Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27325 del 29/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLEGRINO Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21700/2017 proposto da:

R.L., C.D., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 297, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DEL SIGNORE, rappresentati e difesi dall’avvocato CATERINA BELLETTI;

– ricorrenti –

contro

NOVA LJUBLJANSKA BANKA D.D. LJUBLJANA – NLB D.D., in persona dei legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI BELLETTI BON 10, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VETRO’, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALBERTO KOSTORIS, ANDREA CRISMANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 293/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 17/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

RILEVATO

che:

1. l’odierna questione trae origine dall’azione dell’Istituto di credito Nova Ljubliaska Banka, titolare di un credito portato da decreto ingiuntivo per Euro 950.000 nei confronti di C.D., in forza di quattro fideiussioni dallo stesso prestate per garantire i debiti del suo gruppo immobiliare, e che agisce in revocatoria nei confronti del C. e della moglie R., per sentir dichiarare l’inefficacia nei suoi confronti di un fondo patrimoniale dagli stessi costituito nel 2007;

I coniugi C. e R., con regolare atto notarile del *****, creavano un fondo patrimoniale per mezzo del quale destinavano la propria abitazione coniugale al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

Resisi inadempienti i garantiti dal C., la NLB richiedeva un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti del fideiussore per l’importo complessivo di Euro 1.692.152,98. Il Tribunale di Trieste concedeva detto decreto per una somma pari a Euro 950.000,00.

In forza di tale titolo la NLB procedeva a notificare, in data 16.04.2010, l’atto di pignoramento immobiliare con il quale aggrediva l’immobile che, nel frattempo, era convogliato nel fondo patrimoniale.

Dunque il C. proponeva opposizione all’esecuzione lamentando l’impignorabilità dei beni oggetto di esecuzione in quanto costituiti in fondo patrimoniale.

Una volta sospesa l’esecuzione, la NLB avviava, nei confronti di entrambi i coniugi, il giudizio di revocazione ordinaria ex art. 2901 c.c., chiedendo che venisse dichiarata l’inefficacia della costituzione del fondo patrimoniale al fine di poter agire sulla casa familiare a soddisfacimento delle proprie ragioni creditorie.

Si costituiva il C. (mentre la moglie rimaneva contumace) contestando i presupposti per la proposizione dell’ actio pauliana, rilevando la posteriorità dei crediti garantiti rispetto alla costituzione del fondo patrimoniale, nonchè l’assenza di indici di crisi di liquidità delle aziende del gruppo e la piena conoscenza della Banca circa l’avvenuta stipula del fondo patrimoniale.

Il Tribunale di Trieste accoglieva la domanda attorea e dichiarava inefficace nei confronti della Banca il fondo patrimoniale, sulla scorta del fatto che il fondo stesso fosse stato sottoscritto a distanza di un solo mese dalla revoca degli affidamenti concessi al Gruppo C. e dalla comunicazione al C. stesso della segnalazione a sofferenza della posizione e segnalazione alla Centrale Rischi;

2. Proponeva appello il Sig. C., sostenendo che il Giudice di prime cure avesse errato nel privilegiare alcuni elementi di prova piuttosto che altri e che avesse omesso di analizzare la genesi del debito in relazione al quale era stata promossa l’azione revocatoria. Secondo l’appellante, dal momento che una sola delle quattro garanzie era sorta in epoca antecedente alla costituzione del fondo patrimoniale, il Giudice avrebbe dovuto limitare la pronuncia alla sola fideiussione stipulata prima della costituzione del fondo che garantiva un credito di Euro 250.000,00.

Si costituiva la NLB chiedendo il rigetto dell’appello.

La Corte d’Appello di Trieste respingeva l’appello del C. (al quale aveva, nel frattempo, aderito la moglie R.) e confermava interamente la sentenza di primo grado. Il Giudice adito basava la sua pronuncia sul fatto decisivo che il fondo patrimoniale era stato costituito a pochissima distanza dalla revoca degli affidamenti e della segnalazione del C. alla Centrale Rischi e che, quindi, il C. fosse cosciente del pregiudizio arrecato alla creditrice NLB attraverso la costituzione del fondo patrimoniale.

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione i Sig.ri C. e R., con un unico motivo.

Resiste con contro ricorso la NLB.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6. I ricorrenti lamentano la “violazione e/o falsa ed erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2901 c.c. – Nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

I ricorrenti lamentano il fatto che il giudice di secondo grado non ha preso in considerazione la loro domanda circa l’inefficacia parziale del fondo patrimoniale limitatamente al credito fideiussorio sorto prima della costituzione del fondo stesso e cioè alla fideiussione rilasciata del 2004, laddove per quelle successive, rilasciate nel 2009, ci voleva la dolosa preordinazione. Da questa mancata pronuncia deriverebbe, secondo i ricorrenti, una violazione dell’art. 112 c.p.c. e la sentenza sarebbe affetta da un error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il motivo è inammissibile perchè le censure non colgono la ratio decidendi della sentenza.

Innanzitutto occorre precisare che quella che i ricorrenti qualificano come “domanda”, tale non è, trattandosi in realtà di una mera difesa. Detto ciò la Corte non ha affatto ignorato la deduzione difensiva, avendola riportata nella esposizione dei motivi di appello, insieme alle argomentazioni svolte dalla appellata per contrastarla; piuttosto la Corte l’ha disattesa, ritenendo dirimente, sotto tutti i profili la circostanza che la costituzione del fondo era intervenuta immediatamente dopo la revoca degli affidamenti e giustificando la prosecuzione dei rapporti con il tentativo della banca di rientrare in qualche modo della sue sofferenze.

Inoltre il ricorso è anche inammissibile per violazione delle indicazioni dettate dall’art. 366, comma 1, n. 6, ossia “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi colletti sui quali il ricorso si fonda”.

Tale indicazione mira a tutelare il principio di autosufficienza del ricorso, secondo il quale il ricorrente deve mettere la Corte di cassazione in grado di giudicare l’impugnazione sulla sola base della lettura del ricorso stesso, confrontato con la sentenza impugnata.

I ricorrenti, invece, procedono a tali indicazioni in modo generico, affermando, a pag. 7, soltanto che “nella fattispecie di cui si discute la Corte d’Appello ha omesso la pronuncia sulla domanda subordinata formulata dall’appellante R.L. volta a limitare l’efficacia della sola azione revocatoria al credito sorto anteriormente alla costituzione del fondo patrimoniale”.

7. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472