LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7769/2013 proposto da:
CERAMICA ARTISTICA S. DI S.V. & C S.R.L., C.F.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato SIMONA RINALDI GALLICANI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANFRANCO MOBILIO giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA POLIS S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 360/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 22/03/2012 R.G.N. 1071/2011.
RITENUTO
che:
la Corte d’appello di Salerno con sentenza n. 360/2012 confermava la pronuncia che aveva rigettato i ricorsi proposti da Ceramica Artistica S. di S.V. & C. Srl avverso la cartella esattoriale notificatale che reclamava il pagamento in favore dell’INPS della somma di Euro 24.724,86 scaturente dal verbale di accertamento relativo al recupero di contribuzione omessa in favore del lavoratore dipendente M.A. per il periodo dal 1/1/1999 all’11/10/2001;
a fondamento della decisione la Corte, per quanto ora rileva, affermava che sulla base delle dichiarazioni rilasciate dal lavoratore sopraindicato nell’immediatezza degli accertamenti risultasse chiaramente lo svolgimento di un lavoro sostanzialmente subordinato su cinque giorni alla settimana, per otto ore al giorno, in cambio di un corrispettivo mensile fisso; quanto al valore del verbale ispettivo e delle dichiarazioni rilasciate in fase amministrativa la Corte rilevava che, poichè nel nostro ordinamento vige il principio del libero convincimento del giudice, spetta sempre al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottese, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti;
contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Ceramica Artistica S. di S.V. & C. Srl con tre motivi di ricorso, mentre l’INPS ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo viene denunciato il vizio di insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia (ex art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine alle ragioni per le quali le deposizioni testimoniali acquisite nel corso del giudizio sono state giudicate generiche senza alcuna specificazione;
il motivo è inammissibile atteso che non propone alcuna censura ex art. 360, n. 5, applicabile ratione temporis ma richiede un mero riesame della prova che non compete a questo Corte effettuare, essendo invece devoluto al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta fra le risultanze istruttorie di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato;
inoltre è pure ripetutamente affermato da questa Corte di Cassazione che, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata;
per risalente orientamento tale criterio si applica anche in relazione alle dichiarazioni raccolte in sede ispettiva, le quali possono costituire elementi probatori sufficienti ai fini della decisione della causa;
col secondo motivo viene dedotta violazione e o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2697 e 2700 c.c., in relazione all’errore di diritto consistito nell’aver addossato alla società, promotrice del giudizio di accertamento negativo del credito contributivo dell’Inps, l’onere di provare l’inesistenza del rapporto ed attribuito efficacia probatoria alle dichiarazioni del lavoratore riportate nel verbale. Vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese dal lavoratore in assenza di ulteriori elementi di prova;
il motivo è infondato posto che, in realtà, la Corte non ha invertito l’onere della prova, ma al contrario ha affermato che le prove acquisite dall’Inps in fase ispettiva, costituite dalle dichiarazioni del lavoratore M.A. (il quale aveva dichiarato di aver lavorato come addetto alla decorazione degli oggetti di ceramica per cinque giorni alla settimana per otto ore giornaliere e con paga mensile fissa), fossero sufficienti a fondare il convincimento del giudice ed a determinare l’esito del giudizio.
col terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, art. 2094 c.c., nonchè omessa motivazione perchè i caratteri identificativi e la qualificazione del rapporto di lavoro subordinato, ex art. 360 c.p.c., n. 5.
anche tale motivo è infondato atteso che la Corte ha desunto la natura subordinata del lavoro svolto dalle circostanze indicate dal lavoratore e relative al periodo di svolgimento quotidiano delle mansioni di addetto alla decorazione di oggetti ceramici, per otto ore al giorno, per cinque giorni alla settimana nonchè alla natura fissa del compenso corrisposto mensilmente; inoltre, come si evince dalla stessa dichiarazione, risulta che il rapporto ebbe inizio nell’anno 1999 dopo l’Epifania e venne invece formalizzato attraverso un contratto di collaborazione coordinata e continuativa soltanto all’inizio dell’anno successivo.
si tratta di una decisione congrua che rientra nei poteri del giudice di merito effettuare e che non viola alcuna norma di legge in ordine alla qualificazione ed alla sussunzione del fatto accertato, atteso che gli elementi evidenziati configurano indici della subordinazione e confermano la presenza della doppia alienità (di organizzazione e di risultato) tipica del lavoro dipendente attraverso cui la persona si mette a disposizione del datore per essere assoggettato al suo potere direttivo, di controllo e disciplinare.
il ricorso va pertanto rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; deve darsi atto, inoltre, che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5200,00, di cui Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018
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