Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25482 del 12/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12490/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Gpnerale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

F.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Fabrizio Giordano, con domicilio eletto presso l’Avv. Silvio Bozzi, in Roma via Chiana n. 48, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 72/48/10, depositata il 18 marzo 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 8 maggio 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

RILEVATO

che:

– F.A., esercente il commercio di veicoli usati, impugnava gli avvisi di accertamento per Irpef, Irap ed Iva per gli anni 1998, 1999 e 2000 emessi dall’Agenzia delle entrate per vendite non registrate, non fatturate o sottofatturate, sia in regime di Iva ordinario che con il regime del margine;

– l’impugnazione era accolta dalla Commissione tributaria provinciale di Benevento; la sentenza era confermata dal giudice d’appello;

– l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste il contribuente con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– l’eccezione di giudicato formulata dal controricorrente, da esaminare preliminarmente, è inammissibile: le invocate decisioni della CTR della Campania – n. 66/44/07 del 20 aprile 2007 e la 73/18/08 del 6 maggio 2008 – sono intervenute (e passate in giudicato) anteriormente alla sentenza qui impugnata (la n. 72/48/10 del 18 marzo 2010);

– in altri termini, il giudicato invocato si è formato in epoca assai anteriore alla definizione del giudizio di appello, senza che le relative decisioni fossero state prodotte nel giudizio di merito;

– ne deriva che la loro produzione per la prima volta nel giudizio di legittimità – e la rilevanza ai fini della dedotta eccezione – ne resta preclusa non solo ai sensi dell’art. 372 c.p.c., ma anche, necessariamente, ai sensi dell’art. 369 c.p.c.(v. Cass. n. 1534 del 22/01/2018 e, amplius, Sez. U, n. 13916 del 16/06/2006; con riferimento al giudizio tributario v. Cass. n. 11112 del 07/05/2008), poichè “non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi di processo” salvo che ai fini della nullità della sentenza e dell’ammissibilità del ricorso o del controricorso ed in quanto sorti in epoca successiva;

– il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia, nonchè, in subordine ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione;

– il motivo è infondato in entrambe le sue articolazioni;

– la CTR, infatti, ha rigettato l’appello dell’Ufficio per (1) carenza di specificità del gravame attesa la mancata puntuale contestazione degli specifici elementi su cui il giudice di primo grado ha fondato il suo giudizio (“dall’esame dell’appello proposto si evince una totale assenza di gravame e di prove per tutti i motivi i motivi di giudizio contenuti nella sentenza appellata”), nonchè per (2) omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi “ciascuna di per sè idonea a sorreggere la decisione” della sentenza impugnata, identificate in “- nessuna prova è stata fornita a suffragio della carente valutazione Eurotax in relazione ai casi di fatturazione ed allo stato di usura delle vetture rispetto all’anno di immatricolazione”; “- non ha fornito alcuna pertinente controdeduzione con riferimento ai controlli incrociati su cui si sono fondate le presunte operazioni in evasione”; “- impossibilità di individuare fatti certi ed elementi concreti da porre a base del giudizio”;

– non vi è, dunque, alcuna omessa pronuncia, nè omessa motivazione, fondandosi la decisione, da un lato, sull’esistenza di vizi procedurali ostativi all’esame del merito della pretesa, e, dall’altro, che la pretesa era comunque sfornita di adeguati riscontri probatori;

– il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione degli artt. 2697,2700 e 2727 c.c., ed omessa, insufficiente ed illogica motivazione;

– il mezzo è inammissibile per una pluralità di profili;

– è infatti inammissibile il motivo di ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione mentre il vizio di falsa applicazione della legge si risolve in un giudizio sui fatto contemplate dalle norme di diritto positive applicabili al caso specifico (con la correlata necessita che la sua denunzia debba avvenire mediante l’indicazione precisa dei punti della sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse, fornita dalla giurisprudenza di legittimità e/o dalla dottrina prevalente), il vizio relative all’incongruità della motivazione comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste solo qualora il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione;

– una siffatta formulazione, infatti costituisce una negazione della regola della chiarezza e al contempo, impone un improprio intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 14/09/2016);

– sotto altro versante, poi, la doglianza attinge più che la sentenza impugnata le contestazioni formulate dal contribuente, profilo che non solo è estraneo alla ratio della decisione, ma non è neppure stato oggetto di disamina da parte della CTR;

– il ricorso va pertanto rigettato;

– le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese processuali a favore del contribuente, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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