LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17570/2015 proposto da:
D.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA TILLI, rappresentato e difeso dall’avvocato SABATINO CIPRIETTI giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.G., M.R. rappresentata dall’Amministratore di sostegno D.O.M., domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO PARETE in calce al controricorso;
M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANARO 17, presso lo studio dell’avvocato FABIO BAGLIONI, rappresentata e difesa dall’avvocato MATTEO RICCI giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 564/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 22/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/07/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero Dott. MISTRI Corrado, in persona del Sostituto Procuratore generale CORRADO MISTRI, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto da D.M.S..
RILEVATO
che:
M.T., quale procuratrice generale di D.A.G., intimò a D.M.S. con atto notificato in data 17 novembre 2011 sfratto per morosità con citazione per la convalida innanzi al Tribunale di Pescara. All’udienza del 31 gennaio 2012, fissata nell’atto di citazione, il giudice dichiarò l’interruzione del processo per la morte della D.A., avvenuta il *****. Con ricorso depositato in data 30 aprile 2012 il D.M. riassunse il giudizio. Si costituì M.T., nella qualità di erede della D.A., eccependo sia di avere notificato in data 13 gennaio 2012 atto di rinuncia che la tardività della riassunzione. Si costituirono altresì, sempre in qualità di eredi, M.G. e M.R., eccependo l’estinzione del giudizio per il decorso del termine della riassunzione a partire dal 13 gennaio 2012. Disposto il mutamento del rito, il Tribunale adito dichiarò estinto il giudizio, condannando il D.M. alla rifusione delle spese processuali. Avverso detta sentenza propose appello D.M.S.. Con sentenza di data 21 aprile 2015 la Corte d’appello dell’Aquila rigettò l’appello.
Osservò la corte territoriale, condividendo la decisione del Tribunale, che operava il principio di ultrattività del mandato del procuratore nominato dalla mandataria rispetto alla morte della mandante e che valida, ai fini dell’interruzione, era la dichiarazione di morte della mandante resa dal procuratore della mandataria avv. Matteo Ricci ai sensi dell’art. 300 c.p.c., nell’atto di rinunzia notificato in data 13 gennaio 2012, non rilevando la distinta questione della validità di tale rinunzia, compiuta dalla mandataria quale coerede della mandante.
Ha proposto ricorso per cassazione D.M.S. sulla base di due motivi e resistono con unico controricorso M.G. e M.R., nonchè con distinto controricorso M.T.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2. E’ stata presentata memoria.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 299,300,305 e 307 c.p.c., anche in relazione agli artt. 1362-1365 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che l’avv. Matteo Ricci, già nominato difensore dalla mandataria per l’intimazione di sfratto, ha sottoscritto e notificato l’atto di rinuncia al giudizio non quale procuratore costituito della mandataria, ma quale difensore della erede, sulla base della procura rilasciatagli da M.T. quale erede, e che l’atto non poteva valere ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione in quanto proveniente da soggetto che non si era costituito in giudizio. Precisa che la rinuncia proveniva dalla M. non avvalendosi della procura della mandante (deceduta) ma quale erede che conferiva mandato al difensore e che, producendosi l’effetto interruttivo solo sulla base delle forme previste dalla legge e non con la conoscenza aliunde acquisita, la comunicazione non poteva produrre il detto effetto perchè la M., estintosi il mandato per la morte della mandante, agiva come erede e come tale non si era costituita in giudizio.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1722 c.c., comma 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che l’atto di rinuncia era inefficace in quanto non riferibile alla de cuius e che proveniva dall’erede per il tramite del difensore nominato, non dalla stessa nella qualità di erede e di non mandataria.
Il ricorso è improcedibile. Ai fini del decorso del termine per impugnare ai sensi dell’art. 325 c.p.c., la sentenza è stata notificata in forma telematica. Ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonchè della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio (Cass. 22 dicembre 2017, n. 30765 la quale con specifica valenza nomofilattica ha confermato l’indirizzo consolidatosi sulla scia di Cass. 14/07/2017, n. 17450; si vedano in particolare Cass. 10/10/2017, n. 23668; Cass. 16/10/2017, n. 24292; Cass. 16/10/2017, n. 24347; Cass. 17/10/2017, n. 24422; Cass. 26/10/2017, n. 25429; Cass. 09/11/2017, n. 26520; Cass. 09/11/2017, n. 26606; Cass. 09/11/2017, n. 26612; Cass. 09/11/2017, n. 26613). Come affermato in particolare da Cass. 22 dicembre 2017, n. 30765, “qualora, trascorsi venti giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione non siano state depositate le copie analogiche dei suddetti documenti digitali, corredate dalla attestazione di conformità, nel senso sopra indicato, e qualora le stesse, con attestazione di conformità, non siano state depositate dal controricorrente o non siano comunque agli atti, il ricorso è improcedibile”.
Il ricorrente non ha assolto l’onere di attestazione di conformità nei termini indicati con riferimento alla relata di notifica della sentenza, nè risulta altrimenti il deposito della documentazione in discorso con relativa attestazione di conformità da parte del controricorrente, contrariamente a quanto affermato dal pubblico ministero. Non rileva l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio in quanto non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass. 15 settembre 2017, n. 21386).
Peraltro la sentenza è stata depositata in data 22 aprile 2015 ed il ricorso è stato notificato in data 7 luglio 2015, oltre il termine di sessanta giorni dal deposito della sentenza. Non può pertanto attingersi a quella giurisprudenza secondo cui pur in difetto di produzione della relata di notificazione della sentenza impugnata, il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poichè il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2 (Cass. 10 luglio 2013, n. 17066).
Ricorre pertanto la causa di improcedibilità prevista dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.
Il consolidarsi dell’indirizzo di questa Corte, determinante ai fini del giudizio, in epoca successiva alla proposizione del ricorso comporta l’integrale compensazione delle spese.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
Dichiara l’improcedibilità del ricorso. Dispone la compensazione delle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018
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