Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.25675 del 15/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7975-2014 proposto da:

C.L., C.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 183 sc. B, presso lo studio dell’avvocato DORA MORETTI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI VALTULINI;

– ricorrente –

contro

A.C., M.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA STEFANINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1078/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 30/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIOVANNI VALTULINI e, con sua delega, l’Avvocato NATALINA VITALI, difensori dei ricorrenti, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CLAUDIO MENDICINO, con delega dell’Avvocato NICOLA STEFANINI, che ha chiesto l’inammissibilità, in subordine il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. A.C. e M.R. hanno convenuto innanzi al tribunale di Bergamo C.S. e C.L. rivendicando la proprietà, giusta acquisto dai signori B. del 6/10/1993, di un sedime di aiuola e di un marciapiedi da questi ultimi posseduti nell’ambito del mappale n. *****; la sola signora A. ha chiesto altresì accertarsi servitù di passaggio su altro fondo di proprietà B. al mappale n. ***** del predetto comune, pure posseduto dai convenuti. I convenuti hanno eccepito l’usucapione della porzione di terreno, la pertinenzialità di aiuola e marciapiedi rispetto al loro immobile, acquistato da A.A. nel 1992, nonchè negato il sussistere della servitù di passaggio.

2. Disposta c.t.u., il tribunale ha dichiarato la proprietà degli attori su aiuola, muretto e recinzione, condannando, i convenuti al rilasciò, ha dichiarato la titolarità in favore di A.C. di servitù di passaggio; ha condannato i convenuti alle spese.

3. Adita su impugnazione dei signori C., sulla resistenza dei signori A. e M. che hanno chiesto correzioni di errori materiali e – con appello incidentale – il riconoscimento di ulteriori spese processuali di primo grado, la corte d’appello di Brescia, previa nuova c.t.u., con sentenza depositata il 30/9/2013 ha disposto alcune correzioni di errori materiali e ha rigettato l’appello principale e quello incidentale.

A sostegno della decisione la corte territoriale ha considerato:

– che talune correzioni di errori materiali fossero effettivamente necessarie, altre essendo superflue;

– che, quanto all’appello principale, fosse del tutto mancata la prova del vincolo pertinenziale delle aree rivendicate rispetto al compendio degli appellanti;

– che fossero state congruamente valutate le testimonianze, essendo stata anche legittima la riduzione della lista dei testi, non essendo emerso il possesso degli appellanti o loro danti causa sulla parte controversa del mappale ***** per oltre un ventennio, ciò che escludeva l’usucapione;

– che l’accertamento della servitù in favore di A.C. era avvenuto non già in base a clausola di stile contenuta nel contratto del 1988 di acquisto del di lei fondo (secondo cui l’acquisto avveniva con le servitù attive e passive), ma in base all’esame di altro atto del 1977 costitutivo della servitù (p. 19 ss. della sentenza);

– che, quanto all’appello incidentale, non spettavano le ulteriori spese processuali pretese.

3. L. e C.S. hanno proposto ricorso per laò cassazione di tale decisione, articolato su otto motivi illustrati da memoria. Hanno resistito con controricorso A.C. e M.R., depositando poi anch’essi memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunciano omesso esame circa fatti decisivi, indicati in errore circa l’individuazione dell’area effettivamente interessata dal diritto di proprietà e dalla servitù di passaggio, nonchè nullità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo; tanto poichè, essendo parte del mappale n. ***** anche il marciapiedi cui si estende il fondo servente, la corte d’appello aveva riconosciuto la proprietà dei signori A. – M. sul marciapiedi nella motivazione, rigettando l’eccezione di usucapione (p. 16 e 17), e aveva poi nel dispositivo omesso la menzione del marciapiedi, diverso dal muretto. Si denunciano altresì violazione di legge e mancato esame dei dati fattuali e documentali emergenti dalle prove testimoniali e documentali in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., in particolare essendo i manufatti quale il marciapiedi sempre esistito, come dichiaratò dal teste L..

2. Con il secondo motivo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, indicato nell’usucapione dell’area interessata, oltre che violazione delle norme di diritto in tema di usucapione indicate negli artt. 1140 e 1158 c.c.. In particolare si lamenta non avere la corte d’appello esaminato le prove – in particolare testimoniali, ma anche fotografiche e in genere documentali – a sostegno della dedotta usucapione. Anche a tal riguardo si denunciano altresì violazione di legge e mancato esame dei dati emergenti dalle prove testimoniali e documentali in relazione agli artt. 115e 116 c.p.c., artt. 948 e 2697 c.c..

3. Con il terzo motivo si lamentano violazioni degli artt. 345 e 356 c.p.c. nonchè omesso esame circa fatti decisivi emergenti dalle prove testimoniali e documentali acquisite, nonchè dalle prove costituende richieste e ingiustamente non assunte, mediante limitazione della lista dei testi ed esclusione dell’integrazione della c.t.u.

4. Con il quarto motivo si denuncia omesso esame circa un fatto controverso e decisivo, indicato nel diritto di proprietà sulla parte in contestazione del mappale n. *****, nonchè violazione delle norme di diritto in materia di proprietà e possesso individuate negli artt. 922,948,949 e 1140 c.c., in materia di prova identificate nell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè in materia di prescrizione “acquisitiva ed estintiva ex art. 948 u.c. e art. 1073 c.c.” (sic). In particolare, si denuncia l’errore della sentenza impugnata che ha riconosciuto in capo agli originari attori la proprietà della parte in questione del mappale n. ***** in base all’atto di acquisto del 6/10/1993, senza considerare l’onere di prova in materia di rivendica anche attraverso i danti causa sino a risalire a un acquisto a titolo originario, onere non attenuato dall’eccezione di usucapione. Si denuncia, poi, l’erronea valutazione circa il sussistere della prova relativamente all’esistenza della servitù, gravante su altri fondi, in base a clausola di stile contenuta nel titolo, senza pari riconoscimento del rapporto pertinenziale attestato da analoga clausola.

5. Con il quinto motivo si deduce omessa “considerazione” circa un “elemento” decisivo per il giudizio, indicato nel vincolo di pertinenzialità dell’area, nonchè violazione di norme di legge, identificate nell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., in tema di prova; in particolare, si è addotta la presunta erronea valutazione della corte territoriale di inesistenza del vincolo pertinenziale, risultante dall’atto di acquisto dei signori C. e in quello dei loro danti causa, seppure con espressioni generiche; ciò a fronte di elementi probatori attestanti la situazione fattuale.

6. Con il sesto motivo si deduce omesso esame di fatti controversi e decisivi indicati nella individuazione dei mappali su cui insisterebbe la servitù di passaggio, per errori nella c.t.u., nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza. In particolare, si lamenta il mancato esame da parte della corte d’appello delle contestazioni alla c.t.u. mosse dalla parte ricorrente, che le ha all’uopo riprodotte in cinque separate sezioni nell’ambito della censura di cui trattasi.

7. Con il settimo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo i giudici del merito pronunciato su servitù a carico di mappali diversi da quelli di cui alla domanda, nonchè omesso esame su fatti decisivi, per essersi estinta o non essersi addirittura costituita la servitù, con conseguente erroneità della sentenza che aveva omesso di rigettare la confessoria.

8. I motivi predetti – dal primo al settimo – sono tutti inammissibili.

8.1. Va anzitutto rilevato come, in parte, i motivi stessi siano stati dedotti o in riferimento a parametri (ad es. “esclusione delle prove testimoniali”, “omessa considerazione”, “errori della consulenza tecnica”) non conformi a quelli in relazione ai quali l’art. 360 c.p.c., comma 1 ammette, in via tassativa, il ricorso per cassazione di sentenze o, in altre parti, senza l’indicazione delle statuizioni impugnate e delle norme di diritto specificamente ritenute violate. Da altro punto di vista, le doglianze sono cumulate tra loro in maniera tale da non essere distinguibili le argomentazioni riferibili all’una o all’altra censura. Già da ciò discende l’inammissibilità per tutti i motivi.

8.2. Da altro punto di vista, attraverso il riferimento a presunte violazioni di norme sostanziali e processuali in materia di prove o di loro espletamento, lungi dal dedurre effettive violazioni delle relative regole (ad es. in tema di riparto dell’onere probatorio o di espletamento delle prove nel procedimento di merito), i ricorrenti si dolgono della circostanza che la sentenza impugnata faccia emergere difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della stessa parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati dai giudicanti di merito, risolvendosi i motivi di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento degli stessi tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai tini del giudizio di cassazione (in termini, ad es., Cass. sez. U n. 24148 del 2013).

8.3. Quanto poi alle censure di omessa valutazione riferite alle risultanze istruttorie, deve richiamarsi che la doglianza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – trattandosi di ricorso avverso sentenza depositata dopo l’11/9/2012 – secondo il testo di detta norma applicabile ratione temporis giusta, la riformulazione disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 avrebbe dovuto essere articolata quale “omesso esame circa un fatto decisivo”, deduzione che presuppone laò totale pretermissione nell’ambito della motivazione di uno specifico fatto storico, principale o secondario, oppure la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza della semplice “insufficienza” o di “contraddittorietà” della motivazione. Nel caso di specie, in sostanza, la parte ricorrente lamenta, quale “omesso esame”, non già la mancata considerazione di fatti storici nel senso anzidetto, ma l’omesso esame di elementi istruttori, che non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (l’usucapione, gli elementi costitutivi del rapporto pertinenziale, ecc.), sia stato comunquè preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; la giurisprudenza ha specificato che la possibilità di sollevare tali doglianze neppure sopravvive come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c, n. 4 (cfr. Cass. sez. U., 07/04/2014 n. 8053; Cass. n. 08/10/2014 n. 21257 e 06/07/2015n. 13928). Ne discende l’inammissibilità dei motivi anche per tale via, posto che i fatti principali e secondari dedotti sono stati valutati, dandone conto la motivazione.

8.4. Specificamente in ordine alle censure per presunte violazioni di legge per riduzione di lista testi e per rifiuto di integrazione di c.t.u., le stesse sono inammissibili anche per altro verso: se è vero che la corte di cassazione, allorquando sia denunciato uri error in procedendo, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di. cui richiede il riesame e, quindi, che il córrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. n. 2771 del 02/02/2017), ciò che non è nel caso di specie (cfr. p. 27 ss. del ricorso).

8.5. Circa poi il profilo di asserita “nullità” della sentenza per avere, in tesi, la corte d’appello nel dispositivo omesso la menzione del marciapiedi, diverso dal muretto, la parte ricorrente non chiarisce perchè da una siffatta imperfezione redazionale, se esistente, deriverebbe una nullità. A maggior ragione laddove ilò dispositivo rinvia a un allegato grafico di c.t.u. idoneo a fornire elementi in materia, altri rimedi – diversi dal ricorso per cassazione – sono utilizzabili in argomento.

9. Con l’ottavo motivo si censura la decisione della corte d’appello, per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere essa compensato le spese del grado e confermato la condanna alle spese del grado precedente; alla luce delle precedenti doglianze, e nella prospettiva di loro accoglimento, la parte ricorrente ha chiesto il favore per tutte le spese. Il motivo va disatteso, non essendosi verificata l’ipotesi posta alla base della doglianza di esito favorevole del ricorso per cassazione.

10. In definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese secondo soccombenza. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater va dato atto del sussistere. dei presupposti per il versamento a cura dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 4.000 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 14 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018

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