Documento informatico: qual è la differenza fra "copia" e "duplicato"?

Articolo di Mauro Lanzieri del 02/11/2022

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Qual è la differenza tra “copia informatica” e “duplicato informatico”?

Sul quesito interviene ancora una volta la Cassazione con l'ordinanza 29 settembre 2022, n. 27379, annotata per noi dall'avv. Mauro Lanzieri.

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La vicenda in esame prende spunto da un ricorso nel quale il ricorrente aveva dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 326 c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 5, e art. 161 c.p.c., comma 2, rilevando che la sentenza notificata non poteva essere considerata un provvedimento giurisdizionale, in quanto privo sia della sottoscrizione giudice in calce all’atto sia della firma digitale; in definitiva si chiedeva la nullità della notifica stessa, in quanto la sentenza non riportava alcun segno grafico né della sottoscrizione né della presenza dell’apposizione della firma digitale.

Tale assunto nasce dall’errato presupposto, commesso anche in svariati uffici giudiziari, che la c.d. “coccardina”, presente sugli atti giudiziari, abbia un valore se non di validazione, ma di autenticità dell’atto.

Per capire la differenza bisogna partire dagli artt. 22 e 23 del Codice dell’Amministrazione Digitale. In particolare, il comma 2 dell’art. 23 recita “I duplicati, le copie, gli estratti del documento informatico, anche se riprodotti su diversi tipi di supporto, sono validi a tutti gli effetti di legge, se conformi alle vigenti regole tecniche”;  mentre il comma 2-bis dello stesso articolo recita “Le copie su supporto cartaceo di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, sostituiscono ad ogni effetto di legge l’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Semplificando, le copie (quelle con la coccardina per intenderci), sono anche quelle cartacee che, per avere valore, hanno necessità di una conformità all’originale attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, mentre i duplicati sono validi a tutti gli effetti di legge, senza attestazione di conformità.

Tale normativa, valida in ambito della pubblica amministrazione, è riproposta nell’ambito del processo telematico, dove il pubblico ufficiale a ciò autorizzato viene individuato difensore,  il  dipendente  di  cui  si avvale  la   pubblica   amministrazione   per   stare   in   giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato,  il curatore e il commissario giudiziale.

Il comma 9-bis dell’art. 16-bis del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179  prevede che le copie analogiche e informatiche, anche per immagine,   estratte   dal    fascicolo    informatico    e    munite dell'attestazione  di  conformita'  a  norma  del   presente   comma, equivalgono all'originale, mentre il duplicato informatico di  un  documento deve essere prodotto mediante processi  e  strumenti,  che assicurino che il documento informatico, ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso, contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine.

Proprio da ciò, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso sull’assunto che il duplicato informatico è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (che si misurano in bit). Pertanto, la corrispondenza del duplicato informatico al documento originiario non emerge dall’uso di segni grafici (firma, coccardina), ma dall’utilizzo di specifici programmi, che consentono di verificare e confrontare l’impronta algoritmica del file con il suo originario.


Il provvedimento:

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