I messaggi via Whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno valore probatorio documentale?
Sì, come ribadisce la Seconda Sezione Penale con la sentenza n. 39529 depositata il 19 ottobre 2022.
Ci illustra la pronuncia il Prof. MIchele Iaselli.
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La sentenza in commento ribadisce propri precedenti orientamenti circa la natura giuridica dei messaggi whatsapp sottolineando in particolar modo il valore probatorio documentale di tali messaggi.
La suprema Corte nel proprio provvedimento sottolinea che già la sez. 6 con sentenza n. 1822 del 12/11/2019 aveva evidenziato che in tema di mezzi di prova, i messaggi "whatsapp" e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 cod. proc. pen., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all'acquisizione di corrispondenza di cui all'art.254 cod. proc. pen.
D’altro canto qualora non sia in corso un'attività di captazione delle comunicazioni, il testo di un messaggio sms, fotografato dalla polizia giudiziaria sul display dell'apparecchio cellulare su cui esso è pervenuto, ha natura di documento la cui corrispondenza all'originale è asseverata dalla qualifica soggettiva dell'agente che effettua la riproduzione, ed è, pertanto, utilizzabile anche in assenza del sequestro dell'apparecchio" (Sez. 1, n. 21731 del 20/02/2019, Sez. 6 n. 1822/2019).
Nel caso di specie esaminato dalla Suprema Corte va anche evidenziatoche i medesimi messaggi eranostati scaricati sul pc dalla persona offesa così che l'utilizzabilità del contenuto degli stessiè anche conseguenza della riconosciuta attendibilità delle dichiarazioni accusatorie dallastessa rese (Cass., Sez. 5, n. 2658 del 06/10/2021).
Si deve pertanto affermare il principio di diritto secondo il quale i messaggi whatsApp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l'ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti.
In applicazione di tale principio di diritto, nella specie, i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell'imputato risultano, pertanto, essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo ed utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex art. 234 c.p.p. e la conseguente acquisibilità con una qualunque modalità atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica.
In realtà in considerazione della complessità della struttura di un documento informatico è evidente come la contestazione avente ad oggetto questa tipologia di documento o comunque la falsificazione di dati digitali diventa un processo di rilevanza tecnico-informatica dove vengono in gioco elementi che sono fondamentali ai fini di una corretta identificazione del documento.
Di conseguenza al fine di produrre validamente un documento informatico in giudizio (qualunque esso sia: pagina web, mail, ecc.) è necessario che vi sia un’effettiva acquisizione forense che comprenda:
1. Indirizzo internet della pagina acquisita (#)
2. Tipo di browser utilizzato per l’acquisizione
3. Indirizzo IP che ha fornito al client la medesima pagina, ora, programma utilizzato per la copia e dati relativi
4. Il codice sorgente della pagina
5. I report con le firme digitali e certificati di sicurezza dello studio forense
6. La marcatura temporale su ogni file firmato digitalmente per assegnare una prova certa della data di acquisizione
7. I pacchetti di rete dell’intera navigazione che vengono registrati a dimostrare la genuinità della prova raccolta e la conformità all’originale
8. Il video forensically sound dell’intera acquisizione.
Naturalmente, per la Suprema Corte, con riferimento ai messaggi whatsapp la diretta applicabilità dell'art. 234 c.p.p. rende vani tali accertamenti di natura tecnico-informatica.
Il testo della pronuncia: