Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26510 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26292/2014 proposto da:

M.M., D.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI, rappresentati e difesi dagli avvocati CARDENA’ CLAUDIA, MAURIZIO DELLA COSTANZA;

– ricorrenti –

contro

CF S. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente, domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato RENATO CLARIZIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE FATTORI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 521/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 09/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO che:

M.M. e D.M. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Pesaro la società CF S. s.r.l.: gli attori affermavano di aver conferito alla società l’incarico di seguire la loro situazione contabile e fiscale in relazione alla successione di M.B., che la società convenuta era incorsa in colpa professionale nell’esecuzione dell’incarico, causando loro danni, e chiedevano la condanna della medesima a risarcire i danni subiti. La società contestava di aver ricevuto l’incarico di curare le questioni fiscali degli attori e sosteneva che l’incarico attinente la successione era stato conferito all’avv. S. e non alla società, che si occupava solamente della elaborazione dei dati contabili. Il Tribunale di Pesaro rigettava la domanda, affermando che non era stato provato che gli attori avessero conferito alla società l’incarico di consulenza fiscale.

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza 9 agosto 2013, n. 521, ha respinto l’appello fatto valere dagli attori.

Avverso la sentenza M. e D. ricorrono per cassazione. Resiste con controricorso la società CF S..

Sia i ricorrenti che la controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

a) I primi due motivi sono tra loro connessi e vanno congiuntamente trattati. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 345 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la Corte d’appello ha errato nel negare l’indispensabilità delle prove documentali prodotte nel giudizio di secondo grado in quanto, a differenza di quanto ha affermato la Corte, si tratta di documenti decisivi. Il secondo motivo contesta violazione dell’art. 345 c.p.c.: la Corte d’appello ha violato la norma laddove ha affermato che la produzione in appello dei documenti era inammissibile perchè i documenti si sono formati prima che fossero scaduti i termini per le deduzioni istruttorie in primo grado.

I motivi non possono essere accolti. E’ vero che la circostanza che i documenti, prodotti in appello, si siano formati prima della scadenza dei termini per le deduzioni istruttorie in primo grado non li rende alla luce della pronuncia delle sezioni unite n. 10790/2017 – di per sè inammissibili ai sensi del terzo comma dell’art. 345 c.p.c. e il giudice d’appello deve verificarne l’indispensabilità ai fini della decisione della causa, ma è altrettanto vero che la Corte d’appello tale verifica ha posto in essere, escludendo – con giudizio di fatto insindacabile in questa sede – che “la documentazione prodotta sia indispensabile ai fini della decisione, in quanto le fatture depositate (..) si riferiscono tutte ad attività di elaborazione dei dati contabili o compilazione di denunce dei redditi e simili (tale è la dizione che appare sulle stesse) e non costituiscono pertanto supporto alle tesi difensive dell’appellante”.

b) Il terzo motivo fa valere nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio: la Corte d’appello ha errato nel non ritenere decisive, ai fini del raggiungimento del convincimento circa il conferimento dell’incarico di consulenza fiscale, le dichiarazioni rese da un testimone, R.R..

Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha attentamente vagliato (cfr. pp. 8 e 9 della sentenza impugnata) le dichiarazioni, peraltro rese in un altro giudizio, e ha ritenuto – con giudizio insindacabile in questa sede – che si tratti di dichiarazioni non decisive, che confermano quelle rese nel processo dagli altri testimoni.

c) Il quarto motivo contesta violazione degli artt. 1176, 1218, 1228, 1710, 2043, 2049 c.c.: il giudice d’appello non avrebbe seguito i principi elaborati da questa Corte in tema di prova dell’inadempimento dell’obbligazione, in quanto il creditore che agisce per il risarcimento del danno deve solo provare la fonte del suo diritto, limitandosi alla allegazione dell’inadempimento di controparte. Il motivo è infondato. I ricorrenti non considerano che, nel caso di specie, è la prova della fonte del diritto al risarcimento del danno, ossia la dimostrazione del conferimento dell’incarico, che non è stata raggiunta, dimostrazione che, in base a quanto essi stessi affermano, era loro onere fornire.

2. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese sono liquidate in dispositivo seguendo la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 5 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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