Non sussiste il diritto all'oblio per chi sia stato condannato per reati gravi di particolare interesse pubblico e che siano di recente conclusione.
Lo ha stabilito il Garante per la Protezione dei Dati Personali, con un provvedimento del 17 maggio 2023, respingendo la richiesta di deindicizzazione di alcuni articoli recenti presentata da un uomo condannato a due anni di reclusione per detenzione di materiale pubblicato da Al-Qaida che aveva scontato la sua pena.
L’interessato aveva chiesto al Garante di ordinare a Google la rimozione dai risultati di ricerca di 18 URL collegati ad articoli che riportavano notizie del suo arresto avvenuto nel 2019 nel Regno Unito per possesso di informazioni ritenute utili a commettere o preparare un atto terroristico. Egli sosteneva che la presenza di tali informazioni online avrebbe ostacolato i suoi sforzi per ricostruire una nuova vita e trovare lavoro in Italia, dopo aver scontato la sua pena.
Nel rigettare la richiesta, il Garante ha sottolineato che l'interesse generale alla reperibilità delle notizie prevale sulla richiesta di deindicizzazione, in particolare a causa della gravità delle condotte messe in atto dal reclamante. La natura del reato commesso, legato all'organizzazione terroristica internazionale Al-Qaida, è di particolare allarme sociale.
Il Garante ha inoltre rilevato che il tempo trascorso dalla conclusione della vicenda giudiziaria e dalla espiazione della pena era troppo limitato per poter considerare le informazioni come risalenti o prive di interesse pubblico.
Con questo provvedimento, il Garante ha confermato la sua posizione che il diritto all'oblio non può essere invocato in maniera legittima in casi di reati gravi, recenti e di particolare allarme sociale.
In conclusione, il Garante ha ritenuto il reclamo infondato e ha preso atto delle dichiarazioni di Google riguardanti gli URL indicati, confermando che non esistono i presupposti per l'adozione di provvedimenti in merito alla loro deindicizzazione.
Garante per la protezione dei dati personali
Provvedimento del 17 maggio 2023 [9903127]
Registro dei provvedimenti
n. 204 del 17 maggio 2023
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il dott. Claudio Filippi, vice segretario generale;
VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);
VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);
VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, con il quale il sig. XX ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di 18 URL collegati ad articoli riferiti ad una vicenda giudiziaria che ha visto lo stesso arrestato nel 2019 nel XX e lì detenuto, per un anno, dopo essere stato condannato a 2 anni di reclusione, con sentenza della XX del 16 ottobre 2020, per possesso di informazioni ritenute utili a commettere o preparare un atto terroristico;
CONSIDERATO che l’interessato ha evidenziato, in particolare:
di aver interamente scontato la pena detentiva;
che il pregiudizio subito per effetto della perdurante reperibilità dei contenuti collegati ai predetti URL gli impedisce di rifarsi una vita e di trovare un lavoro, anche al fine di fronteggiare le sue responsabilità di marito, padre e fratello di un ragazzo affetto da sindrome di Down;
VISTA la nota del 2 febbraio 2023, con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento Google LLC di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;
VISTA la nota del 22 febbraio 2023, con la quale Google LLC ha rilevato:
in merito agli Url indicati nel secondo elenco della propria memoria di risposta (dal n. 1 al n. 11), di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, in quanto le relative pagine web non risultano essere visualizzate tra i risultati di ricerca di Google associati al nome del reclamante;
con riferimento ai restanti Url, di non poter adottare alcun provvedimento in merito alla richiesta avanzata dall’interessato, in quanto vi è interesse generale alla reperibilità delle notizie a causa della gravità delle condotte criminose poste in essere dall’interessato;
il reclamante è stato arrestato nel 2020 per possesso di informazioni ritenute utili a commettere o preparare un atto terroristico e ad esito del procedimento instaurato dalla XX è stato condannato a due anni di carcere. Nel dicembre 2022 il reclamante è stato rilasciato;
che le Linee Guida adottate dal WP Art. 29 (Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali) il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (Causa C-131/12), hanno chiarito che “le autorità di protezione dei dati personali tendono a vedere con favore la deindicizzazione di risultati concernenti reati relativamente minori commessi in periodi molto risalenti; viceversa sarà meno probabile la deindicizzazione di risultati relativi a reati più gravi e commessi in epoca più recente”;
nel caso di specie l’arresto è avvenuto nel 2020, mentre il suo rilascio e il conseguente rientro in Italia sarebbe avvenuto solo pochi mesi fa, alla fine del 2022,
che si tratta di contenuti di tipo giornalistico e i relativi articoli sono stati pubblicati da fonti qualificate;
CONSIDERATO, preliminarmente, che:
nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;
il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;
tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;
CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;
PRESO ATTO, con riguardo agli Url indicati nel secondo elenco della memoria di risposta di Google (dal n. 1 al n. 11), che, conformemente a quanto affermato in tale memoria, i contenuti di tali URL non risultano visibili in associazione al nominativo del reclamante e ritenuto pertanto che, relativamente ad essi, non sussistono i presupposti per l'adozione di provvedimenti da parte dell'Autorità;
CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione dei restanti Url, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto del trascorrere del tempo, oggettivamente non invocabile nel caso in esame, nonché degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, oltre che delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;
RILEVATO che:
i contenuti reperibili per il tramite di tali Url rimandano ad informazioni riguardanti l’arresto del reclamante avvenuto nel 2019, in relazione ad una recente vicenda conclusasi con la condanna definitiva del reclamante, il quale ha finito di scontare la reclusione nel dicembre 2022;
il reato per il quale si è proceduto all’arresto e poi alla condanna del reclamante è di particolare allarme sociale essendo legato al possesso di materiale pubblicato da Al Qaeda;
il tempo trascorso dalla conclusione della vicenda giudiziaria e dalla espiazione della pena della reclusione risulta essere assai limitato, non potendosi perciò qualificare le informazioni relative come risalenti, né prive di persistente interesse per il pubblico;
CONSIDERATO che pertanto non sussistono i presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio nel caso di specie;
RITENUTO di dover pertanto considerare il reclamo infondato;
VISTA la documentazione in atti;
VISTE le osservazioni formulate dal vice segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE
ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:
a) prende atto di quanto dichiarato da Google relativamente agli Url indicati nel secondo elenco della propria memoria di risposta (da n. 1 a n. 11), e ritiene pertanto che non sussistano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito;
b) dichiara il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di deindicizzazione dei restanti Url indicati nella memoria di risposta di Google;
Ai sensi dell'art. 157 del Codice, si invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice.
Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.
Roma, 17 maggio 2023
IL PRESIDENTE
Stanzione
IL RELATORE
Ghiglia
IL VICE SEGRETARIO GENERALE
Filippi