Processo tributario, il diritto al contraddittorio endoprocedimentale prima e dopo la legge delega

Articolo di Maurizio Villani del 06/11/2023

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Il diritto al contraddittorio endoprocedimentale in sede tributaria ha subìto varie modifiche legislative nel corso degli anni, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Con la recente legge delega di riforma tributaria (Legge n. 111 del 2023) è previsto il contraddittorio obbligatorio per tutti gli atti impositivi e sanzionatori comunque denominati, anche relativi ai tributi locali, salvo specifiche eccezioni tassative.

La garanzia del contraddittorio attiene ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione (art. 1, comma 1, della bozza del decreto legislativo di modificazioni allo Statuto dei Diritti del Contribuente, che ha aggiunto il comma 3-bis).

Prima di commentare le prossime modifiche, analizziamo brevemente lo sviluppo normativo dell’istituto nel corso degli anni.

ART. 12, COMMA 7, LEGGE N. 212/2000

L’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000) stabilisce che nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente:

  1. dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori;
  2. l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza;
  3. per i diritti doganali si applicano le disposizioni dell’art. 11 D.Lgs. n. 374/1990.

Le questioni di incostituzionalità del suddetto articolo sono state dichiarate inammissibili con la recente sentenza n. 47 del 21/03/2023 della Corte Costituzionale.

Bisogna, infatti, ricordare come la Corte Costituzionale ha già riconosciuto che il contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione del «principio del “giusto procedimento” (in virtù del quale i soggetti privati dovrebbero poter esporre le proprie ragioni, in particolare prima che siano adottati provvedimenti limitativi dei loro diritti)», ha assunto un ruolo centrale nel nostro ordinamento (sentenza n. 71 del 2015), anche come criterio di orientamento non solo per l’interprete, ma prima ancora per il legislatore (sentenza n. 210 del 1995).

Ciò vale, ad avviso della Corte Costituzionale, anche in ambito tributario, dove il contraddittorio endoprocedimentale, da un lato, persegue lo scopo di “ottimizzare” l’azione di controllo fiscale, risultando così strumentale al buon andamento dell’Amministrazione finanziaria; dall’altro, garantisce i diritti del contribuente, permettendogli di neutralizzare, sin dalla fase amministrativa, eventuali errori a lui

pregiudizievoli.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale.

Tuttavia, dalla pluralità dei moduli procedimentali legislativamente previsti e dal loro ambito applicativo, emerge con evidenza la varietà e la frammentarietà delle norme che disciplinano l’istituto e la difficoltà di assumere una di esse a modello generale.

Il principio enunciato dall’art. 12, comma 7, citato – la partecipazione procedimentale del contribuente – ancorché esprima una esigenza di carattere costituzionale, non può essere esteso in via generale tramite una sentenza della Corte Costituzionale; comunque le soluzioni proposte potrebbero creare disfunzioni nel sistema tributario, imponendo un’unica tipologia partecipativa per tutti gli accertamenti, anche “a tavolino”.

Di fronte alla molteplicità di strutture e di forme che il contraddittorio endoprocedimentale ha assunto e può assumere in ambito tributario, spetta soltanto al legislatore, nel rispetto dei principi costituzionali evidenziati, il compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bilancino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando adeguato rilievo al contraddittorio con i contribuenti.

La Corte di Cassazione, sull’argomento, ha stabilito i seguenti principi:

  • la disposizione richiamata è applicabile anche ai tributi armonizzati e, quindi, anche all’IVA, senza che ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la c.d. “prova di resistenza” (Cass. n. 701/2019, n. 22644/2019 e n. 10352/2022);
  • è illegittimo l’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass. SS.UU. n. 18184/2013, n. 27623/2018 e n. 10352/2022);
  • la normativa si applica anche agli accessi c.d. istantanei, ossia quelli volti alla sola acquisizione della documentazione posta a fondamento dell’accertamento, sicchè, anche in detta ipotesi, l’atto impositivo è illegittimo se emesso “ante tempus”, ove non ricorrono specifiche ragioni di urgenza (Cass. sent. n. 10388/2019 e n. 10352/2022);
  • la prova di resistenza scatta ai fini del contraddittorio endoprocedimentale nel solo caso in cui la normativa interna non preveda la sanzione della  nullità; specularmente, ove il legislatore nazionale già preveda tale sanzione non opera il riferimento alla prova di resistenza (Cass. ord. n. 33285/2021);
  • di conseguenza, ai fini delle imposte armonizzate (IVA), la prova di resistenza non opera nelle tre ipotesi in cui nei confronti del contribuente sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, dovendosi applicare solo nel caso di verifiche a tavolino (Cass. ord. n. 33285/2021);
  • la scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, citato (Cass. sent. 5149/2016 e n. 12713/2022);
  • l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario prima dei 60 giorni, ancorchè notificato successivamente, è illegittimo perché la norma tende a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le proprie ragioni quando l’atto è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto, e, quindi, già emanato (Cass. sent. n. 20267/2018, n. 17202/2017, n. 5361/2016, n. 11088/2015 e n. 33285/2021);
  • i motivi di urgenza non possono consistere nell’imminente prescrizione del diritto al rimborso (Cass. ord. n. 23223/2022);
  • infine, l’art. 12 cit. non impone all’Amministrazione accertatrice alcun obbligo generalizzato di specifica motivazione circa le controdeduzioni eventualmente presentate dal contribuente a seguito di accessi, ispezioni e verifiche (Cass. sent. n. 23840/2019 e n. 36892/2022).

Come commenterò in seguito, il suddetto art. 12, comma 7, sarà esplicitamente abrogato alla luce della nuova estensione del contraddittorio (art. 1, comma 1, lett. o), della bozza del decreto legislativo di modificazioni allo Statuto dei Diritti del Contribuente).

ART. 5-TER D.LGS. N. 218/1997

L’invito obbligatorio è disciplinato oggi dall’art. 5-ter D.Lgs. n. 218/1997, come inserito dalla Legge n. 58/2019, con decorrenza dal 30/06/2019 ed applicazione agli avvisi di accertamento emessi dall’01 luglio 2020.

Il suddetto articolo stabilisce che:

  • l’ufficio, prima di emettere un avviso di accertamento, deve notificare l’invito a comparire per l’avvio del procedimento di definizione;
  • il mancato avvio del contraddittorio comporta l’invalidità dell’avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato (c.d. prova di resistenza);
  • in tutti i casi di particolare urgenza, specificamente motivata, o nelle ipotesi di fondato pericolo per la riscossione, l’ufficio può notificare direttamente l’avviso di accertamento non preceduto dal suddetto invito;
  • in caso di mancata adesione, l’avviso di accertamento deve essere specificamente motivato in relazione ai chiarimenti forniti ed ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio;
  • sono esclusi dall’applicazione dell’invito obbligatorio soltanto i processi verbali di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo ed i casi di accertamenti parziali (artt. 41-bis DPR n. 600/1973 e 54, terzo e quarto comma, DPR n. 633/1972);
  • qualora tra la data di comparizione e quella di decadenza dell’Amministrazione finanziaria del potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono meno di 90 giorni, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato di 120 giorni, in deroga al termine ordinario (art. 5, comma 3-bis, D.Lgs. n. 218/97).

Secondo me, come vedremo in seguito, il succitato art. 5-ter sarà implicitamente abrogato perché la convivenza di due forme di contraddittorio è del tutto irragionevole ed immotivata, a meno che non intervenga una precisa normativa.

ISTANZA DEL CONTRIBUENTE (ART. 6 D.LGS. N. 218/1997)

  1. Il contribuente nei cui confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni o verifiche può chiedere all’ufficio, con apposita istanza in carta libera, la formulazione della proposta di accertamento ai fini dell’eventuale definizione.
  2. Il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall’invito di cui ai citati artt. 5 e 5-ter, può formulare, anteriormente all’impugnazione dell’atto, istanza in carta libera di accertamento con adesione.

I termini per l’impugnazione sono sospesi per un periodo di 90 giorni.

Entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza, l’ufficio formula al contribuente l’invito a comparire.

All’atto del perfezionamento della definizione, l’avviso di accertamento perde efficacia.

Anche in questo caso, secondo me, la suddetta normativa sarà implicitamente abrogata, salvo specifico intervento legislativo, perché con la delega fiscale sarà obbligatorio il contraddittorio unico generalizzato e, come vedremo, nei tassativi casi di esclusione non è consentito l’accertamento con adesione (atti privi di contenuto provvedimentale o atti automatizzati).

ART. 17 DELLA LEGGE N. 111 DEL 09 AGOSTO 2023 (DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA FISCALE)

L’art. 17, primo comma, lett. b), della legge delega n. 111/2023 dispone di:

<<applicare in via generalizzata il principio del contraddittorio, a pena di nullità, fuori dei casi dei controlli automatizzati e delle ulteriori forme di accertamento di carattere sostanzialmente automatizzato, e prevedere una disposizione generale sul diritto del contribuente a partecipare al procedimento tributario, secondo le seguenti caratteristiche:

  1. previsione di una disciplina omogenea indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo (ecco perchè le abrogazioni espresse ed implicite);
  2. assegnazione di un termine non inferiore a 60 giorni a favore del contribuente per formulare osservazioni sulla proposta di accertamento;
  3. previsione dell’obbligo, a carico dell’ente impositore, di formulare espressa motivazione sulle osservazioni formulate dal contribuente;
  4. estensione del livello di maggiore tutela previsto dall’art. 12, coma 7, della citata Legge n. 212/2000 (che sarà espressamente abrogato).

ART. 6-BIS DELLA BOZZA DEL DECRETO LEGISLATIVO DI MODIFICAZIONI ALLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE

L’art. 1, comma 1, lett. e), della bozza del Decreto legislativo di modificazioni allo Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212/2000) ha inserito l’art. 6-bis (principio del contraddittorio), che stabilisce quanto segue:

  • tutti i provvedimenti che incidono sfavorevolmente nella sfera giuridica del destinatario in materia di tributi, compresi quelli regionali, provinciali, comunali, i dazi e i diritti doganali, le sovraimposte, le addizionali, nonché i provvedimenti sanzionatori, sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo (regola generale del contraddittorio obbligatorio non formale);
  • l’inosservanza determina l’annullabilità dell’atto, anche se la legge delega prevede la tassativa nullità, rilevabile d’ufficio (si rinvia alla lett. D), con eventuale eccezione di eccesso di delega (art. 76 della Costituzione);
  • i motivi di annullabilità e di infondatezza dell’atto sono dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d’ufficio (art. 1, comma 1, bozza citata, lett. g), che ha inserito l’art. 7-bis);
  • per consentire il contraddittorio, l’Amministrazione finanziaria deve comunicare al contribuente lo schema (non si dice bozza né progetto) del provvedimento, sempre però con la motivazione, assegnando un termine non inferiore a 60 giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo;
  • logicamente, secondo me, le controdeduzioni non devono essere utilizzate dagli uffici per rivedere <<in peius>> o per integrare l’originaria insufficiente motivazione della pretesa impositiva;
  • il provvedimento non è adottato prima della scadenza dei 60 giorni ovvero a quello prorogato dall’amministrazione, ove ritenuto necessario ai fini del contraddittorio, per non più di 30 giorni;
  • se la scadenza di tale termine è successiva a quello del termine di decadenza per l’adozione del provvedimento conclusivo ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio ed il predetto termine di decadenza decorrono meno di 120 giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio;
  • l’ufficio fiscale non è tenuto a motivare in merito alle controdeduzioni del contribuente;
  • non è più richiesta la c.d. prova di resistenza;
  • rientrano anche gli accertamenti parziali e le verifiche “a tavolino”;
  • nessuna distinzione tra tributi armonizzati e non armonizzati;
  • non sussiste il diritto al contraddittorio per gli atti privi di contenuto provvedimentale (per esempio, scambio di informazioni o atti dell’istruttoria);
  • il diritto al contraddittorio è altresì escluso per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di liquidazione e di controllo formale individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze;
  • si deve aver riguardo sempre all’effettiva natura e contenuto decisorio dell’atto, indipendentemente dalla sua denominazione;
  • il diritto al contraddittorio è escluso per i soli casi motivati di fondato pericolo per la riscossione (non sono più previsti i casi di particolare urgenza, specificamente motivata);
  • infine, l’art. 12, comma 7, cit. è esplicitamente abrogato (art. 1, comma 1, lett. o), della bozza citata).

In definitiva, quando entrerà in vigore il citato decreto legislativo, probabilmente l’01/01/2024 (per tutti gli avvisi di accertamento emessi da questa data), tra abrogazioni espresse ed implicite la sola normativa del contraddittorio endoprocedimentale sarà la seguente:

- Art. 12, c. 7, Legge n. 212/2000              	 	ABROGATO
- Art. 5-ter D. Lgs. n. 218/1997           	                ABROGATO
- Art. 6 D. Lgs. n. 218/1997       				ABROGATO
- Art. 9-bis, c. 16, D.L. n. 50/2017 (in tema di ISA)    	ABROGATO
- Art. 10-bis, c. 6 e 7, L. n. 212/2000 (fattispecie abusive)	ABROGATO
- Art. 38, c. 7, DPR n. 600/73 (accertamenti sintetici)         ABROGATO
- Art. 17, comma 1, lett. b), Legge n. 111/2023 (Legge Delega di riforma fiscale)
- Art. 1, comma 1, lett. e), della bozza del decreto legislativo di modificazioni 
allo Statuto dei diritti del contribuente, che ha inserito 
l’art. 6-bis (Principio del contraddittorio)

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