Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25636 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16026-2017 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato VITO VOLPE;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI *****, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI NOTARISTEFANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1307/2016 della CORTE DI APPELLO DI BARI, depositata il 21/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

RILEVATO

che:

è stata impugnata da D.C. la sentenza n. 1107/2016 della Corte di Appello di Bari con ricorso fondato su due motivi e resistito con controricorso della parte intimata.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale ha rigettato l’impugnazione innanzi ad essa proposto dalla odierna ricorrente avverso la sentenza n. 3653/2010 del Tribunale di Bari.

Quest’ultima, accogliendo la domanda dell’odierna ricorrente, aveva già statuito la condanna del Condominio odierno controricorrente alla esecuzione dei lavori necessari al fine di evitare le infiltrazioni lamentate, con condanna al pagamento in favore della D. della somma di Euro 413,17 mensili a titolo di risarcimento (ritenuto dalla stessa comunque insufficiente).

CONSIDERATO

che:

1.- Col primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione di norme di legge (artt. 2051 e 2043 c.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2.- Col secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge (artt. 91 e 92 c.p.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

3.- Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente e vanno respinti per infondatezza.

L’impugnata sentenza ha deciso la controversia applicando espressamente il principio già enunciato da questa Corte (sent. n. 15291/2011) in tema di responsabilità del condominio quale custode dei beni e servizi comuni.

Parte ricorrente nulla deduce di rilevante al fine di intaccare la ratio della decisione gravata.

Anzi il ricorso, attraverso la strumentale deduzione di pretesi vizi di legge pretende, nella sostanza (ed inammissibilmente), il riesame nel merito della fattispecie (Cass. n. 25608/2013 e S.U. 24148/2013).

Quanto, poi ed in particolare, alla doglianza di cui al secondo motivo del proposto ricorso va evidenziato che – come da nota giurisprudenza (Cass. n. 30592/2017) – è incensurabile in questa sede la valutazione del Giudice del merito in ordine alla soccombenza.

4.- Per le considerazioni innanzi svolte io ricorso, in quanto del tutto infondato, va rigettato.

5.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così come in dispositivo.

6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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