LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 107/2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.F.D., P.G., elettivamente domiciliati in ROMA VIA CARLO ALBERTO 18, presso lo studio dell’avvocato CARMELO COMEGNA, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 580/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata l’08/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.
RITENUTO
Che:
1. P.G. e L.F.D. vendevano, con atto del 9 aprile 2002, un terreno edificabile per il prezzo indicato di Euro 418.330,00. L’agenzia delle entrate rettificava il valore del bene, ai fini dell’imposta di registro, in Euro 748.264,00 e, successivamente, l’acquirente aderiva all’accertamento per la somma ridotta di Euro 550.000,00. L’agenzia delle entrate, a tal punto, notificava ai venditori avviso di accertamento per l’Irpef avente a presupposto la plusvalenza determinatasi ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, calcolata sul valore di Euro 550.000,00.
Avverso tale atto i contribuenti proponevano ricorso alla commissione tributaria provinciale di Roma, che lo rigettava. Proposto appello, la CTR del Lazio lo accoglieva sul rilievo che, essendo diversi i presupposti dell’imposta sul reddito rispetto a quelli dell’imposta di registro, il maggior valore accertato del bene immobile compravenduto rispetto al prezzo dichiarato nel rogito, non costituiva reddito per l’alienante. Incombeva, perciò, sull’ufficio l’onere della prova della simulazione in ordine al maggior prezzo pattuito, ed effettivamente versato, rispetto a quello indicato nell’ atto.
2. L’agenzia delle entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato ad un motivo. Resistono con controricorso i contribuenti.
CONSIDERATO
che:
1. Con l’unico motivo l’agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67 (già art. 81) e art. 68 (già art. 82), artt. 2697 e 1415 c.c.. Sostiene che la CTR è incorsa in errore di diritto, in quanto l’amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro ed è onere probatorio del contribuente superare la presunzione di corrispondenza tra il prezzo incassato ed il valore di mercato accertato e definito in relazione a tale imposta, dimostrando di avere in concreto riscosso un prezzo inferiore.
2. Il ricorso è infondato.
Invero occorre fare applicazione dello ius superveniens rappresentato dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, che, all’art. 5, comma 3, prevede che “gli artt. 58, 68, 85 e 86 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5 -bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.
Questa Corte di legittimità ha più volte affermato che la norma è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso, atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative.
Va peraltro rilevato che il riferimento alla interpretazione da attribuire a norme precedenti, anche se non di per se stesso valevole ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), testimonia tuttavia l’intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che è proprio della norma interpretativa; intento che nella specie trova ulteriore conferma nel comma 4 del citato art. 5, che prevede una disciplina transitoria solo per le disposizioni di cui al comma 1 (applicabili a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto), senza nulla statuire per quelle di cui ai commi 2 e 3, formulate come interpretative (così, in motivazione, Cass. n. 9513 del 22/03/2018; Cass., 15/04/2016, n. 7488; v. anche Cass. 10/02/2017, n. 3590).
3. Il ricorso va dunque rigettato.
4. Considerato che l’esito della causa discende dall’applicazione di norma che, ancorchè dichiaratamente interpretativa, ha indubbia portata innovativa del quadro giurisprudenziale preesistente (invero, consolidato da oltre un decennio nel senso di ritenere l’Amministrazione finanziaria legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza di cessione di un terreno edificabile sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, salva per il contribuente la facoltà e l’onere della prova contraria: (Cass., nn. 13823/2014; 14571/2013; 5070/2011, 22793/2010; 4057/2007), si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.
PQM
La corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018