Pedone colpito dalla portiera dell'auto in sosta, scatta il reato?

Articolo di Anna Larussa del 17/11/2022

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L’apertura della portiera di un auto in sosta che colpisce un passante può integrare il reato di lesioni colpose?

Della questione si è occupata la Sesta Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 42039 depositata l’8 novembre 2022.

La decisione è commentata per noi dall’avv. Anna Larussa.

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Fatto. La sentenza che si annota muove dal ricorso per cassazione di una signora, condannata per il reato di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, perché, in qualità di terza trasportata su un veicolo, in sosta sul marciapiede, aveva aperto lo sportello posteriore del veicolo senza assicurarsi preventivamente della presenza di pedoni e aveva colpito al torace la persona offesa che percorreva a piedi il marciapiede, causandogli lesioni personali giudicate guaribili in 5 giorni.

Dopo aver impugnato la sentenza di prime cure, l'imputata, a mezzo del proprio difensore di fiducia, proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza di conferma della condanna, denunciando l'errata valutazione delle risultanze processuali, e, in particolare, assumendo la mancanza di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa che, in tesi, era andata da sola a sbattere contro la portiera dell'autovettura, perché stava passeggiando distrattamente insieme al cane.

Anche il Procuratore generale osservava che il vaglio di attendibilità della persona offesa non fosse sorretto da idonea motivazione e chiedeva l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

La sentenza.  La Corte di cassazione non è entrata nel merito delle censure mosse alla sentenza impugnata ma le ha dichiarate a monte inammissibili in quanto dirette a contestare la ricostruzione probatoria operata dal giudice di primo grado in relazione alle emergenze processuali, costituite dall’esame della   persona offesa, del compagno dell'imputata, della certificazione medica rilasciata dal Pronto soccorso.

Come noto, il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali.

Ad avviso della Corte, nel caso sottoposto al suo esame, il Giudice di pace avrebbe affermato la responsabilità con motivazione logica esente da censure, argomentando, sulla scorta delle emergenze dichiarative e documentali sopraindicate, la ritenuta sussistenza del comportamento colposo  dell'imputata la quale, nell'aprire la portiera dell'autovettura, non aveva usato, nell'ispezione della strada, quella necessaria prudenza che le avrebbe consentito di vedere il pedone che stava sopraggiungendo.

A riguardo la Corte ha precisato che il controllo di legittimità non è deputato a stabilire se la decisione di merito proponga una ricostruzione dei fatti che sia la migliore possibile, o a condividerne la giustificazione, ma è limitato a verificare se questa giustificazione sia plausibile.

Ed invero, come ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, l’apprezzamento degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione è riservato esclusivamente al giudice del merito e la Corte di cassazione non può operarne una rilettura né può procedere all’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti

In altre parole il sindacato di legittimità è limitato alla verifica dell’esistenza di un logico apparato argomentativo, mentre non può spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Al di là della vicenda in sé, la cui elementarità non ha richiesto particolari approfondimenti, quello che maggiormente interessa, nel caso in esame, è l’affermazione dei principi inerenti la deducibilità del vizio logico di motivazione, per come sopra sinteticamente enunciati.


Il testo del provvedimento:

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