LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
Dott. LA TORRE Mario Enza – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27680-2016 proposto da:
B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 5, presso lo studio dell’avvocato MARIO FANTACCHIOTTI, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO ANDREA CHIOCCA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 586/3/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di GENOVA, depositata il 18/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/03/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.
RITENUTO IN FATTO
B.S. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Liguria, n. 586/3/2016, dep. 18.4.2016, che su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef, Iva, Irap anno 2008 emesso a seguito di verifica fiscale, ha respinto l’appello del contribuente, confermando la decisione di primo grado.
In particolare la CTR ha ritenuto valida la motivazione per relationem al pvc consegnato al contribuente, del quale pertanto non sussisteva alcun obbligo di allegazione, e notificato dopo 60gg, per cui il contribuente “avrebbe potuto proporre le sue osservazioni”; legittimi gli accertamenti bancari, per i quali non è necessaria l’esibizione al contribuente dell’autorizzazione, e costituenti presunzioni non superate nella fattispecie da prova contraria, che il contribuente non ha non offerto; regolare l’applicazione delle sanzioni.
L’Agenzia resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo si deduce nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per mancato rinvio dell’udienza di trattazione in relazione all’impedimento del difensore.
Il motivo è infondato, non integrando l’indisponibilità del difensore, in assenza delle condizioni, come individuate dalla giurisprudenza di questa Corte (S.U. n. 4773 del 26/03/2012), l’obbligo per il giudice tributario di rinviare l’udienza di discussione. Ciò con riferimento all’impossibilità di sostituzione mediante delega conferita ad un collega con riferimento al disposto generale dell’art. 115 c.p.c. (applicabile al processo tributario in forza del rinvio operato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 – venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza (v. anche Cass. n. 9245/2016, n. 14600/2016).
2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5 e della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 ex art. 360 c.p.c., n. 3, e vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’avviso di accertamento, motivato per relationem al pvc.
Il motivo è infondato, avendo la CTR, con congrua motivazione, deciso in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la motivazione “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. n. 30560/2017). Nè è necessario che l’accertamento menzioni le osservazioni del contribuente, L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass. n. 8378/2017).
3. Col terzo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, ex art. 360 c.p.c., n. 3, sulle irregolarità nel procedimento relativo alle indagini finanziarie, avendo il contribuente ottemperato a quanto previsto dalla norma al fine di evitare che i prelevamenti fossero considerati come ricavi, e sulla apoditticità e genericità della motivazione sul punto, con conseguente vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Il motivo, a parte i profili di inammissibilità, in quanto la denunzia di motivazione apparente, proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella versione applicabile ratione temporis, può essere fatta valere unicamente con la deduzione di nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, e trattandosi peraltro, con riferimento alla denunciata violazione di legge, di specifico accertamento di fatto, compiuto dalla CTR, in ordine alla mancata dimostrazione degli elementi contrari addotti dal contribuente, è in ogni caso infondato, dovendo il contribuente fornire – e la CTR esclude che lo abbia fatto – la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 4829/2015, n. 11102 del 05/05/2017, n. 10480 del 03/05/2018). Cass. n. 13075 del 24 maggio 2017 ha precisato che al fine di vincere la presunzione di maggior reddito derivante da prelevamenti e versamenti ingiustificati su conto corrente bancario, non è sufficiente l’indicazione dei nomi dei beneficiari, ma occorre una prova analitica che l’operazione è estranea a fatti imponibili. Nella fattispecie l’avviso di accertamento riportando sul punto il pvc, come evidenziato in ricorso – ha imputato alla ditta BSV Refrigerazioni di B.S. le somme corrisposte a soggetti terzi con emissione di assegni bancari nei quali era indicato il beneficiario “senza esibire ulteriori documenti utili a comprovare l’indicazione resa”, così da non superare la presunzione legale di corrispondenza fra movimenti bancari e ricavi.
4. Col quarto motivo si deduce vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per violazione dell’art. 2697 e 2729 c.c., dell’art. 3TUIR, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 54 e della L. n. 212 del 2000, art. 2 per non avere la CTR argomentato sul motivo di appello relativo alla irregolarità nel recupero di fatture per presunte operazioni inesistenti.
Questo motivo è inammissibile, poichè la questione non risulta sia stata affrontata dalla CTR, per cui esula dal giudizio di legittimità, stante la sua natura di giudizio chiuso e a critica vincolata, non contenendo il detto motivo una censura di omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c.; con esso, a fronte della motivazione della sentenza impugnata, nella quale non si manifestano carenze nel percorso logico seguito nella ricostruzione operata dal giudice del merito, si pretende una rivalutazione degli elementi fattuali, inibita in sede di legittimità, sul piano della insufficienza, e senza che sia documentata la sua proposizione nelle fasi di merito, con conseguente carenza di autosufficienza, limitandosi il ricorrente ad affermare di avere documentato in sede di verifica “la detrazione delle fatture ricevute, in quanto relative a prestazioni svolte e regolarmente pagate”.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, secondo il principio di soccombenza. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito. Ricorrono le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2018.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2018
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