LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14896-2017 R.G. proposto da:
EDIL M.A.V. s.r.l. (già E.V. Gioielli s.r.l.), in persona dell’amministratore pro tempore, E.A., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Enrico DE FEO ed elettivamente domiciliata in Roma, in Largo Sarti, n. 4, presso lo studio legale Capponi & Di Falco;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7576/40/2016 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, Sezione staccata di LATINA, depositata il 29/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
RILEVATO
che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di maggiori redditi d’impresa relativi all’anno di imposta 2007, derivanti dall’applicazione degli studi di settore, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR rigettava l’appello proposto dalla società contribuente, esercente l’attività di locazione di immobili, avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando la sussistenza di una “incongruenza significativa” tra i ricavi dichiarati e quelli derivanti dall’applicazione degli studi di settore evoluti, che doveva ritenersi indice di evasione fiscale atteso che, “in presenza di attività antieconomica come quella in oggetto, posto che la società chiudeva con risultati negativi per diversi esercizi”, la stessa non aveva fornito nessuna prova nè aveva dedotto alcuna giustificazione plausibile.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la società contribuente con due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente deduce l’omesso esame da parte dei giudici di appello dei contratti di locazione registrati e di quattro elaborati peritali dai quali era desumibile la congruità dei canoni ed il valore commerciale degli immobili concessi in locazione. 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e art. 2729 c.c. sostenendo che la CIR si era “soffermata su una presunta ancorchè generica incongruenza indicando un nesso causale tra incongruenza – indice di evasione fiscale – e criteri di gestione antieconomica”, “disattendendo completamente (le) prove documentali” fornite da essa ricorrente.
3. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili. Il primo, per difetto di autosufficienza sia in ordine al contenuto dei documenti che la ricorrente assume essere stati pretermessi dal giudice nella valutazione, ma il cui contenuto la stessa omette di riprodurre nel motivo di cassazione, sia in ordine alla loro decisività. Peraltro, il motivo, al pari del secondo, non è coerente con la statuizione impugnata, che non è di antieconomicità della gestione societaria ma di non congruità dei ricavi dichiarati (pari ad Euro 25.152,00) rispetto al valore risultante dall’applicazione dello studio di settore evoluto (Euro 49.758,00), risultando lo scostamento sicuramente significativo, ammontando ad un valore sostanzialmente pari al dichiarato (Euro 24.606,00). In tale ottica, la circostanza affermata dalla società ricorrente, di corrispondenza dei ricavi dichiarati con il valore di locazione degli immobili risultante dalle perizie e dai contratti prodotti in atti, non sarebbe comunque idonea a giustificare il grave scostamento accertato dall’amministrazione finanziaria e validato dal giudice di merito che, sul punto, conformandosi alla giurisprudenza di legittimità in materia (cfr. Cass., Sez. U., n. 26635 del 2009; conf. Cass., Sez. 5^, n. 20414 del 2014, n. 3415 del 2015, n. 6114 e n. 14288 del 2016; n. 9484 del 2017), ha correttamente attribuito il requisito di gravità, precisione e concordanza alla presunzione basata sullo studio di settore applicato e, conseguentemente, posto a carico della società, che però non vi ha adempiuto, l’onere di giustificare le ragioni del rilevato scostamento, che, tenuto conto del non contestato sostenimento da parte della stessa di costi elevati per acquisto di servizi, con conseguente chiusura in perdita di diversi esercizi contabili, ed evidente non adeguata corrispettività dei canoni percepiti dalla locazione degli immobili, avrebbe dovuto riguardare quanto meno la specifica realtà dell’attività economica nel periodo d’imposta considerato.
4. Alla stregua di quanto sopra detto, il ricorso va dichiarato inammissibile e la società contribuente condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.
PQM
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018