LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina – Consigliere –
Dott. NONNO G. M – rel. Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11968/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
– controricorrente incidentale –
contro
C.A., elettivamente domiciliato in Roma, via degli Scipioni n. 288, presso lo studio dell’avv. Benedetto Giovanni Carbone, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Carlo Bertacchi giusta procura speciale a margine del ricorso;
– controricorrente –
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano n. 75/02/11, depositata il 18 novembre 2011.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 febbraio 2018 dal Consigliere Dott. Giacomo Maria Nonno.
RILEVATO
che:
1. con sentenza n. 75/02/11 del 18/11/2011 la Commissione di secondo grado di Bolzano accoglieva parzialmente l’appello proposto dal sig. C.A., esercente attività alberghiera e di ristorazione, avverso la sentenza n. 131/01/10 della Commissione di primo grado di Bolzano, che aveva rigettato i ricorsi riuniti proposti dal contribuente avverso tre avvisi di accertamento concernenti riprese a tassazione IVA, IRPEF e IRAP riguardanti gli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006;
1.1. il giudice di appello premetteva che: a) gli avvisi di accertamento si fondavano su un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza di ***** del 13/08/2009 che aveva evidenziato frequenti saldi negativi del conto cassa; b) la Commissione di primo grado respingeva i ricorsi del contribuente e lo condannava alla rifusione delle spese del giudizio; c) il contribuente impugnava la sentenza della Commissione di primo grado davanti alla Commissione di secondo grado;
1.2. su queste premesse e per quanto ancora interessa in questa sede, la Commissione di secondo grado: a) riteneva legittima la do-glianza relativa alla quantificazione dei ricavi: “la ripresa tra i ricavi del primo scoperto di cassa rilevato (20/01/2004) di Euro 3.670,54 (così come gli scoperti successivi) comporta automaticamente che la cassa apra il giorno successivo con un saldo pari a zero, stante che l’accertamento del maggior ricavo (pari allo scoperto) costituisce di fatto in contabilità un introito di cassa celato. Tale azzeramento della cassa si ripercuote ovviamente su tutti i saldi del conto cassa dei giorni, dei mesi, degli anni successivi”, con conseguente ridimensionamento della ripresa; b) riteneva, invece, priva di fondamento la doglianza relativa alla metodologia di calcolo adottata con riferimento alla determinazione dell’IVA dovuta: per effetto della mancata contabilizzazione delle entrate, “il mancato versamento dell’IVA fa ritenere che la medesima non sia stata incassata per cui le maggiori somme accertate in entrata per effetto della ripresa dei saldi negativi di cassa sono da considerarsi ricavi imponibili e non corrispettivi”; c) con riferimento, infine, ai presunti costi in funzione dei ricavi presunti, dichiarava inammissibile la domanda in quanto nuova;
2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato ad un motivo;
3. il sig. C. resisteva con controricorso e proponeva, altresì, ricorso incidentale;
4. la ricorrente depositava controricorso avverso il ricorso incidentale.
CONSIDERATO
che:
1. va pregiudizialmente dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento all’avviso di accertamento ***** relativo all’anno d’imposta 2006, per il quale vi è in atti comunicazione della regolarità della definizione della lite ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, conv. con modif. nella L. 15 luglio 2011, n. 111;
1.1. il ricorso va, dunque, esaminato nel merito con riferimento agli altri due anni d’imposta, che, peraltro, rappresentano le riprese di maggiore entità;
2. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39,comma 1, lett. d), in combinato disposto con gli artt. 2217,2423,2424 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la Commissione di secondo grado di Bolzano avrebbe proceduto alla ricostruzione dell’andamento del conto cassa con metodo differente da quello analitico-induttivo ritenuto dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione, che impone di considerare ricavi pari almeno al disavanzo di cassa, salva prova contraria a carico del contribuente;
3. il motivo non è fondato;
3.1. è vero che costituisce principio pacifico nella giurisprudenza della S.C. quello per il quale: “in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini IRPEG ed IVA, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo” (Cass. n. 25289 del 25/10/2017; Cass. n. 656 del 15/01/2014; Cass. n. 11988 del 31/05/2011; Cass. n. 27585 del 20/11/2008);
3.2. tuttavia, non può dirsi che la Commissione di secondo grado di Bolzano non si sia attenuta al superiore principio di diritto, posto che è pacifico tra le parti che quello eseguito dall’Ufficio è un accertamento analitico-induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e non un accertamento induttivo puro;
3.3. correttamente, pertanto, la Commissione, proprio prendendo le mosse dalla contabilità dell’imprenditore, ha ricostruito analiticamente il conto cassa partendo dal primo originario disavanzo, con una metodologia di calcolo (quella di riportare il saldo contabile di cassa a zero a seguito di ogni disavanzo) tutt’altro che illogica e che non può che essere in questa sede confermata, essendo idonea ad evitare di considerare due volte lo stesso incasso non contabilizzato;
4. con il primo motivo di ricorso incidentale il sig. C. deduce la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando la mancata detrazione dei costi dal reddito imponibile;
5. il motivo è inammissibile;
5.1. a parte la commistione in unico contesto di una censura di violazione di legge e di una censura motivazionale, deve sottolinearsi che la Commissione di secondo grado ha chiaramente affermato che la questione dei costi è inammissibile in quanto nuova e il contribuente non ha specificamente censurato tale statuizione;
6. con il secondo motivo di ricorso incidentale si lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 1, in combinato disposto con gli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che la presunzione che i ricavi in nero sarebbero al netto di IVA è fondata sull’ulteriore presunzione che i valori negativi del conto cassa costituiscano ricavi, con conseguente violazione del cd. divieto di doppia presunzione;
7. il motivo è infondato;
7.1. come già affermato in giurisprudenza “il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o “divieto di doppie presunzioni” o “divieto di presunzioni di secondo grado o a catena”), spesso tralaticiamente menzionato in varie sentenze, è inesistente, perchè non è riconducibile nè agli evocati artt. 2729 e 2697 c.c., nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte e da tempo sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purchè “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 c.c., può legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea – in quanto, a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. n. 18915, n. 17166, n. 17165, n. 17164, n. 1289, n. 983 del 2015)” (così, in motivazione, Cass. n. 15003 del 16/06/2017);
7.2. in ogni caso, anche ove si voglia considerare esistente, il suddetto divieto di doppia presunzione atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale (cfr. Cass. n. 17953 del 24/07/2013) e, dunque, non ricorrerebbe nel caso (come quello di specie) in cui l’Ufficio finanziario procede ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), ed accerta maggiori ricavi e, conseguentemente, il mancato versamento dell’IVA;
8. in conclusione, va dichiarata cessata la materia del contendere con riferimento all’avviso di accertamento ***** relativo all’anno d’imposta 2006, in ragione dell’intervenuta definizione della lite ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39,comma 12; per il resto, vanno rigettati il ricorso principale e quello incidentale; la reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere con riferimento all’avviso di accertamento ***** relativo all’anno d’imposta 2006; rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018
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