La Corte europea dei diritti umani ha emesso, il 30 gennaio 2025, una sentenza che condanna l’Italia per aver violato il diritto alla vita (art. 2 CEDU) e non aver adeguatamente protetto gli abitanti della Terra dei Fuochi, un’area della Campania nota per l’inquinamento ambientale causato dallo smaltimento illegale di rifiuti tossici.
Violazioni accertate dalla Corte
La Corte ha stabilito che lo Stato italiano non ha agito con la diligenza necessaria per affrontare un fenomeno di così grave entità. Nonostante la situazione fosse nota da decenni, le autorità non hanno adottato misure efficaci per prevenire il continuo interramento e incenerimento di rifiuti pericolosi.
La violazione dell’articolo 2 riguarda il mancato intervento per proteggere la vita dei cittadini, mentre la Corte ha ritenuto superflua una valutazione separata dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), poiché gli argomenti presentati erano già stati trattati sotto il profilo dell’articolo 2.
Contesto: la Terra dei Fuochi
La Terra dei Fuochi comprende 90 comuni situati tra le province di Napoli e Caserta, con una popolazione di circa 2,9 milioni di persone. È tristemente nota per l’abbandono incontrollato e l’incenerimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso gestiti da gruppi criminali organizzati.
Le indagini parlamentari hanno confermato la gravità della situazione: siti di discarica illegali nei terreni agricoli, contaminazione delle falde acquifere e alti tassi di inquinamento atmosferico. Rapporti scientifici internazionali, tra cui quelli di The Lancet Oncology e del World Health Organization (WHO), hanno registrato un aumento significativo dei tumori e di altre patologie gravi.
Le criticità evidenziate dalla Corte
Ritardi e inazione sistemica:
La Corte ha evidenziato come lo Stato italiano sia stato a conoscenza del problema sin dagli anni '80, senza tuttavia adottare le necessarie misure preventive o correttive.
I ritardi nell’avvio di programmi di bonifica e la mancanza di coordinamento tra le diverse autorità hanno aggravato la situazione.
Mancanza di comunicazione efficace:
La Corte ha riscontrato una carenza di strategie di comunicazione volte a informare la popolazione sui rischi sanitari e sulle misure adottate.
Parte delle informazioni è rimasta coperta dal segreto di Stato per lunghi periodi.
Misure giudiziarie insufficienti:
La Corte ha ritenuto che le autorità italiane non abbiano adottato misure adeguate per perseguire penalmente i responsabili delle attività illecite. Solo sette condanne per crimini ambientali sono state presentate come prova, un numero insufficiente rispetto alla durata e gravità del fenomeno.
Le direttive della Corte: due anni per un piano completo
Ai sensi dell’articolo 46 CEDU, la Corte ha stabilito che l’Italia deve adottare, entro due anni, una strategia complessiva che comprenda:
L’istituzione di un meccanismo indipendente di monitoraggio;
La creazione di una piattaforma pubblica di informazione per garantire trasparenza sugli interventi e sui rischi sanitari;
Un piano di bonifica dei siti contaminati e azioni efficaci per la prevenzione di ulteriori danni ambientali.
Durante questo periodo, la Corte ha sospeso le 36 cause simili ancora pendenti, che coinvolgono circa 4.700 ricorrenti.
Conclusioni
La sentenza rappresenta una ferma condanna alla gestione insufficiente del problema da parte dello Stato italiano e pone le basi per un obbligo concreto di intervento. La Corte ha ribadito che la tutela della salute e della vita umana non può essere sacrificata per inefficienze amministrative o per la complessità della questione ambientale.
Questa pronuncia, oltre a costituire un precedente importante, impone all’Italia di agire immediatamente per prevenire ulteriori violazioni e per garantire il diritto alla vita degli abitanti della Terra dei Fuochi.
Il testo della sentenza
EUROPEN COURT OF HUMAN RIGHTS
FIRST SECTION
CASE OF CANNAVACCIUOLO AND OTHERS v. ITALY
(Applications nos. 51567/14)