Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26730 del 23/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26447-2016 proposto da:

S.R., M.G., R.R., G.N., MA.FR., F.L., C.F., MA.MA., B.M., V.G., FI.NI., CR.BR., FE.AU., CO.FR., considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA FILARDO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

WIND TELECOMUNICAZIONI SPA, in persona del procuratore avv. FO.VI., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO N. 49, presso lo studio dell’avvocato DANIELE CUTOLO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 355/2016 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI, depositata il 04/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2018 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

RILEVATO

che, con quindici sentenze emesse tra il 4/4/2016 e il 10/10/2016, il Tribunale di Castrovillari, in accoglimento degli appelli proposti dalla Wind Telecomunicazioni s.p.a., e in riforma di altrettante decisioni emesse dal Giudice di Pace di Cariati, ha rigettato le domande separatamente proposte da Nicola Filardo, R.R., Ma.Ma., Co.Fr., F.L., C.B., G.N., Fe.Au., C.F., S.R., V.G., Ma.Fr., B.M., Ma.Gi., dirette alla condanna della Wind Telecomunicazioni s.p.a. al risarcimento dei danni subiti dagli attori a causa della mancata fruizione, nei periodi dedotti in giudizio, del servizio di telefonia mobile dedotto nei contratti di somministrazione conclusi da ciascuno degli attori con la società avversaria;

che, a fondamento di ciascuna delle decisioni assunte, il Tribunale di Castrovillari ha evidenziato l’insussistenza di alcun inadempimento contrattuale imputabile alla società convenuta, avendo la stessa tempestivamente provveduto, in tempi ragionevoli, alla riparazione del danno provocato dall’incendio (verosimilmente doloso) della stazione-radio da cui era dipeso il disservizio lamentato dagli attori;

che avverso le sentenze d’appello, tutti gli originari attori in precedenza indicati hanno, con un unico atto, proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;

che la Wind Telecomunicazioni s.p.a. resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005 (c.d. codice del consumo), in relazione all’inversione dell’onere della prova (con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello deciso le controversie sottoposte al suo esame sulla base della sola consulenza tecnica di parte della società avversaria, senza tener conto delle considerazioni dei consulenti di parte degli attori e della documentazione dagli stessi prodotta, trascurando le evidenti carenze e i ritardi imputabili alla controparte nella riparazione del danneggiamento della stazione-radio incendiata secondo quanto reso evidente dallo stesso elaborato tecnico posto a fondamento della decisione di rigetto delle domande degli attori;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso, nonchè per violazione degli artt. 1341 e 1342 c.c. e degli artt. 33 e ss. codice di consumo (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere il giudice d’appello trascurato di considerare come le previsioni contrattuali dirette a escludere la responsabilità del gestore in caso di sospensione del servizio per guasti alla rete dovuta a caso fortuito o forza maggiore costituissero condizioni integranti l’imposizione di clausole vessatorie, nella specie non ritualmente approvate per iscritto, o comunque dirette a determinare un significativo squilibrio degli obblighi derivanti dal contratto a carico del consumatore, con la conseguente relativa nullità e/o inefficacia;

che, con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 1375,1175,1176,1218,1336 e 1337 c.c., nonchè per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) per avere il giudice d’appello erroneamente omesso di valorizzare, anche in relazione alla natura dei rapporti contrattuali dedotti in giudizio, gli obblighi integrativi di correttezza e buona fede discendenti dal contratto di somministrazione in esame, in forza dei quali avrebbe dovuto rilevarsi l’avvenuta sottrazione della società avversaria al dovere di provvedere, in tempi ragionevoli, al tempestivo intervento di riparazione della stazione-radio danneggiata dall’incendio dedotto in giudizio, o comunque la mancata dimostrazione, da parte di detta società, della ri-conducibilità dell’inadempimento o del ritardo ad impossibilità derivante da causa alla stessa non imputabile;

che, con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso, nonchè per violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere il giudice d’appello erroneamente escluso l’imputabilità alla società avversaria del disservizio derivato dall’incendio della stazione-radio dedotta in giudizio, senza tener conto che la domanda originariamente proposta dagli attori era diretta a contestare l’inerzia o il ritardo con i quali la società avversaria aveva provveduto alla tempestiva riparazione del disservizio denunciato, se non l’inadeguatezza o l’inefficacia della custodia, da parte della società responsabile, del sito danneggiato;

che, sotto altro profilo, i ricorrenti lamentano la mancata considerazione, da parte del giudice d’appello, degli elementi istruttori offerti alla relativa valutazione dagli originari attori, nonchè l’avvenuta violazione, da parte del giudice a quo, del principio di cui all’art. 112 c.p.c., avendo il giudice d’appello condannato gli appellati e il relativo difensore (dichiaratosi antistatario in relazione alle spese di lite) a restituire quanto ricevuto in forza della sentenza d’appello, in assenza di una corrispondente domanda della controparte;

che, preliminarmente, osserva il Collegio come il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, per avere i ricorrenti impugnato, con un unico atto, quindici sentenze emesse tra parti tra loro diverse;

che, al riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, anche al fine di assicurarne continuità), ai sensi del quale l’impugnazione di una pluralità di sentenze con un unico atto è consentita solo quando queste siano tutte pronunciate fra le medesime parti e nell’ambito di un unico procedimento, ancorchè in diverse fasi o gradi (come nel caso della sentenza non definitiva oggetto di riserva di impugnazione e della successiva sentenza definitiva; della sentenza revocanda e di quella conclusiva del giudizio di revocazione; della sentenza di rinvio e di quella di rigetto della istanza di revocazione, allorchè le due impugnazioni siano rivolte contro capi identici o almeno connessi delle due pronunzie, ovvero di sentenze di grado diverso pronunciate nella medesima causa, che investano l’una il merito e l’altra una questione pregiudiziale), mentre è inammissibile il ricorso per cassazione proposto, contestualmente e con un unico atto, contro sentenze diverse, pronunciate dal giudice del merito in procedimenti formalmente e sostanzialmente distinti, che concernano soggetti anch’essi parzialmente diversi, e ancorchè le sentenze siano motivate con identiche argomentazioni (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 19470 del 15/09/2014, Rv. 632790 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 14823 del 27/06/2006, Rv. 591913 – 01) Sez. 2, Sentenza n. 69 del 04/01/2002, Rv. 551389 – 01);

che, nel caso di specie, gli odierni ricorrenti, con un unico atto, hanno proposto ricorso per cassazione avverso ben quindici sentenze emesse dal Tribunale di Castrovillari in tempi diversi e tra parti (parzialmente) diverse, essendo, ognuna di tali sentenze, riferita a procedimenti formalmente e sostanzialmente distinti concernenti i corrispondenti singoli diversi rapporti di utenza telefonica intrattenuti da ciascuno di essi con la Wind Telecomunicazioni s.p.a.;

che, pertanto, sulla base delle argomentazioni sin qui illustrate, dev’essere dichiarata l’inammissibilità di detto ricorso, con la conseguente condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, oltre alle spese forfetta-rie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472