Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25481 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9218/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Cooperativa S.T.A.R.T. a responsabilità limitata in liquidazione;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 13/34/10, depositata il 10 febbraio 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 8 maggio 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

RILEVATO

che:

– la società Cooperativa S.T.A.R.T. a responsabilità limitata impugnava l’avviso di accertamento per Iva, Irpef ed Irap per l’anno 2002 emesso dall’Agenzia delle entrate in relazione alla sua partecipazione al Consorzio Manital, il quale aveva operato come mandatario senza rappresentanza delle consorziate senza fatturare alla consorziata S.T.A.R.T. a r.l. i proventi delle commesse acquisite nel corso dell’anno 2002, nè i costi non documentati sostenuti nel medesimo anno, mentre, ai fini Iva, la stessa non aveva emesso la prescritta autofattura;

– il giudice di primo grado rigettava l’impugnazione; la sentenza era confermata dalla CTR del Piemonte;

– l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo; la contribuente è rimasta intimata.

CONSIDERATO

che:

– l’unico articolato motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1706 c.c., art. 1713 c.c., comma 1, art. 1719 c.c., art. 1720 c.c., comma 1, artt. 1709,2602,2615 ter c.c., del principio dell’abuso del diritto desumibile dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 1, art. 53 Cost. e dalla primazia del diritto comunitario in materia di Iva, degli artt. 1241 e 1705 c.c., nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3, ult. Periodo, art. 6, comma 3, primo periodo, art. 13, commi 1 e 2 e art. 21, comma 1;

– l’Agenzia delle entrate, sulla premessa che nell’anno in questione la società non aveva ricevuto commesse, ritiene che essa avrebbe dovuto emettere fattura nei confronti del consorzio, in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei proventi per ogni operazione imponibile posta in essere, incluse quelle per le quali è intervenuta compensazione tra una parte dei corrispettivi versati dal committente al consorzio e per le spese di gestione;

– giova sottolineare, al fine di evitare possibili equivoci nella identificazione del significato del motivo, che la ricorrente ha cura di precisare che la censura non pone una questione di fatto, “come tale sindacabile in questa sede solo in punto di motivazione”, ma di diritto, in quanto “la CTR ha sentito l’esigenza che fossero provati certi fatti soltanto come conseguenza della sua erronea ricostruzione della norma applicabile alla fattispecie concreta” e che “nel presente motivo di ricorso, in definitiva, non c’è alcuna contestazione in fatto, ma solo alla luce dei fatti pacificamente in atti, una diversa ricostruzione giuridica degli obblighi di ribaltamento (e di fatturazione) gravanti sul Consorzio e sulla Consorziata”;

– la ricostruzione giuridica cui allude il motivo è quella secondo cui il Consorzio, non potendo avere per sè – in quanto struttura sostanzialmente “neutra” – alcun vantaggio, poichè questo, al pari dell’eventuale svantaggio appartiene, unicamente e solo alle imprese consorziate, avrebbe l’obbligo di ribaltare sulle stesse, secondo i criteri di legge, o quelli legittimamente fissati dallo statuto, se non elusivi, della causa consortile e delle relative norme fiscali, tutte le operazioni economiche da esso conseguite che siano state realizzate da una o più imprese, oppure dallo stesso consorzio con strutture proprie o con l’impiego;

– in tal senso, non avrebbe alcuna rilevanza il non avere la singola consorziata partecipato direttamente all’esecuzione di lavori nell’anno in contestazione, posto che tutte le operazioni economiche poste in essere dal consorzio, o da altre consorziate o da imprese terze, devono essere ribaltate sulla singola consorziata, sicchè i ricavi delle commesse, fatturati dal Consorzio al committente, avrebbero dovuto essere fatturate da tutte le imprese consorziate proporzionalmente alla quota consortile e non soltanto dall’impresa o dalle imprese consorziate affidatarie della commessa; il consorzio, a sua volta, per i costi sostenuti, avrebbe dovuto fatturarli, sempre pro quota, a tutte le imprese consorziate;

– tale ricostruzione, in verità prevalente nella giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 26480 del 17/12/2014), frutto di una visione della causa consortile in chiave esclusivamente mutualistica, è stata superata dalle Sezione Unite di questa Suprema corte (Sez. U, nn. 12190 e 12191 del 14/06/2016), che hanno chiarito – in ciò seguito dalle successive pronunce di questa sezione tributaria (peraltro in giudizi riguardanti proprio società facenti parte del consorzio Manital (nn. 21860, 21861, 21862, 21863, 21864, 22210, 22211, 22435 e 24380 del 2016, nonchè n. 18415 del 26/07/2017, isolata l’unica decisione di segno diverso n. 21764 del 20/09/2017) – che “lo scopo mutualistico non esclude la natura commerciale dell’impresa, con la conseguenza che la struttura consortile può svolgere un’attività commerciale propria verso terzi e può quindi allontanarsi del modello neutrale verso le proprie consorziate, con possibile disallineamento fra le reciproche fatturazioni”;

– secondo le Sezioni Unite diventa quindi necessario accertare le effettive modalità tramite le quali viene svolta l’attività consortile, e, in particolare, i rapporti tra struttura consortile e consorziate nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati; il che implica che “nessuna alterazione della causa di esso configurante un abuso del modello stesso è (…) ravvisabile se il consorzio ometta di ribaltare la totalità dei proventi e dei costi sui singoli consorziati, trattenendo per sè una quota proporzionale dei primi a fronte di oneri sostenuti in proprio”;

– ciò posto si comprende come il nuovo corso della giurisprudenza renda il fatto di non avere la Consorziata partecipato all’esecuzione di lavori nell’anno in contestazione, ritenuto irrilevante dalla ricorrente Agenzia delle entrate, è centrale e determinante al fine della decisione, non essendo giustificabile alcun ribaltamento di costi, e tanto meno di utili, nei confronti di quelle consorziate che non hanno ricevuto alcuna commessa e che, quindi, non hanno conseguito utili, nè hanno potuto generare costi, rimanendo estranee al meccanismo compensativo adottato dalla Manital per la regolazione dei rapporti contabili con le consorziate esecutrici di commesse;

– diversamente, del resto, si attribuirebbe alle consorziate che hanno ricevuto commesse un intento “mutualistico” loro non proprio ma caratteristico solo del Consorzio (Cass. n. 18415 del 26/07/2017);

– va, quindi, riaffermato il principio di diritto secondo il quale:

“in materia di Iva, la mancata partecipazione della società consorziata ad una commessa esclude l’operatività, a suo carico, del meccanismo del ribaltamento dei costi sostenuti dal consorzio con riferimento alla singola operazione, non ricorrendo la finalità mutualistica qualora la consorziata medesima, rimasta estranea dall’esecuzione dei lavori, non ne abbia percepito gli utili correlati”;

– il ricorso va pertanto rigettato; nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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