Profilo falso sui social, quando scatta il reato di sostituzione di persona

Articolo di Michele Iaselli del 15/11/2022

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Con il crescente utilizzo dei social network si moltiplicano le ipotesi di reato mediante l'utilizzo della rete.

La Quinta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza n. 41801 depositata il 4 novembre 2022, si è occupata di un caso di sostituzione di persona mediante la creazione di un falso profilo sul social.

Analizza per noi la pronuncia il Prof. Michele Iaselli.

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La sentenza in esame si occupa di un reato purtroppo oggi molto diffuso con l’avvento dei social e cioè il delitto di sostituzione di persona commesso dall’imputato attraverso la pubblicazione di un annuncio erotico su un sito di incontri a nome di un’ignara vittima ed attraverso la contestuale creazione di un falso profilo con relativa fotografia su diversi social corrispondente ovviamente alla vittima.

La Corte di Cassazione non accoglie il ricorso dell’imputato ritenendo entrambe le motivazioni infondate in quanto, innanzitutto, la Corte territoriale ha dimostrato che per pubblicare un annuncio utilizzando il falso profilo internet creato spendendo le false generalità della persona offesa era stata utilizzata un'utenza di telefonia mobile nella disponibilità dell’imputato il quale non è stato in grado di contraddire tale ricostruzione. La responsabilità penale dell’imputato, quindi, è da ritenersi certa e non solo probabile, in applicazione del principio, già affermato dalla Suprema Corte, per il quale il giudice, per dichiarare colpevole «al di là di ogni ragionevole dubbio» l'imputato che sia rimasto contumace o si sia avvalso del diritto al silenzio rinunciando così a prospettare una sua versione dei fatti, non ha l'obbligo di verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie.

In secondo luogo l’organo giudicante chiarisce che in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione. In particolare, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014).

Nel caso di specie, la Suprema Corte sostiene che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato sul punto facendo riferimento, per negare le invocate attenuanti, alla gravità del comportamento ed alla sua reiterazione, elementi che valgono a giustificare anc:he il diniego della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. e in genere il trattamento sanzionatorio.   

Il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. è naturalmente strettamente collegato al cd. furto d’identità anzi se vogliamo ne rappresenta un’ipotesi applicativa.

Si ricorda che il progressivo sviluppo delle comunicazioni elettroniche ha determinato la crescita esponenziale di nuovi servizi e tecnologie. Se ciò ha comportato, da un lato, indiscutibili vantaggi in termini di semplificazione e rapidità nel reperimento e nello scambio di informazioni fra utenti della rete Internet, dall’altro, ha provocato un enorme incremento del numero e delle tipologie di dati personali trasmessi e scambiati, nonché dei pericoli connessi al loro illecito utilizzo da parte di terzi non autorizzati.

Lo sviluppo della rete ha contribuito, così, secondo il Garante, alla concezione di un “corpo elettronico” della persona, così come definito dal prof. Rodotà, ripartito in diverse banche dati.

Difatti, oggi, con l’avvento della società dell’informazione la rappresentazione sociale dell’individuo è spesso legata ad informazioni presenti in varie banche dati. La crescita esponenziale di condivisione dei propri dati, ad esempio attraverso i comuni social network, ha portato con sé la necessità di assicurare un pieno rispetto della propria identità personale anche su internet. Si parla comunemente a riguardo di “identità digitale o informatica”, autorevolmente definita come una nuova figura giuridica: “essa è distinta dall'identità fisica, poiché si tratta di un’identità virtuale cioè costituita dai dati riferiti a una persona, che acquistano il loro significato solo quando abbia luogo il relativo procedimento elettronico. L’identità virtuale corrisponde dunque a quella reale come l'immagine in uno specchio corrisponde alla figura umana: la sua esistenza è quella dello specchio, ottenuta dalla luce e dalla superficie riflettente.

Oggi le potenziali aggressioni del diritto all’identità personale non provengono esclusivamente da atti, fisici o immateriali, che comportano un’invasione della propria sfera privata. L’evoluzione tecnologica, infatti, se da un lato ha reso sempre più semplici ed accessibili i meccanismi attraverso i quali la pretesa di solitudine dell’individuo tende ad essere compressa, dall’altro ha offerto forme di protezione e di prevenzione dalle intrusioni indesiderate che consentono di risolvere o quanto meno di attenuare in radice questo fenomeno. Cosicché diventa essenziale non tanto evitare che altri violino il pur diritto fondamentale di essere lasciati soli, quanto consentire che ogni individuo possa disporre di un agile diritto di controllo rispetto alle tante informazioni di carattere personale che altri possano aver assunto.

Nell’attuale era tecnologica le caratteristiche personali di un individuo possono essere tranquillamente scisse e fatte confluire in diverse banche dati, ciascuna di esse contraddistinta da una specifica finalità. Su tale presupposto può essere facilmente ricostruita la c.d. persona elettronica attraverso le tante tracce che lascia negli elaboratori che annotano e raccolgono informazioni sul suo conto. Nasce così l’identità digitale che si aggiunge o meglio si sovrappone ormai alla nostra identità fisica.

Tale situazione si è maggiormente complicata con l’avvento del web 2.0 inteso come evoluzione della rete e dei siti internet, caratterizzati da una maggiore interattività che pone l’utente al centro della rete.

Difatti Internet non è più una semplice "rete di reti", né un agglomerato di siti Web isolati e indipendenti tra loro, bensì la “summa” delle capacità tecnologiche raggiunte dall’uomo nell’ambito della diffusione dell’informazione e della condivisione del sapere.

I social network (Facebook, Twitter, Instagram e altri) sono “piazze virtuali”, cioè dei luoghi in cui via Internet ci si ritrova portando con sé e condividendo con altri fotografie, filmati, pensieri, indirizzi di amici e tanto altro. I social network sono lo strumento di condivisione per eccellenza e rappresentano straordinarie forme di comunicazione, anche se comportano dei rischi per la sfera personale degli individui coinvolti.

Difatti i contenuti creati dagli utenti e resi pubblici attraverso il mezzo telematico, costituiscono un potenziale veicolo di violazioni degli interessi di terzi e in questo senso una minaccia per diritti quali l’immagine, l’onore e la reputazione, nonché la riservatezza. Come messo in risalto da alcuni interpreti, la rete, che per sua natura tende a connettere individui, formazioni sociali e istituzioni di ogni genere, pone questioni “inquietanti” in quanto risolvibili solo con nuovi approcci, soluzioni mai adottate prima e in taluni casi non ancora individuate.

In considerazione delle caratteristiche di accesso  di questi particolari strumenti del web 2.0 (social network, second life, ecc.) legati alle tradizionali credenziali di autenticazione (user id e password) assume particolare rilevanza la problematica della clonazione dei profili o dei falsi profili: attraverso semplici procedure, peraltro illustrate in rete, è possibile accedere al profilo di un determinato utente e agire per conto di questo, lasciando messaggi e commenti contenenti pubblicità.

Basta la foto, il nome e qualche informazione sulla vita di una persona per impadronirsi on-line della sua identità. Sono già molti i casi di attori, politici, persone pubbliche, ma anche di gente comune, che hanno trovato su social network e blog la propria identità gestita da altri.


Il provvedimento:

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