La banca è responsabile (e quindi tenuta alla restituzione) nei confronti di un cliente, qualora sia consapevole dell’investimento di una ingente somma inadeguata al suo profilo di rischio?
Sulla questione risponde l'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) con la decisione n. 7680 del 31 ottobre 2024.
Si premetta che l'ACF è un sistema di risoluzione stragiudiziale tra clienti retail (cioè non professionali) e intermediari finanziari nelle controversie relative alla violazione da parte di questi ultimi degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza nell'esercizio delle attività di fornitura di prodotti finanziari.
Va, altresì, premesso che la valutazione dell'ACF, sebbene priva di efficacia giuridica vincolante tra le parti, assume una rilevanza significativa, cioè una sorta di "responso", che anticiperebbe l'esito finale dell'eventuale giudizio dinanzi al Tribunale ordinario, in quanto la decisione è emessa da un Collegio, di cui tre dei cinque membri sono professori universitari in diritto bancario, di talché il giudice monocratico del Tribunale, in caso di non rispetto della decisione da parte della banca, si uniformerebbe alla decisione dell'ACF.
Diciamo di più: dopo la decisione dell'ACF, la banca rispetta sempre il verdetto, in caso di soccombenza, in quanto, diversamente, ai sensi dell'art. 16 comma III del Regolamento ACF, ove accerti la omessa esecuzione, sinanche parziale, della decisione da parte dell'intermediario, l'ACF applica una sanzione reputazionale, cioè la mancata esecuzione "è resa nota mediante pubblicazione sul sito web dell'Arbitro e, a cura e spese dell'intermediario inadempiente, su due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico, e sulla pagina iniziale del sito web dell'intermediario per una durata di 6 mesi".
Altra premessa: il diritto bancario e segnatamente l'aspetto riguardante la responsabilità dell'intermediario finanziario è un complesso e variegato disposto di direttive MiFID e MiFID II, decreto legislativo 24/02/1998 n. 58 (TUF), decreto legislativo 01/09/1993 n. 385 (TUB), delibera Consob 15 febbraio 2018 n. 20307, delibera Consob 29 ottobre 2007 n. 16190, delibera Consob 1 luglio 1998 n. 11522, nonché pronunce della Cassazione e della giurisprudenza di merito. La decisione dell'ACF, qui commentata, dà per scontata la conoscenza degli istituti, invero intricati e complicati, che si cercherà di riassumere in termini estremamente sintetici.
Un primo dovere della banca è quello degli obblighi informativi passivi: know your customer rule, cioè attingere le informazioni "dal" cliente, la cosiddetta "profilatura". Gli intermediari ottengono dal cliente o potenziale cliente le informazioni necessarie in merito alla conoscenza ed esperienza in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di strumento o di servizio, alla situazione finanziaria, inclusa la capacità di sostenere perdite, agli obiettivi di investimento, inclusa la tolleranza al rischio.
Un secondo dovere dell'intermediario finanziario è quello degli obblighi informativi attivi: know your merchandise rule, prestare le informazioni "al" cliente. Sono necessarie per comprendere la profilatura del cliente, al fine di adeguare il prodotto finanziario migliore da proporre.
Un terzo dovere è quello dell'adeguatezza (suitability rule): i servizi di investimento e gli strumenti finanziari devono essere adeguati alla tolleranza al rischio e alla capacità di sostenere perdite.
Quarto dovere è quello di dissuasione (antichurning rule). Qualora le informazioni non siano sufficienti, l'intermediario avverte il cliente o potenziale cliente che tali circostanze impediranno di determinare se il servizio o lo strumento sia per lui appropriato.
Ai sensi dell'art. 23 comma VI decreto legislativo 24/02/1998 n. 58 (TUF), "nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta". La norma introduce un'inversione dell'onere della prova, imponendo all'intermediario l'onere di dimostrare di aver agito con diligenza.
Deriva da quanto precede che l'intermediario non è riuscito a dimostrare che l'investimento dell'intero capitale racimolato da un pensionato con diploma di terza media fosse adeguato al profilo del cliente, cosicché, in caso di default, è responsabile nei suoi confronti ed è tenuto alla sua restituzione, sebbene consapevole di investire una ingente somma a notevole contenuto di rischio.
ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE
Decisione n. 7680 del 31 ottobre 2024
Il Collegio
composto da
Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente
Prof.ssa M. D. Braga – Componente
Prof. Avv. G. Santoni – Componente supplente
Prof. Avv. S. Cherti – Componente supplente
Avv. N. Mincato – Componente supplente Relatrice: Prof.ssa M. D. Braga
nella seduta del 23 settembre 2024, in relazione al ricorso n. 10973, presentato dal Sig. XXXX (di seguito “il Ricorrente”) nei confronti di Banca YYYY S.p.A. (di seguito “l’Intermediario”), dopo aver esaminato la documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione.
FATTO
1. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del non corretto adempimento, da parte dell’Intermediario, degli obblighi inerenti alla prestazione di servizi di investimento, in particolare per quanto attiene agli obblighi informativi preventivi e all’inosservanza delle regole in tema di profilatura del cliente e valutazione di adeguatezza/appropriatezza dell’investimento. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento e considerati come rilevanti dal Collegio ai fini della decisione.
2. Dopo aver presentato reclamo in data 13 dicembre 2023 all’Intermediario, che non consta sia stato riscontrato da quest’ultimo entro il termine di 60 giorni previsto dal Regolamento ACF, il Ricorrente si è rivolto all’Arbitro per le Controversie Finanziarie rappresentando, in particolare, quanto segue.
Il Ricorrente, avvalendosi dell’assistenza di un procuratore, espone di aver aderito, in data 23 marzo 2016, su suggerimento di una dipendente dell’Intermediario convenuto, a due “Proposte di consulenza avanzata in materia di investimenti”, che hanno condotto all’acquisto di obbligazioni a tasso variabile e subordinate con emittente l’Intermediario medesimo, per un controvalore investito di euro 93.140,67, e alla sottoscrizione di quote di tre fondi, per complessivi euro 50.000,00. Le proposte ricevute riportavano, con riferimento al profilo del cliente, le seguenti asserzioni: “orizzonte temporale: ritengo di poter mantenere il capitale investito per un più lungo periodo temporale (almeno 7-8 anni); profilo di rischio: medio, sono disposto a rischiare contenute perdite potenziali in conto capitale a fronte di una ragionevole crescita del capitale; finalità d’investimento: dare stabilità al capitale nel breve/medio periodo anche a fronte di un rendimento contenuto”.
Contestualmente alla sottoposizione di tali proposte, gli veniva chiesto di sottoscrivere una dichiarazione attestante il fatto che le informazioni in esse rese “sostituiscono e prevalgono sulle informazioni fornite nel questionario MiFID già sottoscritto in data 6.3.2015”.
Il Ricorrente tiene ad aggiungere di aver già reclamato la restituzione delle somme investite, oltre che gli interessi maturati, una volta appreso di aver subito gravi perdite per effetto degli investimenti suggeritigli, al che l’Intermediario replicava laconicamente, richiamando l’operatività posta in essere e precisando che, per effetto della conversione delle obbligazioni, gli erano state assegnate n. 13.872 azioni di diretta emissione, di cui egli disponeva la vendita in data 2 settembre 2021, per un controvalore di euro 15.591,03, contestualmente alla dismissione delle quote di due dei Fondi sottoscritti, per un controvalore di euro 33.880,59.
Il Ricorrente aggiunge di detenere tuttora n. 156,458 quote del terzo Fondo, contestando altresì quanto fatto presente dall’Intermediario circa il fatto che egli avrebbe ricevuto euro 15.591,03 e successivamente ulteriori euro 33.880,59, a tal riguardo tenendo a precisare di aver ricevuto poco più di euro 12.000,00 e che egli non ha più in essere alcun investimento, avendoli estinti.
In relazione ai fatti così richiamati, il Ricorrente contesta quanto segue:
3. Sulla base di quanto sopra, il Ricorrente conclusivamente chiede al Collegio di riconoscere il suo diritto ad ottenere la “restituzione del capitale perduto, pari ad €83.900,00 [€ 45.900,00 + € 50.000,00 – € 12.000,00 (somma residuata)]”.
4. L’Intermediario si è costituito regolarmente, presentando deduzioni difensive nell’ambito delle quali:
Conclusivamente, l’Intermediario chiede “di respingere integralmente il ricorso perché infondato”.
DIRITTO
Le risultanze in atti consentono a questo Collegio di esprimere le considerazioni che seguono.
1. In via preliminare, deve ritenersi infondata la domanda di nullità delle operazioni contestate, stante che la violazione degli obblighi di condotta in sede di prestazione di servizi di investimento non può condurre - come da orientamento oramai consolidato di quest’Arbitro, confortato anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione – ad un tale esito, potendo invece eventualmente dare luogo al risarcimento del danno occorso.
2. Proprio con riguardo a tale ultimo profilo, quel che emerge dal Fascicolo istruttorio èche non può dirsi che l’Intermediario resistente abbia fornito al Ricorrente, all’atto dell’operatività controversa, una informazione tale da consentirgli di assumere consapevoli scelte di investimento. Non è, infatti, sufficiente in tal senso la dichiarazione “di aver ricevuto informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni del presente ordine e di aver preso nota delle clausole che lo contraddistinguono” in calce all’ordine non “può far ritenere di per sé assolto il complesso degli obblighi di informazione che gravano sull’intermediario” (tra le molte, v. Decisioni n. 5258, 5595 e 5578). Parimenti, detti obblighi non possono considerarsi assolti in maniera consona con la consegna del documento recante informazioni sui rischi generali degli investimenti finanziari. Ancora, il mancato adeguato assolvimento degli obblighi informativi preventivi discende, nel caso di specie, dalla ulteriore circostanza che la scheda prodotto dell’Obbligazione riporta sì il suffisso “SUB”, peraltro senza ulteriori specificazioni, ma nello stesso tempo classifica lo strumento come “Obblig. e Tit. Stato”, senza alcuna indicazione del sottogruppo di appartenenza e, dunque, senza far cogliere all’investitore, con la necessaria univocità e immediatezza definitoria, la reale portata di subordinazione. Il che di per sé radica la responsabilità del resistente sotto il profilo risarcitorio.
Passando, poi, alle operazioni di investimento nei 3 Fondi, la Banca resistente non ha prodotto alcun documento che possa attestare il corretto adempimento dei medesimi obblighi informativi, il che rende superfluo ogni ulteriore valutazione in merito agli ulteriori profili di contestazione di parte attrice.
3. Per quanto attiene al servizio di investimento prestato, può dirsi pacifico che si sia trattato di investimenti finalizzati a seguito di consulenza, come da relative proposte in atti.
L’Intermediario, in sede deduttiva, ha tenuto a sostenere che l’acquisto delle Obbligazioni sarebbe stata finalizzato “su iniziativa del cliente”, seppur nell’ambito di un rapporto di natura consulenziale, e in ogni caso la condotta valutazione di adeguatezza ha dato esito positivo.
Tuttavia, anche a voler accreditare quanto affermato da parte resistente, resta che la propensione al rischio dell’investitore, come risultante dal questionario di profilatura di riferimento, era “media”, a fronte di una classe di rischio attribuita allo strumento, invece, “elevata”. Né, in senso esimente, può condividersi quanto affermato dall’Intermediario resistente, laddove ha evidenziato che il servizio di consulenza avanzata prestato “si basa su analisi finanziarie dei prodotti ed opera in base ad una logica di portafoglio ottimale relativamente al profilo ed ai rapporti dichiarati dal cliente nonché alla strategia di investimento scelta dal medesimo per realizzare i propri obiettivi di investimento”. Trattasi, infatti, a parere di questo Collegio, di affermazione apodittica perché non spiega sulla base di quali criteri, seppur in una logica di portafoglio, l’investimento controverso sia stato ritenuto in linea con il profilo di rischio del cliente destinatario di un servizio, in ogni caso, ad alto valore aggiunto, quale appunto è un servizio di consulenza avanzata. Oltretutto, nella modulistica dell’operazione viene unicamente riportato “Operazione adeguata al profilo dichiarato dall'investitore”; espressione che non accredita il tipo d’impostazione valutativa asseritamente seguita nel caso di specie e trasmette, anzi, il senso di una valutazione condotta, piuttosto, sulla specifica operazione.
In definitiva, per le ragioni sopra indicate, il Collegio ritiene il ricorso fondato.
Relativamente al quantum risarcitorio, tuttavia, la domanda di parte attrice può essere accolta solo parzialmente, dovendosi ritenere fondata l’eccezione di parte resistente, circa la sussistenza dei presupposti per ritenere accertato il concorso di colpa del Ricorrente nella causazione del danno, per non aver proceduto tempestivamente all’alienazione delle azioni post-conversione coattiva delle obbligazioni sottoscritte, vale a dire nell’ottobre 2017, subito dopo la loro riammissione a quotazione su mercato regolamentato. Da ciò consegue che il danno da riconoscersi in questa sede risulta pari a euro 26.855,13, quale differenza tra il controvalore investito nelle obbligazioni (euro 93.140,67), le cedole medio tempore percepite (euro 3.167,94) e il valore delle n. 13.872 azioni post conversione al 25 ottobre 2017 (euro 63.117,60).
Quanto alle operazioni di investimento in quote di Fondi - relativamente alle quali gli inadempimenti informativi preventivi costituiscono, come detto, un profilo di criticità assorbente di ogni altra valutazione - considerato che il Ricorrente risulta aver proceduto alla vendita, in data 8 settembre 2021, delle quote di due dei tre fondi acquistati nel corso del 2016, a seguito della quale ha ricavato, rispettivamente, euro 16.493,31 e euro 17.387,28 (per un totale di euro 33.880,59), rimanendo in possesso delle quote del terzo Fondo, e assumendo che la somma impiegata per l’acquisto nel 2016 sia stata pari a euro 40.000,00 (indicata dall’Intermediario e non contestata da parte attrice), ne consegue una perdita pari ad euro 6.119,41.
Conclusivamente, a favore del Ricorrente può, pertanto, essere riconosciuta una somma complessiva, a titolo risarcitorio, pari a euro 32.974,54 (euro 26.855,13 + 6.119,41), oltre a rivalutazione e interessi legali.
PQM
Il Collegio, in accoglimento del ricorso per quanto e nei termini sopra specificati, dichiara l’Intermediario tenuto a corrispondere al Ricorrente, a titolo risarcitorio, l’importo rivalutato di euro 39.767,30, oltre interessi legali dalla data della presente decisione fino al soddisfo, e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della decisione medesima.
Entro lo stesso termine l’intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016.
L’intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 400,00, ai sensi dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale www.acf.consob.it, sezione “Intermediari”.
Il Presidente