LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17468-2013 proposto da:
C.M., *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AREZZO, 29, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA PANSARELLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO VALLEBONA, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
BRISTOL – MYERS SQUIBB S.R.L., già S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio dell’avvocato DANIELA GAMBARDELLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI FRANCESCO BIASIOTTI MOGLIAZZA, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3148/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/05/2013 r.g.n. 3845/2010.
RILEVATO
CHE:
Che la Corte di appello di Roma con la sentenza n. 3148/13, accogliendo l’appello principale proposto da Bristol-Myers Squibb srl avverso la sentenza del tribunale locale, aveva rigettato la originaria domanda proposta da C.M. nei confronti della società Bristol Meyers diretta ad ottenere il risarcimento del danno per il demansionamento subito.
Il Tribunale aveva riconosciuto e liquidato il danno solo con riguardo al periodo aprile 2004-aprile 2005 ed aveva invece rigettato la domanda relativa al periodo precedente. Su tale ultimo punto della decisione era stato proposto appello incidentale dal lavoratore.
La Corte territoriale, trattando congiuntamente l’appello principale e quello incidentale, aveva ritenuto carenti le allegazioni contenute nell’originario ricorso ed insufficiente il materiale probatorio quanto al primo periodo sino al dicembre 2003 e comunque infondata la pretesa risarcitoria con riguardo al periodo successivo all’aprile 2004, in quanto accertato che al C. fosse stata assegnata la responsabilità del progetto relativo al farmaco ***** che, al di là dell’esito dello stesso e del raggiungimento degli scopi del progetto, costituiva comunque circostanza in contrasto con il dichiarato demansionamento.
La Corte rilevava altresì la carenza di condotte violative del disposto dell’art. 2103 c.c. e comunque l’assenza di elementi attestativi di un danno o un pregiudizio conseguente alle mansioni assegnate.
Avverso tale decisione C.M. proponeva ricorso affidandolo a tre motivi cui resisteva con controricorso la società Bristol-Meyers Squibb. Entrambe le parti depositavano successiva memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1)- Con il primo motivo di censura è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,122312262087,2103,2697 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver, la Corte territoriale, erroneamente affermato l’inesistenza del danno in quanto non desumibile da elementi presuntivi.
Parte ricorrente si duole della mancata considerazione delle deduzioni contenute in ricorso e della loro sufficienza quali elementi presuntivi al fine della prova del danno.
Il motivo risulta inammissibile poichè parte ricorrente non ha allegato e riportato in ricorso quali fossero le circostanze non considerate dal giudice del merito, così violando il principio di autosufficienza del ricorso diretto a consentire l’esame immediato dei motivi di censura.
Anche il richiamo a pg. 44 del ricorso non consente di valutare l’esatta portata delle censure. Questa Corte, a riguardo ha chiarito che “Il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione”. (Cass. n. 14784/2015).
Le indicazioni richieste ai fini della completezza del motivo di censura e del conseguente rispetto del principio di autosufficienza non sono state rispettate dalla parte ricorrente.
2)- Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1226,2087,2103,2697 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver, la Corte territoriale erroneamente confuso l’inadempimento con il danno.
Lamenta il ricorrente che la sentenza avrebbe confuso il danno il cui relativo onere probatorio grava sul lavoratore, con l’inadempimento il cui onere probatorio grava sul datore di lavoro.
In concreto il motivo riporta la parte della motivazione della sentenza del tribunale che aveva accolto la domanda del lavoratore, contrapponendola alla contrastante decisione assunta dalla Corte territoriale, ma non evidenzia affatto quali siano le effettive violazioni denunciate e in che modo le norme richiamate siano concretamente risultate violate. Il motivo risulta inammissibile.
3)- con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1226,2087,2103,2697 e 2729 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. In particolare il ricorrente si duole della mancata considerazione che il lavoratore fosse stato privato dell’aggiornamento professionale e del personale a lui sottoposto, peraltro particolarmente qualificato. Il ricorrente richiama talune circostanze a suo dire riscontrate nel corso del giudizio, ma non allega e inserisce nel corpo del ricorso tali riscontri. Peraltro si tratta all’evidenza di circostanze di fatto la cui valutazione è solo possibile in sede di giudizio di merito ed invece esclusa in sede di legittimità.
Come già in molte occasioni affermato “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016). La valutazione richiesta non può neppure trovare sponda sul versante dell’esame della motivazione e della sua denunciata carenza e contraddittorietà, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza hanno chiarito che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.
L’assenza di precise indicazioni inerenti una delle ipotesi sopra enunciate rende quindi inammissibile la censura.
Il ricorso è inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018
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