Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25616 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20027-2017 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO RIMOLDI;

– ricorrente –

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI BUSTO GAROLFO E BUGUGGIATE SOCIETA’

COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO TAVERNITI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZANZI ALBERTO;

– controricorrente –

contro

M.P., F.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 196/2017 della CORTE DI APPELLO di MILANO, depositata il 19/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. SCARANO Luigi A..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 19/1/2017 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato il gravame interposto dalla sig.ra O.E. in relazione alla pronunzia Trib. Varese n. 113/2016, di accoglimento dell’azione revocatoria spiegata dalla Banca di credito cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate Società Cooperativa al fine di ottenere dichiarazione di inefficacia, nei propri confronti, dell’atto di donazione con il quale i sigg. F.L. e M.P. fideiussori e debitori del medesimo istituto di credito – avevano donato alla propria nipote – l’ O. – dei beni immobili.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’ O. propone ora ricorso per cassazione affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso e memoria ex art. 380 bis c.p.c. la Banca di credito cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate Società Cooperativa, che ha presentato anche memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1362 e 1371 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente pone a loro fondamento atti e documenti del giudizio di merito (es., il “ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato il 21 aprile 2015”, il “contratto di “donazione” – stipulato il 25 luglio 2014 a ministero del dott. G.C. Notaio in *****”, la “sentenza n. 113 del 27.1.2016”) limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239; Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass. Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare e intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass. 2/8/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 15/5/1998, n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 3/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

A tale stregua, l’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate dal giudice dell’appello nell’impugnata sentenza rimangono invero non idoneamente censurate dall’odierna ricorrente.

Va ulteriormente posto in rilievo, con particolare riferimento al 2 motivo, come nel dedurre che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto “presuntivamente dimostrata la scientia damni in capo alla ricorrente sulla base di un duplice ordine di fattori, tra loro correlati: i) la relazione parentale e di convivenza con la madre (signora M.F.)…; ii) l’assenza di una plausibile giustificazione al trasferimento dell’immobile, altra da quella di ostacolare la Banca creditrice”, la ricorrente in realtà prospetti (anche) doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziatesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omesso, contradditorio e a fortiori erroneo esame di determinati elementi probatori (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente Banca di credito cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate Società Cooperativa, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.200,00 di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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