LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13887/2014 proposto da:
EDILGEPPY s.r.l., in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore e Liquidatore Sig. V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FUSCO 104, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO ANTIGNANI, rappresentata e difesa dagli avvocati NICOLA SIMEONE, LUIGI CARRANO;
– ricorrente –
contro
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA STAZIONE SAN PIETRO 16, presso lo studio dell’avvocato CHIARA CATALANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO CAPPA;
G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STAZIONE SAN PIETRO 16, presso lo studio dell’avvocato CHIARA CATALANI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO CAPPA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3996/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/04/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato NICOLA SIMEONE, difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato MARIA GRAZIA BIANCO, con delega dell’Avvocato MARIO CAPPA difensore dei controricorrenti, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
La Edilgeppy s.r.l. nel 1992 evocava in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli A.A. chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita con patto di riservato dominio, concluso con la convenuta, avente ad oggetto un appartamento sito in *****.
Si costituiva l’ A., spiegando domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento della Edilgeppy; nel corso del giudizio di primo grado veniva integrato il contraddittorio nei confronti di G.S., coniuge in regime di comunione legale con l’ A., che, costituitosi, resistiva in giudizio.
Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda principale e riconvenzionale; la Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado.
Proponeva ricorso per cassazione la Edilgeppy, resistito dalla sola A..
La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava la causa innanzi ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.
La Edilgeppy s.r.l. in liquidazione provvedeva alla riassunzione e, alla prima udienza, in data 29.4.2010, veniva autorizzata la rinotifica dell’atto di citazione in riassunzione a G.S., che veniva effettuato ai sensi dell’art. 143 c.p.c.. Il G. non si costituiva.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 29.10- 14.11.2013 dichiarava improseguibile il processo per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di G.S.. Secondo la corte territoriale, esisteva un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra coloro che furono parti nel giudizio di legittimità e, rilevato che alla prima udienza, in data 29.4.2010, il ricorso per riassunzione non era stato notificato a G.S., ne disponeva la rinotifica rinviando all’1.12.2010. La Edilgeppy s.r.l. effettuava la notifica ai sensi dell’art. 143 c.p.c., ma la corte territoriale la riteneva nulla, poichè dal certificato di residenza storica del Comune di Napoli risultava che il G. era emigrato in *****; dovevano, pertanto, essere effettuate le opportune ricerche presso quel Comune prima di procedere alla notifica ex art. 143 c.p.c.. Trattandosi di termine di natura perentoria, non suscettibile di proroga o rinnovazione, la corte territoriale dichiarava improseguibile il processo.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Edilgeppy s.r.l. sulla base di un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso A.A. e G.S., che hanno depositato memorie illustrative.
Disposta l’assegnazione alla Sesta Sezione Civile di questa Corte, il relatore formulava proposta di rigetto del ricorso.
Il ricorrente depositava memorie ex art. 380 bis c.p.c..
La Sesta Sezione Civile, con ordinanza interlocutoria del 14.10.201630.12.2016 riteneva non sussistenti le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c. e rimetteva il ricorso alla pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza A.A. e G.S. hanno depositato memorie illustrative.
Con l’unico motivo di ricorso la Edilgeppy allega la violazione o falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c., deducendo che nei confronti di G.S. andava disposta non l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., ma la rinnovazione della notifica dell’atto di riassunzione, in base all’art. 291 c.p.c., mediante la concessione di apposito termine.
Il motivo è fondato.
Va in primo luogo precisato che sussiste litisconsorzio processuale e sostanziale tra le parti che avevano partecipato nei giudizi di merito ed al giudizio di legittimità.
Come già affermato da questa Corte, tra iudicium rescindens e iudicium rescissorie vi è perfetta correlazione quanto al rapporto processuale che non può costituirsi davanti al giudice di rinvio senza la partecipazione di tutti i soggetti nei cui confronti è stata emessa la pronuncia rescindente e quella cassata, configurandosi la citazione in riassunzione non come atto di impugnazione ma quale atto di impulso processuale in forza del quale la controversia, per il carattere ed i limiti del giudizio di rinvio, dà luogo a litisconsorzio necessario processuale fra coloro che furono parti nel processo di cassazione. Ne consegue che, qualora non sia stato eseguito l’ordine di integrazione del contraddittorio – disposto ai sensi dell’art. 393 c.p.c. – il processo va dichiarato estinto, semprechè sia stata formulata tempestivamente la relativa eccezione di parte prima di ogni altra difesa; in difetto di tale eccezione va emessa una pronuncia di rito ricognitiva dell’impossibilità di prosecuzione del giudizio atteso che altrimenti una decisione di merito sarebbe inutiliter data (In senso conforme alla prima parte della massima cfr. Cass. 19 gennaio 2000 n. 538; nel senso che la mancata ottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio comporta l’estinzione dell’intero giudizio cfr. Cass. 13 luglio 1998 n. 6829).
Nel caso di cause inscindibili, qualora l’impugnazione risulti proposta nei confronti di tutti i legittimati passivi, nel senso che l’appellante (o il ricorrente) li abbia correttamente individuati e indicati come destinatari dell’impugnazione medesima, ma poi, in relazione ad uno o ad alcuni di essi, la notificazione sia rimasta comunque inefficace (omessa o inesistente), o non ne venga dimostrato il perfezionamento, deve trovare applicazione l’art. 331 c.p.c., in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio ex art. 111 c.p.c., da ritenersi prevalente, di regola, rispetto al principio della ragionevole durata del processo, e pertanto il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio, e non può dichiarare inammissibile l’impugnazione (Cassazione civile, sez. un., 11/06/2010, n. 14124).
Nel caso in esame sussiste anche un’ipotesi di litisconsorzio sostanziale in quanto oggetto del giudizio è la risoluzione del contratto di compravendita con patto di riservato dominio stipulato tra la Edilgeppy s.r.l. ed A.A., in comunione legale dei beni con il coniuge G.S..
Trattandosi di causa inscindibile, l’atto di citazione in riassunzione doveva essere notificato a tutte le parti per assicurare la regolarità del contraddittorio dal punto di vista sostanziale e processuale.
Deve essere, pertanto, escluso, che l’atto di riassunzione nei confronti di G.S. fosse equiparabile ad una mera litis denuntiatio; egli era litisconsorte e l’atto doveva essere notificato nei suoi confronti.
La corte territoriale ha, però, erroneamente posto sullo stesso piano l’ipotesi in cui la parte non adempia all’ordine di integrazione del contraddittorio all’ipotesi in cui l’attività notificatoria sia svolta ma la notifica non si sia validamente perfezionata, perchè effettuata presso un indirizzo inesatto o perchè non siano stati rispettati i termini o per altre cause.
In tale ipotesi, il giudice è tenuto a concedere un nuovo termine per la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c., in considerazione del fatto che un’attività notificatoria, sebbene invalida, è stata comunque compiuta nel termine originariamente fissato (Cass. Civ. Sez. 1 19.4.2016 n. 7732) Ha precisato questa Corte che, qualora risultino violate le norme che disciplinano il procedimento di notificazione, la nullità è sanabile attraverso la rinnovazione dell’atto ex art. 291 c.p.c., con fissazione di un termine perentorio per la notificazione, purchè la notificazione precedente sia risultata nulla e non inesistente, con la conseguenza che, una volta che la notifica sia stata tempestivamente effettuata, l’appello non può essere dichiarato inammissibile (Cass. Civ. Sez. Unite 15.11.1997 n.1018, Cass. Sez. Unite 1.2.2006 n.2197, Cass. Civ. Sez. 2, 23.12.2011 n.28640) Nella specie, l’atto di citazione in riassunzione era stato correttamente notificato ad A.A. e G.S. ma non era andato a buon fine nei confronti di G.S. presso la residenza di *****.
Alla prima udienza, in data 29.4.2010, la Corte d’Appello di Napoli aveva autorizzato la rinotifica nei confronti di G.S. e rinviato all’udienza dell’1.12.2010.
Il ricorrente aveva rinotificato la citazione in riassunzione allo stesso indirizzo, è, poichè dalla relata risultava che il G. era stato sloggiato, aveva reiterato la notifica ai sensi dell’art. 143 c.p.c., acquisendo un certificato storico di residenza da cui risultava che dal 22.10.1992 era emigrato in *****. L’appellante in riassunzione non aveva effettuato, però, alcuna ricerca, nè aveva prodotto alcuna certificazione del Comune di Castelvolturno, al fine di dimostrare che la sua residenza, domicilio o dimora non fossero conoscibili con l’ordinaria diligenza.
A tal fine non può ritenersi validamente effettuata la notifica ex art. 143 c.p.c., il cui presupposto è costituito dalla circostanza che la residenza, dimora e domicilio siano sconosciuti. In tal caso, non è sufficiente che l’Ufficiale Giudiziario alleghi di aver effettuato le ricerche. Ciò che rileva, ai fini dell’applicabilità dell’art. 143 c.p.c., non è solo il dato soggettivo dell’ignoranza, da parte del richiedente o dell’ufficiale giudiziario, circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto, nè il mero possesso del certificato anagrafico, dal quale risulti il destinatario stesso trasferito per ignota destinazione, essendo anche richiesto che la condizione di ignoranza non sia superabile attraverso le indagini possibili nel caso concreto, da compiersi ad opera del mittente con l’ordinaria diligenza (Cassazione civile, sez. 1, 31/07/2017, n. 19012; Cass. Civ., sez. 03, del 19/03/2007, n. 6462; Cass. Civ., sez. 01, del 27/11/2012, n. 20971).
La notifica era, pertanto, viziata da nullità, ma, avendo la Edilgeppy avviato un’attività notificatoria, la corte territoriale avrebbe dovuto concedere un ulteriore termine ex art. 291 c.p.c., per la sua rinnovazione.
Ne consegue che la corte territoriale ha erroneamente dichiarato l’improseguibilità del processo, sull’erroneo presupposto che la parte non avesse adempiuto all’ordine di integrazione del contraddittorio, mentre l’Edilgeppy vi aveva provveduto sia pur errando in relazione al luogo della notifica.
La sentenza va, pertanto cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia innanzi alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 26 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018