Il rapporto tra avvocati e giudici è fondamentale per garantire un sistema giudiziario efficiente, rispettoso delle leggi e dell'equità. Tuttavia, talvolta, la mancanza di comprensione reciproca e l'incomunicabilità tra le due figure possono causare ritardi e inefficienze.
L'illustre collega Calamandrei consigliava la vecchia, ma sempre efficace, regola di mettersi nei panni degli altri.
Ecco la sua ricetta:
Bisognerebbe che ogni avvocato,
per due mesi all'anno,
facesse il giudice;
e che ogni giudice, per due mesi all'anno,
facesse l'avvocato.
Imparerebbero così a comprendersi e a compatirsi
e reciprocamente si stimerebbero di più.
In questo modo, entrambi imparerebbero a comprendersi, a compatirsi e a stimarsi reciprocamente. Lo scambio dei ruoli produrrebbe almeno tre benefici:
Maggiore comprensione dei reciproci ruoli e responsabilità: Questo scambio di ruoli permetterebbe ad avvocati e giudici di comprendere meglio le sfide e le pressioni che l'altro affronta quotidianamente, facilitando la cooperazione e la comunicazione.
Miglioramento delle competenze professionali: Sperimentando il ruolo dell'altro, sia avvocati che giudici potrebbero affinare le proprie competenze e acquisire una prospettiva più ampia sul sistema giudiziario.
Riduzione dei conflitti e dei ritardi processuali: La comprensione e l'empatia derivanti dallo scambio di ruoli potrebbero contribuire a ridurre i conflitti tra le parti e a migliorare l'efficienza del sistema giudiziario nel suo complesso.
Se poi per un paio di settimane noi giuristi ci mettessimo anche nei panni del cancelliere forse non sarebbe male...