Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27359 del 29/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20094-2017 proposto da:

M.P., rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO PANICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 23/06/2017, RG. n. 53008/2012 VG, Cron. n. 5984/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

RILEVATO

che:

con ricorso depositato in data 8.5.2012 presso la Corte d’Appello di Roma, M.P. chiedeva la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001 derivante dalla irragionevole durata di un giudizio civile, promosso dall’Anas nei confronti della ricorrente e di altri soggetti per il risarcimento dei danni causati al guard-rail pari ad Euro 633,11 a seguito di un sinistro avvenuto in *****;

il giudizio presupposto si era concluso in primo grado con il rigetto della domanda proposta dall’ANAS, che, aveva proposto appello, dichiarato inammissibile dal Tribunale di Napoli;

con decreto del 23.6.2017 la corte territoriale rigettava la domanda, ritenendo che il valore estremamente esiguo del giudizio presupposto, pari ad Euro 633,11 e non afferente a prestazioni di natura assistenziale, escludesse la sussistenza del pregiudizio, anche in considerazione delle condizioni socio- economiche dell’istante;

avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione M.P. sulla base di un unico motivo;

il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

RITENUTO

che:

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, dell’art. 6 della Convenzione EDU e degli artt. 1226 e 2056 c.c., per avere la corte territoriale, pur avendo accertato la violazione del termine ragionevole di durata del processo, ritenuto insussistente il danno non patrimoniale in considerazione del valore esiguo della controversia, che avrebbe giustificato una riduzione dell’entità dell’indennizzo al di sotto dei parametri tabellari; la corte territoriale avrebbe, inoltre, motivato, il rigetto della domanda, facendo riferimento alle condizioni socio- economiche dell’istante in assenza di qualunque riscontro probatorio;

– Il motivo è fondato;

– ha affermato questa Corte che il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, in quanto, salvo le ipotesi tassative di esclusione del danno (come per lite temeraria), sussiste un pregiudizio per la lunga attesa della definizione della lite, ragione per la quale nessun onere di allegazione può essere addossato al ricorrente, essendo semmai l’Amministrazione resistente a dovere fornire elementi idonei a farne escludere la sussistenza in concreto (Cassazione civile, sez. 2, 14/05/2018, n. 11667; Cassazione civile, sez. 2, 07/05/2018, n. 10858; Cass. Civ., sez. 06, del 09/06/2015, n. 11936; Cass. Civ., sez. 06, del 10/04/2015, n. 7325; Cass. Civ., sez. 01, del 16/09/2009, n. 19979);

– il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale se non ricorrono, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente;

– l’esito del giudizio e la scarsa entità della posta in gioco non condizionano, pertanto, il diritto alla ragionevole durata del processo, nè incidono sulla pretesa indennitaria della parte che abbia dovuto sopportarne l’eccessiva durata, salvo che questa abbia promosso una lite temeraria o abbia abusato del processo;

– la mancata specificazione, da parte del ricorrente, degli elementi costitutivi del danno non patrimoniale non rileva, pertanto, al fine di escludere l’indennizzabilità del pregiudizio, che può essere provato attraverso il ricorso per presunzioni;

– anche in condizioni socio – economiche del ricorrente costituiscono un elemento di valutazione del danno non patrimoniale, che deve essere oggetto di apprezzamento da parte del giudice di merito;

– l’irrisorietà della controversia, nel regime ratione temporis applicabile, consentiva al giudice di merito di liquidare importi inferiori a quelli tabellari in modo da parametrare l’entità dell’indennizzo all’effettivo pregiudizio subito;

– la corte di merito non ha fatto corretta applicazione di tali principi, avendo escluso tout court il diritto all’indennizzo in considerazione della modestia della posta in gioco, senza valutare la natura del diritto presupposto e le condizioni economiche dell’istante;

– il decreto va, pertanto, cassato e rinviato alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia innanzi alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472