Fin dai tempi antichi, come testimonia il Codice di Hammurabi, la giustizia era spesso intesa in termini di vendetta, un concetto che si è evoluto nel corso dei secoli.
Il dipinto ”La giustizia e la vendetta divina perseguono il crimine” del pittore romantico Pierre Paul Prud'honf, realizzato per il Palazzo di giustizia di Parigi e ora esposto nella Sala dell'Ottocento del Louvre, rappresenta una visione artistica di questo tema.
Le due figure centrali del dipinto sono Dike, la dea della giustizia, e Nemesi, la dea della giustizia divina. Queste figure simboleggiano due aspetti della giustizia: Dike rappresenta la giustizia umana, basata su leggi e norme, mentre Nemesi incarna la giustizia divina, una forma di giustizia compensatrice o riparatrice per i crimini commessi.
Il contrasto tra queste due forme di giustizia è stato oggetto di dibattito per secoli. Cesare Beccaria, nel suo trattato "Dei delitti e delle pene", ha criticato l'idea di giustizia come vendetta, proponendo invece un approccio più umano e razionale alla punizione. La sua visione ha influenzato profondamente il pensiero giuridico moderno, spostando il focus dalla vendetta alla prevenzione del crimine e alla rieducazione del criminale.
Il dipinto di Prud'hon, quindi, non è solo un'opera d'arte ma anche un potente simbolo del percorso storico e filosofico della giustizia. Attraverso la rappresentazione di Dike e Nemesi, Prud'hon ci invita a riflettere sulla natura della giustizia e sul suo ruolo nella società. La giustizia, nella sua forma ideale, dovrebbe mirare non solo a punire ma anche a riparare, a ristabilire l'equilibrio violato dal crimine.