LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17549-2014 proposto da:
CERAMICA INCONTRO S.R.L., elettivamente domiciliata a Roma, viale Mazzini 11, presso lo studio dell’Avvocato MARCO DE BONIS e rappresentata e difesa dall’Avvocato DOMENICO FRANCO per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
B.M., e D.M.L., in proprio e quale procuratore del fratello D.A., elettivamente domiciliati a Roma, piazzale Clodio 14, presso lo studio dell’Avvocato BRUNO MANTOVANI, che li rappresenta e difende per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
nonchè
S.R.L. CERAMICHE BASE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 408/2013 della CORTE D’APPELLO DI BARI, depositata il 14/5/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/05/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Trani, con sentenza del 23/2/2006, in accoglimento della domanda proposta da B.M. e D.M.L., in proprio e quale procuratore del fratello D.A., per quanto ancora interessa, ha condannato la s.r.l. Ceramiche Base e la s.r.l. Ceramica Incontro ad eliminare le immissioni sonore intollerabili, interessanti villa *****, fino a ridurre entro i tre dB la differenza tra il rumore di fondo ed il rumore emesso dagli opifici delle convenute apprestando tutti gli interventi tecnici indicati in motivazione e nelle conclusioni delle relazioni del consulente tecnico d’ufficio, ed al risarcimento del danno esistenziale, nella misura di Euro 10.000,00 in favore della B. e di Euro 20.000,00 in favore della D., oltre interessi e rivalutazione.
La s.r.l. Ceramiche Base e la s.r.l. Ceramica Incontro, con citazione del 31/3/2006, hanno proposto appello, al quale hanno resistito B.M. e D.M.L., in proprio e quale procuratore del fratello D.A., chiedendone il rigetto.
La corte d’appello di Bari, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato gli appelli proposti.
La corte, in particolare, dopo aver premesso di condividere il contenuto del supplemento di consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del giudizio di secondo grado, nella quale il consulente, con metodo coerente e motivazione condivisibile, ha dato conto di tutte le obiezioni tecniche sollevate dalle parti, anche a mezzo dei propri consulenti, ha ritenuto: 1) l’infondatezza del primo motivo, con il quale le società appellanti hanno sostenuto l’inattendibilità dell’indagine fonometrica effettuata dal consulente tecnico d’ufficio per via dell’errata determinazione del rumore di fondo causata dalla forte riduzione del traffico veicolare nel mese di agosto lungo la strada ove le fabbriche affacciavano: la corte, in particolare, ha rilevato che: – le rilevazioni fonometriche sono state eseguite durante il mese di agosto per necessità economiche e lavorative delle appellanti, come dalle stesse espressamente richiesto, al fine di evitare un notevole disagio alla produzione, con danno economico; – le appellanti, poi, hanno omesso di produrre un riferimento statistico ed oggettivo che attesti la notevole riduzione del traffico automobilistico durante il mese di agosto, essendo, piuttosto, un fatto notorio che, in agosto, il traffico automobilistico sia incrementato dal flusso turistico; – la tesi delle appellanti, fondata sulla pretesa inattendibilità del valore del livello del rumore di fondo a causa del traffico automobilistico inesistente, è confutata da altre misure significative riportate nella seconda relazione del consulente tecnico d’ufficio del 2003, specie dove le stesse parti involontariamente confermano esservi stata, durante la misurazione di 27 dBA, una presenza di traffico di veicoli; 2) l’infondatezza del secondo e del terzo motivo, con i quali le appellanti hanno sostenuto l’errata applicazione del criterio del contemperamento degli interessi, rilevando l’eccessiva onerosità dei lavori imposti alle due aziende, tanto da impedirne il futuro funzionamento, nonchè l’impossibilità ed eccessiva onerosità degli interventi tecnici descritti in sentenza, non avendo il tribunale tenuto conto, nel dettare gli interventi da eseguire, dell’aspetto economico e finanziario degli opifici: la corte, in particolare, ha rilevato che: – la prima indagine fonometrica del consulente tecnico d’ufficio, effettuata il 23/2/2001, ha accertato l’intollerabilità dei rumori; – furono, pertanto, suggerite opere per la riduzione della trasmissione del rumore nelle abitazioni degli appellati; – è stata, quindi, effettuata una seconda rilevazione in data 22/10/2003, alla luce delle opere realizzate per attutire il rumore, riscontrando valori delle immissioni sonore ancora superiori alla normale tollerabilità; – il consulente, poi, ha precisato che i costi prospettati dalle appellanti per la coibentazione dei macchinari, pari a circa un milione di Euro, sono eccessivi, laddove l’esecuzione dei lavori suggeriti dal consulente ha costi più contenuti; 3) l’infondatezza del quarto motivo, con il quale le appellanti hanno eccepito il vizio di ultrapetizione relativamente all’erroneo riconoscimento del danno esistenziale tardivamente richiesto e non provato: la corte, sul punto, ha rilevato che, come correttamente sostenuto dal tribunale, le appellate hanno dimostrato di trascorrere lunghi e prolungati periodi estivi nella villa ed hanno, quindi, subito un danno alla loro vita quotidiana a causa delle immissione sonore delle quali è stata accertata l’intollerabilità; 4) l’infondatezza del quinto motivo, con il quale le appellanti hanno lamentato l’omessa valutazione del comportamento processuale delle convenute, che hanno realizzato un muro di confine in corso di causa, in relazione al quale occorreva disporre la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio: la corte ha rilevato che la realizzazione di una barriera di mattoni forati da parte della Ceramica Incontro è stata effettuata di propria iniziativa e non è idonea ad eliminare le immissioni lamentate, dovendosi, piuttosto, realizzare, come suggerito da consulente tecnico d’ufficio, esperto in acustica, una barriera fisica simile a quella realizzata dall’altro opificio, ora chiuso, con mattoni pieni, come quelli di tufo, e non mattoncini forati; 5) l’infondatezza del sesto motivo, con il quale le appellanti hanno lamentato il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale avente ad oggetto le dichiarazioni a contenuto diffamatorio per le società rilasciate dagli appellati nel corso di un’intervista pubblicata sul giornale “*****”: la corte ha sul punto osservato che: – l’intervista rilasciata sul mensile locale “*****” da Maria Luisa D. non ha alcun riferimento ai due opifici ma solo una rappresentazione di episodi nei quali neppure indirettamente si fa cenno ai contendenti; – la denuncia su cui l’intervista verteva era stata fatto contro ignoti; – gli unici riferimenti alla società sono stati fatti dall’autrice dell’intervista al fine di una ricostruzione cronologica dei fatti.
La corte, quindi, ha rigettato l’appello proposto dalla s.r.l. Ceramiche Base e dalla s.r.l. Ceramica Incontro ed ha, per l’effetto, confermato la sentenza impugnata.
La s.r.l. Ceramica Incontro, con ricorso notificato il 27/6/2014, ha proposto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.
Hanno resistito, con controricorso notificato il 22/9/2014, B.M. e D.M.L., in proprio e quale procuratore del fratello D.A..
La s.r.l. Ceramiche Base è rimasta intimata.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, costituito dagli effetti sul livello delle immissioni sonore della intervenuta cessazione delle attività produttive della s.r.l. Ceramiche Base ed il vizio motivazionale determinato dalla mancata indicazione delle ragioni che hanno indotto la corte d’appello di Bari a non disporre la verifica da parte del consulente tecnico d’ufficio nominato in ordine alla riduzione complessiva delle immissioni rumorose per effetto della cessazione dell’attività della s.r.l. Ceramiche Base, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di esaminare il fatto, dedotto in giudizio dalla ricorrente all’udienza del 23/2/2011, che la s.r.l. Ceramiche Base, come risultava alla visura camerale depositata della Camera di Commercio di Bari, aveva cessato l’attività produttiva in data 28/4/2009, con la conseguente cessazione della materia del contendere in ragione della complessiva riduzione delle immissioni rumorose – che entrambe le società concorrevano a determinare con valori tra loro simili, secondo quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio con la relazione depositata nel 2003 – entro i limiti della normale tollerabilità, rendendo inutili gli interventi disposti dal tribunale. La corte d’appello, quindi, ha aggiunto la ricorrente, non avendo disposto un’indagine peritale suppletiva in ordine alla riduzione delle immissioni sonore per effetto del comprovato venire meno di una delle due fonti di inquinamento acustico, ha, pertanto, omesso di considerare, senza alcuna motivazione, un elemento decisivo per la definizione del giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistito nella riduzione al di sotto delle soglie previste dalla legge delle immissioni rumorose, come esplicitamente dedotto dalla ricorrente nella comparsa conclusionale del 22/4/2011.
2. Con il secondo motivo, lamentando il vizio di ultrapetizione della sentenza ai sensi dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte d’appello condannato la Ceramica Incontro s.r.l. al risarcimento del danno esistenziale in assenza di specifica domanda, nonchè la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, a fronte di una domanda con la quale le attrici avevano chiesto la condanna delle società convenute, in solido tra loro, al risarcimento dei danno alla salute e del danno morale, non ha riformato, nonostante il vizio di ultrapetizione eccepito con l’atto d’appello, la sentenza con la quale il tribunale di Trani, pur avendo escluso il danno morale conseguente alla malattia ed al danno patrimoniale conseguente al depauperamento del valore della villa, ha individuato d’ufficio il danno esistenziale, mai individuato della attrici, ed ha condannato, a tale titolo, le società convenute al pagamento della somma di Euro 10.000,00 in favore della B. e della somma di Euro 20.000,00 in favore della D., in tal modo violando il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, per aver accolto una domanda di risarcimento del danno esistenziale in realtà mai proposta dalle attrici, e l’art. 2059 c.c., per avere ritenuto risarcibile il danno esistenziale che, al contrario, non è ammissibile come autonoma categoria.
3.Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 844 e 2059 c.c., la mancanza di prova di una lesione psico-fisica, la violazione dell’art. 1226 c.c.per avere il giudice di merito liquidato in via equitativa il danno non patrimoniale (cd. danno esistenziale) in assenza della prova circa la sussistenza della lesione all’integrità psico-fisica o di un diritto inviolabile della persona, nonchè l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti costituito dall’esistenza di una lesione all’integrità psicofisica o di un diritto inviolabile, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, pur a fronte dell’eccepita insussistenza del danno esistenziale, in mancanza della prova dell’incidenza, in concreto, della lesione di valori fondamentali dell’individuo sulle attività realizzatrici del soggetto danneggiato con conseguente alterazione di contenuto apprezzabile della personalità del soggetto sia sotto il profilo personale che relazionale, quale conseguenza dell’altrui fatto illecito, ha rigettato tale motivo con una motivazione contraddittoria avendo ritenuto che è ravvisabile il danno esistenziale da inquinamento acustico nel caso in cui, a causa del superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni sonore fissati dalla legge, si verifichi in concreto una lesione della serenità personale dell’individuo, ossia una alterazione della suo benessere psico-fisico che, nella specie, le attrici non hanno minimante provato.
4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1292 e 2697 c.c., l’erronea condanna della Ceramica Incontro s.r.l. al risarcimento in solido del danno riconducibile alle immissioni sonore attribuite alla Ceramica Base s.r.l., e l’omesso assolvimento dell’onere della prova da parte degli attori, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha condannato la Ceramica Incontro s.r.l. a risarcire, per intero, il danno cd. esistenziale che avrebbero subito gli attori per le immissioni rumorose provenienti sia dalla sua azienda che dall’azienda di proprietà della Ceramica Base s.r.l., laddove, in realtà, la Ceramica Incontro, che è soggetto giuridico diverso dalla Ceramica Base, può rispondere solo del danno causato dalle immissioni rumorose alla stessa attribuibili, per cui, non configurandosi tra le due società convenute, un’obbligazione solidale, le attrici avrebbero avuto l’onere, il cui mancato assolvimento i giudici di merito non hanno rilevato, prima di richiedere e poi di comprovare, rispetto al danno subito, quello che si poneva in rapporto causale diretto rispetto alle immissioni rumorose attribuibili alla ricorrente.
5. Il primo motivo è fondato. Premesso che, vertendosi in giudizio relativo ad immissioni (nella specie di rumori provocati dallo svolgimento di attività di produzione industriale), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonchè il loro grado di sopportabilità per le persone (Cass. n. 1606 del 2017, in motiv.), rileva la Corte che la consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio di secondo grado non ha tenuto conto del fatto sopravvenuto, che la ricorrente (sia pure allo scopo di ottenere la declaratoria di cessazione della materia del contendere) ha dedotto nel corso del relativo procedimento all’udienza del 23/2/2011 e nella comparsa conclusionale depositata il 22/4/2011 (v. il contenuto delle relative deduzioni, così come riprodotte in ricorso, p. 8-9-10), costituito dalla (incontestata) cessazione, nel corso dell’anno 2009, dell’attività produttiva della Ceramiche Base s.r.l. e della conseguente cessazione di una delle due sorgenti di immissioni rumorose. Ed infatti, come è dato leggere dagli ampi stralci della relazione depositata dal tecnico, così come riprodotti nella sentenza impugnata, il consulente tecnico d’ufficio, al dichiarato fine di valutare l’incidenza dei lavori eventualmente già eseguiti sulla eliminazione o la riduzione nei limiti di legge delle immissioni sonore riscontrate, ha evidenziato che “i lavori effettuati dalle società appellanti, rilevati nel sopralluogo peritale del 6.12.2011, consistono, come indicato nello stato dei luoghi, per la CERAMICHE BASE SRL, in una muratura alta circa 5 metri, ubicata sul proprio suolo, nella zona di confine. Tale muratura, come si evince nella documentazione fotografica allegata, non era presente all’epoca della precedente CTU”, aggiungendo che “per verificare quanto tale accorgimento sortisce l’effetto voluto di barriera fono-isolante, occorrerebbe effettuare ulteriori misurazioni di immissioni acustiche con le lavorazioni in atto”. Sennonchè, ha osservato il tecnico, “dal sopralluogo e dai fascicoli di parte è emerso che tale fabbrica è inattiva…”, per cui “non si può procedere ad alcuna valutazione degli effetti della nuova barrièra sulla trasmissione del rumore” ed, a maggior ragione, degli effetti che la cessazione di tale attività ha, in ipotesi, determinato sull’entità complessiva delle immissioni prodotte dalle fabbriche delle società convenute. La corte d’appello, però, non ha in alcun modo esaminato con la dovuta compiutezza gli effetti di tali sopravvenienze in fatto nè ha ritenuto di disporre, in ordine ad essi, nonostante la loro evidente decisività (se e nella misura in cui corrispondano al vero) sull’esito del giudizio, un ulteriore supplemento di consulenza tecnica d’ufficio che misurasse l’entità delle immissioni rumorose prodotte ormai dalla sola fabbrica della società ricorrente. Eppure, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, in tema di azione diretta alla cessazione delle immissioni, i fatti sopravvenuti nel corso del processo – come l’adozione di accorgimenti tecnici idonei a ridurre le immissioni incidendo sul livello di tollerabilità delle stesse e, quindi, su una condizione dell’azione, devono essere presi in considerazione dal giudice al momento della decisione e, qualora la consulenza tecnica di ufficio espletata non ne abbia tenuto conto, il giudice, a fronte di specifiche e circostanziate critiche mosse alla stessa, deve disporre una nuova consulenza, anche al fine di valutare l’idoneità dell’adozione di misure meno afflittive di quelle interdittive già disposte (Cass. n. 18422 del 2013). Ed infatti, l’accertamento della tollerabilità o meno delle immissioni, agli effetti previsti dall’art. 844 c.c., inerisce non già ad un presupposto processuale, ma concerne una condizione dell’azione, verificabile, come tale, tenendo conto anche dei fatti sopravvenuti nelle more del giudizio. Ai fini di una corretta motivazione della condanna alla interruzione delle immissioni è, del resto, illogico un comando giudiziale interdittivo assunto sulla base di una consulenza non corrispondente alla realtà dei fatti. E’, dunque dovere del giudice disporre nuova consulenza per verificare se alla luce di una nuova situazione, potenzialmente idonea a mutare significativamente gli elementi di giudizio, persistano le immissioni intollerabili. Qualora, infatti, le immissioni siano venute meno, il giudice non può far luogo alla condanna alla cessazione di esse, ma deve provvedere a dar atto dell’inaridirsi, definitivo o parziale, della materia del contendere, così come può accadere che le immissioni siano ridotte dalle nuove opere entro una soglia che impone altri accorgimenti e non una pronuncia interdittiva come quella impartita in primo grado e confermata dalla corte d’appello. Un ordine generico di cessazione delle lavorazioni, con l’imposizione della sospensione delle lavorazioni, costituisce, infatti, una pronuncia gravemente afflittiva, che in caso di situazione sensibilmente migliorata, suscettibile di diverso bilanciamento, può essere sostituita da specifiche prescrizioni o altri provvedimenti (limitazioni orarie, etc.).
6. Gli altri motivi restano assorbiti.
7. Il ricorso, quindi, relativamente al primo motivo, dev’essere accolto e la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, per l’effetto, cassata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018
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