LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18677/2017 proposto da:
A.F. MOTORI DI A.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO D’ITALIA 102, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PASQUALE MOSCA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIO TARSITANO;
– ricorrente –
contro
I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSANNA MARTELLOTTA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1193/2017 del TRIBUNALE di COSENZA, depositata il 14/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
RILEVATO
che:
è stata impugnata dalla da A.F. Motori la sentenza n. 1193/2017 del Tribunale di Cosenza con ricorso fondato su due motivi e resistito con contrcericorso della parte intimata. Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
La citata gravata decisione del Tribunale, accogliendo l’appello innanzi ad esso interposto dall’odierna parte controricorrente, aveva accolto la domanda della medesima parte, in cui favore veniva disposta la condanna, a titolo di risarcimento danni della A.F. Motori, al pagamento della somma di Euro 4.944,79 per il malfunzionamento di un veicolo “Quad”.
La precedente appellata sentenza dei Giudice di pace di Argentano aveva, viceversa, rigettato la domanda proposta dallo I. nei confronti della A.F. Motori.
CONSIDERATO
che:
1.- Col motivo del ricorso sii censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
1.1- Viene contestata l’impugnata sentenza poichè essa avrebbe ritenuto proposta nei termini di legge la denuncia dei vizi del veicolo a fronte della pretesa non risultanza di ciò “da alcun atto e, comunque, dalla istruttoria svolta”.
2.- Col secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5.
3.- Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente.
Essi non possono essere accolti.
Ciò in quanto con gli stessi tendono, anche attraverso la strumentale deduzione di vizi di violazione di legge, ad un sostanziale ma non più ammissibile riesame nel merito della fattispecie ed, in particolare, delle risultanze istruttorie (già valutate nella competente sede dalla Corte del merito), in base alla sole quali era possibile valutare l’intervenuta o meno prescrizione dell’azione.
Al riguardo non possono che richiamarsi i noti principi già enunciati da questa Corte con le sentenze n.ri 25608/2013 e S.U. 24148/2013.
Va, poi, riaffermato che “il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione. (Nella specie, enunciando il riportato principio, la S.C. ha rigettato il relativo motivo di ricorso col quale si richiedeva, sulla base di una rivalutazione dei criteri previsti dal “regolamento del personale” di una società, l’accertamento dei presupposti per l’attribuzione di un punteggio superiore in favore di un dipendente aspirante alla promozione alla qualifica superiore)” (Cass. n. 9233/2006).
4.- I motivi sono, dunque, inammissibili.
5.- Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
6.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.
7.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018