LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13345-2014 proposto da:
COMUNE CASTRIGNANO DEL CAPO, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. ALBANESE n. 61/C, presso i signori GELODI e AMOROSO, rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDO AMOROSO;
– ricorrente –
contro
F.P.F., difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE n. 78, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PESCE, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 08/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. l’avv. F.P.F. chiedeva la condanna del Comune di Castrignano del Capo al pagamento in suo favore della somma di Euro 132.532,22 a titolo di compensi per l’attività professionale da egli svolta a favore dell’Ente locale nel procedimento civile instaurato con atto di citazione del 5.10.2003, introduttivo del giudizio R.G. 6512/2003, già pendente dinanzi il Tribunale di Lecce tra l’amministrazione locale e la società Igeco Srl e definito con sentenza.
Si costituiva il Comune invocando la liquidazione dei compensi ai valori minimi di tariffa e la compensazione delle spese.
Con ordinanza dell’8.4.2004 il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, riducendo l’importo dovuto al professionista alla somma di Euro 45.878,00 oltre accessori, con interessi dalla domanda, e compensava le spese di lite.
Ricorre per la cassazione di detta pronuncia il Comune di Castrignano del Capo affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso F.P.F., proponendo a sua volta ricorso incidentale articolato in tre motivi. Nessuna delle parti ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 702 bis c.p.c. e della L. n. 794 del 1942, art. 28 in relazione al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14; del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 3; dell’art. 111 Cost.; del principio di immutabilità del giudice; dell’art. 281 octies c.p.c.; la nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 161 c.p.c.; la violazione dei principi di diritto regolatori della materia. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale avrebbe prima istruito la causa nelle forme previste dall’art. 702 bis c.p.c., ovverosia davanti al giudice monocratico, e poi l’avrebbe decisa in composizione collegiale, nelle diverse forme di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, mentre avrebbe dovuto trattarla per intero innanzi il collegio.
La censura è inammissibile per difetto di specificità, posto che il ricorrente non indica, nel motivo in esame, da quale atto emergerebbe la prova di quanto denunciato. In particolare non sono riportati i verbali di causa, mentre dalla lettura dell’ordinanza, che risulta emessa dal collegio, non emerge affatto che il giudizio sarebbe stato trattato dal giudice monocratico anzichè dal collegio. Inoltre, si deve osservare che il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 2 prevede che “Il tribunale decide in composizione collegiale”: il riferimento testuale alla “decisione”, e non alla “trattazione”, esclude che la norma imponga la necessaria istruzione della causa, o comunque la sua trattazione, dinanzi il collegio, essendo sufficiente che la decisione sia assunta in forma collegiale. Nel caso di specie il requisito minimo di cui sopra è soddisfatto, essendo stata l’ordinanza resa dal Tribunale in composizione collegiale, come emerge dalla prima pagina del provvedimento impugnato.
Ed infine, anche laddove si intendesse opinare diversamente, la violazione non sarebbe comunque causa di nullità degli atti antecedenti alla decisione in base a quanto previsto dall’art. 50 quater c.p.c., art. 161 c.p.c., comma 1 e art. 156 c.p.c., comma 1. Infatti “L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c. al successivo art. 161, comma 1, un’autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione, senza determinare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla, nè produrre l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice ove il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13907 del 18/06/2014, Rv. 631509; conformi, Cass. Sez. U, Sentenza n. 28040 del 25/11/2008, Rv. 605399 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24684 del 04/11/2013, Rv. 629105).
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e del D.M. n. 127 del 2004, art. 6 nonchè la contraddittorietà, insufficienza e illogicità della motivazione, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente applicato lo scaglione di valore rapportato alla domanda originaria (avente importo di Euro 16.000.000), mentre avrebbe dovuto applicare quello relativo alle controversie aventi valore indeterminabile.
La censura è inammissibile per difetto di specificità, posto che il ricorrente non indica quale sarebbe l’effetto pratico -in termini di riduzione del compenso liquidato dal giudice di merito- che deriverebbe dall’ipotizzata applicazione al caso di specie dello scaglione di tariffa ritenuto corretto. In mancanza di detta indicazione, va ravvisato il difetto di interesse concreto ad impugnare.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, l’avv. F. lamenta la violazione degli artt. 1219 e 1224 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente riconosciuto gli interessi a decorrere dalla domanda, e non invece dalla messa in mora.
Il motivo è fondato, posto il principio secondo cui “La ricezione della parcella… segna il dies a quo del decorso degli interessi moratori a carico della cliente. Il fatto che quest’ultima abbia contestato – peraltro sotto il solo profilo del quantum – la pretesa avversaria non esclude il suo obbligo di corrispondere quanto ritenesse in effetti dovuto, eventualmente mediante offerta reale” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18233 del 12/08/2009, Rv. 609418, in parte motiva).
Con il secondo motivo, il ricorrente incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. poichè il giudice di merito avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza di “giusti motivi” per disporre la compensazione delle spese, laddove avrebbe dovuto – al contrario – liquidare le spese di lite in suo favore, alla luce della sostanziale soccombenza del Comune, che aveva dato causa al giudizio con il proprio inadempimento.
La censura non è fondata, posto che – anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 19.4.2018, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito con modificazioni nella L. 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni- il giudice di merito può sempre disporre la compensazione delle spese per giusti motivi, fermo restando l’unico limite costituito dal divieto dell’accollo delle spese a carico della parte vittoriosa, che nel caso di specie non risulta violato.
Con il terzo motivo, il ricorrente incidentale lamenta infine la violazione degli artt. 281 quinquies e 281 sexies c.p.c., perchè il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di liquidare il compenso previsto dalla tariffa per le comparse conclusionali e le memorie di replica, sul presupposto che la causa in relazione alla quale l’avv. F. aveva fornito la sua assistenza professionale era stata decisa ai sensi di quanto previsto dall’art. 281 sexies c.p.c. Ad avviso del ricorrente incidentale, il giudice di merito avrebbe dovuto considerare che detti scritti difensivi erano stati depositati nel termine appositamente concesso dal Tribunale, e di conseguenza avrebbe dovuto riconoscere anche il relativo compenso.
La doglianza è inammissibile per gli stessi motivi indicati in relazione al secondo motivo del ricorso principale: anche in questo caso, il motivo non indica quale sarebbe l’effetto pratico – in termini di aumento del compenso liquidato dal giudice di merito – che deriverebbe dall’invocato riconoscimento del compenso previsto per le memorie conclusionali e le repliche, con conseguenti carenza di specificità e difetto di interesse concreto ad impugnare.
In definitiva, vanno dichiarati inammissibili il primo e secondo motivo del ricorso principale e il terzo del ricorso incidentale; va respinto il secondo motivo del ricorso incidentale; va invece accolto il primo motivo del ricorso incidentale, con conseguente decisione della causa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e riconoscimento in favore dell’avv. F. degli interessi al saggio legale con decorrenza dalla costituzione in mora, anzichè – come erroneamente ritenuto dal Tribunale di Lecce – dalla domanda.
Poichè la compensazione delle spese disposta dal Tribunale è fondata su “giusti motivi in ragione della notevole riduzione della pretesa creditoria originariamente azionata”e considerato che l’accoglimento della censura relativa alla decorrenza degli interessi non incide su detto profilo, non si rende necessaria la revisione della statuizione sulle spese del grado di merito, che pertanto va confermata.
Alla luce del rigetto tanto del ricorso principale che del secondo e terzo motivo del ricorso incidentale, e quindi della sostanziale reciproca soccombenza delle parti – anche considerata la marginalità dell’unica censura accolta, relativa alla sola decorrenza degli interessi- sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del presente grado. Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto dopo il 30 gennaio 2013 ed è rigettato, si ravvisano infine le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, rigettando ogni altra censura. Cassa per quanto di ragione l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, riconosce in favore del ricorrente incidentale, sulla somma liquidata dal giudice di merito, gli interessi legali con decorrenza dalla costituzione in mora.
Conferma la statuizione sulle spese del giudice di merito e compensa per intero le spese del presente grado di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018
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