Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26605 del 22/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22515/2014 proposto da:

S.C., S.L., elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE MARIO VAVALA’, rappresentati e difesi dall’avvocato MICHELE COSTANZO;

– ricorrenti –

contro

T.F., elettivamente domiciliato in GIARRE, VIA NINO MARTOGLIO 30, presso lo studio dell’avvocato MARIANGELA CORBO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 14/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/04/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO che:

S.L. e C. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Catania T.F.: asserendo di essere proprietari di un fondo che aveva quale pertinenza una vasca di raccolta dell’acqua, posta “su un immobile di proprietà di T. (in virtù della quale godevano di una servitù di passaggio attraverso il terreno di quest’ultimo) e che circa tre anni addietro T. aveva demolito la vasca di loro proprietà”, chiedevano al Tribunale di condannare T. al ripristino della vasca o, in subordine, al pagamento delle somme necessarie per la ricostruzione; T. si costituiva e anzitutto eccepiva la prescrizione dell’azione fatta valere. Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 3314/2013, accoglieva la domanda subordinata e condannava T.F. al pagamento di Euro 8.370.

T. ha impugnato la sentenza. La Corte d’appello di Catania, con sentenza 14 luglio 2014, n. 74, ha ritenuto, a differenza del giudice di primo grado, fondata l’eccezione di prescrizione dell’azione e ha rigettato la domanda proposta da S.L. e C..

Avverso la sentenza S.L. e C. ricorrono per cassazione.

Resiste con controricorso T.F..

Con atto datato 13 ottobre 2016 si è costituito con comparsa il nuovo difensore del controricorrente, che si è “riportato al contenuto del controricorso”.

I ricorrenti hanno depositato, in data 26 marzo 2018, memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Con la memoria depositata il 26 marzo 2018, i ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare al primo motivo – con il quale hanno lamentato nullità del procedimento e violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, 347 c.p.c., D.L. n. 179 del 2012, art. 16 e art. 45 disp. att. c.p.c., per non avere la Corte d’appello dichiarato la tardività della proposizione dell’impugnazione – in quanto il dettato dell’art. 133 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, esclude che la comunicazione dell’intera sentenza sia idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione.

b) Il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 1027, 1028, 1073, 1074, 2947 c.c.: la Corte d’appello, qualificando la domanda dell’attore come azione di risarcimento danni da illecito extracontrattuale ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere, in tal modo disattendendo la corretta applicazione delle disposizioni richiamate.

Il motivo non può essere accolto. L’interpretazione della domanda è compito che spetta al giudice di merito, “il cui giudizio si risolve in un accertamento di fatto, incensurabile in cassazione se congruamente ed adeguatamente motivato” (così, ex multis, Cass. 9011/2015).

Nel caso in esame il giudice d’appello ha stabilito che, vertendosi non in materia di diritto di servitù, ma di demolizione di un manufatto (una vasca di raccolta dell’acqua), si tratta di un’azione di risarcimento, in forma specifica o in forma generica, del danno generato da un mero fatto illecito (la demolizione della vasca), azione che si prescrive nel termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c..

La Corte d’appello ha pertanto argomentatamente e coerentemente interpretato la domanda dei ricorrenti che avevano chiesto – così le conclusioni dell’atto di citazione di primo grado riportate dal controricorrente – di “condannare T. al ripristino della vasca per la raccolta dell’acqua di irrigazione e in subordine voler condannare lo stesso al pagamento di tutte le somme necessarie e occorrenti per il ripristino della stessa”.

2. Il ricorso va quindi rigettato Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 6 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472