LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15812/2014 proposto da:
IL MESSAGGERO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI LAZZARA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
B.M.G.;
– intimato –
nonchè da:
B.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.
CARINI 32, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA COPPACCHIOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO PARADISI, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
IL MESSAGGERO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI LAZZARA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 549/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 21/06/2013, R.G.N. 226/2012;
il P.M. ha depositato conclusioni scritte.
rilevato che:
con sentenza nr. 549 del 2013 la Corte di appello di Ancona, rigettati l’appello principale e quello incidentale avverso la sentenza del Tribunale di Ancona (nr. 782 del 2011), riconosceva la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti in causa, con qualifica del lavoratore quale collaboratore fisso della società editoriale in epigrafe; affermava, poi, la risoluzione per mutuo consenso del rapporto di lavoro;
ha proposto ricorso per cassazione, Il Messaggero Spa, affidato a tre motivi;
ha resistito, con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, B.M.G.;
ha resistito, a sua volta, la società Il Messaggero Spa;
entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;
ha depositato requisitoria scritta il PG.
considerato che:
1. quanto al ricorso principale, con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti; si censura la sentenza per non aver dato conto, da un lato, dei criteri generali ed astratti idonei a dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e, dall’altro, per essere la decisione indifferente alle risultanze istruttorie emerse nel corso del giudizio; per non aver la sentenza, in particolare, tenuto conto della fonte contrattuale di regolamentazione del rapporto e del fatto che il controricorrente lavorava da casa senza mai recarsi in redazione e neppure era tenuto all’osservanza di orari ovvero ad obblighi di presenza o di necessaria collaborazione;
2. il motivo è inammissibile;
2.1. come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., nr. 19881 del 2014; Cass., sez. un., nr. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;
2.2. deve osservarsi allora come la sentenza impugnata dia conto del percorso che ha condotto al decisum: i giudici di merito indicano i criteri di qualificazione del rapporto, valorizzando, in particolare, la continuità della prestazione e la soggezione del prestatore di lavoro alle direttive ed al controllo del datore di lavoro; osservano come il lavoratore abbia reso le prestazioni secondo le esigenze della parte datoriale (dunque con vincolo di dipendenza) e lavorato “per anni ed anni”, rendendo una prestazione “intensa, continua e costante, concretatasi in un rilevantissimo numero di articoli prodotti (più di 3000 in cinque anni e mezzo)”;
2.3. eventuali lacune dell’iter motivazionale avrebbero potuto rilevare in relazione ad altri profili, tuttavia non adeguatamente censurati, ma non in termini di vizio (assoluto) di motivazione, quale è quello qui denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;
2.4. sotto il diverso profilo dell’omesso esame delle risultanze di cause, vi è da considerare che il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c., ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e che la decisività va, in radice, esclusa quando, come nella specie, si denunci l’omesso esame di una pluralità di fatti, nessuno dei quali – evidentemente ex se risolutivo, nel senso dell’idoneità a determinare il segno della decisione (Cass. nr. 21439 del 2015; Cass. nr. 13676 del 2016);
3. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2727, 2728 e 2113 c.c., per non aver la sentenza impugnata considerato il valore del contratto di collaborazione a progetto stipulato inter partes;
4. il motivo è inammissibile;
4.1. il rilievo, benchè impropriamente dedotto in termini di violazione di norme di diritto, censura l’apprezzamento dei fatti da parte dei giudici di merito; anche il contratto di lavoro a progetto del 22.10.2004 ed il fatto della sua stipula rientrano tra gli accadimenti storici, il cui esame è rimesso al giudice di merito ed è censurabile unicamente con la deduzione di un vizio di motivazione; tuttavia, seppure esattamente riqualificato, esso (il motivo) si arresta comunque ad un rilievo di inammissibilità; in disparte il profilo della decisività (di cui all’esame del precedente motivo) parte ricorrente ha anche omesso di trascrivere integralmente il contratto di lavoro (ne sono riportano passaggi, cfr. pagg. 37 e 38 ricorso in cassazione), l’esame del cui contenuto si assume omesso;
4.2. è stato già osservato che, nel caso di omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche nei caso in cui si intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, la parte ricorrente è onerata non soltanto alla specifica indicazione del documento (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) ma deve provvedere altresì alla completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e documenti in modo da rendere immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto (Cass., sez. un., nr. 20159 del 2010; id. 6^ sez. ord. nr. 17915 del 2010; id. 3^ sez. nr. 22303 del 2008; id. sez. lav. nr. 15751 del 2003);
5. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione e falsa applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Giornalistico quanto alla determinazione del compenso, non avendo la Corte di Appello fatto applicazione, per la individuazione del quantum debeatur, dei criteri stabiliti dalla norma collettiva (art. 2);
6. il motivo è fondato;
6.1. la sentenza ha calcolato il dovuto in proporzione al numero di pezzi pubblicati e poi stabilito, con criterio equitativo, un importo intermedio tra quello indicato dal lavoratore e quello proposto dall’editore;
6.2. in tal modo, la Corte di appello si è discostata dai criteri stabiliti dall’art. 2 CCNLG (reso efficace erga omnes con D.P.R. n. 153 del 1961), incorrendo nella denunciata violazione; testualmente stabilisce la disposizione collettiva: “Il collaboratore fisso ha diritto ad una retribuzione mensile proporzionata all’impegno di frequenza della collaborazione ed alla natura ed importanza delle materie trattate ed al numero mensile delle collaborazioni. Tale retribuzione ivi comprese in quanto di ragione le quote di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione medesima non potrà comunque essere inferiore a quella fissata nella tabella allegata al presente contratto rispettivamente per almeno 4 o 8 collaborazioni al mese. Limitatamente ai collaboratori fissi addetti ai periodici nella tabella allegata al presente contratto è fissata anche la retribuzione minima per almeno 2 collaborazioni al mese”;
6.3. va in questa sede data continuità a quanto già da questa Corte chiarito e cioè che “il compenso del collaboratore fisso deve quantificarsi tenendo conto dei parametri indicati nell’art. 2 del C.C.N.L.G. e cioè l’importanza delle materie trattate, il tipo, la qualità e quantità delle collaborazioni” (cfr. Cass. nr. 290 del 2014) precisando anche che “fornendo le disposizioni contrattuali la soglia minima relativa a collaborazioni di 4 o 8 pezzi al mese, rientra nei poteri di apprezzamento discrezionale del giudice di merito individuare un logico criterio per il compenso di un numero maggiore di collaborazioni, tenendo conto di tutti i parametri sopra evidenziati” (Cass. nr. 290 del 2014 cit. che richiama Cass. 19 agosto 2011 n. 17403; in motivazione, anche Cass. nr. 8257 del 2017);
7. quanto al ricorso incidentale, con un unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto omesso esame di fatti decisivi per il giudizio; si imputa alla Corte di appello di non aver analizzato il testo della lettera raccomandata inviata dal B. al datore di lavoro;
8. il motivo è inammissibile;
8.1. valgono le considerazioni già espresse in relazione alla disamina del primo motivo del ricorso principale;
8.2. la censura illustrata non indica il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass., sez. un. nr. 8053 del 2014); il fatto rappresentato dalla lettera raccomandata è stato preso in considerazione dalla Corte di merito, ancorchè questa ne abbia tratto conseguenze diverse dalle aspettative della parte;
9. in definitiva, va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale ed accolto il terzo motivo del ricorso principale, dichiarati inammissibili invece il primo ed il secondo;
10. la sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di Bologna che si atterrà, ai fini della quantificazione del dovuto, ai principi di diritto di cui al precedente paragrafo nr. 6.3; al giudice del rinvio si demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
11. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale; accoglie il terzo motivo del ricorso principale, dichiarati inammissibili il primo e secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Bologna cui demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 11 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018