Nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 28 giugno 2024 è stato pubblicato il D.Lgs. n. 87 del 14 giugno 2024 recante “Revisione del sistema sanzionatorio tributario, ai sensi dell'articolo 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111”, di attuazione della delega per la riforma fiscale (Legge n. 111 del 09 agosto 2023).
Il citato D. Lgs. n. 87/2024, in vigore dal 29 giugno 2024, si compone di 7 articoli che danno attuazione ai principi e criteri direttivi previsti per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale. In particolare:
Giova fin da subito evidenziare che l’art. 5 del D. Lgs. n. 87/2024, rubricato “Disposizioni transitorie e finali”, prevede espressamente che:
“Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”.
Dunque, ai sensi del citato art. 5:
In linea generale, tra le novità più rilevanti, il D.Lgs. n. 87/2024 in commento:
Ebbene, tra le suddette modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 87/2024, con il presente elaborato si procederà ad un’analisi più approfondita della nuova disciplina in tema di “crediti inesistenti” e “crediti non spettanti”.
Con l’art. 20, comma 1, lett. a, n. 5, Legge delega n. 111/2023 è stato chiesto al Governo di:
<<(…) introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti.>>.
In attuazione del suddetto criterio di delega, l’art. 1, comma 1, lett a), del D. Lgs. n. 87/2024 introduce all’art. 1, comma 1, del D. Lgs n. 74/2000, rubricato “Definizioni”, le lett. g-quater) e g-quinquies) recanti, rispettivamente, la definizione di “crediti inesistenti” e di “crediti non spettanti”.
In particolare, le modifiche aggiuntive all’art. 1 del D. Lgs. n. 74/2000, che si applicano a decorrere dal 29 giugno 2024, prevedono che:
per “crediti inesistenti” si intende:
per “crediti non spettanti” si intende:
Al fine di comprendere appieno la portata applicativa della modifica introdotta dal D. Lgs. n. 87/2024 all’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, si rendono necessarie le seguenti considerazioni.
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 87/2024, la definizione di “crediti inesistenti” e di “crediti non spettanti” era da rinvenire nei commi 4 e 5 dell’art. 13 del D. Lgs. n. 471/1997 (anch’essi oggetto di modifica legislativa da parte del D.Lgs. 87/2024) a norma dei quali:
<<4. Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistentiin misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.
5. Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi. Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633>>.
In altri termini, la previgente formulazione dell’art. 13 del D. Lgs. n. 471/1997identificava come:
Tale definizione di“crediti inesistenti” e di “crediti non spettanti” non aveva una rilevanza limitata ai fini dell’irrogazione delle sanzioni, bensì aveva una portata generale, valendo per tutti i casi incui la legge distingueva le compensazioni di crediti inesistenti e non spettanti.
Tanto chiarito, è necessario evidenziare che la qualificazione del credito d’imposta come “non spettante” o “inesistente” era (ed è) molto rilevante, in quanto determina delle importanti differenze sia in relazione alle sanzioni amministrative applicabili sia riguardo ai termini decadenzialidalla potestà accertativa dell’Amministrazione finanziaria.
Ed invero, con specifico riferimento alle sanzioni amministrative applicabili, il citato art. 13, ai commi 4 e 5, cit., prevedeva:
Con riferimento al termine di decadenza dal potere accertativo dell’Amministrazione finanziaria, tale termine era diverso a seconda che si versasse in ipotesi di credito “non spettante”, al quale si applicava un termine decadenziale breve di cinque anni, ovvero di credito “inesistente”, al quale si applicava un termine decadenziale lungo di otto anni.
Nello specifico:
<<1. Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
(…)>>;
<<16. Salvi i più ampi termini previsti dalla legge in caso di violazione che comporta l'obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per il reato previsto dall'articolo 10 quater, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, l'atto di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo>>.
Tanto chiarito, occorre evidenziare che la definizione di“crediti inesistenti” e di “crediti non spettanti” di cui alla previgente formulazione dell’art. 13, commi 4 e 5, del D. Lgs. n. 471/97 era generica e poco chiara circa i confini tra le due categorie di credito.
Ed invero, la distinzione tra le due fattispecie è stata oggetto di numerose pronunce da parte della giurisprudenza di legittimità, che, come si dirà meglio nel prosieguo, è giunta a conclusioni diametralmente opposte tra di loro.
Prima dell’introduzione delle lett. g-quater) e g-quinquies) all’art. 1, comma 1, del D. Lgs. n. 74/2000, uno degli argomenti più discussi in ambito giurisprudenziale riguardava proprio il tema dei crediti “inesistenti” e “non spettanti”.
In particolare, negli anni, la giurisprudenza di legittimità si era spesso interrogata sulla vexata quaestio circa la rilevanza della dicotomia tra credito d’imposta “inesistente” e credito d’imposta “non spettante”, con particolare riferimento al termine di decadenza per l’accertamento (se ordinario ex art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 ovvero lungo ex art. 27, comma 16, del D. L. n. 185/2008, convertito in legge, con modifiche, in L. n. 2/2009) e alle relative sanzioni amministrative applicabili (se la sanzione del 30% per crediti non spettanti ovvero la sanzione dal 100% al 200% per crediti inesistenti).
Sul tema, tuttavia, non vi era uniformità di vedute da parte della giurisprudenza di legittimità, che è giunta a conclusioni difformi tra loro.
In particolare, secondo un primo, più risalente e maggioritario orientamento, tra le nozioni di credito d’imposta “non spettante” e credito d’imposta “inesistente” non sussisteva alcuna differenza o, se proprio di differenza si doveva parlare, la stessa non comportava alcuna diversità di trattamento con la conseguenza che, per entrambe le fattispecie di credito, il termine per l’accertamento era pari a otto anni ex art. 27, comma 16, D.L. n. 185/2018, convertito in legge, con modifiche, in L. 28.01.2009, n. 2.
Nello specifico, secondo tale orientamento giurisprudenziale (ex multis: Cass. n. 10112 del 21/04/2017; Cass. n. 19237 del 02/08/2017; Cass. 24093 del 30/10/2020; Cass. n. 354 del 13/01/2021; Cass. n. 31859 del 05/11/2021; Cass. n. 354 del 13/01/2021; Cass. n. 31859 del 05/11/2021):
<<La sentenza impugnata ha affermato che crediti "non spettanti" e crediti "inesistenti" costituirebbero categorie diverse e che la proroga del termine di notifica degli avvisi di recupero dei crediti d'imposta, previsti dalla L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 421 fosse applicabile solo in caso di crediti inesistenti.
Tale conclusione si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo la quale la distinzione basata sulla diversa definizione terminologica del credito d'imposta, oltre a non avere base normativa, si appalesa inconsistente dal momento che quando stabilisce il termine di otto anni per l'atto di recupero dei crediti "inesistenti", l'articolo 27, comma 16, Decreto Legge n. 185 del 2008, conv. l. 2/2009, non intende elevare l'inesistenza del credito a categoria distinta dalla non spettanza (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico giuridico), ma intende solo garantire un margine di tempo adeguato per le verifiche talora complesse riguardanti l'investimento generatore del credito d'imposta, margine di tempo perciò indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'articolo 43 Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 per il comune avviso di accertamento dunque, ogniqualvolta il credito derivante dall'operato investimento non sussiste, per ciò solo deve ritenersi inesistente nel senso precisato dalla norma>>.
Tale orientamento è stato espressamente superato dalle c.d. sentenze gemelle (sent. nn. 34443, 34444 e 34445 del 16 novembre 2021), con le quali i giudici di legittimità, partendo dalla definizione di credito d’imposta “inesistente” di cui all’art. 13, comma 5, del D. Lgs. n. 471/97, hanno riconosciuto la diversità tra le due fattispecie di credito, specificando che:
<<(…) il credito fiscale illegittimamente utilizzato dal contribuente può dirsi "inesistente" quando ne manca il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente) e quando tale mancanza sia evincibile dai controlli automatizzati o formali sugli elementi dichiarati dal contribuente stesso o in possesso dell'anagrafe tributaria, banca dati pubblica disciplinata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973, su cui detti controlli anche si fondano>>.
In altri termini, con le citate sentenze gemelle, i giudici di legittimità hanno chiarito che, per poter considerare il credito “inesistente”,devono ricorre congiuntamente i seguenti presupposti:
Al contrario, se uno dei suddetti requisiti manca, il credito deve considerarsi “non spettante”.
Ciò chiarito, le sentenze gemelle, confermando la differenza tra i due crediti, hanno ribadito che la qualificazione del credito d’imposta come “non spettante” o “inesistente” determina delle importanti differenze sia con riferimento al trattamento sanzionatorio amministrativo che ai termini decadenziali dell’accertamento.
In particolare, tale orientamento giurisprudenziale ha chiarito che:
Sul punto, i giudici di legittimità, nelle citate pronunce, hanno affermato il seguente principio di diritto:
<<In tema di compensazione di crediti fiscali da parte del contribuente (nella specie, credito IVA), l'applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dal Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 27, comma 16, conv., con modif., in l. n. 2 del 1999, presuppone l'utilizzo non già di un mero credito "non spettante", bensì di un credito "inesistente", per tale ultimo dovendo intendersi - anche ai sensi del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, comma 5, terzo periodo, (introdotto dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 15) il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (cioè il credito che non è "reale") e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 36-bis e 36-ter e Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 54-bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973>>.
Tuttavia, l’interpretazione fornita dalle tre sentenze gemelle del 2021, secondo cui esiste una netta distinzione tra crediti d’imposta “non spettanti” e “inesistenti”, non è stata recepita dalla successiva giurisprudenza di legittimità della Sezione Tributaria (Cass. n. 25436 del 29/08/2022; Cass. n. 31419 del 25/10/2022), la quale si è conformata all’orientamento più risalente, ritenendo che non vi sarebbe alcuna differenza tra le nozioni di credito d’imposta “non spettante” e “inesistente” né vi sarebbe diversità di trattamento.
A comporre il contrasto giurisprudenziale appena esaminato sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentenze 34419 e 34452 dell’11 dicembre 2023, con le quali i giudici di legittimità si sono pronunciati, rispettivamente, sulla questione relativa al termine di decadenza dell’accertamento e sulla questione delle sanzioni applicabili nell’una e nell’altra fattispecie.
Nelle predette sentenze, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dopo aver dato atto dei diversi orientamenti in seno alla giurisprudenza di legittimità, hanno chiarito che le due tipologie di credito (“non spettante” e “inesistente”) sono strutturalmente distinte e logicamente alternative.
Ebbene, le Sezioni Unite sono partite dalla definizione di credito d’imposta “inesistente” di cui all’art. 13, comma 5, del D. Lgs. n. 471/1997, come modificato dall’art. 15 del D. Lgs. n. 158/2015,
definitivamente chiarendo che il credito d’imposta si considera “inesistente” quando ricorrono, cumulativamente, le seguenti condizioni:
Al contrario, chiariscono le Sezioni Unite, la definizione di credito “non spettante” è da rinvenirenel comma 4 del citato art. 13 del D. Lgs. n. 471/1997 e, in particolare, “va individuato con la locuzione «utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti»”.
Più nello specifico, sulla questione circa la corretta definizione dei due tipi di credito, nelle sentenze in commento si legge espressamente che:
<<L’articolo 13, comma 5, Decreto Legislativo n. 471 del 1997 - che ha solo confermato e precisato quanto già desumibile dall'articolo 27, comma 16, Decreto Legge n. 185 del 2008 - è chiaro sul punto dove precisa che il credito è inesistente quando manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo «e» tale inesistenza non sia riscontrabile con controlli cd. automatizzati.
L’uso della congiunzione «e» rivela la necessaria contitolarità dei due requisiti - quello strutturale interno correlato ai singoli crediti e quello strutturale esterno di portata generale - per la costruzione della nozione e l'applicazione del regime più severo, che resta circoscritto alle fattispecie di maggiore gravità e offensività.
Il corollario è che, in assenza di uno dei due requisiti, il credito, ai fini qui in rilievo, non può qualificarsi come inesistente: non importa che il credito sia carente di elementi costitutivi o sia non reale se tale inesistenza è agevolmente rilevabile, restando la vicenda, in tale ipotesi, soggetta al regime giuridico ordinario e meno afflittivo.
In altri termini, il credito, pur inesistente in fatto, non è valutabile come tale e, dunque, esclusa la possibilità di un tertium genus tra esistente e inesistente, deve essere ricondotto, sul piano formale, ai crediti esistenti, sicche' la sua indebita compensazione rileva come quella di credito non spettante, sempre escluso dal più lungo termine di accertamento, nonchè, sul piano afflittivo, oggi sanzionato ai sensi del comma 4 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997 e, in precedenza, ai sensi del comma 1 del medesimo decreto legislativo>>.
Ciò chiarito, le Sezioni Unite hanno espressamente affermato che:
<<Le due categorie, dunque, appaiono strutturalmente distinte e, sul piano logico, alternative: il credito è inesistente oppure esiste ma è non spettante>>
e, pertanto:
<<In conclusione, la distinzione tra credito inesistente e credito non spettante ha, innanzitutto, carattere strutturale e trae il suo fondamento logico giuridico dal complessivo sistema ordinamentale tributario: l'una (l'inesistenza) ha un valore obbiettivo, mentre l'altra (la non spettanza) ha un carattere dinamico ancorato al presupposto, antitetico, dell'esistenza del credito>>.
Ebbene, appurata la distinzione tra i due tipi di credito d’imposta, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le due sentenze sopra richiamate hanno così evidenziato:
Sul punto, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 34419/2023, hanno formulato il seguente principio di diritto:
<<in tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, all'azione di accertamento dell'erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all'articolo 27, comma 16, Decreto Legge n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell'articolo 13, comma 5, terzo periodo, Decreto Legislativo n. 471 del 1997, come modificato dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015 - allorché' ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e all'articolo 54-bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento>>;
In sostanza, con la citata pronuncia, le Sezioni Unite hanno ribadito che:
Ciò in quanto, chiariscono le Sezioni Unite, tra credito d’imposta “non spettante” e “inesistente”, il secondo (cioè il credito d’imposta “inesistente”) è quello maggiormente grave, soprattutto, alla luce della maggiore gravità del comportamento messo in atto dal contribuente, con la conseguenza che tale credito è soggetto ad una sanzione amministrativa più elevata rispetto a quella prevista nel caso di credito “non spettante”.
In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 34452/2023, hanno formulato il seguente principio di diritto:
<<in tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, è applicabile la sanzione di cui all'articolo 27, comma 18, Decreto Legge n. 185 del 2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall'articolo 13, comma 5, Decreto Legislativo n. 471 del 1997 quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell'articolo 13, comma 5, terzo periodo, Decreto Legislativo n. 471 del 1997, come modificato dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015 - allorché' ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e all'articolo 54-bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano le sanzioni previste dall'articolo 13, comma 1, Decreto Legislativo n. 471 del 1997 ovvero dall'articolo 13, comma 4, Decreto Legislativo n. 471 del 1997 come modificato dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015 qualora ratione temporis applicabile>>.
Da tanto ne discende che, come chiarito dai giudici di legittimità nella sentenza n. 34452/2023:
Ciò posto, alla luce delle suesposte considerazioni, è evidente che l’introduzione delle lett. g-quater) e g-quinquies)all’art. 1, comma 1, del D. Lgs n. 74/2000 - recanti rispettivamente la definizione di “crediti inesistenti” e “crediti non spettanti” - si pone in linea di continuità con le citate pronunce delle Sezioni Unite che, come sopra ampiamente argomentato, hanno riconosciuto la differenza strutturale tra le due tipologie di credito.
Il D.Lgs. n. 87/2024, in conformità con le recenti pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. nn. 34419 e 34452 del 2023) ed al fine di far fronte alle difficoltà teoriche e applicative della previgente disciplina, introduce all’art. 1, comma 1, del D. Lgs. n. 74/2000 le lett. g-quater) e g-quinquies), applicabili a decorrere dal 29 giugno 2024 (data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 87/2024).
Nello specifico, le nuove lett.g-quater) e g-quinquies) dell’art. 1 del D. Lgs. 74/2000 così dispongono:
<<g-quater) per “crediti inesistenti” si intendono:
1) i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
2) i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al numero 1) sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici;
g-quinquies) per “crediti non spettanti” si intendono:
1) i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento;
2) i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;
3) i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza>>.
Tanto premesso, è necessario evidenziare che la nuova disciplina di riferimento (in tema di “crediti inesistenti” e “crediti non spettanti”) presenta elementi di novità rispetto alla previgente formulazione. Più nello specifico, il nuovo quadro normativo di riferimento si distingue dal previgente in quanto:
In tal senso, si rammenta che :
Nello specifico, il nuovo art.38-bis del D.P.R. n. 600/1973, rubricato “Atti di recupero”, al comma 1, così dispone:
<<1. Per il recupero dei crediti non spettanti o inesistenti, l'Agenzia delle entrate applica, in deroga alle disposizioni vigenti, le seguenti:
a) fermi restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, per la riscossione dei crediti non spettanti o inesistenti utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, l'ufficio può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dagli articoli 60 e 60-ter. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27;
(…)
c) l'atto di cui alla lettera a), emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti non spettanti e inesistenti, di cui all'articolo 13, commi 4 e 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, rispettivamente, entro il 31 dicembre del quinto anno e dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo>>.
È evidente, pertanto, che, in conformità con quanto ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le pronunce n. 34419 e 34452 del 2023, i termini decadenziali per l’accertamento nelle ipotesi di crediti “non spettanti” e crediti “inesistenti” sono rimasti sostanzialmente inalterati rispetto al passato, sebbene sia stata modificata la normativa di riferimento, oggi da rinvenire nel citato art. 38-bis del D.P.R. n. 600/73.
Ed invero, ai sensi del nuovo art.38-bis cit. (applicabile con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024):
TIPOLOGIA DI CREDITO | DEFINIZIONE | SANZIONI APPLICABILI | TERMINI DECADENZIALI DELL’ACCERTAMENTO | TERMINI DI DECORRENZA |
Crediti inesistenti
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Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. g-quater), del D.Lgs. n. 74/2000, per “crediti inesistenti” si intendono:
| Ai sensi dell’art. 13, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 471/1997, nell’ipotesi di utilizzo di credito “non spettante”, si applica una sanzione pari al 25% del credito utilizzato in compensazione | Ai sensi dell’art. 38-bis, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 600/1973, per i crediti “inesistenti” è previsto un termine decadenziale (lungo) di 8 anni. | Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 87/2024:
Ai sensi dell’art. 41, comma 2, del D.Lgs. n. 13/2024, il nuovo art. 38-bis del D.P.R. n. 600/73, relativo ai termini decadenziali applicabili alle due tipologie di credito, si applica con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.
|
Crediti non spettanti
|
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. g-quinquies), del D.Lgs. n. 74/2000, per “crediti non spettanti” si intendono:
|
| Ai sensi dell’art. 38-bis, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 600/1973, per i crediti “inesistenti” è previsto un termine decadenziale (breve) di 5 anni. |