Il lavoratore che usufruisce dei permessi previsti dalla legge 104 del 1992 può svolgere attività diverse dall'assistenza al proprio familiare disabile?
La Sezione Lavoro della Cassazione risponde a questa domanda con l’ordinanza n. 24130 del 9 settembre 2024.
Con precedenti arresti, la Cassazione ha evocato che può costituire giusta causa di licenziamento l'utilizzo, da parte del lavoratore che fruisca di permessi ex lege n. 104 del 1992, in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso (Cass. n. 4984/2014; Cass. n. 8784/2015; Cass. n. 5574/2016; Cass. n. 9217/2016; Cass. n. 17968/2016; Cass. n. 9749/2016; Cass. n. 23891/2018, Cass. n. 8310/2019; Cass. n. 1394/2020).
In coerenza con la ratio del beneficio, l'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l'esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l'assistenza al disabile.
Ovviamente, il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela. Pertanto, ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto (cfr. Cass. sez. VI, 16.6.2021, n. 17102; Cass. sez. lav., 19.7.2019, n. 19580; Cass. Sez. sez. lav., 25.3.2019, n. 8310; Cass. sez. lav., 13.9.2016, n. 17968), oppure, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale) che dell'ente assicurativo.
Deriva da quanto precede che, ove sussistano le condizioni, il lavoratore può usufruire del permesso, per esempio, per assistere persino la ex moglie presso la propria abitazione (cfr. Cass. sez. lav., 20.8.2019, n. 21529).
Tuttavia, non è sempre agevole distinguere le finalità assistenziali meritevoli di tutela. Ad esempio, concreta un abuso e costituisce pertanto giusta causa di recesso del datore di lavoro svolgere l'attività assistenziale soltanto per una parte marginale del tempo totale concesso (Cass. sez. lav., 22.3.2016, n. 5574); tuttavia, l'attività marginale svolta durante il tragitto per l'acquisto di beni al mercatino non è idonea a ritenere sussistente il contestato abuso, tenuto conto invece del fatto che l'acquisto di capi di abbigliamento ben può essere finalizzato a soddisfare le esigenze dell'assistita. (Cass. 24.8.2022, n. 25290).
Si badi che la valutazione circa il grado di sviamento della condotta concreta rispetto al legittimo esercizio del diritto spetta al giudice del merito, e non è sindacabile direttamente in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 21529/2019).
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