Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.25151 del 11/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17942-2016 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTESANTO 68, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO VISONE giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Q.G., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SPARANO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 613/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/02/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO che ha chiesto il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 15/2/2016 la Corte d’Appello di Napoli ha respinto il gravame interposto dalla sig. B.S. in relazione alla pronunzia Trib. Napoli 25/2/2015, di accoglimento della domanda proposta ex art. 79 L. loc. dalla sig. Q.G. di restituzione di quanto corrisposto in più rispetto al canone indicato nel contratto di locazione ad uso diverso da abitazione del *****, registrato il *****, avente ad oggetto l’immobile sito nella locale *****.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la Q., che ha presentato anche memoria. Con conclusioni scritte del 23/1/2018 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2 motivo denunzia violazione dell’art. 2719 c.c., art. 345 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa, insufficiente e contraddittoria” motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3, il 4, il 5 motivo denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., “omessa, insufficiente e contraddittoria” motivazione su punti decisivi della controversia, “omessa considerazione del contratto di locazione del *****”, “improcedibilità ed inammissibilità degli sfratti per morosità”, violazione del “principio della soccombenza”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che il requisito – a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – della sommaria esposizione dei fatti di causa non risulta invero soddisfatto allorquando come nella specie vengano nel ricorso pedissequamente riprodotti (in tutto o in parte) atti e documenti del giudizio di merito (nel caso, la sentenza impugnata), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità (cfr. Cass., 8/5/2012, n. 6909), con eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 25/09/2012, n. 16254; Cass., 16/2/2012, n. 2223; Cass., 12/9/2011, n. 18646; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass., 23/6/2010, n. 15180; Cass., 18/9/2009, n. 20093; Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), sicchè il ricorrente è al riguardo tenuto a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede l’intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698), il che distingue il ricorso di legittimità dalle impugnazioni di merito (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180).

Va al riguardo ulteriormente sottolineato che la soluzione di fare rinvio per la sommaria esposizione del fatto (anche) all’impugnata sentenza non esime in ogni caso il ricorrente dall’osservanza del requisito – richiesto a pena di inammissibilità – ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento de relato ad atti e documenti del giudizio di merito (es., al “ricorso depositato in data 28.1.2011”, al “certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Nola”, al “nuovo contratto di locazione in data *****”, alla “risoluzione del contratto del *****”, alla “domanda riconvenzionale”, alla “querela di falso”, all’espletata CTU, al “supplemento di consulenza”, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, all’espressa dichiarazione della sig. B.S., parte locatrice”, alla “lettera raccomandata del *****”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti (es., la “postilla scritta a mano a pag. 2 dell’atto del *****”), senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

A tale stregua, l’accertamento operato dai giudici di merito e contenuto nell’impugnata sentenza (secondo cui la domanda ex art. 79 L. loc. risulta dalla conduttrice ed odierna controricorrente Q. tempestivamente proposta e fondata, dovendo tenersi nel caso conto solo del 1 contratto dalle parti stipulato nel 2005, e non anche del nuovo contratto a canone maggiorato del 2009 in quanto nullo per apocrifia della sottoscrizione della conduttrice) rimane invero non idoneamente censurato.

Con particolare riferimento al 2 motivo, va d’altro canto posto ulteriormente in rilievo che, essendosi la ricorrente limitata a dolersi che la produzione del contratto di locazione (dai giudici di merito ritenuto perfezionatosi per equipollenza, “per il tramite della sua esibizione in giudizio ad opera della parte la cui firma è ritenuta apocrifa”) è in ogni caso successiva alla revoca della proposta determinata dalla stipulazione nel ***** di nuovo contratto di locazione recante canone più elevato, risulta dalla medesima invero non idoneamente censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “anche le risultanze probatorie depongono nel senso dell’invalidità del contratto di locazione del ***** atteso che con la missiva del *****… la stessa locatrice, nel concordare la riconsegna dell’immobile locato, faceva riferimento alla locazione di cui al “contratto stipulato in data ***** e registrato il *****” ed a nessun altro contratto successivo; parimenti, nel verbale di riconsegna del *****… sottoscritto da entrambe le parti, le medesime danno atto della riconsegna dell’immobile di cui al “contratto di locazione stipulato in data ***** e registrato in data *****”. In entrambe le scritture suindicate non viene fatto alcun accenno al successivo contratto di locazione del ***** che, secondo quanto sostenuto dall’appellante, doveva essere l’unico titolo contrattuale che giustificava il rapporto in corso avendo con esso le parti, previa risoluzione del precedente contratto del *****, rideterminato la misura del canone di locazione”.

A tale stregua, come questa Corte – anche a Sezioni Unite – ha già avuto modo di affermare (v. Cass., Sez. Un., 19/7/2016, n. 5302), non risulta dai ricorrenti osservato il consolidato principio in base al quale allorquando come nella specie la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità anche del gravame proposto avverso le altre, non potendo le singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, quand’anche fondate, comunque condurre all’annullamento della decisione stessa (v. Cass., 11/1/2007, n. 389) in quanto l’eventuale relativo accoglimento non incide sulla ratio decidendi non censurata, su cui la sentenza impugnata resta pur sempre fondata (v. Cass., 23/4/2002, n. 5902); è dunque sufficiente che, come nel caso, anche una sola delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di censura (ovvero sia stata respinta) perchè il ricorso (o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa) debba essere rigettato nella sua interezza (v. Cass., 14/7/2011, n. 15449; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602).

Un tanto non già per carenza di interesse (come pure si è da questa Corte sovente affermato: v. Cass., 11/2/2011, n. 3386; Cass., 12/10/2007, n. 21431; Cass., 18/9/2006, n. 20118; Cass., 24/5/2006, n. 12372; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602), quanto bensì per essersi formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata (v. Cass., Sez. Un., 19/7/2016, n. 5302; Cass., 13/7/2005, n. 14740. V. altresì Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 14/7/2011, n. 15449).

L’inammissibilità dei motivi preclude invero la disamina nel merito dei ricorsi (come invero non si dubita in caso d’inammissibilità del ricorso per tardività, irrilevante essendo che lo stesso possa essere eventualmente fondato, tale non potendo in realtà esso propriamente mai dirsi, atteso che il relativo accertamento rimane in ogni caso in limine precluso).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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