Chi tace e chi piega la testa
muore ogni volta che lo fa,
chi parla e chi cammina a testa alta
muore una volta sola
Queste parole profetiche pronunciate dal giudice Giovanni Falcone continuano a echeggiare nella memoria collettiva. Dalla sua tragica morte nella strage di Capaci, Falcone rimane un simbolo di integrità, coraggio e impegno nella lotta contro la mafia. La ricorrenza di questo evento terribile ci spinge a riflettere sul suo significato e sull'eredità che Falcone ha lasciato al nostro paese.
La strage di Capaci fu un evento sconvolgente che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia d'Italia. Il 23 maggio 1992, una potente bomba posizionata dalla mafia sulla strada che collega l'aeroporto di Palermo al centro della città, uccise Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Falcone era un giudice coraggioso e determinato, impegnato in una battaglia senza compromessi contro la mafia siciliana. La sua morte rappresentò un colpo devastante per il paese e scosse profondamente l'opinione pubblica, ma allo stesso tempo accese una fiamma di determinazione nel combattere la criminalità organizzata e portare giustizia in una terra tormentata.
Oltre alla sua morte tragica, è fondamentale ricordare l'eredità lasciata da Giovanni Falcone. Il magistrato incarnava un modello di integrità e impegno nella lotta contro la mafia, uno dei principali flagelli che affliggono il nostro paese. Falcone ha dedicato la sua carriera a smascherare i meccanismi criminali, a sostenere il ruolo dello Stato di diritto e a promuovere la collaborazione internazionale nella lotta al crimine organizzato. Le sue indagini hanno rivelato la profondità delle connessioni tra mafia, politica e affari. La sua opera è stata fondamentale per mettere in atto una strategia di contrasto al fenomeno mafioso che coinvolgeva anche le nuove generazioni di magistrati e investigatori.
Falcone credeva fermamente che il silenzio e la paura fossero le armi principali della mafia, mentre la parola e il coraggio fossero gli strumenti per combatterla. La sua vita e il suo lavoro ci ricordano che è fondamentale parlare, denunciare, alzare la testa e non piegarsi di fronte alle ingiustizie. La sua parola è stata un grido di speranza per tutti coloro che si oppongono al potere criminale. Falcone era consapevole del prezzo elevato da pagare per la verità e la giustizia, ma era disposto a pagarlo con la propria vita.
La commemorazione
A 33 anni dalla strage di Capaci, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ricordato il sacrificio della magistratura nella lotta contro mafia e terrorismo, citando anche il beato Rosario Livatino, che “accettò il martirio” e perdonò i suoi assassini. Falcone, Morvillo e gli agenti della scorta furono uccisi il 23 maggio 1992.
Alla cerimonia, tenutasi a Palermo presso il Museo del Presente, erano presenti anche i ministri Piantedosi e Giuli, la presidente della Commissione antimafia Chiara Colosimo, familiari delle vittime, studenti e associazioni. In mattinata, Nordio e Piantedosi hanno deposto una corona alla stele di Capaci.