La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con ordinanza n. 23612 del 3 settembre 2024, si è occupata della questione riguardante la validità di un testamento olografo, escludendola laddove, in giudizio, venga prodotta una fotocopia non autentica della scheda testamentaria. Non potendo, la copia, essere oggetto né di verificazione né di querela di falso, la parte interessata ha l'onere di produrre l'originale del documento.
Il ricorrente, fratello del de cuius, conveniva in giudizio la cognata, la quale aveva richiesto la pubblicazione di un testamento olografo nel quale la stessa veniva nominata erede universale ed egli stesso legatario di alcuni beni in suo favore. Tuttavia, due mesi dopo, egli rinveniva altro testamento che, in revoca del precedente, lo nominava erede universale unitamente alla moglie del defunto germano. Chiedeva, pertanto, il riconoscimento della sua qualità di coerede testamentario con la contestuale richiesta di restituzione della metà dei beni facenti parte dell'asse ereditario, oltre al pagamento dei frutti civili percepiti sin dal momento di apertura della successione. La donna, nel costituirsi, chiese il rigetto della domanda e contestò l'autenticità del secondo testamento rinvenuto dal ricorrente.
Nel corso del giudizio, a seguito della richiesta di consulenza tecnica grafologica, il CTU evidenziò che il mancato rinvenimento della scheda testamentaria originale impediva l'espletamento delle indagini peritali e, pertanto, il tribunale rigettò la domanda eccependo che la verifica tecnica di autenticità di una scrittura disconosciuta non poteva realizzarsi senza la produzione dell'originale.
Secondo il costante insegnamento della Cassazione, nel giudizio promosso ai fini della declaratoria di nullità di un testamento olografo per non autenticità del documento, l'esame grafologico deve necessariamente compiersi sull'originale perché solo su quest'ultimo possono rinvenirsi quegli elementi la cui peculiarità consente di risalire al reale autore della sottoscrizione. Orientamento confermato dalla sentenza della Corte di appello.
Nel 2016, la Cassazione accolse il ricorso in applicazione del principio dettato dalla sentenza n. 12307/2015 delle SS.UU., in virtù del quale la parte che contesti l'autenticità di un testamento olografo, deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, in quanto su di essa grava l'onere della prova, in virtù dei principi dettati in materia di accertamento negativo. Al giudice di rinvio venne devoluta l'analisi della ripartizione dell'onere della prova relativa all'azione di petizione dell'eredità, proposta dal ricorrente e l'onere della prova circa l'autenticità del secondo testamento olografo da lui rinvenuto.
Con sentenza del 2018, la Corte d'appello di Catania rigettò l'appello ritenendo che la moglie del de cuius, nel richiedere il rigetto della domanda attorea perché fondata su scrittura inficiata da falso materiale, aveva proposto un'azione di accertamento negativo dell'autenticità del testamento e che, trattandosi di un procedimento iniziato prima della richiamata sentenza delle Sezioni Unite, ricorreva la fattispecie dell'overruling perché, con la decisione, si era risolto un contrasto risalente tra due orientamenti. Per la Corte, dunque, l'attore aveva prodotto non l'originale bensì una copia conforme rilasciata per uso fiscale, in quanto tale non idonea a fondare la presunzione legale di autenticità del testamento, ai sensi dell'art. 2716 cod. civ.
Avverso la sentenza della Corte d'appello, veniva proposto ricorso per cassazione. Gli Ermellini, nel ritenere non fondati i sette motivi sollevati dal ricorrente, hanno confermato la decisione impugnata ribadendo che “deve essere negata la dignità di testamento olografo a uno scritto documentato da una copia di un originale non rinvenuto” (Cass. Civ. Sez. II, 18/05/2015, n. 10171).
Nel caso di specie, la parte attrice, nel giudizio di merito, non ha prodotto alcun elemento volto a dimostrare l'esistenza di un originale. Anzi, la seconda scheda testamentaria rinvenuta appariva, ictu oculi, non redatta dal de cuius tanto che il CTU, nel giudizio di primo grado, aveva concluso nel senso dell'impossibilità di addivenire ad un giudizio circa l'autenticità del secondo testamento e il consulente, nel giudizio penale, aveva escluso che l'autografia fosse riconducibile al de cuius. Pertanto, il giudizio circa la non autenticità del testamento impugnato si è svolto sulla base di plurimi elementi che hanno concorso a formare la decisione di rigetto di tutti i motivi sollevati e alla condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.
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