Bitcoin ed autoriciclaggio: un connubio vincente della nuova criminalità

Articolo di Michele Iaselli del 25/07/2022

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Dietro l'utilizzo delle criptovalute, che garantisticono un alto grado di anonimato, c'è il richio di agevolare condotte illecite attraverso il riciclaggio e l'autoriciclaggio.

La Cassazione torna ad occuparsene con una recente pronuncia commentata dal Prof. Michele Iaselli.

***

La Seconda Sezione penale della Suprema Corte, con la sentenza 07/07/2022 n. 27023, in esamina con particolare attenzione il reato di autoriciclaggio in caso di reinvestimento nell'acquisto di bitcoin di denaro proveniente da truffe online ed evidenzia come l’analisi del tribunale circa il riscontro dei requisiti dell'autoriciclaggio è rigorosa, puntuale ed apprezzabile nell'interpretazione della normativa di riferimento, correttamente applicata al caso in esame, di acquisto di moneta virtuale (bitcoin) con il denaro provento delle truffe.

Il caso si presenta molto attuale poiché negli ultimi tempi, ormai, il ricorso alla moneta virtuale per operazioni di carattere finanziario sia lecite che purtroppo illecite sta diventando particolarmente frequente e la fattispecie delittuosa in esame consiste nello specifico in precedenti delitti di truffa aggravata e nel successivo reimpiego dei proventi di tali delitti in attività speculative quali l’acquisto di criptovalute in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa.

La Suprema Corte nell’esaminare la condotta delittuosa sottolinea che il ricorrente ha provveduto a curare immediatamente il trasferimento di somme non appena accreditate - senza mai riscuoterle - attraverso disposizioni on line in favore di altro conto tedesco intestato alla piattaforma di scambio di bitcoin, per il successivo acquisto di valuta virtuale il cui impiego finale risulta imprecisato, ponendo così in essere un investimento dei profitti illeciti in operazioni di natura finanziaria, idonee a ostacolare la tracciabilità e la ricostruzione della origine delittuosa del denaro.

La moneta virtuale basata su pertinenti richiami legislativi, giurisprudenziali e dottrinari, non può essere esclusa dall'ambito degli strumenti finanziari e speculativi ai fini di una corretta lettura dell'art. 648 ter.1 c.p. che si ritiene applicabile nel caso di specie.

In particolare, la previsione normativa che ricomprende le attività (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, può essere impiegato o trasferito, lungi dal rappresentare un elenco formale delle attività suddette, appare piuttosto diretta ad individuare delle macro aree, tutte accomunate dalla caratteristica dell'impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico, nel quale, vengono immessi denaro o altre utilità provenienti da delitto e delle quali il reo vuole rendere non più riconoscibile la loro provenienza delittuosa.

La Suprema Corte ritiene che possono essere ricondotte nell'ambito della dizione di "attività speculativa" (della quale il legislatore, non a caso, non offre rigida definizione) molteplici attività e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite. Le stesse valute virtuali possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore a fini di risparmio ed investimento (sul punto, vedasi il parere della BCE recepito nella V direttiva UE antiriciclaggio 2018/843).

Inoltre, come sottolineato in dottrina, la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, in quanto è possibile garantire un alto grado di anonimato (sistema cd. permissionless), senza previsione di alcun controllo sull'ingresso di nuovi "nodi" e sulla provenienza del denaro convertito (si è anche sottolineato come sia ormai noto il vasto numero di criptovalute utilizzate nel dark web, proprio per le loro peculiari caratteristiche, e che alcune di esse, attraverso l'uso di tecniche crittografiche avanzate, garantiscono un elevato livello di privacy sia in relazione alla persona dell'utente sia in relazione all'oggetto delle compravendite).

Indubbiamente, con il D.Lgs. n. 90 del 2017, attuativo della IV Direttiva Antiriciclaggio, il legislatore italiano ha apportato sostanziali modifiche al D.Lgs. n. 231 del 2007, a sua volta attuativo della Direttiva 2005/60/CE, anticipando le disposizioni della V Direttiva Antiriciclaggio in materia di criptovalute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, normativa di carattere preventivo che si affianca alla disciplina penalistica di contrasto a riciclaggio e autoriciclaggio di cui agli artt. 648 bis e 648 ter.1 c.p., senza tuttavia che nella fattispecie in esame risulti che tale nuovo meccanismo di controllo abbia consentito di evitare il reato contestato (al contrario, accertata la re-immissione del profitto delle truffe nel circuito dell'economia legale, sono risultate estremamente difficili le attività di ricostruzione dell'identità del soggetto al quale riferire le singole transazioni in criptovaluta, anche perché l'account impiegato dal ricorrente faceva riferimento a false generalità dell'intestatario del conto corrente bancario di provenienza).

Il provvedimento della Corte di Cassazione ormai non è il primo ad affrontare questa complessa tematica delle monete virtuali e non sarà nemmeno l’ultimo.

Si ricorda che, in particolare il bitcoin è una moneta virtuale, creata nel 2009 da un anonimo conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, allo scopo ufficiale di alleggerire le transazioni finanziarie e commerciali dai pesi, dai balzelli e dai rischi che promanano dalle società d’intermediazione commerciale, ma nella realtà con il fine di consentire operazioni di acquisto/vendita in maniera veloce, poco costosa e soprattutto anonima. Il controvalore totale dell’economia Bitcoin è calcolato oggi in 80 milioni di unità in circolazione, raggiungendo il controvalore di più di 23 miliardi di dollari.

I Bitcoin quando sono stati creati nel 2009 avevano un valore iniziale di 0,00076 $. Oggi, dopo 13 anni e le tante fluttuazioni del prezzo d'acquisto dei bitcoin si è raggiunto un tasso di cambio di oltre 51.000 dollari per 1 BTC, ma, attenzione, proprio per il suo valore puramente fiduciario, registra oscillazioni medie giornaliere pari a circa il 4 per cento, con punte di oltre il dieci.

In qualità di strumento di scambio, il Bitcoin potrebbe assumere un ruolo dominante come metodo per i pagamenti peer-to-peer, nel contesto di un futuro mondo cashless e senza intermediari bancari. Si prevede un picco di circa 100.000 per il 2022.

La rete Bitcoin non utilizza un ente centrale, ma un database distribuito tra i nodi della rete, e sfrutta la crittografia per gestire gli aspetti funzionali consentendo il possesso e il trasferimento anonimo delle monete. Del trasferimento di Bitcoin non rimane alcuna traccia, proprio perché il sistema non è dotato di un server centrale, ma si limita a memorizzare una lista di tutti i trasferimenti la cui consultazione, però, è consentita ai soli partecipanti al network. Ciò rende impossibile per qualunque autorità, governativa o meno, di bloccare la rete, sequestrare bitcoin ai legittimi possessori o di svalutarla creando nuova moneta. Ne consegue che il Bitcoin è divenuto la moneta principe nelle transazioni illecite online, complemento perfetto di un assetto in grado di garantire l’anonimato più assoluto al criminale.

Una tipologia di servizi molto popolare nell'ecosistema criminale sono proprio i servizi di riciclaggio dei proventi delle attività illegali mediante monete virtuali.

Le monete virtuali come i Bitcoin sono uno strumento privilegiato per gruppi di criminali che intendono riciclare denaro. Sebbene tale attività può essere gestita depositando e prelevando moneta virtuale in uno dei numerosi servizi di cambio online (exchanger), tipicamente le organizzazioni criminali preferiscono rivolgersi a servizi specializzati nell’underground che operano riciclando denaro attraverso molteplici canali e metodi, incluse carte di pagamento virtuali e reti di account presso servizi di exchanger che convertono moneta virtuale.

Particolarmente interessanti sono servizi di riciclaggio offerti da alcuni operatori attraverso la rete TOR, servizi in genere denominati ‘tumblers’ o ‘mixers’.

I tumblers («Bicchieri») sono servizi che operano prevalentemente attraverso la rete TOR e che consentono agli utenti di trasferire i propri fondi virtuali (e.g. Bitcoin) in un pool di fondi che poi rientrano attraverso account leciti una volta ripuliti. Le organizzazioni dietro questa attività trattengono per se una piccola commissione.

In ognuno dei numerosi black market o hacking forum presenti in rete è possibile noleggiare intere infrastrutture per gestire una botnet oppure per organizzare varie tipologie di frodi online.

Le caratteristiche appena menzionate sono tipiche della Blockchain e difatti quando si fa riferimento a quest’ultima, si riprende il concetto contenuto nel paper pubblicato sotto lo pseudonimo Satoshi Nakamoto intitolato “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”.

Tale famosa pubblicazione ha gettato le basi del pagamento trustless basato sulla tecnologia blockchain, riprendendo insieme numerose tecnologie giù esistenti, ma apportando soluzioni maggiormente innovative a dei problemi nascenti dalla realizzazione di un sistema di transazioni tra soggetti distanti tra loro, mediante la cancellazione di un organismo centralizzato, garante della certezza delle transazioni stesse e dei pagamenti.

Per molto tempo la blockchain è stata identificata con la Blockchain Bitcoin, ovvero con la prima Blockchain (con la B maiuscola).

In verità, la blockchain esprime un grande valore intrinseco, essendo fruibile sia nella esperienza Bitcoin sia come gestione delle transazioni, scambi di informazioni e dati anche in settori completamente diversi.

Per poter acquistare bitcoin è necessario comunque aprire un portafoglio/conto virtuale dopodiché occorre collegarsi ai numerosi siti che offrono la valuta virtuale in cambio di denaro (pagamento attraverso bonifico, carte ricaricabili). I bitcoin possono essere scambiati o spesi (sono accettati da numerose attività commerciali sia virtuali che fisiche).

In Italia sono funzionanti alcuni sportelli automatici nei quali è possibile prelevare contanti o versare contanti nel proprio conto bitcoin, i quali verranno convertiti secondo il tasso di cambio vigente in quel momento.

Prima di utilizzare un ATM bitcoin è necessario installare il portafoglio elettronico nel proprio smartphone e generare il proprio indirizzo bitcoin (il numero del proprio conto corrente virtuale, analogo al codice IBAN) e il relativo codice QR da far riconoscere alla macchina per il successivo accreditamento o prelievo di valuta bitcoin.

Il primo Bancomat bitcoin al mondo, marchiato Robocoin, fu installato a Vancouver (Canada) e cominciò a funzionare il 1º novembre 2013. Il primo installato in Italia (terzo in Europa dopo quelli di Helsinki e Zurigo), a marca Lamassu, ha cominciato a operare a Udine il 20 febbraio 2014.

Gli ATM (Bancomat) del circuito di bitcoin sono separati e non integrati con Visa, Mastercard, o altri circuiti di pagamento utilizzati dagli istituti bancari.

Ogni utente che partecipa alla rete bitcoin possiede un portafoglio che contiene un numero arbitrario di coppie di chiavi crittografiche. Le chiavi pubbliche, o "indirizzi bitcoin", fungono da punti d'invio o ricezione per tutti i pagamenti. Il possesso di bitcoin implica che un utente può spendere solo i bitcoin associati con uno specifico indirizzo. La corrispondente chiave privata serve ad apporre una firma digitale a ogni transazione facendo in modo che sia autorizzato al pagamento solo l'utente proprietario di quella moneta. La rete verifica la firma utilizzando la chiave pubblica.

Diversi sono i vantaggi della criptovaluta, ma vanno considerate anche molte criticità.

Tra i vantaggi si sottolinea che:

- La criptovaluta protegge dall'inflazione, poiché viene fissato un tetto massimo alla circolazione della valuta in un determinato momento.

- Favorisce la libertà di pagamento, in quanto il Bitcoin può essere utilizzato indipendentemente dai confini tra paesi e continenti, contribuendo così anche a una certa facilità d'uso.

- I costi legati alle transazioni sono minori che con le classiche valute e basta avere a portata di mano l'indirizzo del beneficiario, indicare l'importo desiderato e inviare la somma con un clic, sbrigando così facilmente l'operazione.

- Con questo sistema i venditori sono maggiormente tutelati, poiché non è possibile stornare gli importi versati, anche se ciò comporta degli svantaggi per il cliente.

- Viene garantita la sicurezza e la completezza delle informazioni richieste per le transazioni tramite la tecnologia Blockchain; il proprio Wallet è criptato ed è possibile eseguire dei backup regolarmente, senza contare che non vengono raccolti dati relativi ai comportamenti d'acquisto degli utenti.

Tra le criticità va sottolineato che:

- I Bitcoin risultano un metodo di pagamento ancora poco diffuso e questo contribuisce a rendere instabile il suo valore.

- A livello giuridico vi sono alcune difficoltà, perché vi sono paesi che non ne consentono l'utilizzo incondizionato, ad esempio gli istituti di credito in Vietnam non possono usufruirne. La Direttiva Ue 2018/843 del Parlamento Europeo ha riconosciuto ufficialmente le criptovalute, stabilendo però che tutti i provider di servizi di portafoglio digitale dovranno applicare controlli sistematici sulla propria clientela per porre fine al regime di anonimato associato alle valute virtuali.

- Trattandosi di una struttura decentrata, se si perde la chiave privata del proprio Wallet, non è più possibile ripristinarla.

- Il rischio di deflazione è elevato: infatti, al diminuire dei bitcoin disponibili, sale il loro prezzo e aumenta la speculazione da parte degli investitori.

- Si riscontrano grandi oscillazioni del loro valore, in quanto i pochi partecipanti ne determinano il corso: piccoli eventi, attività e transazioni possono influire notevolmente sul prezzo. Anche una diminuzione degli investitori, che decidono di dedicarsi ad altri mercati, può causare un calo di questa criptovaluta.

- Vi è una scarsa affidabilità di molti operatori, anche per il diffuso utilizzo della moneta virtuale nel Dark web.

- Si configura un forte inquinamento: Secondo digiconomist, sito citato da diverse testate giornalistiche, una singola transazione in Bitcoin consuma quanto 1.122.196 pagamenti con una carta Visa, equivalenti a 36 giorni di consumo elettrico di una casa di una famiglia media americana e pari a guardare youtube per 84.388 ore. Si stima, secondo diverse testate indipendenti, tra cui CBS che solo il 40% dell'energia consumata dalle cryptovalute sia da fonti rinnovabili, e il restante 60% provenga da combustibili fossili.

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472