qualora l’applicazione di una disposizione della direttiva [2013/48] non consenta al minore di avvalersi di un difensore conformemente alla presente direttiva, tale disposizione non dovrebbe applicarsi al diritto dei minori di avere accesso a un difensore ai sensi della direttiva [2013/48]. D’altro canto, le deroghe e le eccezioni all’assistenza di un difensore stabilite nella presente direttiva non dovrebbero pregiudicare il diritto di avvalersi di un difensore ai sensi della direttiva [2013/48], o il diritto al gratuito patrocinio previsto dalla Carta e dalla [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»)], nonché dal diritto nazionale e da altro diritto dell’Unione.
(27) Le disposizioni stabilite dalla presente direttiva sull’assistenza di un difensore dovrebbero applicarsi senza indebito indugio, non appena i minori siano stati informati di essere indagati o imputati. Ai fini della presente direttiva, l’assistenza di un difensore implica che il minore riceva sostegno legale dal difensore e sia da questi rappresentato nel corso del procedimento penale. Quando la presente direttiva prevede l’assistenza di un difensore durante gli interrogatori, un difensore dovrebbe essere presente. Fatto salvo il diritto del minore di avvalersi di un difensore ai sensi della direttiva [2013/48], l’assistenza di un difensore non implica che il difensore debba essere presente in occasione di ciascun atto investigativo o di raccolta delle prove.
(...)
(29) Un minore inizialmente non indagato o imputato, quale un testimone, che diventi un indagato o imputato, dovrebbe avere il diritto di non autoincriminarsi e la facoltà di non rispondere conformemente al diritto dell’Unione e alla CEDU, come interpretat[i] dalla [Corte] e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. La presente direttiva fa pertanto espresso riferimento al caso pratico in cui tale minore diventi un indagato o un imputato durante un interrogatorio condotto dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto nell’ambito di un procedimento penale. Laddove nel corso di tale interrogatorio il minore che non è indagato o imputato diventi indagato o imputato, l’interrogatorio dovrebbe essere sospeso finché il minore non sia a conoscenza di essere indagato o imputato e sia assistito da un difensore ai sensi della presente direttiva.
(30) Purché ciò rispetti il diritto a un equo processo, è opportuno che gli Stati membri possano derogare all’obbligo di fornire l’assistenza di un difensore qualora ciò non sia proporzionato alla luce delle circostanze del caso, fermo restando che l’interesse superiore del minore dovrebbe sempre essere considerato preminente. In ogni caso, i minori dovrebbero essere assistiti da un difensore quando siano portati dinanzi a un giudice o tribunale competente a decidere sulla detenzione, in qualsiasi fase del procedimento nell’ambito di applicazione della presente direttiva, così come durante la detenzione. Inoltre, la privazione della libertà personale non dovrebbe essere imposta come una condanna penale, a meno che il minore non sia stato assistito da un difensore in un modo tale da permettergli di esercitare efficacemente i propri diritti alla difesa e, in ogni caso, durante le udienze dinanzi a un organo giurisdizionale. Gli Stati membri dovrebbero poter adottare disposizioni pratiche a tale riguardo.
(31) Gli Stati membri dovrebbero poter derogare temporaneamente all’obbligo di fornire l’assistenza di un difensore nella fase pre-processuale per motivi imperativi, ad esempio qualora vi sia l’urgente esigenza di evitare gravi conseguenze negative per la vita, la libertà personale o l’integrità fisica di una persona, o qualora l’intervento immediato delle autorità inquirenti sia indispensabile per evitare un sostanziale pregiudizio del procedimento penale in relazione a un reato grave, tra l’altro al fine di ottenere informazioni relative ai presunti correi di un reato grave o per evitare la perdita di prove rilevanti riguardanti un reato grave. Durante una deroga temporanea per uno di tali motivi imperativi, le autorità competenti dovrebbero poter interrogare i minori senza la presenza del difensore, a condizione che essi siano stati informati della loro facoltà di non rispondere e possano esercitare tale diritto e a condizione che detto interrogatorio non pregiudichi i diritti della difesa, compreso il diritto di non autoincriminarsi. Dovrebbe essere possibile procedere all’interrogatorio nella misura necessaria e al solo scopo di ottenere informazioni che siano essenziali per evitare gravi conseguenze negative per la vita, la libertà personale o l’integrità fisica di una persona o per prevenire un sostanziale pregiudizio del procedimento penale. Ogni abuso di tale deroga temporanea arrecherebbe, in linea di principio, un pregiudizio irrimediabile ai diritti della difesa.
(32) Gli Stati membri dovrebbero definire chiaramente nel loro diritto nazionale i motivi e i criteri attinenti a tale deroga temporanea e dovrebbero farne un uso limitato. Qualsiasi deroga temporanea dovrebbe essere proporzionata, rigorosamente limitata nel tempo, non basata esclusivamente sul tipo o sulla gravità del reato contestato e non dovrebbe pregiudicare l’equità globale del procedimento. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, in caso di autorizzazione di una deroga temporanea ai sensi della presente direttiva da parte di un’autorità competente che non sia un giudice o tribunale, la decisione di autorizzazione della deroga temporanea possa essere valutata da un organo giurisdizionale, almeno durante la fase processuale».
16 L’articolo 1, lettera a), di tale direttiva dispone quanto segue:
«La presente direttiva stabilisce norme minime comuni relative a determinati diritti di minori che sono:
a) indagati o imputati in procedimenti penali».
17 Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva, che definisce il campo di applicazione della stessa:
«1. La presente direttiva si applica ai minori indagati o imputati in un procedimento penale. Essa si applica fino alla decisione definitiva sulla colpevolezza, incluse, ove previste, la pronuncia della condanna e la decisione sull’impugnazione.
2. La presente direttiva si applica ai minori ricercati dal momento in cui sono arrestati nello Stato membro di esecuzione a norma dell’articolo 17.
3. Fatta eccezione per l’articolo 5, lettera b), per l’articolo 8, paragrafo 3, e per l’articolo 15, nella misura in cui tali disposizioni si riferiscono al titolare della responsabilità genitoriale, la presente direttiva, o talune sue disposizioni, si applica alle persone di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, se tali persone erano minori al momento di essere sottoposte al procedimento ma sono successivamente diventate maggiorenni e l’applicazione della presente direttiva, o di talune sue disposizioni, risulta appropriata alla luce di tutte le circostanze del caso, incluse la maturità e la vulnerabilità della persona interessata. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva al compimento del ventunesimo anno di età dell’interessato.
(...)».
18 L’articolo 3, punto 1, della medesima direttiva definisce il termine «minore» come «una persona di età inferiore a 18 anni».
19 Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2016/800, intitolato «Diritto all’informazione»:
«1. Gli Stati membri assicurano che, quando il minore è informato di essere indagato o imputato in un procedimento penale, gli siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti i suoi diritti, ai sensi della direttiva [2012/13], e quelle concernenti gli aspetti generali dello svolgimento del procedimento.
Gli Stati membri provvedono altresì affinché il minore sia informato dei diritti sanciti nella presente direttiva. Tali informazioni devono essere fornite:
a) tempestivamente, quando il minore è informato di essere indagato o imputato, per quanto concerne:
i) il diritto che sia informato il titolare della responsabilità genitoriale, di cui all’articolo 5;
ii) il diritto di essere assistito da un difensore, di cui all’articolo 6;
iii) il diritto alla protezione della vita privata, di cui all’articolo 14;
iv) il diritto di essere accompagnato dal titolare della responsabilità genitoriale durante fasi del procedimento diverse dalle udienze, di cui all’articolo 15, paragrafo 4;
v) il diritto al patrocinio a spese dello Stato, di cui all’articolo 18;
b) nella prima fase appropriata del procedimento, per quanto concerne:
i) il diritto a una valutazione individuale, di cui all’articolo 7;
ii) il diritto a un esame medico, incluso il diritto all’assistenza medica, di cui all’articolo 8;
iii) il diritto alla limitazione della privazione della libertà personale e al ricorso a misure alternative, compreso il diritto al riesame periodico della detenzione, di cui agli articoli 10 e 11;
iv) il diritto di essere accompagnato dal titolare della responsabilità genitoriale durante le udienze, di cui all’articolo 15, paragrafo 1;
v) il diritto di presenziare al processo, di cui all’articolo 16;
vi) il diritto a mezzi di ricorso effettivi, di cui all’articolo 19;
c) al momento della privazione della libertà personale, per quanto concerne il diritto a un trattamento specifico durante la privazione della libertà personale, di cui all’articolo 12.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni di cui al paragrafo 1 siano trasmesse per iscritto e/o oralmente, in un linguaggio semplice e accessibile, e le informazioni fornite siano verbalizzate secondo la procedura di cui al diritto nazionale.
3. Qualora al minore sia trasmessa la comunicazione dei diritti ai sensi della direttiva [2012/13], gli Stati membri provvedono affinché tale comunicazione contenga il riferimento ai diritti riconosciuti dalla presente direttiva».
20 L’articolo 5 della direttiva 2016/800, intitolato «Diritto del minore a che sia informato il titolare della responsabilità genitoriale», prevede al paragrafo 1:
«Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni che il minore ha diritto di ricevere ai sensi dell’articolo 4 siano comunicate al più presto al titolare della responsabilità genitoriale».
21 L’articolo 6 della direttiva in parola, intitolato «Assistenza di un difensore», così dispone:
«1. I minori indagati o imputati nei procedimenti penali hanno il diritto di avvalersi di un difensore ai sensi della direttiva [2013/48]. Nulla nella presente direttiva e, in particolare, nel presente articolo pregiudica tale diritto.
2. Gli Stati membri assicurano che il minore sia assistito da un difensore a norma del presente articolo affinché possa esercitare in modo effettivo i propri diritti di difesa.
3. Gli Stati membri provvedono affinché il minore, una volta informato di essere indagato o imputato in un procedimento penale, sia assistito senza indebito ritardo da un difensore. In ogni caso, il minore è assistito da un difensore a partire dalla circostanza che si verifichi per prima tra le seguenti:
a) prima che sia interrogato dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;
b) quando le autorità inquirenti o altre autorità competenti procedono ad atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove a norma del paragrafo 4, lettera c);
c) senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale;
d) qualora sia stato chiamato a comparire dinanzi a un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale, a tempo debito prima che compaia dinanzi allo stesso.
4. L’assistenza di un difensore include quanto segue:
a) gli Stati membri garantiscono che il minore abbia il diritto di incontrare in privato e di comunicare con il difensore che lo assiste, anche prima dell’interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;
b) gli Stati membri assicurano che il minore sia assistito da un difensore quando è sottoposto a interrogatorio e che il difensore possa partecipare in modo effettivo nel corso dello stesso. Tale partecipazione avviene secondo le procedure previste dal diritto nazionale, a condizione che tali procedure non pregiudichino l’effettivo esercizio o l’essenza del diritto in questione. Ove un difensore partecipi all’interrogatorio, di tale partecipazione è dato atto utilizzando la procedura di verbalizzazione prevista dal diritto nazionale;
c) gli Stati membri assicurano che i minori siano assistiti da un difensore almeno durante i seguenti atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove, nella misura in cui tali atti siano previsti dal diritto nazionale e all’indagato o all’imputato sia richiesto o permesso di parteciparvi:
i) ricognizioni di persone;
ii) confronti;
iii) ricostruzioni della scena di un crimine.
5. Gli Stati membri rispettano la riservatezza delle comunicazioni fra i minori indagati o imputati e il loro difensore nell’esercizio del loro diritto all’assistenza di un difensore previsto dalla presente direttiva. Tali comunicazioni comprendono gli incontri, la corrispondenza, le conversazioni telefoniche e le altre forme di comunicazione consentite ai sensi del diritto nazionale.
6. A condizione che ciò sia compatibile con il diritto a un equo processo, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 3 qualora l’assistenza di un difensore non risulti proporzionata alla luce delle circostanze del caso, tenendo conto della gravità del reato contestato, della complessità del caso e delle misure che potrebbero essere adottate rispetto a tale reato, fermo restando che l’interesse superiore del minore deve sempre essere considerato preminente.
In ogni caso, gli Stati membri devono garantire che il minore sia assistito da un difensore:
a) quando viene condotto dinanzi a un giudice o tribunale competente per decidere in merito alla detenzione, in qualsiasi fase del procedimento che rientri nell’ambito di applicazione della presente direttiva; e
b) durante la detenzione.
Gli Stati membri provvedono inoltre affinché non siano applicabili al minore condanne che impongano la privazione della libertà personale, a meno che il minore sia stato assistito da un difensore in modo da consentirgli di esercitare efficacemente i propri diritti di difesa e, in ogni caso, durante le udienze della corte.
7. Qualora il minore debba, a norma del presente articolo, essere assistito da un difensore ma nessun difensore risulti presente, le autorità competenti rinviano l’interrogatorio del minore o gli altri atti investigativi o di raccolta delle prove previsti al paragrafo 4, lettera c), per un periodo di tempo ragionevole al fine di attendere l’arrivo del difensore o, qualora il minore non ne abbia nominato uno, provvedere esse stesse alla nomina.
8. In circostanze eccezionali, e solo nella fase pre-processuale, gli Stati membri possono derogare temporaneamente all’applicazione dei diritti di cui al paragrafo 3 nella misura in cui ciò sia giustificato alla luce delle circostanze particolari del caso, sulla base di uno dei seguenti motivi imperativi:
a) ove vi sia la necessità impellente di evitare gravi conseguenze negative per la vita, la libertà personale o l’integrità fisica di una persona;
b) ove sia indispensabile un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale in relazione a un reato grave.
Gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti, nell’applicazione del presente paragrafo, tengano conto dell’interesse superiore del minore.
La decisione di procedere a un interrogatorio in assenza del difensore di cui al presente paragrafo può essere adottata soltanto caso per caso da parte di un’autorità giudiziaria o di un’altra autorità competente, a condizione che tale decisione possa essere sottoposta a controllo giurisdizionale».
22 L’articolo 7 della medesima direttiva verte sul diritto di essere oggetto di una valutazione individuale.
23 Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva in parola:
«Gli Stati membri adottano ogni misura appropriata per garantire che i minori siano sempre trattati in un modo che ne protegga la dignità e che sia adeguato all’età, al grado di maturità e al livello di comprensione di ciascuno, e che tenga conto di eventuali esigenze specifiche, comprese le difficoltà di comunicazione che i minori potrebbero incontrare».
24 L’articolo 15 della direttiva 2016/800, intitolato «Diritto del minore di essere accompagnato dal titolare della responsabilità genitoriale durante il procedimento», così prevede al paragrafo 4:
«In aggiunta al diritto di cui al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché il minore abbia il diritto di essere accompagnato dal titolare della responsabilità genitoriale, o da un altro adulto idoneo di cui al paragrafo 2, durante le fasi del procedimento diverse dalle udienze in cui il minore sia presente, se l’autorità competente ritiene che:
a) sia nell’interesse superiore del minore essere accompagnato da tale persona; e
b) la presenza di tale persona non pregiudichi il procedimento penale».
25 L’articolo 18 di tale direttiva così dispone:
«Gli Stati membri provvedono affinché la legislazione nazionale in materia di patrocinio a spese dello Stato garantisca l’effettivo esercizio del diritto di essere assistiti da un difensore, a norma dell’articolo 6».
26 L’articolo 19 di tale direttiva così prevede:
«Gli Stati membri provvedono affinché il minore indagato o imputato in un procedimento penale, come pure il minore ricercato, dispongano di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei loro diritti nel quadro della presente direttiva».
Diritto polacco
27 L’articolo 6 dell’ustawa – Kodeks postepowania karnego (legge recante il codice di procedura penale), (in prosieguo: il «CPP»), del 6 giugno 1997 (Dz. U. del 2022, position 1375), nella versione applicabile alla controversia principale prevede quanto segue:
«L’imputato per un reato gode dei diritti della difesa, in particolare del diritto all’assistenza di un difensore, di cui deve essere informato».
28 L’articolo 79 del CPP prevede quanto segue:
Ǥ 1. In un procedimento penale, la persona imputata deve essere difesa:
1) se di età inferiore a 18 anni;
(...)
§ 2. L’imputato deve essere altresì difeso se il giudice lo ritiene necessario in ragione di altre circostanze atte ad ostacolare la sua difesa.
§ 3. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la presenza del difensore è obbligatoria all’udienza e alle sedute alle quali l’imputato è tenuto a partecipare.
(...)».
29 Ai sensi dell’articolo 168a del CPP:
«Le prove non possono essere dichiarate inammissibili per il solo motivo che sono state ottenute in violazione delle norme di procedura o mediante un reato ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del codice penale, salvo che le prove siano state ottenute nel corso dell’esercizio delle funzioni da parte di un pubblico ufficiale a seguito di omicidio, lesioni personali volontarie o privazione della libertà personale».
30 L’articolo 301 del CPP così dispone:
«Su sua richiesta, l’indagato deve essere interrogato in presenza dell’avvocato nominato. L’assenza di quest’ultimo non impedisce l’interrogatorio».
31 Ai sensi dell’articolo dell’ustawa – Prawo o ustroju sadów powszechnych (Legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari) del 27 luglio 2001 (Dz. U. del 2001 n. 98, posizione 1070), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari»), la supervisione amministrativa delle attività dei tribunali è esercitata dal Ministro della Giustizia.
32 Ai sensi dell’articolo 130 di tale legge:
«§ 1. Qualora un giudice sia arrestato in flagranza della commissione intenzionale di un reato diverso da una contravvenzione o qualora, tenuto conto del tipo di atto commesso dal giudice, l’autorità del giudice o gli interessi essenziali del servizio richiedano che sia immediatamente rimosso dalle sue funzioni, il presidente dell’organo giurisdizionale o il Ministro della Giustizia possono ordinare la sospensione immediata delle attività del giudice in attesa che il giudice disciplinare statuisca entro un termine inferiore a un mese.
§ 2. Se il giudice di cui al paragrafo 1 esercita le funzioni di presidente di un organo giurisdizionale, spetta al Ministro della Giustizia disporre la sospensione temporanea delle sue attività.
§ 3. Entro tre giorni dalla data dell’ordine di cui al paragrafo 1, il presidente del tribunale o il Ministro della Giustizia ne informa il giudice disciplinare, il quale adotta senza indugio, al più tardi prima della scadenza del termine fissato dall’ordine di sospensione temporanea, una risoluzione relativa alla sospensione del giudice dalle sue funzioni o all’annullamento dell’ordine di sospensione temporanea. Qualora lo ritenga utile, il giudice disciplinare informa il giudice dello svolgimento della seduta».
33 Nella domanda di pronuncia pregiudiziale sono elencate diverse disposizioni dell’ustawa – Prawo o prokuraturze (legge relativa al pubblico ministero), del 28 gennaio 2016 (Dz. U. del 2016, posizione 177), nella versione applicabile al procedimento principale, riguardanti l’organizzazione e la struttura del pubblico ministero nonché le competenze dei procuratori. Tali disposizioni prevedono, in particolare, che la funzione della Prokurator Generalny (procuratore generale) sia esercitata dal Ministro della Giustizia. Inoltre, i procuratori esercitano le loro funzioni, in linea di principio, in piena indipendenza. Tuttavia, essi sono tenuti ad eseguire i regolamenti, le circolari e le istruzioni adottate dal pubblico ministero di rango superiore.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
34 Il Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk, Polonia), giudice del rinvio nella presente causa, è investito di un procedimento penale a carico di M.S., J.W. e M.P. (in prosieguo, congiuntamente: gli «indagati minorenni»), perseguiti per essere penetrati con effrazione in un centro di vacanza dismesso, situato a Ustka (Polonia) (in prosieguo: i «fatti controversi»), arrecando così pregiudizio a M.B. e B.B., rappresentati dal curatore designato, D.G. Tale effrazione costituisce reato ai sensi del Kodeks karny (codice penale), passibile di pena fino a un anno di reclusione.
35 M.S. è perseguito penalmente per essere entrato più volte, tra il dicembre 2021 e il gennaio 2022, nel luogo di effrazione, mentre J.W. e M.P. sono perseguiti per esservi penetrati una sola volta. All’epoca dei fatti controversi, M.S., J.W. e M.P. avevano 17 anni.
36 M.S. è stato convocato dalla polizia il 26 gennaio 2022 per essere interrogato come indagato. L’agente di polizia che lo ha interrogato era a conoscenza del fatto che, a tale data, M.S. non aveva ancora compiuto 18 anni. I suoi genitori non sono stati previamente informati di tale interrogatorio. La convocazione non indicava che M.S. potesse nominare un avvocato. M.S. si è recato al commissariato di polizia con la madre che, nonostante la sua richiesta, non ha potuto assistere all’interrogatorio di suo figlio per il motivo che, secondo gli agenti di polizia, quest’ultimo rispondeva dei fatti controversi come adulto. Alla madre è stata, inoltre, negata qualsiasi informazione relativa allo svolgimento della fase di indagine e neppure M.S. è stato informato del suo diritto di prendere conoscenza del fascicolo del procedimento prima che il giudice fosse investito dell’atto di rinvio a giudizio nel procedimento penale.
37 Nel corso di questo primo interrogatorio, M.S. ha ammesso di aver commesso i fatti controversi e ha presentato un racconto dettagliato dello svolgimento degli eventi, rilasciando dichiarazioni idonee a incriminarlo. A seguito di tali dichiarazioni, gli addebiti mossi nei suoi confronti sono stati modificati in quanto, anziché essere perseguito per essere entrato una sola volta nel centro di vacanza considerato, egli è stato perseguito per esservi penetrato più volte.
38 La decisione di imputazione è stata letta a M.S. e gli è stata consegnata. Egli ha firmato tale decisione. Gli è stato parimenti consegnato il documento relativo alle informazioni generali sui diritti e sugli obblighi dell’indagato nell’ambito di un procedimento penale, benché tale documento non contenga alcuna indicazione specifica in merito ai diritti e agli obblighi dei minori. Le informazioni fornite comprendevano, tra l’altro, informazioni relative al diritto di rendere dichiarazioni o di mantenere il silenzio, o ancora di rifiutarsi di rispondere a domande senza che fosse necessario motivare tale rifiuto, il diritto di essere assistito da un difensore di sua scelta e il diritto di chiedere la nomina di un difensore nominato d’ufficio se l’indagato non dispone dei mezzi finanziari per scegliere il proprio difensore, il diritto di chiedere la presenza del difensore nominato durante l’interrogatorio, salvo che l’assenza di quest’ultimo non costituisca un ostacolo all’interrogatorio. Poiché tale documento era voluminoso e complesso, M.S. non ha preso conoscenza del suo contenuto. L’ha tuttavia firmato per accettazione.
39 M.S. è stato altresì informato del suo diritto di chiedere la comunicazione orale del fondamento delle accuse a suo carico nonché una presentazione scritta dei motivi della decisione di imputazione, da notificare a lui stesso o al suo avvocato entro un termine di quattordici giorni. Egli non ha rinunciato a tale diritto né ha presentato richieste in tal senso. Né M.S. né i suoi genitori hanno nominato un avvocato per la sua difesa. M.S. non ha neppure fruito di un avvocato nominato d’ufficio.
40 M.S. è stato interrogato due volte. Nessuno di detti interrogatori è stato oggetto di registrazione audiovisiva. Sulla base delle informazioni fornite da M.S. durante gli interrogatori, gli agenti di polizia hanno individuato altre persone sospettate di essere entrate illegalmente con lui nel centro di vacanza considerato, tra cui gli altri indagati minori, J.W. e M.P.
41 Questi due minori sono stati convocati al commissariato di polizia di Ustka per essere interrogati come indagati. Né i genitori di J.W. né quelli di M.P. sono stati informati di tale interrogatorio, sebbene l’agente di polizia incaricato dell’interrogatorio fosse a conoscenza del fatto che i due indagati avevano meno di 18 anni.
42 Gli interrogatori di J.W. e di M.P. si sono svolti in modo analogo a quello di M.S. Le convocazioni di J.W. e di M.P. all’interrogatorio non contenevano alcuna informazione sul loro diritto di nominare un avvocato o di essere assistiti da un avvocato nominato d’ufficio. J.W. e M.P., così come i loro genitori, non sapevano né erano stati informati del fatto che avevano il diritto di ottenere informazioni sullo svolgimento del procedimento o, per i genitori, il diritto di accompagnare i propri figli nell’ambito della fase precedente al loro processo. J.W. e M.P. si sono visti consegnare lo stesso documento comunicato a M.S., come menzionato al punto 38 della presente sentenza, e, al pari di M.S., non hanno preso conoscenza del contenuto di tale documento a causa del suo volume e della complessità del linguaggio utilizzato.
43 Durante la fase preliminare al processo penale non è stata effettuata alcuna valutazione individuale dei minori indagati, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2016/800.
44 Il 31 maggio 2022 il Prokurator Prokuratury Rejonowej w Slupsku (procuratore della procura distrettuale di Slupsk, Polonia) ha firmato l’atto di rinvio a giudizio riguardante gli indagati minorenni e l’ha trasmessa al Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk). Poiché gli indagati minori non avevano un avvocato nominato, tale tribunale ha nominato d’ufficio un avvocato per ciascuno di essi.
45 All’udienza del 23 agosto 2022, nel corso della quale gli indagati minorenni si sono dichiarati non colpevoli, M.S. ha rilasciato dichiarazioni, ma J.W. e M.P. si sono rifiutati di esprimersi, rispondendo unicamente alle domande dei loro avvocati. Per ciascuno degli indagati minori, i loro avvocati hanno chiesto che le dichiarazioni rese nella fase precedente al processo non fossero prese in considerazione, poiché tali prove erano state ottenute in violazione dei loro diritti processuali, ossia nel corso di interrogatori condotti dalla polizia senza la presenza di un avvocato, la cui partecipazione al procedimento sarebbe stata obbligatoria. Gli avvocati hanno sostenuto che gli accertamenti di fatto non potevano fondarsi sugli elementi di prova così ottenuti.
46 Il Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk) ha respinto in quanto irricevibile la richiesta del Prokurator Prokuratury Rejonowej w Slupsku (procuratore della procura distrettuale di Slupsk) di poter tener conto degli elementi di prova tratti dalle dichiarazioni rese dagli indagati minorenni, nella fase precedente al processo, durante gli interrogatori condotti senza la presenza di un avvocato. Tali dichiarazioni sono state quindi ritirate dal fascicolo come elementi di prova.
47 All’udienza del 26 agosto 2022, tale giudice ha constatato d’ufficio che M.P. aveva nel frattempo raggiunto l’età di 18 anni e che, alla luce dell’articolo 79, paragrafo 1, punto 1, del CPP, era venuto meno l’obbligo di essere assistito da un avvocato. L’avvocato di M.P. ha tuttavia chiesto il mantenimento della sua designazione d’ufficio con la motivazione che quest’ultimo era minorenne al momento dell’avvio del procedimento e che dalle circostanze della causa risultava che per il suo livello di maturità era necessario che egli fruisse dell’assistenza di un difensore nominato d’ufficio. Detto giudice ha accolto tale domanda.
48 Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk) rileva altresì che il superiore gerarchico del Prokurator Rejonowy w Slupsku (procuratore distrettuale di Slupsk, Polonia), che è parte del procedimento penale a carico degli indagati minorenni, è il Prokurator Generalny (procuratore generale), che è del pari il Ministro della Giustizia. Quest’ultimo dirige l’attività del pubblico ministero, personalmente o attraverso il Prokurator Krajowy (procuratore nazionale) e gli altri sostituti del Prokurator Generalny (procuratore generale), adottando decisioni, orientamenti e istruzioni.
49 Ebbene, il giudice che statuiva nel procedimento principale in formazione di giudice unico del Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk) è stato rimosso dalle sue funzioni per il periodo compreso tra il 9 febbraio 2022 e il 8 marzo 2022 con decisione del Prokurator Generalny (procuratore generale), in applicazione dell’articolo 130, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, sulla base del rilievo che, nell’ambito di una causa diversa da quella di cui al procedimento principale, aveva commesso un atto di natura tale che l’autorità del Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk) e gli interessi essenziali del servizio esigevano che fosse immediatamente sollevato dalle sue funzioni.
50 Infatti, nell’altra causa, detto giudice aveva emesso un’ordinanza, accogliendo una domanda di una parte, con la quale ricusava un giudice che era stato nominato al termine della procedura riguardante la Krajowa Rada Sadownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) istituita dopo il 2018, sulla base del rilievo che tale nomina non era conforme al diritto dell’Unione e alla CEDU.
51 Il Prokurator Rejonowy w Slupsku (procuratore distrettuale di Slupsk) aveva quindi informato di tale situazione il Prokurator Regionalny w Gdansku (procuratore regionale di Danzica, Polonia), il quale aveva trasmesso tale informazione al Ministro della Giustizia, in applicazione di istruzioni emesse dal pubblico ministero, le quali obbligano i procuratori ad informare immediatamente il procuratore regionale territorialmente competente dei casi in cui i giudici rimettevano in discussione lo status di un altro giudice di un organo giurisdizionale ordinario, o lo status dei giudici del Sad Najwyzszy (Corte suprema, Polonia). In sostanza, tali istruzioni obbligano a notificare qualsiasi situazione in cui un giudice invochi direttamente disposizioni del diritto dell’Unione nonché la giurisprudenza della Corte disapplicando il diritto nazionale.
52 È in tale contesto che il giudice del rinvio si interroga, sotto vari profili, sull’interpretazione del diritto dell’Unione.
53 In primo luogo, ad avviso del giudice del rinvio, le circostanze in cui si è svolto il procedimento penale hanno privato i minori indagati della possibilità di fruire delle norme minime di protezione applicabili ai «minori», ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2016/800, allorché sono indagati o imputati, nonché dei diritti riconosciuti a tutti gli indagati ai sensi delle direttive 2013/48 e 2012/13, il che dimostrerebbe una non corretta trasposizione di tali direttive nel diritto polacco.
54 In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulle conseguenze da trarre dalla non corretta trasposizione del diritto dell’Unione, tenuto conto dell’effetto diretto delle disposizioni relative al diritto all’informazione e al diritto di essere assistiti da un avvocato. Tale giudice sottolinea che le norme procedurali in vigore in Polonia contengono disposizioni che non solo non sono sufficientemente precise da garantire i diritti dei minori enunciati nella direttiva 2016/800, ma rendono altresì impossibile un’interpretazione di tali disposizioni conforme al diritto dell’Unione.
55 In terzo luogo, gli interrogativi del giudice del rinvio vertono sui mezzi di ricorso effettivi al fine di garantire ai minori indagati o imputati la neutralizzazione degli effetti della violazione dei loro diritti derivanti dalla direttiva 2016/800, nonché dalle direttive 2012/13 e 2013/48, lette alla luce del principio dell’equo processo. L’articolo 19 della direttiva 2016/800 prevederebbe che i minori indagati o imputati dispongano di un mezzo di ricorso effettivo conformemente al diritto nazionale in caso di violazione dei loro diritti ai sensi di tale direttiva. Tuttavia, quest’ultima direttiva non preciserebbe quali siano tali mezzi di ricorso, lasciando intendere che la loro determinazione è lasciata alla discrezionalità degli Stati membri.
56 Dalle direttive 2012/13 e 2013/48 risulterebbe, inoltre, che non esistono, nel diritto dell’Unione, disposizioni chiare relative alla possibilità di utilizzare a fini di prova dichiarazioni rese da un minore indagato o imputato in assenza di un avvocato. Tuttavia, l’articolo 12 della direttiva 2013/48, letto alla luce del suo considerando 50, prevederebbe una clausola di esclusione delle prove ottenute in violazione del diritto di avvalersi di un difensore.
57 Il giudice del rinvio sottolinea, inoltre, che né la CEDU né la Carta prevedono le modalità di esercizio dei diritti della difesa o le conseguenze di una violazione di tali diritti. Esse lascerebbero agli Stati membri la scelta dei mezzi affinché i loro sistemi giudiziari garantiscano tali diritti, a condizione tuttavia che tali mezzi siano conformi ai requisiti in materia di giusto processo. A tal riguardo, sarebbe necessario fare riferimento alla CEDU al fine di determinare lo standard minimo di tutela che i mezzi di ricorso devono garantire. Nella sua giurisprudenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo avrebbe definito l’importanza del diritto all’assistenza legale ai fini della valutazione dell’equità del procedimento e si sarebbe pronunciata sulla questione della facoltà di utilizzare nell’ambito del procedimento penale elementi di prova raccolti in violazione del diritto dell’indagato all’assistenza di un difensore nella fase iniziale del procedimento penale.
58 In quarto luogo, il giudice del rinvio formula un’ultima serie di considerazioni relative allo status del pubblico ministero nell’ambito dell’indagine penale nonché all’indipendenza dei giudici. Il principio di tutela effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione si fonderebbe necessariamente sull’indipendenza e sull’imparzialità di tutte le autorità dello Stato membro considerato. Ebbene, un meccanismo che consenta agli organi del potere esecutivo di interferire nel processo decisionale delle autorità inquirenti, così come in quello dei giudici, sarebbe problematico in quanto consentirebbe al potere esecutivo di influenzare le qualificazioni adottate e di rimettere in discussione le sentenze pronunciate intervenendo nel processo di applicazione diretta del diritto dell’Unione nella fase sia dell’indagine penale che del procedimento giudiziario.
59 In particolare, il giudice del rinvio esprime preoccupazione riguardo al potere del Ministro della Giustizia di disporre, in applicazione dell’articolo 130, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, la sospensione immediata di un giudice dalle sue funzioni qualora adotti decisioni direttamente sulla base del diritto dell’Unione o, ancora, decisioni destinate a garantire l’indipendenza e l’imparzialità di un organo giurisdizionale.
60 In tale contesto, il Sad Rejonowy w Slupsku (Tribunale circondariale di Slupsk) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 6, [paragrafi 1 e 2, paragrafi 3, lettera a), e paragrafo 7], e l’articolo 18, in combinato disposto con i considerando 25, 26 e 27 della direttiva [2016/800] debbano essere interpretati nel senso che, dal momento in cui vengono formulate le accuse nei confronti di un minore di età inferiore ai 18 anni indagato per aver partecipato ad un reato, le autorità competenti sono tenute a garantire il diritto del minore all’assistenza di un difensore d’ufficio, se il minore non ha un difensore di sua scelta (dato che il minore o il titolare della responsabilità genitoriale non ha provveduto a organizzare tale assistenza) e a garantire la partecipazione del difensore agli atti delle indagini preliminari, come l’interrogatorio del minore in qualità di indagato, nonché nel senso che tali disposizioni vietano di procedere all’interrogatorio di un minore senza la presenza di un difensore.
2) Se l’articolo 6, paragrafi 6 e 8, in combinato disposto con i considerando 16, 30, 31 e 32 della direttiva [2016/800] debba essere interpretato nel senso che la deroga all’assistenza di un difensore senza indebito ritardo non è consentita, in alcun caso, nelle cause riguardanti reati punibili con la pena di reclusione e che una deroga temporanea all’applicazione del diritto all’assistenza di un difensore ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 8, della direttiva è possibile solo nella fase delle indagini preliminari e solo nel caso del verificarsi delle circostanze tassativamente elencate nell’articolo 6, paragrafo 8, lettere a) e b), che devono essere espressamente indicate nella decisione, in linea di principio impugnabile, di procedere all’interrogatorio senza la presenza di un difensore.
3) In caso di risposta affermativa ad almeno una delle prime due questioni, se le suddette disposizioni della direttiva [2016/800] debbano, quindi, essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale come:
a) l’articolo 301, seconda frase, del [CPP], ai sensi del quale solo su richiesta dell’indagato quest’ultimo viene interrogato in presenza di un difensore e l’assenza del difensore dell’indagato non impedisce l’interrogatorio stesso;
b) l’articolo 79, paragrafo 3, del [CPP], ai sensi del quale nel caso di una persona che non ha compiuto 18 anni (articolo 79, paragrafo 1, punto 1, del c.p.p.), la partecipazione del difensore è obbligatoria solo alle udienze in cui la partecipazione dell’imputato è obbligatoria, ossia nella fase del giudizio.
4) Se le disposizioni indicate nella prima e nella seconda questione, nonché il principio del primato e il principio dell’effetto diretto delle direttive, debbano essere interpretati nel senso che essi autorizzano (o obbligano) un giudice nazionale investito di un procedimento penale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva [2016/800], nonché qualsiasi autorità statale a disapplicare le disposizioni di diritto nazionale incompatibili con la direttiva, come quelle elencate nella terza questione e, di conseguenza – data la scadenza del termine di recepimento – a sostituire le suddette norme nazionali con le norme della direttiva direttamente applicabili.
5) Se l’articolo 6, paragrafi 1, 2, 3 e 7, e l’articolo 18, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con i considerando 11, 25 e 26 della direttiva [2016/800 e] con l’articolo 13 e il considerando 50 della direttiva [2013/48] debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro deve garantire l’assistenza di un difensore d’ufficio agli indagati o agli imputati che al momento dell’avvio del procedimento penale erano minori e che hanno compiuto 18 anni nel corso del procedimento e che tale assistenza è obbligatoria fino alla conclusione definitiva del procedimento.
6) In caso di risposta affermativa alla quinta questione, se le suddette disposizioni della direttiva [2016/800] debbano, pertanto, essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, come l’articolo 79, paragrafo 1, punto 1, del [CPP], ai sensi della quale, nel procedimento penale, un imputato deve avere un difensore solo fino a quando non abbia compiuto 18 anni.
7) Se le disposizioni indicate nella [quinta] questione, nonché il principio del primato e il principio dell’effetto diretto delle direttive, debbano essere interpretati nel senso che essi autorizzano (o obbligano) un giudice nazionale investito di una causa penale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva [2016/800], nonché tutte le autorità statali a disapplicare le disposizioni del diritto nazionale incompatibili con la direttiva, come quelle richiamate nella [sesta] questione, e ad applicare le disposizioni di diritto nazionale, come l’articolo 79, paragrafo 2, del [CPP], interpretate in modo conforme alla direttiva (interpretazione conforme al diritto dell’Unione), ossia a mantenere ferma la nomina di un difensore d’ufficio nei confronti di un imputato che non aveva ancora compiuto 18 anni al momento dell’imputazione, ma che successivamente, nel corso del procedimento, ha raggiunto l’età di 18 anni, e nei confronti del quale il procedimento penale è ancora in corso, fino alla conclusione definitiva del procedimento, per il motivo che ciò è indispensabile in considerazione delle circostanze che ostacolano la difesa, oppure, data la scadenza del termine di recepimento, a sostituire la norma nazionale di cui sopra con norme della direttiva direttamente efficaci.
8) Se l’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, in combinato disposto con i considerando 18, 19 e 22 della direttiva [2016/800], e l’articolo 3, paragrafo 2, in combinato disposto con i considerando 19 e 26 della direttiva [2012/13] debbano essere interpretati nel senso che le autorità competenti (procuratore, polizia) devono informare tempestivamente – al più tardi prima del primo interrogatorio formale dell’indagato da parte della polizia o di un’altra autorità competente – sia l’indagato che il titolare della responsabilità genitoriale dei diritti essenziali per garantire un equo processo e dello svolgimento del procedimento, incluso, in particolare, dell’obbligo di nominare un difensore per l’indagato minorenne e delle conseguenze della mancata nomina di un difensore di fiducia per un imputato minorenne (nomina di un difensore d’ufficio) e che per quanto riguarda gli indagati minorenni, tali informazioni devono essere fornite in un linguaggio semplice e accessibile, adatto all’età del minore.
9) Se l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con il considerando 31 della direttiva [2016/343 e] con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), e paragrafo 2, della direttiva [2012/13] debba essere interpretato nel senso che le autorità di uno Stato membro che conducono un procedimento penale a carico di un indagato [o] imputato minorenne sono tenute ad informare l’indagato minorenne del diritto al silenzio e del diritto di non autoincriminarsi, in modo comprensibile e adeguato alla sua età.
10) Se l’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, in combinato disposto con i considerando 18, 19 e 22, della direttiva [2016/800] e l’articolo 3, paragrafo 2, in combinato disposto con i considerando 19 e 26, della direttiva [2012/13] debbano essere interpretati nel senso che i requisiti previsti dalle suddette disposizioni non sono soddisfatti dalla notificazione delle comunicazioni dei diritti poco prima dell’interrogatorio di un indagato minorenne, senza tenere conto dei diritti specifici derivanti dall’ambito di applicazione della direttiva 2016/800, e dalla notificazione di tali comunicazioni solo all’indagato, privo di difensore, e non al titolare della responsabilità genitoriale, qualora tali avvisi siano stati formulati in un linguaggio inadeguato all’età dell’indagato.
11) Se gli articoli 18 e 19, in combinato disposto con il considerando 26, della direttiva [2016/800] e l’articolo 12, paragrafo 2, in combinato disposto con il considerando 50 della direttiva [2013/48], in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, e con l’articolo 10, paragrafo 2, in combinato disposto con il considerando 44 della direttiva [2016/343] e il principio dell’equo processo debbano essere interpretati nel senso che – per quanto riguarda le dichiarazioni rese da un indagato nel corso di un interrogatorio di polizia condotto senza l’assistenza di un difensore e senza che l’indagato sia stato adeguatamente informato dei suoi diritti e senza che il titolare della responsabilità genitoriale sia stato informato dei diritti e degli aspetti generali dello svolgimento del procedimento, informazioni, queste, che il minore ha diritto di ricevere ai sensi dell’articolo 4 della direttiva [2016/800] – essi obbligano (o autorizzano) un giudice nazionale investito di un procedimento penale rientrante nell’ambito di applicazione delle direttive summenzionate e qualsiasi autorità dello Stato a garantire che gli indagati [o] imputati vengano posti nella stessa situazione in cui si sarebbero trovati se non si fossero verificate le violazioni in questione e quindi a non tenere conto di tali prove, in particolare quando le informazioni incriminanti ottenute durante l’interrogatorio potrebbero comportare la condanna della persona interessata.
12) Se le disposizioni di cui all’undicesima questione, nonché il principio del primato e il principio dell’effetto diretto, debbano pertanto essere interpretati nel senso che il giudice nazionale investito di un procedimento penale rientrante nell’ambito di applicazione delle direttive citate e qualsiasi altra autorità statale devono disapplicare le disposizioni di diritto nazionale incompatibili con le summenzionate direttive, quale l’articolo 168a del [CPP], ai sensi del quale le prove non possono essere dichiarate inammissibili per il solo fatto di essere state acquisite in violazione delle norme procedurali o attraverso un reato di cui all’articolo 1, paragrafo 1, del kodeks karny (codice penale, Polonia), a meno che esse non siano state acquisite nell’ambito dell’esercizio delle funzioni di un pubblico ufficiale a seguito di omicidio, lesioni personali dolose o sequestro di persona.
13) Se l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva [2016/800] in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e il principio di effettività del diritto dell’Unione, debbano essere interpretati nel senso che il pubblico ministero, in quanto organo che partecipa all’amministrazione della giustizia, che è garante del principio dello Stato di diritto e che, al contempo, dirige le indagini preliminari, deve assicurare, nella fase delle indagini preliminari, una tutela giurisdizionale effettiva per quanto riguarda l’ambito di applicazione della suddetta direttiva e, nel quadro dell’effettiva applicazione del diritto dell’Unione, deve garantire la propria indipendenza e imparzialità.
14) In caso di risposta affermativa a una delle questioni pregiudiziali [dalla prima alla dodicesima], in particolare in caso di risposta affermativa alla [tredicesima] questione, se l’articolo 19, paragrafo 1, comma secondo, TUE (principio della tutela giurisdizionale effettiva), in combinato disposto con l’articolo 2 TUE, in particolare in combinato disposto con il principio del rispetto dello Stato di diritto come interpretato nella giurisprudenza della Corte (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C-357/19, C-379/19, C-547/19, C-811/19 e C-840/19, EU:C:2021:1034), e il principio di indipendenza dei giudici previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e dall’articolo 47 della [Carta], come interpretato nella giurisprudenza della Corte (sentenza del 27 febbraio 2018, Associacao Sindical dos Juízes Portugueses, C-64/16, EU:C:2018:117) debbano essere interpretati nel senso che tali principi, in considerazione della possibilità di esercitare una pressione indiretta sui magistrati e della possibilità che in tale contesto il Prokurator Generalny (Procuratore generale, Polonia) impartisca ordini vincolanti ai procuratori di livello inferiore, ostano a una normativa nazionale da cui risulta la dipendenza della Procura da un organo del potere esecutivo, quale il Ministro della giustizia, e ostano, altresì, a una normativa nazionale che limiti l’indipendenza del giudice e del pubblico ministero nell’ambito dell’applicazione del diritto dell’Unione, in particolare:
a) l’articolo 130, paragrafo 1, della [legge relativa all’ordinamento dell’autorità giurisdizionale ordinaria] che consente al Ministro della giustizia – nel quadro dell’obbligo del pubblico ministero di comunicare i casi in cui un giudice statuisce applicando il diritto dell’Unione europea – di ordinare l’immediata sospensione di tale giudice dalle funzioni di servizio finché non venga emessa una decisione da parte di un tribunale disciplinare, per un periodo massimo di un mese, quando, in considerazione della natura dell’atto compiuto dal giudice, consistente nell’applicazione diretta del diritto dell’Unione europea, il Ministro della giustizia ritenga che lo richiedano il decoro del giudice o gli interessi essenziali del servizio;
b) l’articolo 1, paragrafo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, punti 1 e 3, nonché l’articolo 7, paragrafi da 1 a 6 e paragrafo 8, e l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, della legge del 28 gennaio 2016, sull’ordinamento della Procura, dal cui contenuto, esaminato congiuntamente, risulta che il Ministro della giustizia, che è allo stesso tempo Procuratore generale e la più alta autorità della Procura, può impartire ordini vincolanti ai procuratori di grado inferiore anche qualora limitino o impediscano l’applicazione diretta del diritto dell’Unione».
Procedimento dinanzi alla Corte
61 Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale fosse sottoposto a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda, tale giudice fa valere, in primo luogo, che le questioni sollevate vanno al di là dell’ambito del procedimento principale, tenuto conto del numero considerevole di cause che coinvolgono minori, indagati o imputati, che i giudici polacchi devono trattare ogni mese, e che gli atti processuali irregolari violano irrimediabilmente principi fondamentali del procedimento penale. In secondo luogo, tali giudici statuirebbero sulla base delle disposizioni che disciplinano il procedimento penale polacco che, secondo il giudice del rinvio, non garantirebbero le norme minime di protezione derivanti dal diritto dell’Unione. In terzo luogo, una risposta rapida alle questioni pregiudiziali sarebbe necessaria al fine di fugare dubbi circa la possibilità per un organo del potere esecutivo, quale il Ministro della Giustizia, di esercitare un’influenza sull’applicazione del diritto dell’Unione nei procedimenti penali in cui siano coinvolti minori che sono indagati o imputati.
62 L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura stabilisce che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni di detto regolamento.
63 Occorre ricordare, al riguardo, che un procedimento accelerato siffatto costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza straordinaria [sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].
64 Nel caso di specie, il 21 ottobre 2022 il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, ha deciso che non occorreva accogliere la domanda di cui al punto 61 della presente sentenza.
65 Da una giurisprudenza costante della Corte risulta, infatti, che il numero rilevante di persone o di situazioni giuridiche potenzialmente interessate dalla decisione che un giudice del rinvio deve adottare dopo aver adito la Corte in via pregiudiziale non può, in quanto tale, costituire una circostanza eccezionale atta a giustificare il ricorso a un procedimento accelerato [sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C-584/19, EU:C:2020:1002, punto 36 e giurisprudenza ivi citata]. Lo stesso vale per la circostanza che un numero rilevante di soggetti è potenzialmente interessato dalle decisioni adottate dai giudici polacchi sulla base delle disposizioni che disciplinano il procedimento penale polacco la cui validità è messa in dubbio alla luce del diritto dell’Unione [v., per analogia, sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici di diritto comune in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 55].
66 Inoltre, né il fatto che le domande di pronuncia pregiudiziale sollevino questioni di diritto penale né il semplice interesse dei singoli, certamente legittimo, ad accertare il più rapidamente possibile la portata dei diritti che essi traggono dal diritto dell’Unione sono idonei a dimostrare l’esistenza di una circostanza eccezionale (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2024, Sapira e a., C-114/23, C-115/23, C-132/23 e C-160/23, EU:C:2024:290, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
67 Infine, per quanto riguarda i dubbi circa la possibilità per un organo del potere esecutivo, quale il Ministro della Giustizia, di esercitare un’influenza sull’applicazione del diritto dell’Unione, la domanda di cui al punto 61 della presente sentenza non contiene alcun elemento concreto che consenta di concludere che una siffatta possibilità potrebbe essere evitata mediante l’avvio del procedimento accelerato.
68 Il presidente della Corte ha, tuttavia, deciso che la presente causa sarebbe stata trattata in via prioritaria, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
69 Il governo polacco fa valere che le questioni pregiudiziali sono irricevibili.
70 Da un lato, le questioni dalla prima alla dodicesima non sarebbero necessarie ai fini della soluzione della controversia principale. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulterebbe, infatti, che il giudice del rinvio ha respinto in quanto irricevibili, in applicazione del diritto nazionale, le domande del Prokurator Prokuratury Rejonowej w Slupsku (procuratore della procura distrettuale di Slupsk) dirette ad ottenere prove tratte dalle deposizioni che gli indagati minorenni hanno effettuato nell’ambito dell’indagine penale di cui trattasi nel procedimento principale. Tale giudice avrebbe quindi ritirato dal fascicolo le dichiarazioni rese dagli indagati minorenni nel corso di tale indagine penale. Inoltre, gli indagati minorenni avrebbero ricevuto ciascuno l’assistenza di un difensore nominato d’ufficio e, per quanto riguarda uno di essi, che ha raggiunto l’età di 18 anni nel corso del procedimento, il giudice del rinvio avrebbe confermato la nomina d’ufficio di siffatto avvocato, in quanto tale nomina era necessaria in considerazione di circostanze che ostacolavano alla sua difesa.
71 Dall’altro, le questioni tredicesima e quattordicesima sarebbero puramente ipotetiche, in quanto non avrebbero alcun nesso con i fatti o con l’oggetto della causa principale.
72 La tredicesima questione e la quattordicesima questione, lettera b), riguarderebbero, infatti, in generale, il potere detenuto dal Ministro della Giustizia, che esercita anche le funzioni di Prokurator Generalny (procuratore generale), di impartire istruzioni vincolanti ai procuratori di rango inferiore, le quali potrebbero parimenti limitare o impedire l’applicabilità diretta del diritto dell’Unione. A tal riguardo, il giudice del rinvio non avrebbe precisato in che modo le disposizioni nazionali pertinenti siano state applicate al procedimento principale.
73 Quanto alla quattordicesima questione, sub a), essa verterebbe sulla possibilità di sospendere temporaneamente dalle sue funzioni il giudice incaricato della causa principale. Orbene, nel caso di specie, la sospensione di cui trattasi sarebbe entrata in vigore il 9 febbraio e sarebbe cessata il 8 marzo 2022 e non sarebbe quindi più in corso. Inoltre, tale sospensione sarebbe intervenuta nell’ambito di un procedimento che non avrebbe alcun rapporto con la causa principale. Il fondamento della misura di sospensione in questione sarebbe stato la contestazione, da parte del giudice in questione, dell’esistenza del rapporto di lavoro di un altro giudice e della validità della sua nomina con il concorso della Krajowa Rada Indudownictwa (Consiglio nazionale della magistratura). Una fattispecie siffatta non potrebbe tuttavia presentarsi nel procedimento principale, in quanto il giudice del rinvio statuisce in composizione monocratica. In ogni caso, nella motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale non figurerebbe alcun elemento relativo alla nomina dei giudici in Polonia.
74 Il Prokurator Regionalny w Gdansku (procuratore regionale di Danzica) ritiene, dal canto suo, che le questioni dalla undicesima alla quattordicesima siano irricevibili, giacché una risposta della Corte a tali questioni non sarebbe necessaria per dirimere la controversia nel procedimento principale.
75 Alla luce degli elementi che precedono, occorre rilevare che la Corte ha più volte sottolineato che il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere e che la ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia [sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 62 e giurisprudenza ivi citata].
76 Dalla formulazione dell’articolo 267 TFUE, la decisione pregiudiziale richiesta dev’essere «necessaria» al fine di consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa della quale è investito [sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].
77 Sia dal dettato sia dall’impianto sistematico dell’articolo 267 TFUE emerge, infatti, che il procedimento pregiudiziale presuppone, in particolare, che dinanzi ai giudici nazionali sia effettivamente pendente una controversia nell’ambito della quale ad essi è richiesta una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale [sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 64 e giurisprudenza ivi citata].
78 Nell’ambito di un procedimento siffatto deve quindi sussistere tra tale controversia e le disposizioni del diritto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione un collegamento tale che detta interpretazione risponda a una necessità oggettiva ai fini della decisione che il giudice del rinvio deve adottare [sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 65 e giurisprudenza ivi citata].
79 Le questioni dalla prima alla dodicesima vertono, in sostanza, sull’interpretazione di diverse disposizioni della direttiva 2016/800, lette alla luce delle direttive 2012/13, 2013/48 e 2016/343, nella parte in cui tali disposizioni disciplinano i diritti procedurali dei minori indagati o imputati nell’ambito dei procedimenti penali.
80 Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio si interroga sulla conformità a dette disposizioni della normativa polacca che disciplina il procedimento penale e sulle conseguenze da trarre, nell’ambito del procedimento principale, da una contrarietà del diritto nazionale al diritto dell’Unione. A tal riguardo, il giudice del rinvio precisa che la risposta alle questioni dalla prima alla dodicesima è indispensabile affinché esso possa statuire sull’ammissibilità delle prove risultanti dalle dichiarazioni rese dagli indagati minorenni, senza la presenza di un avvocato, nell’ambito della fase preliminare al processo.
81 È vero che il giudice del rinvio afferma di aver respinto le richieste del Prokurator Prokuratury Rejonowej w Slupsku (procuratore della procura distrettuale di Slupsk) volte all’acquisizione delle prove tratte dalle dichiarazioni incriminanti che gli indagati minorenni hanno reso durante la fase preliminare del processo penale in assenza di un avvocato, decidendo quindi di escludere tali prove. Del pari, per quanto riguarda uno degli indagati minorenni che ha raggiunto l’età di 18 anni nel corso del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio, tale giudice precisa di aver prorogato la nomina d’ufficio dell’avvocato a favore di tale indagato.
82 Tuttavia, da un lato, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che detto giudice non ha adottato una decisione definitiva per quanto riguarda l’ammissibilità di dette prove. Pertanto, la risposta fornita alle questioni sollevate avrà un’influenza su tale decisione, per consentire al giudice del rinvio di statuire nel merito nel procedimento principale. Dall’altro lato, per quanto riguarda la decisione di proroga della designazione d’ufficio dell’avvocato di uno degli indagati di cui trattasi nel procedimento principale, risulta che essa è intervenuta in una fase successiva del procedimento e che essa non può, di conseguenza, rimediare agli eventuali inadempimenti verificatisi nella fase preliminare al processo penale.
83 Ne consegue che, nel caso in esame, una risposta della Corte alle questioni dalla prima alla dodicesima appare necessaria per consentire al giudice di rinvio di decidere le questioni che si pongono in limine litis, prima che quest’ultimo giudice possa, se del caso, statuire nel merito della controversia principale [v. per analogia, sentenza del del 6 ottobre 2021, W.Z. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema - Nomina), C-487/19, EU:C:2021:798, punto 94 e giurisprudenza ivi citata)
84 Pertanto, poiché sono soddisfatte le condizioni enunciate ai punti da 76 a 78 della presente sentenza, le questioni dalla prima alla dodicesima sono ricevibili.
85 Per contro, la tredicesima e la quattordicesima questione non rispondono a tali condizioni.
86 In primo luogo, le questioni tredicesima e la quattordicesima, lettera b), mirano a stabilire se, nella fase preliminare al processo penale, il pubblico ministero debba disapplicare le disposizioni nazionali contrarie al diritto dell’Unione al fine di garantire l’effettività dei diritti dei minori sospettati e, se a tal fine, la sua indipendenza e la sua imparzialità debbano essere tutelate nei confronti delle eventuali ingerenze del potere esecutivo.
87 Nel caso di specie, alla luce degli elementi esposti ai punti da 80 a 83 della presente sentenza, non risulta che una risposta della Corte a tali questioni sia necessaria affinché il giudice del rinvio possa risolvere questioni che si pongono in limite litis dinanzi ad esso. Dalle indicazioni del giudice del rinvio risulta, infatti, che, nell’ambito del procedimento principale, la fase preliminare al processo penale è terminata e che spetta ormai a quest’ultimo il potere di escludere gli elementi di prova che sarebbero stati raccolti in violazione dei diritti processuali o di statuire sul diritto delle persone indagate di essere assistite da un avvocato.
88 In tali circostanze, la questione se, nell’ambito della fase preliminare al processo penale, il pubblico ministero tragga dal diritto dell’Unione un obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie al diritto dell’Unione al fine di garantire l’effettività dei diritti dei minori sospettati non mira quindi a che sia interpretato il diritto dell’Unione ai fini oggettivi della soluzione del procedimento principale, ma riveste carattere generale e ipotetico.
89 In secondo luogo, la quattordicesima questione, lettera a), mira a stabilire se l’articolo 2 TUE e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 47 della Carta ostino a una normativa nazionale che consente al Ministro della Giustizia di disporre la sospensione immediata di un giudice dalle sue funzioni.
90 È vero che, nel caso di specie, risulta che il giudice incaricato del procedimento principale è stato oggetto di una sospensione dalle sue funzioni in applicazione di tale normativa.
91 Dagli elementi contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta, tuttavia, chiaramente che tale sospensione, che, peraltro, non è più in corso, è stata decisa nell’ambito di una causa distinta dal procedimento principale. Inoltre, come rilevato dall’avvocata generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, il timore, per tale giudice, di essere nuovamente sottoposto a una sospensione di questo tipo nell’ambito del procedimento principale presenta un carattere solo ipotetico.
92 Tale questione non corrisponde quindi a un’esigenza oggettiva inerente alla soluzione del procedimento principale, ma cerca di ottenere dalla Corte una valutazione generale della legislazione nazionale, non collegata a tale procedimento [v., per analogia, sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), C-181/21 e C-269/21, EU:C:2024:1, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].
93 Ne consegue che le questioni tredicesima e quattordicesima sono irricevibili.
Nel merito
94 Tenuto conto dell’articolazione dell’insieme delle questioni sollevate dal giudice del rinvio, è opportuno esaminare congiuntamente, in un primo tempo, le questioni dalla prima alla quarta, in un secondo tempo, le questioni dalla quinta alla settima, in una terza fase, le questioni dall’ottava alla decima, poi, in un quarto tempo, l’undicesima e la dodicesima questione, fermo restando che tali questioni devono essere esaminate unicamente alla luce delle disposizioni della direttiva 2016/800 che riguarda specificamente i minori.
Le questioni dalla prima alla quarta
95 Con le sue questioni dalla prima alla quarta, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 18 di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, da un lato, non prevede che i minori indagati o imputati siano assistiti da un difensore, se del caso nominato d’ufficio, prima di essere interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria e, al più tardi, anteriormente al primo interrogatorio e, dall’altro, consente che i minori siano interrogati in qualità di indagati senza la presenza di tale difensore durante l’interrogatorio. Inoltre, tale giudice si chiede se, in caso di risposta affermativa a tali questioni, un giudice investito di una causa penale debba disapplicare siffatta normativa nazionale.
96 In primo luogo, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, i minori indagati o imputati in procedimenti penali hanno, anzitutto, il diritto di avvalersi di un difensore conformemente alla direttiva 2013/48, fermo restando che, conformemente al considerando 15 di tale direttiva, il termine «difensore» si riferisce, nell’ambito di quest’ultima direttiva, a qualsiasi persona che è qualificata e autorizzata conformemente al diritto nazionale, ad esempio mediante abilitazione da parte di un organo preposto, a fornire consulenza e assistenza legali a indagati o imputati.
97 Al fine di determinare la portata del diritto del minore di essere assistito da un difensore, occorre tener conto della portata del diritto di cui dispone qualsiasi indagato o imputato in forza dell’articolo 3 della direttiva 2013/48.
98 Infatti, come risulta dai considerando 18 e 26 della direttiva 2016/800, nell’interpretazione delle disposizioni della stessa direttiva occorre tener conto della direttiva 2013/48. Tuttavia, la direttiva 2016/800 prevede garanzie complementari per tener conto delle esigenze specifiche e delle vulnerabilità dei minori.
99 Sotto un secondo profilo, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2016/800 impone agli Stati membri di assicurare che il minore sia assistito da un difensore a norma del suddetto articolo affinché possa esercitare efficacemente i propri diritti di difesa.
100 Come risulta, in sostanza, dai considerando 1, 25 e 29 della direttiva 2016/800, quest’ultima mira a tener conto della particolare vulnerabilità dei minori nell’ambito dei procedimenti penali e tende quindi a incoraggiarli ad esercitare, segnatamente, il diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare enunciato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, nonché i diritti della difesa garantiti dall’articolo 48, paragrafo 2, di quest’ultima (v., per analogia, sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a., C-612/15, EU:C:2018:392, punto 104).
101 Sotto un terzo profilo, il principio fondamentale secondo cui i minori hanno il diritto di essere assistiti da un difensore è precisato all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2016/800 per quanto riguarda il momento a partire dal quale deve essere concesso tale diritto [v., per analogia, sentenza del 12 marzo 2020, VW (Diritto di avvalersi di un difensore in caso di mancata comparizione), C-659/18, EU:C:2020:201, punto 31].
102 Pertanto, in forza di tale paragrafo 3, i minori indagati o imputati devono potersi avvalere di un difensore senza indebito ritardo e, in ogni caso, a decorrere dal verificarsi per primo uno dei quattro eventi specifici elencati alle lettere da a) a d) di tale paragrafo.
103 Per quanto riguarda, in particolare, la fase preliminare al processo penale, il minore è assistito da un difensore, conformemente a detto articolo 6, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2016/800, «prima che sia interrogato dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria», e, conformemente al medesimo articolo 6, paragrafo 3, lettera b), «quando le autorità inquirenti o altre autorità competenti procedono ad atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove».
104 Sotto un quarto profilo, l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2016/800 precisa la portata del diritto all’assistenza di un difensore per i minori.
105 Infatti, dall’articolo 6, paragrafo 4, lettera a), di detta direttiva risulta che tale minore ha il diritto di incontrare in privato e di comunicare con il difensore che lo assiste, anche prima dell’interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria. Detto articolo 6, paragrafo 4, lettera b), prevede inoltre che il minore sia assistito da un difensore quando è sottoposto a interrogatorio e che il difensore possa partecipare in modo effettivo nel corso dello stesso.
106 A tal riguardo, come rilevato dall’avvocata generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, contrariamente all’articolo 9 della direttiva 2013/48, riguardante indagati o imputati che non sono minori, la direttiva 2016/800 non prevede per i minori la possibilità di rinunciare al loro diritto di essere assistiti da un avvocato.
107 Inoltre, l’articolo 18 di tale direttiva stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché la legislazione nazionale in materia di patrocinio a spese dello Stato garantisca l’effettivo esercizio del diritto di essere assistiti da un difensore, a norma dell’articolo 6.
108 Dalle considerazioni che precedono risulta che ai minori indagati o imputati deve essere offerta, in base al diritto nazionale, la possibilità concreta ed effettiva di essere assistiti da un difensore prima del primo interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria e, al più tardi, a partire da tale interrogatorio.
109 Un minore, qualora non abbia nominato un difensore prima dell’interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, o non l’abbia fatto il titolare della potestà genitoriale, deve potersi avvalere di un difensore nominato d’ufficio che lo assista nel corso dell’interrogatorio.
110 In secondo luogo, come sottolineato dall’avvocata generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, dal carattere imperativo della necessità di garantire che i minori siano assistiti da un avvocato anteriormente al primo interrogatorio da parte della polizia o di qualsiasi altra autorità di contrasto o giudiziaria incaricata di tale interrogatorio discende che esse non possono procedere a tale interrogatorio qualora il minore interessato non fruisca effettivamente di una siffatta assistenza.
111 Infatti, l’articolo 6, paragrafo 7, della direttiva 2016/800 precisa che, qualora il minore debba, a norma dell’articolo 6, essere assistito da un difensore ma nessun difensore risulti presente, le autorità competenti rinviano l’interrogatorio del minore o gli altri atti investigativi o di raccolta delle prove per un periodo di tempo ragionevole al fine di attendere l’arrivo del difensore o, qualora il minore non ne abbia nominato uno, provvedono esse stesse alla nomina.
112 È vero che l’articolo 6 della direttiva 2016/800 prevede, ai suoi paragrafi 6 e 8, talune deroghe al diritto di essere assistito da un avvocato sancito da tale direttiva. Tuttavia, come risulta da tali disposizioni, dette deroghe devono essere decise dalle autorità competenti, caso per caso, al fine di determinare se, alla luce delle circostanze particolari di ciascuna fattispecie e tenuto conto dell’interesse superiore del minore, la deroga prevista sia giustificata, e ciò nel rispetto delle rigorose condizioni stabilite da dette disposizioni.
113 Le stesse disposizioni non possono, di conseguenza, consentire che si deroghi, in modo generale e astratto, nell’ambito di una normativa nazionale, al diritto di avvalersi di un difensore per i minori indagati o imputati nella fase preliminare al processo penale.
114 Nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che le disposizioni pertinenti del diritto nazionale, in particolare l’articolo 79, paragrafo 3, e l’articolo 301 del CPP, non prevedono alcuna presenza obbligatoria di un difensore per i minori che sono indagati durante l’interrogatorio e, più in generale, nella fase preliminare al processo. In effetti, conformemente a dette disposizioni, tali minori, qualora non siano detenuti, fruirebbero dell’assistenza di un difensore nell’ambito del loro interrogatorio solo nel caso in cui essi abbiano espressamente chiesto di fruire di siffatta assistenza. Inoltre, l’assenza di un difensore siffatto non osterebbe all’interrogatorio di detti minori.
115 Appare pertanto – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – che una normativa nazionale di questo tipo non è compatibile con l’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2016/800.
116 A tal riguardo, tenuto conto delle questioni del giudice del rinvio, occorre ricordare che, al fine di garantire l’effettività del complesso delle disposizioni del diritto dell’Unione, il principio del primato impone, in particolare, ai giudici nazionali di interpretare, per quanto possibile, il loro diritto interno in modo conforme al diritto dell’Unione [sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Furstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].
117 L’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale, tuttavia, è soggetto ad alcuni limiti e non può, in particolare, servire da fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale [sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Furstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 36 e giurisprudenza ivi citata].
118 Occorre altresì ricordare che il principio del primato impone al giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto dell’Unione l’obbligo, ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, di garantire la piena efficacia delle esigenze di tale diritto nella controversia di cui è investito, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche posteriore, contraria a una disposizione del diritto dell’Unione dotata di effetto diretto, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale [sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Furstenfeld (Effetto diretto), C-205/20, EU:C:2022:168, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].
119 Nel caso di specie, tenuto conto della formulazione chiara, precisa e incondizionata dell’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2016/800, si deve ritenere che quest’ultimo sia dotato di effetto diretto.
120 Spetta quindi al giudice del rinvio interpretare, per quanto possibile, le disposizioni nazionali, menzionate in particolare al punto 114 della presente sentenza, in modo conforme al diritto dell’Unione al fine di garantirne la piena efficacia. Qualora non possa procedere a un’interpretazione siffatta, egli dovrà disapplicare, di propria iniziativa, le disposizioni nazionali che risultino incompatibili con il suddetto diritto.
121 Alla luce di tutti i motivi che precedono, si deve rispondere alle questioni dalla prima alla quarta dichiarando che l’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 18 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, da un lato, non prevede che i minori indagati o imputati siano assistiti da un difensore, se del caso nominato d’ufficio, prima di essere interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria e, al più tardi, prima del primo interrogatorio e, dall’altro lato, consente che i minori siano interrogati in qualità di indagati senza la presenza di tale difensore durante l’interrogatorio.
Sulle questioni dalla quinta alla settima
122 In via preliminare, occorre constatare che, con le questioni dalla quinta alla settima, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare segnatamente varie disposizioni della direttiva 2016/800, in particolare l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 6, paragrafi da 1 a 3 e 7, in combinato disposto con l’articolo 18 di tale direttiva.
123 Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che gli interrogativi di tale giudice vertono sulla questione se il diritto di essere assistito da un difensore nominato d’ufficio, oggetto delle questioni pregiudiziali dalla prima alla quarta, continui ad applicarsi alle persone che possedevano la qualità di minore al momento in cui sono state sottoposte ad un procedimento penale, ma che, successivamente, hanno raggiunto l’età di 18 anni.
124 Si deve, pertanto, intendere che tali interrogativi vertono essenzialmente sull’articolo 2 della direttiva 2016/800, che definisce l’ambito di applicazione di tale direttiva, e in particolare sui paragrafi 1 e 3 di tale articolo.
125 In tali circostanze, occorre considerare che, con le questioni dalla quinta alla settima, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 2, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2016/800 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto di essere assistito da un difensore nominato d’ufficio cessi automaticamente per le persone che possedevano la qualità di minore al momento in cui sono state sottoposte a procedimento penale, ma che, successivamente, hanno raggiunto l’età di 18 anni, nei limiti in cui siffatta normativa non consente di valutare se, alla luce di tutte le circostanze del caso, ivi compresa la maturità e la vulnerabilità di dette persone, sia appropriata l’applicazione di detta direttiva o di talune sue disposizioni e, di conseguenza, dei diritti che essa contiene. Tale giudice chiede, inoltre, se, in caso di risposta affermativa a tali questioni, un giudice investito di un procedimento penale debba disapplicare una normativa nazionale siffatta.
126 Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, quest’ultima si applica ai minori indagati o imputati in procedimenti penali fino alla decisione definitiva sulla colpevolezza, incluse, ove previste, la pronuncia della condanna e la decisione sull’impugnazione. A tal riguardo, l’articolo 3, punto 1, di detta direttiva definisce la nozione di «minore» come una persona di età inferiore a 18 anni.
127 Per quanto riguarda coloro che erano minori al momento in cui sono stati sottoposti a procedimento penale ma che, successivamente, hanno raggiunto l’età di 18 anni, l’articolo 2, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2016/800 precisa che, fatta eccezione per gli articoli menzionati in tale disposizione che si riferiscono al titolare della responsabilità genitoriale, la direttiva si applica a tali persone qualora la sua applicazione risulti appropriata alla luce di tutte le circostanze del caso, incluse la maturità e la vulnerabilità della persona interessata.
128 Ne consegue che coloro che erano minori quando sono stati sottoposti a procedimento penale continuano a godere dei diritti previsti dalla direttiva 2016/800, e in particolare di quello di essere assistiti da un difensore, conformemente all’articolo 6 di tale direttiva, quando essi hanno raggiunto l’età di 18 anni nel corso di tale procedimento e si sia ritenuto che l’applicazione di tale direttiva sia adeguata alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, ivi compresa la maturità e la vulnerabilità di dette persone.
129 Occorre precisare che, nell’ipotesi in cui si dovesse constatare, nell’ambito di un procedimento penale, che l’applicazione della direttiva 2016/800 o di talune sue disposizioni non è appropriata, la persona che ha raggiunto l’età di 18 anni rientra nell’ambito di applicazione delle direttive 2012/13, 2013/48 e 2016/343, applicabili alle persone indagate e imputate in procedimenti penali indipendentemente dalla loro età. In tale ipotesi, tale persona beneficia dei diritti previsti da tali direttive, alle condizioni fissate da queste ultime.
130 Come risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 2, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2016/800, la questione dell’applicazione di tale direttiva o di talune sue disposizioni alle persone che hanno compiuto 18 anni di età nel corso del procedimento di cui sono oggetto dipende dal complesso delle circostanze del caso di specie e deve quindi essere oggetto di una valutazione caso per caso.
131 In tali circostanze, il requisito secondo cui deve rivelarsi appropriata l’applicazione della direttiva 2016/800 o di talune sue disposizioni non consente in nessun caso ad uno Stato membro di escludere, in modo generale ed astratto, tutti coloro che hanno compiuto 18 anni di età nel corso del procedimento di cui sono oggetto, dalla possibilità di fruire dei diritti stabiliti dalla direttiva 2016/800, e in particolare del diritto di essere assistiti da un avvocato conformemente all’articolo 6 di tale direttiva.
132 La suddetta interpretazione secondo cui gli Stati membri non possono fissare a 18 anni, mediante normative, il limite di età assoluto, ai fini del godimento dei diritti conferiti da tale direttiva, è corroborata dall’articolo 2, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva 2016/800, il quale prevede che gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva al compimento del ventunesimo anno di età dell’interessato.
133 L’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2016/800 osta, di conseguenza, a una normativa nazionale che preveda, in modo automatico, che il diritto di essere assistito da un difensore nominato d’ufficio, conformemente all’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 18 di tale direttiva, cessa per le persone che hanno raggiunto l’età di 18 anni nel corso del procedimento penale cui sono sottoposte, ma che possedevano la qualità di minore al momento in cui è stato avviato a loro carico tale procedimento, nei limiti in cui una normativa siffatta non consenta di valutare se, alla luce di tutte le circostanze del caso, ivi compresa la maturità e la vulnerabilità di dette persone, sia appropriata l’applicazione di detta direttiva o di talune sue disposizioni e, di conseguenza, dei diritti in essa contenuti.
134 Orbene, nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che le disposizioni del diritto nazionale, in particolare l’articolo 79, paragrafo 1, punto 1, del CPP, prevedono che, nell’ambito di un procedimento penale, l’imputato ha il diritto di essere assistito da un difensore solo se ha meno di 18 anni. In pratica, i giudici polacchi considererebbero, su tale base giuridica, che la partecipazione di un difensore al procedimento non sia più obbligatoria una volta che l’imputato o l’indagato abbia raggiunto l’età di 18 anni, il che avrebbe come conseguenza di svincolare automaticamente dal suo mandato il difensore nominato d’ufficio.
135 Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti da 116 a 118 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio interpretare, per quanto possibile, le disposizioni nazionali che disciplinano il diritto di avvalersi di un difensore, in modo conforme al diritto dell’Unione al fine di garantire la piena effettività di tale diritto. Qualora non sia possibile procedere ad un’interpretazione del genere, dato che l’articolo 2, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2016/800 soddisfa le condizioni ricordate al punto 119 della presente sentenza e ha effetto diretto, sarà suo compito disapplicare, di propria iniziativa, le disposizioni nazionali che risultino con esso incompatibili.
136 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla quinta alla settima che l’articolo 2, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2016/800 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto di essere assistito da un difensore nominato d’ufficio cessi automaticamente per le persone che possedevano la qualità di minore al momento in cui sono state sottoposte a procedimento penale, ma che, successivamente, hanno raggiunto l’età di 18 anni, nei limiti in cui siffatta normativa non consenta di valutare se, alla luce di tutte le circostanze del caso, ivi compresa la maturità e la vulnerabilità di dette persone, sia appropriata l’applicazione di detta direttiva o di talune sue disposizioni e, di conseguenza, dei diritti che essa contiene.
Sulle questioni dall’ottava alla decima
137 Con le sue questioni dall’ottava alla decima, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che non prevede che i minori indagati o imputati nell’ambito di procedimenti penali ricevano, con il titolare della responsabilità genitoriale, al più tardi prima del primo interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, in un linguaggio semplice e accessibile, che tenga conto delle esigenze specifiche e delle vulnerabilità di detti minori, informazioni sui loro diritti conformemente all’articolo 3 della direttiva 2012/13, nonché sui diritti stabiliti dalla direttiva 2016/800.
138 Come si evince dal considerando 1 della Direttiva 2016/800, il suo obiettivo è stabilire garanzie procedurali affinché i minori indagati o imputati nei procedimenti penali siano in grado di comprendere e seguire il procedimento. Ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, essa stabilisce quindi regole minime comuni riguardanti, in particolare, il diritto all’informazione, che è specificamente disciplinato dalle disposizioni di cui all’articolo 4 della stessa direttiva.
139 In primo luogo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2016/800, gli Stati membri assicurano che, quando il minore è informato di essere indagato o imputato in un procedimento penale, gli siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti i suoi diritti, ai sensi della direttiva 2012/13, e quelle concernenti gli aspetti generali dello svolgimento del procedimento.
140 Per quanto riguarda il diritto di essere informati, quale previsto all’articolo 1 della direttiva 2012/13, la Corte ha già constatato che dall’articolo 3 di tale direttiva risultava che tale diritto riguarda, in particolare, il diritto per gli indagati o gli imputati di essere informati, come minimo, dei diversi diritti processuali che tale articolo menziona, tra i quali figurano il diritto all’assistenza di un difensore, il diritto di beneficiare di un difensore gratuito e le condizioni di ottenimento di tale difensore, il diritto di essere informato dell’accusa, il diritto all’interpretazione e alla traduzione nonché il diritto al silenzio [v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2023, BK (Riqualificazione dell’infrazione), C-175/22, EU:C:2023:844, punto 33 e giurisprudenza ivi citata].
141 A tal riguardo, come risulta dal considerando 31 della direttiva 2016/343, l’informazione che gli imputati ricevono sui loro diritti procedurali in forza dell’articolo 3 della direttiva 2012/13 verte non solo sul diritto al silenzio, ma anche sul diritto di non autoincriminarsi, che sono due diritti che gli Stati membri devono garantire a tali persone, conformemente all’articolo 7 della direttiva 2016/343.
142 Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2016/800 prevede che i minori debbano essere informati dei diritti stabiliti più specificamente da tale direttiva e, in particolare, dei diritti elencati all’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), di quest’ultima.
143 Tali informazioni riguardano in particolare, da un lato, il diritto per detti minori di essere assistiti da un difensore di cui all’articolo 6 di detta direttiva, se del caso nominato d’ufficio, conformemente all’articolo 18 della medesima direttiva.
144 Dall’altro lato, dette informazioni vertono altresì sul diritto a che il titolare della responsabilità genitoriale sia informato, come previsto all’articolo 5 della direttiva 2016/800, nonché sul diritto di essere accompagnati da tale titolare durante fasi del procedimento diverse dalle udienze, come previsto all’articolo 15, paragrafo 4, di tale direttiva. Come risulta dai termini dell’articolo 5, paragrafo 1, di detta direttiva, detto titolare riceve, al più presto, le stesse informazioni che il minore ha il diritto di ricevere a norma dell’articolo 4 della direttiva 2016/800.
145 In secondo luogo, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, commi primo e secondo, della direttiva 2016/800, le informazioni che i minori devono ricevere sui loro diritti conformemente a tale disposizione, qualora siano informati di essere indagati o imputati, devono essere comunicate loro «tempestivamente».
146 A tal riguardo, relativamente alla direttiva 2012/13, cui fa riferimento detto articolo 4, paragrafo 1, commi primo e secondo, la Corte ha dichiarato che, per poter essere effettiva, la comunicazione dei diritti deve avvenire in una fase iniziale del procedimento. Dall’articolo 2 di tale direttiva risulta che quest’ultima si applica «nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato». L’articolo 3 di tale direttiva prevede quindi che gli «Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti (...) i (...) diritti processuali (...) onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti» (sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C-467/18, EU:C:2019:765, punto 50).
147 Il diritto di essere informato dei propri diritti mira a preservare l’equità del procedimento penale e a garantire l’effettività dei diritti della difesa, sin dalle prime fasi di tale procedimento. Il considerando 19 della direttiva 2012/13 sottolinea che il diritto di essere informati dei propri diritti deve essere attuato «al più tardi anteriormente al primo interrogatorio degli indagati o imputati da parte della polizia». Inoltre, il periodo immediatamente successivo alla privazione della libertà presenta il rischio maggiore di estrazione impropria di confessioni, per cui «è fondamentale che l’indagato o l’imputato sia informato dei suoi diritti al più presto, ossia senza ritardo dopo il suo arresto e nel modo più efficace», come affermato al punto 24 della proposta di direttiva della Commissione, del 20 luglio 2010 [COM (2010) 392 definitivo], all’origine della direttiva 2012/13 (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C-467/18, EU:C:2019:765, punti 51 e 52).
148 Tenuto conto del riferimento alla direttiva 2012/13 fatto dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, da quest’ultima disposizione discende che i minori devono ricevere informazioni sui loro diritti il più rapidamente possibile a partire dal momento in cui sono informati di essere indagati o imputati nell’ambito di un procedimento penale. L’informazione su tali diritti deve avvenire, al più tardi, prima del primo interrogatorio dei minori da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria (v., per analogia, sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C-467/18, EU:C:2019:765, punto 53).
149 Occorre inoltre rilevare che la comunicazione di tale informazione, al più tardi, prima del loro primo interrogatorio è la sola in grado di garantire l’effettività dei diritti in merito ai quali i minori devono essere informati, in particolare quello di essere assistiti da un difensore conformemente all’articolo 6 della direttiva 2016/800 e, pertanto, di consentire loro di esercitare efficacemente il loro diritto di difesa, come risulta dalla risposta alle questioni dalla prima alla quarta.
150 In terzo luogo, dall’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2016/800 risulta che le informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, di quest’ultima devono essere loro fornite per iscritto e/o oralmente, in un «linguaggio semplice e accessibile».
151 A tal proposito, per quanto riguarda l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, il legislatore dell’Unione europea ha imposto agli Stati membri l’obbligo di garantire che le informazioni fornite in base al diritto di essere informati di propri diritti «siano fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità» (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C-467/18, EU:C:2019:765, punto 53).
152 Dal considerando 18 della direttiva 2016/800 risulta che le informazioni da fornire ai minori, conformemente all’articolo 4 di tale direttiva, devono essere fornite tenendo conto delle specifiche esigenze e vulnerabilità del minore.
153 Ne consegue che detti minori devono ricevere tali informazioni in un linguaggio sufficientemente semplice e accessibile da consentir loro, tenuto conto in particolare delle specifiche esigenze e vulnerabilità di detti minori, di comprendere effettivamente, prima del loro interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, che essi godono dei diritti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800. Tra tali diritti rientrano, in particolare, il diritto di essere assistiti da un difensore, come previsto dall’articolo 6 di tale direttiva, il diritto a che il titolare della responsabilità genitoriale sia del pari informato di tali diritti, conformemente all’articolo 5 di detta direttiva, nonché il diritto, per quest’ultimo, di accompagnare detti minori nelle fasi del procedimento diverse dalle udienze, conformemente all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2016/800.
154 Nel caso di specie, il giudice del rinvio indica che, conformemente al diritto polacco, gli indagati minori ricevono, prima del loro interrogatorio, un modulo informativo destinato agli adulti, il quale non prevede alcuna informazione specifica destinata ai minori. Inoltre, non sarebbe previsto che tale formulario sia comunicato ai titolari della responsabilità genitoriale di tali minori.
155 Dai requisiti di cui al punto 153 della presente sentenza risulta, tuttavia, che, qualora il diritto nazionale preveda un documento standardizzato per informare per iscritto gli indagati o imputati dei loro diritti conformemente all’articolo 3 della direttiva 2012/13, conformemente all’articolo 4 della direttiva 2016/800, tale documento non può essere utilizzato per informare minori che si trovano nella stessa situazione.
156 Un documento siffatto, essendo destinato ad adulti, da un lato, non risponde alla necessità che le informazioni sui diritti di cui fruiscono tali minori siano fornite per iscritto e/o oralmente, in un linguaggio semplice e accessibile per questi ultimi e, dall’altro, non è inteso a informare detti minori dei diritti specificamente stabiliti da quest’ultima direttiva.
157 Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti da 116 a 118 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio interpretare, per quanto possibile, le disposizioni nazionali che disciplinano l’informazione delle persone indagate o imputate, in modo conforme al diritto dell’Unione al fine di garantirne la piena efficacia. Qualora non sia possibile procedere a un’interpretazione del genere, sarà suo compito, dato che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800 soddisfa le condizioni ricordate al punto 119 della presente sentenza e che ha effetto diretto, disapplicare, di propria iniziativa, le disposizioni nazionali che risultino con esso incompatibili.
158 Alla luce di tutte considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dall’ottava alla decima dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che non prevede che i minori indagati o imputati nei procedimenti penali ricevano, con il titolare della responsabilità genitoriale, al più tardi prima del primo interrogatorio di tali minori da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, informazioni sui loro diritti conformemente all’articolo 3 della direttiva 2012/13, nonché sui diritti stabiliti dalla direttiva 2016/800, in un linguaggio semplice e accessibile, che tenga conto delle specifiche esigenze e vulnerabilità di detti minori.
Le questioni undicesima e dodicesima
159 In via preliminare, occorre rilevare, da un lato, che l’undicesima questione verte sull’interpretazione degli articoli 18 e 19 della direttiva 2016/800, al fine di determinare, in sostanza, se tali disposizioni obblighino un giudice investito di un procedimento penale a non tener conto delle dichiarazioni incriminanti rese da minori indagati o imputati in occasione di un interrogatorio condotto dalla polizia in violazione dei diritti che tali minori traggono dalla suddetta direttiva.
160 Nei limiti in cui tale articolo 18 verte sul diritto al patrocinio a spese dello Stato e quest’ultimo è connesso, come risulta dal punto 107 della presente sentenza, all’esercizio del diritto di avvalersi di un difensore, si deve ritenere che tale questione verta essenzialmente sull’interpretazione dell’articolo 19 di tale direttiva, relativo ai mezzi di ricorso.
161 Dall’altro lato, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che il giudice del rinvio ha escluso le prove, tratte dalle dichiarazioni incriminanti che, nel caso di specie, gli indagati minorenni avevano reso durante la fase precedente al processo penale senza la presenza di un avvocato, sebbene non fossero soddisfatte le condizioni previste a tal fine dall’articolo 168a del CPP.
162 Si deve, pertanto, intendere che, con le questioni undicesima e dodicesima, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 19 della direttiva 2016/800 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento penale, non consente a un giudice di dichiarare inammissibili prove incriminanti tratte da dichiarazioni rese da un minore nel corso di un interrogatorio condotto dalla polizia in violazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto all’articolo 6 della direttiva 2016/800. Tale giudice chiede, inoltre, se, in caso di risposta affermativa a tali questioni, un giudice investito di un procedimento penale debba disapplicare una normativa nazionale siffatta.
163 Ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2016/800, gli Stati membri provvedono affinché il minore indagato o imputato in un procedimento penale disponga di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei propri diritti conferiti da tale direttiva.
164 In applicazione di tale disposizione, i minori indagati o imputati devono quindi poter contestare efficacemente la violazione di tali diritti, tra i quali rientrano, come risulta dalle risposte fornite alle questioni dalla prima alla decima, i diritti garantiti agli articoli da 4 a 6 della direttiva 2016/800.
165 L’articolo 19 di tale direttiva non disciplina, tuttavia, le eventuali conseguenze che il giudice di merito deve trarre, in assenza di siffatta contestazione, da tale violazione riguardo all’ammissibilità delle prove ottenute in violazione dei diritti conferiti da detta direttiva.
166 Lo stesso vale per la direttiva 2012/13, alla quale rinvia l’articolo 4 della direttiva 2016/800, nonché per la direttiva 2013/48, alla quale rinvia l’articolo 6 della direttiva 2016/800, le quali contengono disposizioni analoghe a quelle dell’articolo 19 della direttiva 2016/800.
167 È vero che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 prevede che gli Stati membri garantiscano che, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento. L’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 contiene una disposizione analoga per quanto riguarda le dichiarazioni e le prove ottenute in violazione del diritto al silenzio o del diritto di non autoincriminarsi.
168 Tuttavia, tali disposizioni non sono destinate a disciplinare i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove poiché, come risulta dai termini stessi delle suddette disposizioni, esse si applicano «fatti salvi» le norme e i sistemi nazionali.
169 Ne consegue che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, spetta, in linea di principio, unicamente al diritto nazionale determinare le norme relative all’ammissibilità, nei procedimenti penali, degli elementi di prova ottenuti in violazione dei diritti conferiti dalla direttiva 2016/800 [sentenza del 30 aprile 2024, M.N. (EncroChat), C-670/22, EU:C:2024:372, punto 128].
170 Secondo una consolidata giurisprudenza, infatti, in assenza di norme dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in virtù del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le regole di procedura applicabili ai ricorsi giurisdizionali destinati a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell’Unione, a condizione però che le regole suddette non siano meno favorevoli di quelle disciplinanti situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) [sentenza del 30 aprile 2024, M.N. (EncroChat), C-670/22, EU:C:2024:372, punto 129 e giurisprudenza ivi citata].
171 A tal proposito, per quanto riguarda più in particolare il principio di effettività, occorre ricordare che le norme nazionali relative all’ammissibilità e all’utilizzazione delle informazioni e degli elementi di prova hanno come obiettivo, in virtù delle scelte operate dal diritto nazionale, di evitare che informazioni ed elementi di prova ottenuti illegalmente arrechino indebitamente pregiudizio a una persona sospettata di avere commesso dei reati. Tuttavia, tale obiettivo, a seconda del diritto nazionale, può essere raggiunto non solo mediante un divieto di utilizzare tali informazioni e tali elementi di prova, ma anche mediante norme e prassi nazionali che disciplinano la valutazione e la ponderazione delle informazioni e degli elementi di prova, o addirittura mediante la presa in considerazione del loro carattere illegale nell’ambito della determinazione della pena [sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche), C-746/18, EU:C:2021:152, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].
172 La necessità di escludere informazioni e prove ottenute in violazione dei requisiti del diritto dell’Unione deve essere valutata alla luce, in particolare, del rischio che l’ammissibilità di tali informazioni e prove comporta per il rispetto del principio del contraddittorio e, di conseguenza, del diritto a un processo equo [sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche), C-746/18, EU:C:2021:152, punto 44].
173 Ebbene, a tal riguardo, occorre rilevare che il diritto all’informazione, previsto all’articolo 4 della direttiva 2016/800, e il diritto di avvalersi di un difensore, previsto all’articolo 6 di tale direttiva, danno appunto concretezza ai diritti fondamentali a un equo processo e al rispetto dei diritti della difesa, quali sanciti in particolare all’articolo 47 e all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta [v., per analogia, sentenza del 1º agosto 2022, TL (Assenza di interprete e di traduzione), C-242/22 PPU, EU:C:2022:611, punto 42].
174 Ne consegue che il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri di prevedere la possibilità per un giudice di dichiarare inammissibili prove incriminanti tratte da dichiarazioni rese da un minore nel corso di un interrogatorio condotto dalla polizia in violazione dei diritti previsti dalla direttiva 2016/800, purché, tuttavia, nell’ambito del processo penale, tale giudice possa, da un lato, verificare che siano stati rispettati tali diritti, interpretati alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, e, dall’altro, trarre tutte le conseguenze derivanti da tale violazione, in particolare per quanto riguarda il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.
175 Conformemente alla giurisprudenza ricordata ai punti da 116 a 118 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio verificare se le disposizioni nazionali pertinenti siano conformi ai requisiti menzionati al punto precedente della presente sentenza e, se del caso, interpretare, per quanto possibile, tali disposizioni in modo conforme al diritto dell’Unione al fine di garantirne la piena efficacia. Qualora non possa procedere a un’interpretazione siffatta, tenuto conto del fatto che, come sottolineato al punto 119 della presente sentenza, l’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2016/800 ha effetto diretto, sarà suo compito disapplicare, di propria iniziativa, le disposizioni nazionali che risultino con esso incompatibile.
176 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni undicesima e dodicesima dichiarando che l’articolo 19 della direttiva 2016/800 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento penale, non consente a un giudice di dichiarare inammissibili prove incriminanti tratte da dichiarazioni rese da un minore nel corso di un interrogatorio condotto dalla polizia in violazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto all’articolo 6 della direttiva 2016/800, purché, tuttavia, nell’ambito del processo penale, tale giudice possa, da un lato, verificare che tale diritto, interpretato alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, sia stato rispettato e, dall’altro lato, trarre tutte le conseguenze derivanti da tale violazione, in particolare per quanto riguarda il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.
Sulle spese
177 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) L’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, letto alla luce dell’articolo 18 di tale direttiva,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che, da un lato, non prevede che i minori indagati o imputati siano assistiti da un difensore, se del caso nominato d’ufficio, prima di essere interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria e, al più tardi, prima del primo interrogatorio e, dall’altro lato, consente che i minori siano interrogati in qualità di indagati senza la presenza di tale difensore durante l’interrogatorio.
2) L’articolo 2, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2016/800
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che prevede che il diritto di essere assistito da un difensore nominato d’ufficio cessi automaticamente per le persone che possedevano la qualità di minore al momento in cui sono state sottoposte a procedimento penale, ma che, successivamente, hanno raggiunto l’età di 18 anni, nei limiti in cui siffatta normativa non consenta di valutare se, alla luce di tutte le circostanze del caso, ivi compresa la maturità e la vulnerabilità di dette persone, sia appropriata l’applicazione di detta direttiva o di talune sue disposizioni e, di conseguenza, dei diritti che essa contiene.
3) L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2016/800, letto alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, di quest’ultima,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa nazionale che non prevede che i minori indagati o imputati nei procedimenti penali ricevano, con il titolare della responsabilità genitoriale, al più tardi prima del primo interrogatorio di tali minori da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, informazioni sui loro diritti conformemente all’articolo 3 della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nonché sui diritti stabiliti dalla direttiva 2016/800, in un linguaggio semplice e accessibile, che tenga conto delle specifiche esigenze e vulnerabilità di detti minori.
4) L’articolo 19 della direttiva 2016/800
dev’essere interpretato nel senso che:
esso non osta a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento penale, non consente a un giudice di dichiarare inammissibili prove incriminanti tratte da dichiarazioni rese da un minore nel corso di un interrogatorio condotto dalla polizia in violazione del diritto di avvalersi di un difensore, previsto all’articolo 6 della direttiva 2016/800, purché, tuttavia, nell’ambito del processo penale, tale giudice possa, da un lato, verificare che tale diritto, interpretato alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sia stato rispettato e, dall’altro lato, trarre tutte le conseguenze derivanti da tale violazione, in particolare per quanto riguarda il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.
Firme
* Lingua processuale: il polacco.