Sesso in carcere: le linee guida del DAP

Articolo del 17/04/2025

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha trasmesso alle Direzioni penitenziarie le prime linee guida operative per garantire il diritto all’affettività e alla riservatezza nei colloqui tra detenuti e partner.

Il fondamento costituzionale del diritto all’affettività

Il provvedimento fa seguito alla sentenza n. 10 del 2024 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 O.P., nella parte in cui imponeva in modo assoluto il controllo a vista durante i colloqui con coniugi, parti dell’unione civile o conviventi. Una previsione ritenuta sproporzionata, lesiva della dignità personale (art. 3 Cost.) e contraria all’art. 8 CEDU (vita privata e familiare).

La Corte ha chiarito che il colloquio intimo è un diritto soggettivo pieno, esercitabile in assenza di sorveglianza visiva, salvo ostacoli legati alla sicurezza, all’ordine interno o, nel caso di imputati, a esigenze giudiziarie.

L’organizzazione dei colloqui intimi: criteri e modalità

Le linee guida del DAP offrono una cornice operativa che, pur senza valore normativo, definisce criteri omogenei e vincolanti per le direzioni carcerarie:

  • I colloqui intimi sono equiparati a quelli visivi per numero (mensile) e durata (massimo due ore).

  • Sono ammessi solo con coniuge, parte dell’unione civile o convivente stabile, previa verifica documentale da parte del Direttore (o dell’Autorità Giudiziaria, se il detenuto è imputato).

  • I locali dedicati devono essere arredati con letto e servizi igienici, ma non possono chiudersi dall’interno e devono essere accessibili alla Polizia penitenziaria.

  • È prevista la videosorveglianza esterna e l’accompagnamento del detenuto e del familiare.

  • I locali saranno ispezionati prima e dopo e dotati, ove possibile, di allarme sonoro interno.

  • La biancheria è fornita dalla persona ammessa al colloquio, previa verifica; le pulizie saranno affidate a detenuti in regime ex art. 21 O.P. non a contatto con la popolazione carceraria.

Chi può accedere e chi resta escluso

Secondo la ricognizione del DAP, oltre 16.900 detenuti sarebbero potenzialmente ammessi. Tuttavia, restano esclusi:

  • i detenuti sottoposti a regimi speciali (artt. 41-bis e 14-bis O.P.);

  • chi ha commesso infrazioni disciplinari gravi negli ultimi sei mesi;

  • chi è stato sorpreso con droghe, armi, cellulari o oggetti vietati;

  • chi ha usufruito di permessi premio nel corso dell’anno;

  • i detenuti in isolamento sanitario (ex art. 11 O.P.).

Particolare attenzione viene richiesta nei casi in cui il richiedente sia condannato per reati gravi (art. 4-bis O.P., L. 69/2019) o in presenza di persona offesa tra i soggetti ammessi al colloquio: in tal caso è necessario acquisire il consenso informato della vittima.

Criteri di priorità in caso di carenza di spazi

Poiché solo 32 istituti su 189 hanno dichiarato di disporre di locali idonei, le linee guida stabiliscono criteri di priorità:

  • precedenza a chi non gode di benefici penitenziari;

  • priorità a chi deve espiare pene più lunghe o è ristretto da più tempo;

  • valutazione della condotta intramuraria tramite G.O.T. o équipe multidisciplinare.

Un cambio di paradigma, ma restano sfide logistiche

Le linee guida sottolineano il “notevole sforzo organizzativo” richiesto a Provveditorati e Direzioni, che dovranno adeguare le strutture e garantire percorsi riservati, sicurezza e gestione documentale, sempre in collaborazione con la magistratura di sorveglianza.

Il riconoscimento del diritto all’affettività rappresenta un passaggio essenziale verso un sistema penitenziario più umano, conforme all’art. 27 Cost. e realmente orientato al reinserimento sociale. Come ha sottolineato la Corte, è tempo di “inverare il volto costituzionale della pena” anche dietro le sbarre.

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Linee guida – Sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l'affettività in carcere. Prime linee guida per i provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria , i direttori degli istituti penitenziari e i comandanti di reparto - 11 aprile 2025
 

Prot. n.0164287.U

DIPARTIMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
UFFICIO DEL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Il Capo del Dipartimento ff

 

Ai Signori Direttori Generali
Ai Signor Vice Direttore Generale del Personale
Ai Signori Provveditori Regionali
Ai Signori Direttori degli Istituti Penitenziari
Ai Signori Comandanti di reparto
LORO SEDI

OGGETTO: Sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale e l'affettività in carcere. Prime linee guida per i Signori Provveditori, i Direttori e i Comandanti di Reparto

1. Premessa

La Corte Costituzionale, con sentenza 6 dicembre 2023- 26 gennaio 2024, n. 10 (in G.U. 1ª s.s. 31/01/2024, n. 5), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa, nei termini di cui in motivazione, a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, né, riguardo all'imputato, ragioni giudiziarie".

Viene censurata dalla Corte la previsione di carattere assoluto ed inderogabile del controllo a vista sullo svolgimento dei colloqui dei detenuti con gli aventi diritto, risolvendosi la stessa in "una compressione sproporzionata ed in un sacrificio irragionevole della dignità della persona e quindi in una violazione dell'art.3 della Costituzione".

Dalla sentenza de qua emergono ulteriori profili di illegittimità costituzionale dell'attuale formulazione dell'articolo 18 della Legge 354/1975 scaturenti dalla indiscriminata previsione del controllo a vista anche sui colloqui tra il detenuto e le persone a questi legate da stabile relazione affettiva (con riferimento all'articolo 27 c. 3 Costituzione ed all'articolo 117 c.1 Cost. in relazione all'art.8 CEDU Diritto al rispetto della vita privata e familiare).

La Corte Costituzionale qualifica i "colloqui intimi" come un vero e proprio diritto soggettivo riconosciuto al detenuto, pertanto l'Amministrazione è chiamata oggi a misurarsi sul piano organizzativo con una nuova modalità di fruizione del colloquio da parte del detenuto con il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona con lui stabilmente convivente, caratterizzata - al netto delle eccezioni derivanti da ragioni ostative puntualmente indicate dal Giudice delle Leggi e sulle quali ci si soffermerà più avanti - dalla assenza di qualsivoglia controllo visivo sullo svolgimento del suddetto colloquio intimo.

La Suprema Corte, con sentenza nr. 8/2025, nel confermare l'ammissibilità di un reclamo presentato al magistrato di sorveglianza avverso un provvedimento di rigetto di istanza di colloquio intimo, ha affermato che "non può ritenersi che la richiesta di poter svolgere colloqui con la propria moglie in condizioni di intimità, costituisca una mera aspettativa, essendo stato affermato che tali colloqui costituiscono una legittima espressione del diritto all'affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari, e possono essere negati, secondo l'esplicito dettato della sentenza citata, solo per ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della sicurezza, ovvero per il comportamento non corretto dello stesso detenuto, o per ragioni giudiziarie, in caso di soggetto ancora imputato".

La Corte costituzionale, consapevole dell'impatto che la decisione "è destinata a produrre sulla gestione degli Istituti penitenziari, come anche dello sforzo organizzativo che sarà necessario", ha indicato, in modo chiaro, che, in attesa di un intervento legislativo, la preminente necessità di garantire anche alle persone detenute di poter esprimere una normale affettività in ambito familiare rende necessario un intervento dell'amministrazione della giustizia, in tutte le sue articolazioni, centrali e periferiche, al fine di dare un'ordinata attuazione alla decisione, incluse, dunque, le Direzioni degli Istituti, auspicando "l'azione combinata" della magistratura di sorveglianza e dell'amministrazione penitenziaria.

Per tale motivo, è stato istituito (con ordine di servizio n. 36 del 28 marzo 2024 del Capo del Dipartimento pro tempore) presso il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria il gruppo di studio multidisciplinare con lo scopo di definire le connotazioni giuridiche e le modalità con le quali garantire l'esecuzione della sentenza della Corte costituzionale: l'obiettivo, in sostanza, è stato quello di elaborare una proposta coerente con il sistema vigente - anche in considerazione delle diversità strutturali che connotano gli istituti penitenziari sul territorio nazionale - con il coinvolgimento di esperti di diversa preparazione e formazione professionale.

Lo "sforzo organizzativo" compiuto è stato quello di individuare una disciplina volta a stabilire termini e modalità di esplicazione del diritto all'affettività. In primo luogo, individuare i destinatari, interni ed esterni, per la concessione di colloqui intimi, fissare il loro numero, la loro durata, la loro frequenza, con la conseguente determinazione delle misure organizzative interne, scelta che, come già evidenziato dalla Consulta nella sentenza n. 301 del 2012, avendo natura discrezionale, è di esclusiva spettanza del legislatore. L'ordinamento penitenziario nulla dice nelle sue disposizioni circa il diritto alla sessualità intramuraria del detenuto, anzi, opera concretamente come se ne prevedesse il divieto.

È sufficiente rammentare come l'obbligatorio controllo a vista dei colloqui da parte della Polizia penitenziaria, previsto appunto dall'articolo 18 O.P., funzionale a garantire la sicurezza, l'ordine pubblico e la prevenzione dei reati, precluda radicalmente la condizione di intimità all'incontro.

Tutto ciò premesso, appare evidente come si impongano ormai concrete azioni attuative, tramite linee guida, e che, a seconda delle caratteristiche strutturali di ciascun istituto penitenziario, si ipotizzino soluzioni modulate per individuare spazi anche temporanei idonei da adattare all'interno delle strutture penitenziarie, con "garanzie minime di riservatezza", e dunque senza il controllo del personale di Polizia penitenziaria (se non all'esterno dei locali stessi).

Nasce da qui l'esigenza per questa amministrazione di impartire le prime linee guida, non potendo introdurre il diritto tramite una fonte regolamentare o con circolare, per l'avvio del riconoscimento, all'interno degli Istituti penitenziari, dell'esercizio del diritto all'affettività.

2. Natura giuridica dei colloqui intimi

Si ritiene che sia senza dubbio quello dei colloqui intramurari l'alveo nel quale va ricondotta giuridicamente la fattispecie dei colloqui intimi. In questo senso, possono trovare applicazione le disposizioni operative contenute nell'articolo 37 del Regolamento di esecuzione di cui al D.P.R. 230/2000, con ovvia esclusione di quelle incompatibili con l'assenza di controllo visivo sul colloquio.

In particolare, sono applicabili il comma 8, concernente il numero di colloqui dei quali i detenuti ed internati fruiscono mensilmente (nei quali dovranno essere normalmente computati i colloqui in argomento), ed il comma 10 relativo alla durata del colloquio che è quantificato nella misura massima consentita di due ore.

Invero, la vigente normativa in materia di colloqui, desumibile dal combinato disposto degli articoli 18 O.P. e 37 R.E., fornisce anche alcune coordinate per le particolari modalità di svolgimento dei colloqui che rendono possibile l'affettività intramuraria, e che d'altro canto possono indirizzare l'amministrazione nell'individuazione degli ambienti nei quali far svolgere i suddetti colloqui senza controllo visivo. Si fa riferimento alla previsione di cui all'art. 18, comma 3, secondo periodo, O.P.: "I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ave possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimità dell'ingresso dell'istituto" nonché all'art. 37, comma 5, terzo periodo, del D.P.R. 230/2000: "La direzione può consentire, che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto".

3. I numeri dei potenziali fruitori dei colloqui intimi e l'individuazione delle persone ammesse ai colloqui riservati

 La Corte nel dispositivo individua i soggetti potenzialmente fruitori dei colloqui intimi con le persone detenute, ossia "il coniuge, la parte dell'unione civile o la persona stabilmente convivente".

Da una ricognizione effettuata al fine di quantificare i possibili fruitori del diritto e potere, di conseguenza, fare una stima rispetto alle necessità organizzative e strutturali, è emerso che nel corso del2024 sono stati 22.547 i detenuti che hanno effettuato colloqui in presenza con coniugi e conviventi more uxorio.

Di questi, 1.659 hanno usufruito almeno di un permesso ex articolo 30-ter O.P. nell'anno di riferimento, e, nr. 3.976 hanno commesso almeno una infrazione disciplinare che è stata sanzionata dal consiglio di disciplina.

Si può dunque ipotizzare che, a fine dicembre 2024, fossero almeno 16.912 i potenziali beneficiari del diritto ai colloqui riservati.

4. I criteri di priorità

La mancanza di spazi sufficienti a soddisfare tutte le domande non può costituire ragione di rigetto della richiesta; è del tutto presumibile, tuttavia, che le richieste siano in numero superiore alla disponibilità dei locali dove poter effettuare i colloqui intimi. Per tale ragione, si ritiene opportuno individuare dei criteri di priorità, laddove si renda necessario operare una scelta. In tal caso la precedenza verrà accordata:

- ai detenuti che non beneficiano di permessi premio, né di altri benefici penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all'esterno;

 - ai detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più tempo.

I sigg. Provveditori avranno cura di individuare le strutture penitenziarie dotate dei locali idonei all'esercizio del diritto, comunicandole alle Direzioni del Distretto di rispettiva competenza nonché adotteranno le necessarie misure organizzative finalizzate a garantire l'esercizio del diritto anche in istituti penitenziari diversi da quelli di assegnazione del ristretto, secondo i succitati criteri di priorità.

5. Le persone ammissibili ai colloqui intimi; verifica dell'effettività della pregressa convivenza, che deve essere compiuta dal Direttore (o dall'Autorità giudiziaria nei casi di competenza) e la sottoscrizione di un consenso informato

L'accertamento potrà essere semplificato per il coniuge o la parte dell'unione civile o ve risulti dai registri anagrafici (ovvero documentata anche tramite autocertificazione come previsto dalla legislazione vigente, soggetta a controllo di veridicità). Tale accertamento potrà dirsi esaurito nell'ipotesi in cui l'interessato sia stato già ammesso a colloqui visivi o telefonici o comunque già emerga da documentazione in atti.

Per le persone stabilmente conviventi con il detenuto, che abbiano con lo stesso un rapporto affettivo, se la circostanza non risulti altrimenti nota, la Direzione chiederà all'interessato di integrare opportunamente la documentazione.

Nel caso di detenuti in misura cautelare o con posizione giuridica mista, la Direzione dell'Istituto provvederà a chiedere il nullaosta all'Autorità giudiziaria che procede.

La persona ammessa al colloquio intimo con il detenuto, prima dello svolgimento dello stesso, sottoscriverà un consenso informato inerente alla tipologia dell'incontro da cui risulti in specie che lo stesso avverrà in assenza di controlli diretti da parte della Polizia penitenziaria.

6. Le cause di esclusione soggettive dai colloqui senza controllo visivo

La sentenza della Corte costituzionale esclude dalla sua applicabilità i detenuti sottoposti a regimi detentivi speciali di cui agli artt. 41-bis O.P. e 14-bis O.P., chiarendo che "la rimozione del controllo a vista del personale, funzionale a consentire lo svolgimento del colloquio nell'intimità necessaria all'espressione dell'affettività, può essere negata quando, tenuto conto del comportamento del detenuto in carcere, ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, ovvero anche, riguardo all'imputato, motivi di carattere giudiziario".

L'indicazione della Corte impone, all'evidenza, un accertamento da parte della Direzione di eventuali motivi ostativi per "ragioni di sicurezza" e/o di "mantenimento dell'ordine e della disciplina".

Dette circostanze devono essere desunte in primo luogo dalla condotta intrarmuraria del detenuto che presuppone un congruo periodo di osservazione funzionale al previo parere del G.O.T. o del G.O.T.A. (gruppo di osservazione e trattamento allargato che può anche la partecipazione di enti del terzo settore o comunque. di soggetti terzi rispetto l'amministrazione che partecipano al trattamento del detenuto) o tramite lo staff multidisciplinare, riservando la consultazione dell'équipe solo nei casi in cui verrà ritenuta necessaria (ad esempio nei casi di condannati per reati di cui alla Legge 69/19 o in quelli per reati di cui all'articolo 4-bis O.P. o nei casi di condannati con problematiche personologiche o disciplinari rilevanti).

Appare auspicabile che l'autorizzazione che adotterà il Direttore sia preceduta da un parere di uno dei precitati organi collegiali di agevole convocazione, con l'obiettivo di arricchire gli elementi di valutazione.

Nel caso di redazione di un documento di sintesi dell'osservazione redatto nel termine di sei mesi dalla richiesta del colloquio intimo o all'esito dell'osservazione compiuta in altro istituto o dell'eventuale trasferimento per motivi di sicurezza, la Direzione, a titolo di aggiornamento delle informazioni, potrà altresì acquisire ulteriori notizie anche tramite consultazione di personale dell'amministrazione penitenziaria.

Per i condannati per i reati di cui all'art. 4-bis, comma l, O.P. è assolutamente necessario che l'istruttoria riguardi altresì le opportune informazioni sulle persone con le quali il detenuto chieda di svolgere il colloquio intimo.

Ferma restando la possibilità di acquisire informazioni socio-familiari tramite il competente U.E.P.E., la Direzione potrà richiedere informazioni anche alle Forze di Polizia. In ogni caso, per i detenuti ascritti al circuito Alta sicurezza, collaboratori di giustizia e congiunti collaboratori di giustizia appare necessario che la Direzione richieda apposito parere alla competente DDA e alla DNA.

L'istruttoria potrà essere omessa se risultino indicazioni negative da parte del GOT/GOTA/équipe/staff multidisciplinare e nel caso di significativi rapporti disciplinari recenti.

Rammentato che il titolo di reato, per ciò solo, non preclude l'accesso all'esercizio del diritto, ciò nondimeno per il novero dei reati di cui all'articolo 362, comma 1- ter, c.p.p., nonché in tutte le ipotesi in cui la persona da ammettere al colloquio intimo sia anche la persona offesa dal reato, e fermi i dovuti obblighi di informazione ex lege all'A. G., particolare attenzione dovrà essere riservata all'istruttoria preliminare e all'acquisizione del consenso informato da parte della persona offesa.

7. Le valutazioni dell'irregolarità della condotta indicative di pericolosità penitenziaria

Nel caso di condotta irregolare oggetto di pregressi rilievi disciplinari, la Direzione dovrà valutare se la stessa sia indicativa di un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico.

Nel caso di detenuti nei cui confronti siano stati redatti rapporti disciplinari indicativi di rischi per lo svolgimento dei colloqui riservati elevati negli ultimi sei mesi o nel caso di detenuti trasferiti per motivi di sicurezza, l'autorizzazione al colloquio potrà avvenire decorso un periodo di osservazione non inferiore a sei mesi, in ragione della gravità della condotta.

In ogni caso, l'autorizzazione al colloquio intimo potrà essere negata nell'ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti e/o rinvenimento, ascritto al detenuto richiedente, di cellulari, di oggetti atti ad offendere o il cui possesso non è consentito, ovvero nell'ipotesi di partecipazione a disordini o condotte connotate da atti di violenza fisica nonché di condotte in grado di incidere potenzialmente sui rischi connessi ad un colloquio privo di controllo visivo.

Nel caso di autorizzazioni di competenza dell'Autorità giudiziaria dovranno essere rappresentati alla stessa tutti gli elementi in possesso dell'amministrazione funzionali alla valutazione della condotta intramuraria.

Infine, si raccomanda la particolare cura nella parte motivazionale dell'eventuale provvedimento di diniego dell'istanza.

8. Evidenze sanitarie del soggetto ammesso alla fruizione dei colloqui intimi

È in ogni caso esclusa la possibilità di effettuare colloqui intimi nelle ipotesi in cui sia stato disposto l'isolamento sanitario ex articolo 11 O.P., limitatamente alla durata dello stesso.

9. Tipologia di locali da destinare ai colloqui

Come riportato in premessa, la Corte costituzionale ha ben evidenziato altresì le difficoltà organizzative e strutturali incidenti sull'esercizio del diritto. Sotto quest'ultimo aspetto, per garantire un corretto svolgimento dei colloqui intimi, i locali individuati dai Sigg. Provveditori, secondo le indicazioni di cui al § 4, dovranno essere dotati di una camera arredata con un letto e con annessi servizi igienici.

10. Misure organizzative e gestione della sicurezza

Sul fronte organizzativo è innegabile lo straordinario impegno che le SS.LL. dovranno porre nell'individuare soluzioni in linea con quanto statuito dalla Consulta. In particolare, posto che i colloqui intimi rientrano nell'alveo giuridico dei colloqui ordinari ex artt. 18 O.P. e 37 R. E., e che pertanto essi dovranno avere la durata massima di due ore, per la loro concreta attuazione si confermano le consuete disposizioni, evidenziando, tuttavia, l'esigenza di video sorvegliare le zone antistanti i locali destinati ai colloqui intimi ed i percorsi per raggiungere i predetti locali.

Di regola, si renderà necessario l'accompagnamento sia dei familiari che dei detenuti.

Non potrà mai essere consentita la chiusura dall'interno della porta di accesso, di guisa che i locali dovranno sempre ed inderogabilmente risultare accessibili al personale di Polizia penitenziaria.

Il personale dovrà essere dotato di equipaggiamento tecnico per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui riservati, in modo da scongiurare pericoli per l'incolumità dei detenuti e dei familiari, oltre che dell'ordine e della sicurezza interni.

Ove possibile si raccomanda di installare in ogni locale destinato alla fruizione di colloqui un sistema di allarme sonoro che possa essere azionato dagli occupanti, in caso di pericolo e consentire l'immediato intervento della Polizia penitenziaria.

Fermo restando quanto previsto in tema di perquisizioni personali secondo il combinato disposto di cui agli artt. 34 della legge 354/75 e 74 d.P.R. 230/00, qualora vi sia il fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona oggetti non consentiti e potenzialmente lesivi per l'ordine e la sicurezza interni e per l'incolumità del soggetto, si procederà a perquisizione personale ai sensi e nei limiti di cui all'art. 274 c.p.p. Si procederà in ogni caso all'ispezione degli ambienti prima e dopo l'incontro intimo.

10.1 Ulteriori modalità organizzative

La biancheria necessaria (asciugamani, lenzuola o altro) sarà portata al colloquio direttamente dalle persone autorizzate al colloquio intimo e sottoposta a controllo. Le pulizie, da effettuarsi al termine di ogni colloquio, e la sanificazione ove necessaria, saranno svolte da un detenuto lavorante ammesso al regime ex art. 21 O.P. interno, che non abbia quindi contatti con la restante popolazione detenuta.

11. Conclusioni

Alla luce delle linee guida impartite, le SS.LL., nell'adottare gli opportuni provvedimenti attuativi avranno cura di coinvolgere la competente Magistratura di Sorveglianza, anch'essa chiamata dalla Corte ad "accompagnare una tappa importante del percorso di inveramento del volto costituzionale della pena."

Consapevole dell'enorme compito che si è chiamati ad affrontare, ma anche delle elevate professionalità di cui le SS. LL. sono portatrici, colgo l'occasione per augurare ad ognuno di loro un buon lavoro.

Roma, 11 aprile 2025

Il Capo del dipartimento f.f.
Lina Di Domenico

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