LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29499-2017 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO, 13, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 1658/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA depositato il 12/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/06/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 2.8.2012 T.G. chiedeva alla Corte di Appello di Perugia il riconoscimento dell’indennizzo per equa riparazione derivante dalla durata irragionevole del processo in relazione ad un giudizio di opposizione all’esecuzione svoltosi in primo grado, appello e cassazione, per una durata complessiva di 10 anni e 1 mese.
La Corte di Appello, con il decreto impugnato, determinava l’indennizzo in Euro 2.000, riconoscendo una durata eccessiva di quattro anni e determinando quindi la somma di Euro 500 per ciascun anno di ritardo.
Nella motivazione, la Corte territoriale dava atto che nel corso del giudizio era intervenuta la sospensione dell’avv. S.N., originario difensore della T., comminata dal C.O.A. con atto del 18.7.2013 e che il giudizio era stato riassunto nel termine decadenziale di tre mesi di cui agli artt. 301 e 305 c.p.c., decorrente dalla conoscenza legale della causa di interruzione.
Interpone ricorso per la cassazione di detto provvedimento il Ministero della Giustizia, affidandosi ad un unico motivo. Resiste con controricorso la T.. Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la nulità del decreto per violazione degli artt. 301 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che, poichè la T. era imputata nel medesimo procedimento penale che aveva determinato la sospensione dell’avv. S., suo coniuge, ed era parte dello stesso studio legale, la stessa aveva avuto materiale conoscenza della causa di interruzione legata alla perdita dello ius postulandi da parte del proprio difensore al più tardi il 24.10.2013, data in cui il C.O.A. aveva comunicato ad entrambi gli avvocati S. e T. il provvedimento di sospensione. Da tale data, pertanto, avrebbe dovuto essere computato il termine decadenziale di tre mesi per la riassunzione del giudizio, che di conseguenza avrebbe dovuto essere dichiarato estinto posto che la riassunzione era avvenuta il 29.9.2014.
La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso perchè il Ministero non avrebbe indicato specificamente in quale parte della memoria difensiva in appello sarebbero state rilevate le circostanze indicate nel motivo, nè quando detta memoria sarebbe stata collocata nell’ambito dello svolgimento del procedimento. Inoltre, perchè il ricorrente non avrebbe trascritto la comunicazione di sospensione inviata dal C.O.A..
L’eccezione va disattesa, essendo sufficiente – ai fini dell’individuazione del momento processuale in cui furono sollevate le deduzioni oggetto del motivo – il richiamo, operato dal ricorrente, alla memoria difensiva in appello e al provvedimento del C.O.A., il quale – peraltro – viene in rilievo soprattutto con riferimento alla data della sua comunicazione.
Va inoltre evidenziato che la T. non contesta, nel proprio controricorso, nè il fatto che il Ministero avesse effettivamente contestato la tardività della riassunzione con la memoria difensiva in appello, nè la circostanza che il provvedimento di sospensione sua e dello S. le fosse stato comunicato dal C.O.A. il 24.10.2013.
Il motivo è invece fondato.
Ed invero questa Corte, con ordinanze n. 12493 del 21.5.2018 e n. 13564 del 30.5.2018, ha affermato – in continuità con quanto affermato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976 – che “… il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo, interrotto per morte o impedimento del procuratore, decorre non dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui lo stesso evento sia venuto a conoscenza della parte, interessata alla riassunzione, in forma legale, risultante cioè da dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde acquisita (cfr. Cass. Sez. lav. 29.12.1999 n. 14691; Cass. 25.2.2015 n. 3782). E’ tuttavia pur in tal guisa innegabile che, allorquando la ricorrente ha ricevuto notificazione del provvedimento ad ella indirizzato di sua sospensione cautelare dall’esercizio della professione a tempo indeterminato, ha inevitabilmente preso atto che il suo provvedimento le prefigurava – le dichiarava – al contempo in ragione delle premesse (“visto l’esposto disciplinare… a carico degli avvocati S.N. e T.G…. attualmente entrambi sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere”), della riproduzione nel corpo del provvedimento dell’ordinanza di applicazione di misura cautelare e delle imputazioni elevate nei suoi confronti e nei confronti del coindagato nonchè delle osservazioni inserite nel testo, ove è riferimento all’istanza di ricusazione congiuntamente formulata dalla ricorrente e dall’avvocato S., l’analoga sospensione assunta, per i medesimi illeciti penali nei confronti del coindagato collega di studio. La notificazione del suo provvedimento di sospensione è valsa in guisa di dichiarazione e dunque in forma legale, a renderla edotta dell’analogo provvedimento di sospensione assunto dallo stesso consiglio dell’ordine nei confronti del suo difensore nel procedimento ex lege n. 89 del 2001, introdotto in data 19.9.2011 innanzi la Corte di Appello di Perugia” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13564 del 30/05/2018 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12493 del 21/07/2018, entrambe non massimate).
La fattispecie oggetto del presente giudizio è del tutto analoga a quelle decise con i precedenti appena richiamati, che meritano di essere pertanto confermati.
Ed invero è pacifico che la T., moglie dello S., sua collega di studio, coimputata nel medesimo procedimento penale, con lui ristretta in carcere e sospesa a tempo indeterminato in forza del medesimo provvedimento, era pienamente a conoscenza della perdita dello ius postulandi da parte del predetto S. al più tardi a decorrere dal momento in cui ella aveva ricevuto dal C.O.A. la comunicazione della sua propria sospensione, ovverosia dal 24.10.2013. Da tale data, pertanto, decorreva il termine di riassunzione di cui agli artt. 301 e 305 c.p.c.. Essendo stato il procedimento pacificamente riassunto soltanto in data 29.9.2014, lo stesso avrebbe dovuto essere dichiarato estinto.
In definitiva il ricorso va accolto, con conseguente cassazione senza rinvio del provvedimento impugnato.
Le spese del presente grado e di quello di merito seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato senza rinvio e condanna la resistente al pagamento delle spese del presente grado, che liquida in Euro 710, nonchè a quelle del grado di merito, che liquida in Euro 1.100, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018